La dolce mela del perfetto conformismo

di Helena Janeczek

Al centro della Grande Mela c’è un cubo da cui si scende al tempio centrale del culto di una mela piccola. Quando ci andai, la kaaba di vetro era rivestita di un involucro bianco, cosa che non impediva un affollamento superiore alla Stazione Centrale sotto le feste. Persone di tutte le età, estrazione, razza, lingua, riunite nel negozio-cripta. Ho fotografato un ebreo chassidico vicino a un ragazzo nipponico con codino e Converse stinte. La postura identica di entrambi – chini sull’ultimo Ipod, sguardo estraniato – sembrava di preghiera. Mi è tornato in mente vedendo le librerie inondate della biografia di Steve Jobs, il volto trasformato post-mortem in icona planetaria. Si può non aspirare a uno yacht o un Suv, provare disprezzo per chi smania per una borsa Gucci, ma i prodotti Apple sembrano oggetti universali del desiderio. Nella biblioteca stile Harry Potter dell’università di Princeton non c’era uno studente che non avesse un Mac, marca raccomandata anche nei college di prestigio e costo assai inferiori. Gli Iphone andavano a ruba nei riots di Londra, sono persino ricomparsi, disegnati come cornice, sui cartelli degli indignati nostri, i quali, intenti a piegare ai loro slogan anticapitalistici quel simbolo di comunicazione e consumismo, si sono trovati tra le mani l’ambivalenza del mezzo-messaggio. Ci sarebbe da analizzare che cosa rende tanto irresistibili i telefonini sensibili al tatto, ma pur soprassedendo all’interpretazione della psiche globalizzata, pare verosimile che nessuna merce abbia mai saputo sincronizzare (verbo pertinente all’oggetto) i desideri di tanti individui, proponendosi come potenzialmente alla portata di ciascuno. Eccoli allora nel centro sotterraneo di New York, privati di ogni babelica differenza – i novelli Adamo pronti a cogliere la dolce mela del perfetto conformismo.

pubblicato su L’Unità, 1 novembre 2011.

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27 Commenti

  1. ehm,forse si può dare una diversa lettura all’avvenimento che è parso la consacrazione definitiva(senza ritorno)al consumismo.E se la carovana di disperati in fila per l’inaugurazione fosse stata composta da persone che accingendosi ad affrontare l’inverno a mani vuote considerassero questa l’ultima occasione per recuperare una stufa che rispondesse a dei criteri di efficienza energetica?Oppure pensiamo per ipotesi che uno,anche a costo di trasformarsi in una macchietta che si accampa per la note per non perdere il posto in fila volesse concedersi un qualcosa di utile,e magari di buona qualità,che diversamente mai avrebbe potuto permettersi?(Perchè è facile fare dell’ironia alla woody allen quando ci si può concedere questo lusso dall’alto di un appartamento con vista su central park).Certo una volta scartate queste ipotesi marginali non possiamo che accodarci al plauso per questo tuo,arguto come sempre, compendio di debolezze umane indotte.Baci

    http://chinascout.ru/music/gump/04.mp3

  2. …naturalmente ho pensato che stessi parlando dell’assembramento bestiale per il centro commerciale di roma centro.Ora che ho messo a fuoco non posso che sposare al cento per cento le tue ragioni.Chiedendo scusa per la fretta che mi ha trasformato in un impiastro qualunque non impedendomi di travisare le tue parole cristalline(tutto a posto)

    http://gadsc-musica.transcampos.com.br/1001%20albuns%20para%20ouvir%20antes%20de%20morrer/0176.%20Derek%20And%20The%20Dominos%20-%20Layla%20&%20Other%20Assorted%20Love%20Songs%20%5b1970%5d/11.%20Derek%20&%20The%20Dominos%20-%20Little%20Wing.mp3

  3. Tenendo conto che Steve Jobs è in pratica il campione di un malinteso senso del trusted computing, a base di censure eterodirette da remoto, così che forse l’icona ierofanica dell’informatica radical-chic si scopre in realtà essere quasi peggio dell’onnipresente microsoft.

  4. Bene, mi pare di capire che l’Apple Store di Milano aprira’ fuori tempo massimo e solo dopo la morte del suo fondatore. Nulla di nuovo dunque.

    Dunque, ggete di tutte le eta’ ed etnie etc. etc. si vede a New York come a Londra anche a bere un cappuccino da Starbucks. O a fare la fila per entrare nei cessi pubblici.

    Senza Steve Jobs sapete che palle! Se non altro tutti i giorni salva gli animali metropolitani nella rush hour da un attacco di panico.

  5. Manca un accenno al “valore d’uso” dei “prodotti Apple”. Se sono diventati “oggetti universali del desiderio” è solo per conformismo? Sembrate tanto inclini alla critica del capitalismo, senza poi accorgervi che non siete dialettici. Ogni merce è contraddittoria. Quelle di Apple non possono sfuggire a questa legge. Avete mai provato un Mac? Certo, nella produzione del Mac c’è anche l’orrore dello sfruttamento selvaggio delocalizzato; in quale merce non è presente quell’orrore? Però, insomma, la funzionalità di un Mac, se permettete, è superiore di gran lunga di qualsiasi altro prodotto del genere. E che dire del fatto che il signor Jobs, nello stesso istante in cui affamava i proletari cinesi, ci metteva tutti in rete? A me, ‘sto fatto, questo di essere, in contemporanea, tutti in comunicazione reciproca, mi sembra un fatto estremamente importante e potenzialmente rivoluzionario. Anch’io, se mi trovassi nel bel mezzo di una rivolta, userei l’iphone: non puoi intercettarlo, è veloce nella comunicazione, la comunicazione stessa può avvenire usando diverse piattaforme (twitter, email, telefono, etc.) … Anche di recente, in Italia, durante le iniziative di luglio in Valle di Susa o il 15 ottobre a Roma, l’iphone ha permesso di conoscere in diretta – e in ogni parte del mondo! – quello che stava accadendo. Sì, è diventata la merce perfetta; ma ogni merce contiene ciò che può negare la sua forma alienata.

    Suvvia, compagni, un po’ di dialettica!

  6. I prodotti Mac hanno prestazioni eccellenti e superiori a quelle dei competitori. Siccome il computer lo usiamo tutti, e qui mi pare si stia dialogando su una piattaforma web, non vedo quale sia il problema a scegliere la migliore merce in circolo, coi suoi costi ovviamente.
    Non sottovaluto il marchio mieloso, ma, come ben suggerisce Stan, è il valore d’uso a fare la differenza…
    Stan, io me ne disinteresso solitamente, ma i compagni non sono quelli per il progresso, l’innovazione e le tecnologie?

  7. credo che questo articolo non volesse mettere in ombra le indiscutibili meraviglie del progresso, quanto accentuare l’ipocrisia del falso mito e del cordoglio universale per la morte di un uomo, in gamba senza dubbio, ma non certo faro di giustizia sociale… Gli strumenti tecnologici che ha prodotto saranno eccezionali sicuramente, ma non vitali, ed è questo il punto. Gli oggetti del desiderio sintetizzati in un marchio: la mela… ironically, non poteva esserci metafora migliore.

  8. @nc
    Io non mi faccio di sicuro incantare da Jobs, né dall’iconografia del suo marchio. Anzi, quando parlò di sogni che si realizzano se ci credi ecc… rispolverando l’american way of life con tanto di onirismo meritocratico gli avrei rovesciato volentieri un carico di mele addosso… poi sono tendenzialmente anti-violento, e non ho un tir di mele, dovetti desistere…
    E’ scontato che una multinazionale come la Apple sprigioni e produca estetismo feticista, meno scontato che i suoi prodotti rappresentino attualmente il meglio nella filiera del computer. Ed è soprattutto questo che porta all’acquisto (che equivale ad un bell’esborso); esistono anche altri marchi di grido ma danno in rapporto meno prestazione, la gente non è imbecille come fa comodo pensare.

    Si può essere refrattari davanti alla tecnologia per carità, ed essere insensibili di fronte al suo sviluppo, si può essere perfino reazionari in tronco e scrivere lettere invece che mandare email, ma è notorio che una volta che si usa il computer, internet, e tutta l’industria comunicativo-commerciale che le fa da scantinato, si sarà investiti da onde di persuasione conformista, e si finirà per imbattersi in duri scogli pubblicitari e omologanti… o ti neghi completamente al sistema(ed è altamente sconveniente e impraticabile), o aguzzi l’udito in mezzo al sistema di rumori in cui viviamo e ci si fa due calcoli.

  9. Voglio dire che internet è un gran produttore di individualità di massa, internet è un tensore d’omologazione; il gioco quindi non è evitare l’apple, la sony o l’acer, il “gioco” è essere un individuo, direi.

  10. Guardate che Stene Jobs ha davvero rivoluzionato il nostro modo di percepire e di comunicare. E di aggregarci. Ha avuto un impatto antropologico di portata storica, che usiate o meno i suoi prodotti feticcio. Certo, i contenuti dobbiamo metterceli noi…

  11. E’ un paragone molto bello, perfetto – ma forse il simbolo biblico si è spostato verso altra significazione.

    La mela non è il frutto dell’albero divino, – è una mela condivisa con tutti.
    L’immagine dei viaggiatori a fianco- nella stessa solitudine- ma a fianco- senza uno sguardo l’uno per l’altro- dice molto del mondo che circonda ciascuno- una pianeta individuale.

    Siamo una generazione di scrittura: un creatore davanti lo schermo-
    Ha vinto la parola scritta-
    Una parola dissacrata. ignoro se è buona notizia o no-
    Siamo davanti a una rivoluzione della parola scritta.

  12. Non contesto mica che i Mac siano meglio degli altri computer e che uno possa decidere (avendo i soldi) di voler pagare il doppio o il triplo per questa ragione. Sono anche più belli, indiscutibilmente, e non mi scandalizza che pure la bellezza possa essere ritenuta meritevole di un maggiore esborso, specie per un prodotto che diventa il nostro quotidiano strumento di lavoro, comunicazione con gli altri ecc.
    Gli Ipod hanno una qualità del suono molto migliore degli mp3 e 4 – immagino dunque che l’Iphone possa funzionare meglio dei cellulari concorrenti. E indubbiamente, Apple si è inventata questi prodotti innovativi.
    Questo però non modifica la mia impressione di aver colto un qualcosa che trascende parecchio tutto questo- tra l’altro prima della morte di Steve Jobs – cercando di descriverlo o circoscriverlo brevemente. Benché abbia adoperato la parola “conformismo” che certo ha una connotazione negativa, non avevo intenzione di fare un discorso moralistico.
    Infine, se ci siete ancora, avrei delle domande da farvi.
    Mi direste in che modo Jobs – e non tutto lo sviluppo di internet, dei computer e smartphone ecc.- avrebbe rivoluzionato il nostro modo di comunicare e aggregarci? Si tratta solo del fatto che Apple certe cose le ha svillupate e lanciate prima, o anche di altro?
    @ stan: mi spiegheresti meglio quel che sa fare l’Iphone e gli altri cellulari analoghi no?
    Per quel che riguarda la tracciabilità, io avevo sentito che quello meno intercettabile è il Blackberry. Mentre era scoppiato uno scandalo per il fatto che gli Iphone registravano occultamente gli spostamenti dei loro proprietari.
    Perché invece ogni altro prodotto analogo sarebbe intercettabile?
    In ogni caso, immagino che se Blackberry e Apple – i marchi più costosi- sono davvero gli unici ad aver sviluppato prodotti non intercettabili, questo sia stato fatto non pensando alle esigenze degli insorti ovunque essi si trovino, ma a altri tipi di clientela, non esattamente antisistema. Si torna di nuovo nell’ambivalenza. Anche se questo non toglie nulla alle potenzialità di usare questi strumenti in un certo modo.

    ps. sono stata in giro e quindi rispondo solo ora. Da un Samsung, ma con l’ipod nelle orecchie :-)

  13. @ Helena
    conosco molti che, pur apprezzando i prodotti Apple, non subiscono il fascino del marchio. In ambito professionale (grafica, musica, etc.), i Mac sono la norma; nessuno li usa perché “fa figo” o per “conformismo”, ma per le loro prestazioni. Prendi un concerto di Bjork. Ogni istante della sua performance è regolata da un Mac (luci, suoni, cambi di scena, etc.); l’oggetto Apple non è visibile, eppure quel concerto non sarebbe possibile senza. Nessun altro computer garantisce la stessa affidabilità. L’esistenza di maniaci del marchio, o di persone che passano notti in fila per accapparrarsi l’ultima novità Apple, è più evidente, però è anche infinitamente poco rappresentativa; si tratta di una minoranza di persone, probabilmente “malate”, o per lo meno invasate. I giornali ci costruiscono la notizia, e allora il tutto acquisisce un’importanza anche simbolica. Però, davvero, non rende giustizia a quelli che, come me, pur non esitando a definire Jobs uno “sfruttatore”, e quindi tenendosi ben distante dall’esaltazione mistica della sua figura o dello stesso marchio, riconoscono le potenzialità dei suoi prodotti. Il conformismo è solo una parte, per di più piccola, di una totalità.

    In che modo Jobs ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare e aggregarci? Nel fatto che i suoi prodotti hanno senso solo nella relazione. Il computer non è più “personal”, bensì “in rete”. Jobs “inventa” gli strumenti che ci permettono di stare tutti “in connessione” (l’iPad e iCloud precisano questa direzione). Certo che, anche qui, le contraddizioni sono tante (chiusura del sistema operativo, nessuna elaborazione di contenuti, sfruttamento non solo delle persone ma anche di quanto elaborato dalla comunità del software libero, etc.). Ecco, io ritengo che sia più importante rilevare e segnalare queste contraddizioni piuttosto che non prendersela con il “conformismo” che il marchio Apple crea e alimenta. Quelle contraddizioni ci riguardano tutti; il conformismo è una parentesi.

    Sul resto, che dire? Che qualcuno possa produrre qualcosa per gli insorti è, ovviamente, un assurdo; che però gli insorti possano usare ciò che esiste a proprio vantaggio è nell’ordine delle cose. E, nel pieno di una rivolta, niente è meglio dell’iphone (anche il blackbarry se la cava bene). Perché? Perché è il più affidabile, in tutti i sensi. Non fa niente di diverso da quanto fanno altri cellulari; solo lo fa meglio. Tutti i cellulari sono tracciabili. Ma non nel pieno degli eventi. L’iphone tiene in memoria, in un file apposito, gli spostamenti. Solo che, per vederli, devi averlo in mano e, tramite software, tirarli fuori. E’ un procedimento complesso. Gli insorti, di solito, non sono scemi. Nel riot inglese di qualche mese fa, usavano smartphone rubati e, finito l’uso, li buttavano (e ovviamente non usavano la propria scheda). Diverso il discorso sull’intercettazione. Potenzialmente, tutti i cellulari sono intercettabili. Solo che, per farlo, ci vuole una decisione di un giudice e quindi una prassi che dalla polizia arriva al gestore della rete … Durante una rivolta è un processo impossibile (e un rivoltoso che usa il suo cellulare è idiota).

  14. stan, ho l’impressione che tu non abbia colto il salto quantitativo/qualitativo che è avvenuto intorno a Apple e che riguarda più Iphone e Ipad che i computer. Questo già prima della morte di Jobs, e presumibilmente in modo più vistoso altrove. E’ a questa fase che non riguarda più i maniaci – i quali vengono chiamati, guarda caso, “apple apostles” – che mi riferisco con il termine “conformismo”.
    Può anche darsi che sia un fenomeno passeggero, una moda – ma non si tratta, a mio avviso, solo di una montatura dei giornali. Le ragioni per le quali in questo fenomeno si può cogliere la quintessenza più avanzata della merce-feticcio, le spiega questo articolo di Vittorio Giacopini.
    http://www.lostraniero.net/archivio-2011/133-novembre-2011-n-137/702-merce-e-magia.html
    Poi non ho nulla incontrario – anzi – che si faccia attenzione anche agli aspetti che tu elenchi: sfruttamento nella produzione, sistema che collega ma al tempo stesso chiude e controlla, e così via.
    Aggiungerei forse pure il rovescio della medaglia del discorso sull’utilizzo professionale che sta emergendo soprattutto oggi, in tempo di crisi. Redattori, grafici, musicisti, registi che faticano a trovare lavoro o non vengono pagati, o vengono pagati dopo mesi e mesi: ma occorre che abbiano lo stesso un Mac che costa due o tre volte quanto un Pc. Non è una piccola differenza quando fatichi arrivare a fine mese.
    La comunicazione Apple mirava in ogni caso a far percepire questa imposizione come l’appartenenza a una comunity di creativi, indorando la realtà monopolista.
    E infine mi pare di capire che tu stesso ammetti che le rivolte si possono fare (documentare, coordinare) anche con degli smartphone di altra marca – basta cambiarli spesso.

  15. Secondo me, in questa discussione vengono a galla alcuni pregiudizi illuministici.
    Se l’uomo è un essere libero e razionale, e sono gli ostacoli storici che impediscono il libero dispiegamento di tali qualità, si capisce come lo sviluppo della tecnologia sia una benedizione in sè, in quanto contributo a questo processo di liberazione.
    Se invece avanzassimo un’ipotesi antropologica del tutto differente, anche solo come ipotesi di lavoro, che nell’uomo la razionalità sia una caratteristica nettamente minoritaria quasi sempre soccombente rispetto alle caratteristiche pulsionali più elementari, che l’uomo non ambisca effettivamente alla libertà, perchè la sua socialità lo condiziona a comportamenti socialmente accettati e quindi conformistici, allora in questa semplice e schematicamente presentata ipotesi di lavoro il contesto tecnologico serve solo a ridisegnare i nuovi confini del conformismo e non possa costituire da sè, senza cioè un quadro di pensiero complessivo alternativo, un elemento di avanzamento verso alcun obiettivo desiderabile.
    Al solito, l’esigenza della sintesi finisce col rendere quasi caricaturali le tesi che tento di proporre: me ne scuso.

  16. Il problema è sempre lo stesso, non è la tecnologia è l’uso che se ne fa, a livello sia professionale che relazionale. Tu puoi decidere di fare a meno delle nuove tecnologie ma non puoi fare a meno di relazionarti con gli altri, e se gli altri agiscono solo attraverso, per mezzo, delle nuove tecnologie, se vuoi relazionarti collaborare con loro, ti devi adeguare; altrimenti sarai sempre in ritardo agli appuntamenti, o riceverai in ritardo l’informazione “dell’ appuntamento”. E’ una rincorsa continua verso l’altro, che nel frattempo ha smesso di occuparsi di te, perché non sei tra le sue icone telematiche.
    ..
    “Scusa mi è venuta un’idea geniale”
    “Si scrivimi un e-mail che la leggo con calma”
    “Ei ciao!, è tanto che non ci si vede!”
    “C’è stato un incontro su Tuitter, abbiamo organizzato una cena, perché non C’eri ?”
    “non ho un profilo su tuitter”
    “Scusami via A.Volta si trova all’interno delle miura di Como o all’esterno ?”
    “non hai il navigatore?.. è all’interno delle mura comunque”
    “Scusa che cazzo me ne faccio del navigatore se non è permesso entrare nelle mura se non ai residenti? come faccio ad entrare per scaricare, luci e costumi?”
    “Devi comunicare ai vigili la tua targa via e-mail, non hai Bleckbarry?”
    ” Anche le istituzioni ci si mettono ….No vaffanculo non Ce l’ho !!!!”

    .. altro che libertà.

  17. Ares: aggiungo tutti quelli da cui viene pretesa reperibiltà immediata e senza orario che sono molto più i senza contratto di quasiasi tipo dei manager.

  18. Sms di stanotte alle 01:43:56.

    “Ale scusami: ho dimenticata di farti gli auguri ;-p … auguri, auguri, auguri, tesoro, so che mi perdonerai. Come va lo spettacolo con le Drag ? ”

    Risposta:

    “Stiamo tutte dormendo. A”

  19. @Ares
    Anche su questo non sono d’accordo.
    Un oggetto non è mai neutro, come si potrebbe esemplificare col caso delle mine antiuomo. E’ stata appositamente progettata per uccidere in maniera indiscriminata ed anche a distanza temporale dalla sua installazione: questo è.
    Ciò vale per qualsiasi oggetto tecnologico, che esso cioè ha una sua finalità intrinseca che naturalmente può in certi casi essere anche violata, ma in ogni caso gli oggetti sono direi orientati a un loro specifico uso. Non è neanche detto che chi lo produca ne colga questa finalità intrinseca, ma alla fine in qualche misura essa viene alla luce inevitabilmente.
    No, proprio non credo alla neutralità degli oggetti.

  20. @Cucinotta

    Se invece avanzassimo un’ipotesi antropologica del tutto differente, anche solo come ipotesi di lavoro, che nell’uomo la razionalità sia una caratteristica nettamente minoritaria quasi sempre soccombente rispetto alle caratteristiche pulsionali più elementari […]

    Be’ queste sono le premesse della finanza comportamentale, se non erro.

  21. @Pensieri Oziosi
    Confesso senz’altro la mia ignoranza a riguardo della finanza comportamentale.
    Voglio solo aggiungere che le mie riflessioni sono di tipo antropologico, nel senso che pretendono di non essere confinate in una specifica disciplina ma al contrario sono potenzialmente applicabili a tutte le discipline. Inoltre, non vorrei che sparisse dalla discussione la questione dell’opposizione tra socialità e libertà, che al contrario a mio parere merita la massima attenzione.

  22. @V.C.

    Si,
    non ho parlato di neutralità dell’oggetto, ma dell’uso o abuso che se ne puo’ fare. Talvolta ci sono oggetti tecnologici che usati in modo sinergico possono diventare un altro oggetto ancora, dal potere devastante.

    Comunque anche una mina anti uomo, puo’ non essere usata, ad esempio.

    Non ho colto il punto..probabilmente.

    @Helena :-)

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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