Nuovi autismi 8 – Le nostre erezioni

di Giacomo Sartori

Se c’è una cosa della quale si parla pochissimo sono le erezioni. Intendo le erezioni maschili, quelle femminili non le conosco abbastanza bene da disquisirne in pubblico. E non penso tanto alle erezioni legate ai rapporti sessuali, ma a tutte le altre, quelle gratuite, svincolate dal sesso onanistico o non onanistico. Quelle delle pratiche sessuali sono moneta corrente, e si danno per così dire per scontate. Nei film tanto per intenderci non vengono quasi mai esibite, però lo spettatore se le immagina, le considera una condizione necessaria, come la forchetta quando si mangia. Però ci sono anche tanti altri tipi di erezione, a cominciare da quelle mattutine. O meglio, quella mattutina. Qui il partner sessuale può essere presente o meno, perché che ci sia o non ci sia l’erezione avviene lo stesso. Perfino le fantasie non sono necessarie, e men che meno la masturbazione. Avvengono, esattamente come il sole si leva e la pioggia scende dal cielo. Per quanto ne sappia nessun scienziato ha affrontato seriamente la cosa e ne ha dato una spiegazione convincente. Perché dovrebbe ergersi proprio la mattina il coso degli uomini? Perché non a mezzogiorno, o la sera? Per inforcare la prima femmina che passa (parlo naturalmente dei selvaggi che ci hanno preceduto, non del presente), risponderebbero il biologo e l’etologo, così da massimizzare le probabilità (con tutta la giornata davanti) del coronamento di un amplesso, e incrementare in questo modo le chance di perpetuazione della specie. Si può ipotizzare cioè che una frazione dei nostri antenati fosse caratterizzata da erezioni serali, ma che nel processo selettivo abbia stravinto l’erezione mattutina. Gli uomini con il gene dell’erezione serotina vagavano nel buio più completo, e in quelle condizioni  – senza illuminazione stradale, senza pila frontale, senza bar aperti nei paraggi – non gli era facile trovare un partner (ricordiamoci che gli accendini sono stati inventati solo di recente) e fare conoscenza. Senza contare l’intralcio costituito da un membro dilatato all’orizzontale in una foresta in cui non ci si vede nulla, o anche solo in una savana con sentierini appena accennati e l’onnipresenza di cespugliami orticanti o pungenti. Si può immaginare la depressione nella quale si svegliavano questi ominidi il mattino seguente. Invece i maschi caratterizzati da erezione mattutina rimaneva tutta una lunghissima giornata per scovare una femmina e convincerla a copulare (non bisogna sottovalutare le doti dialettiche dei primitivi), e quindi hanno avuto facilmente la meglio. L’erezione mattutina può insomma essere considerata un richiamo all’ordine da parte della natura, qualcosa come “sei un essere copulante, e devi copulare!”. Restano però alcuni aspetti poco chiari, perché si capisce male cosa mangiassero questi arrapati mattutini che ci hanno preceduto, se poi le giornate erano dedicate interamente al corteggiamento e al sesso. Certo che per noi, con la vita che facciamo, sarebbe forse preferibile un’erezione serale. Però la natura se ne frega dei nostri modi capitalistici di vita, e dobbiamo tenerci quella mattutina, il più delle volte devastata dalle esigenze lavorative e/o familiari. Ma ci sono poi altre fondamentali tipologie di erezioni, a cominciare da quelle scolastiche. Il tepore umidiccio e testosteronico dei corpi ammassati nelle aule, l’uggia ovattata delle materie insegnate, carburante per le più ardite divagazioni mentali, e naturalmente la condizione post-puberale, sono tutti fattori che scatenano violentissime erezioni. Spesso alle fantasie erotogene si associa il timore di essere chiamati alla lavagna, svelando al contempo la propria ignoranza e la propria animalità, il che rende le erezioni stesse ancora più struggenti e dispotiche. Gli insegnanti dovrebbero essere forse più coscienti di avere di fronte degli allievi con i sessi drizzati, e che quindi le loro nozioni hanno una spessa barriera di ormoni da attraversare prima di arrivare al cervello. Per molti aspetti i nostri sistemi pedagogici sono ancora molto arretrati. Ci sono poi le erezioni da viaggio. La maggior parte dei mezzi di trasporto producono un sensuale dondolio che, riconducendo forse alla prima infanzia, e complici anche gli sfregamenti sugli indumenti (non contemplati dal genoma), galvanizza l’organo di riproduzione maschile. Il risultato è che la totalità dei viaggiatori più giovani si tengono una mano o l’avambraccio nei pressi dell’inguine, per mimetizzare appunto la tumefazione. Chiunque può constatarlo, ma nessuno ne parla, nessuno ha mai girato un documentario intervistando i giovani viaggiatori infoiati. Che io sappia nessuno ha mai scritto una storia sociale delle erezioni, o anche solo una fenomenologia delle erezioni, o un compendio critico: è un campo di indagine ancora vergine. La realtà è che delle erezioni se ne discetta per lo più quando cominciano a affievolirsi, o non ci sono più. Io stesso ne parlo solo adesso che sono sulla via del tramonto ormonale. A ben vedere i cosiddetti esperti di erezioni, gli andrologi, bazzicano piuttosto le non erezioni: se uno ha erezioni normali se ne sta alla larga dalle loro sconfortate sale d’aspetto. Gli stessi scrittori se ne occupano prevalentemente quando diventano anzianotti: i loro personaggi cominciano a perdere colpi e a angustiarsene, tediando in sommo grado il lettore. Nessuno dei milioni di romanzi di formazione che sono stati scritti mette al centro, come sarebbe normale che fosse, le erezioni: la maggior parte manco le nominano. Del resto nemmeno delle erezioni da autore nessuno parla. Uno scrittore si eccita, quando scrive una scena un minimo sensuale, e proprio per questo il suo testo risulta così veridico e  sentito. Silenzio assoluto, perfino nelle interviste più intime. Per non parlare delle erezioni clericali, a cominciare proprio da quelle del papa, o di quelle da impiccagione, che sono senz’altro le più gotiche. O quelle chimiche, con la loro asettica e per certi versi divina imperturbabilità. Abbiamo ancora moltissima strada davanti.

[l’immagine: Gaston Chaissac, sans titre, olio su legno, 88×49 cm, 1961/1962]

 

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5 Commenti

  1. in effetti sarebbe stato più adatto un “le nostre elezioni”, oggi
    (sperando di non andare a fondo)
    ma l’avevo programmato prima

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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