Libertà vigilata

di Helena Janeczek

“L’Illuminismo”, comincia il saggio di Immanuel Kant, “è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso”. Ora che, sull’orlo del baratro, abbiamo ottenuto la libertà vigilata da Berlusconi, tocca vigilare sui pericoli che già si delineano nel futuro politico.
Ma per portarsi avanti, conviene guardarsi indietro. Fare luce su tutto quanto abbia gettato un intero paese in uno stato di minorità rispetto a un unico protagonista. A partire da noi stessi: noi che, interpretando in vari modi il ruolo di oppositori, per un ventennio siamo stati sconfitti. Riconoscere che lo stato di minorità riguarda anche noi, e ha sempre giocato in suo favore. Coglierlo attraverso lo specchio fedele della lingua. “Psiconano” o “Al Tapone”, per esempio, sono insulti puerili. Conferire a un cumenda milanese i titoli di “Sultano” o “Imperatore”, significa ingigantirne la figura. La B., infine, sotto il dileggio cela il tabù di un potere innominabile.
Ma ai toni sempre più alti dell’antiberlusconismo, si è opposta la strategia speculare di non doverli alzare. Non personalizzare, non demonizzare. Chiamare al massimo col nome più astratto e generico del “conflitto d’interessi”, un’insostenibile concentrazione di potere. Emulare, con formule più soft, lo stesso stile di comunicazione. Inseguire la linea politica, delusi che il monopolista riuscisse a imporre l’ideologia di un liberalismo solo strombazzato, mentre né meriti né gloria sono stati riconosciuti a chi, dall’altra parte, cercava seriamente di metterlo in pratica. Ora che il re è stato denudato da un potere economico più forte, e l’Italia si è svegliata in un mondo più ampio di Berlusconia, cerchiamo di emanciparci al più presto. Impariamo a dire e fare senza sussurri e grida. Prima che, di nuovo, sia troppo tardi.

pubblicato suL’Unità,14 novembre 2011. L’intuizione della nostra “libertà vigliata” la devo a Francesco Forlani.

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34 Commenti

  1. D’accordo su tutto, cara Helena. “Emanciparci” significherà diventare veramente liberali e veramente socialisti. Sarà mai possibile in questo paese di cattolici e marxisti?

  2. la secolarizzazione non è mai stata il punto forte della sinistra italiana.E’ passata dalla dottrina travestita da ideologia alla pia stagione dei facili affascinamenti riuscendo sempre a tenere un certo distacco dalla controcultura atto a garantirle la stessa aria di superiorità in cui spesso rischia di affogare.Ancora oggi una delle migliori battute amare in circolazione resta quella per cui ogni uscita in edicola di micromega si sposta di 15 anni la data di una vittoria (non effimera,aggiungerei) del “centro;sinistra”

    http://www.youtube.com/watch?v=zTkYQVILtcs

  3. Senza dimenticare i cattocomunisti timorati del Partito Democratico, tutto Dossetti e Don Milani.

    Vedremo cosa riesce a fare Monti con quella banda immonda di Azzecca-garbugli. Adesso il problema vero restano loro.

  4. Eh, c’è ancora chi predica il liberalismo, quello stesso che ha portato il mondo al punto in cui è.
    Invece di lamentarci di un liberalismo insufficiente, forse dovremmo capire che è il liberalismo stesso ad essere sbagliato: quali prove saranno sufficientemente convincenti se la storia passata e recente non è bastata?

  5. Questo mi sembra un articolo azzeccato.
    L’anomalia italiana non è data solo dallo strapotere di Berlusconi, ma anche dal complesso di inferiorità (e dall’incapacità al limite della deficienza… oddio, il che alla fine fa sembrare reale il complesso di inferiorità, ma pazienza) della sua opposizione. Opposizione da sempre oggetto di scherno, insulto, falsità e violenza (anche fisica) da parte dei servi del padrone.
    Berlusconi infatti, oltre ad avere un oggettivo potere mediatico-economico soverchiante, che ha ridotto a minorità la sua opposizione, ha fatto della demonizzazione, dell’insulto e del non riconoscimento degli avversari (i fantomatici comunisti, che fanno brogli elettorali e conquistano il potere sempre in modo illegale se non eversivo, vedi il non riconoscimento di legittimità al governo Prodi, per non parlare dei coglioni che li votano) la sua strategia di comunicazione.
    Chi ha ridotto i toni è stato suo succube. Così come chi ha perso anni a precisare che il suo non era un regime (D’Alema), parola secondo me molto più opportuna dell'”insostenibile concentrazione di potere” di Helena, che pare anch’essa aver voluto in questo caso abbassare i toni. (Ricordo peraltro che Berlusconi ha sempre parlato di regime ogni qual volta stesse al governo qualcuno diverso da lui, ha pure sostenuto che esisteva un regime dell’informazione televisiva a lui avverso!). Chi ha urlato può avere deviato verso la satira dello psiconano o aver trovato altri nomignoli poco significativi a livello politico. Vero è anche che la minorità si è manifestata nel dare a Berlusconi titoli magniloquenti: non so a cosa si riferisca Helena con sultano o imperatore ma a me per esempio ha molto colpito e infastidito quando molti a sinistra hanno giustificato la sua corte di donne prostitute dicendo che da sempre è così, che è “normale per politici con molto potere: ah sì? Forlani, Andreotti, Craxi, De Mita avevano il loro harem pagato? No, e infatti questi molti (spesso donne, ahimé) nel fare esempi si riferivano a dittatori, re, imperatori.
    PS La B. non so perché sarebbe un dileggio, comunque se può essere vero che può fare di lui un innominabile, è pur vero che è stata usata per iscritto da molti, me compreso, per la nausea che si ha già ogni giorno nel sentire/leggere sempre il suo nome, e per evitare querele. Mentre maggior sintomi di minorità mi pare li avesse chi come Veltroni parlava di lui chiamandolo sempre “presidente del consiglio”.

  6. Lorenzo, ho preferito “concentrazione di poteri” perché è più molto più concretamente descrittivo una realtà inconfutabile di “regime”.
    La questione della B. è che si è usata perché scrivere il nome per esteso – sempre lo stesso – feceva troppo schifo, ma il risultato, secondo me, è averne fatto qualcosa di ambivalente, in cui eccheggia il tabù di chi è meglio non nominare.
    I titoli di “sultano” ecc. si trovano un po’ ovunque nella stampa antiberlusconiana e persino no, visto che “il Sultanato” è il titolo di un saggio di Giovanni Sartori che scrive sul Corriere.
    @ Vincenzo – sì, in effetti, circola ancora “l’idea platonica” del liberismo/liberalismo come dovrebbe essere. Che è una cazzata ideologica nociva. Però non sono convinta – a differenza tua, immagino – che tutto ciò che è stato prodotto nel tempo dal pensiero liberale sia da buttare nel cesso. Alla stessa stregua che la discrasia tra socialismo “ideale” e “reale” non mi sembra argomento sufficiente per dire che l’idee e le pratiche del socialismo sono da accantonare in toto.
    Ma è un discorso complicato.

  7. notiziona.il paese non è un paese liberale,ma socialista corporativo.da sempre.conservatore,familista,sia a destra che a sinistra.del resto,è evidente dai flussi elettorali.il pd è votato dalla categorie protette degli statali,e ogni voto è un voto sempre protettivo.

  8. Mirabile sintesi. Vorrei chiarire o chiedere un chiarimento su alcune espressioni.
    Io non so se davvero tutto il paese fosse in stato di “minorità”. Chi non l’ha mai votato e l’ha sempre attaccato, senza neanche credere alla bubbola del grande imprenditore, si è trovato in uno stato di emarginazione, talora di umiliazione, ma non di minorità, potendoi anzi rivendicare uno stato di autonomia remota dagli ierofanti della favola berlusconiana.
    “Libertà vigilata”. Davvero si tratta di libertà, seppur vigilata? Oltre al videomAssaggio in stile al Qaeda, oltre alle sue televisioni ed alla legione affollata di berluscLoni, abbiamo ancora la nube radioattiva del berlusconismo che vizia l’aria e la civiltà di questo paese. Io parlerei dunque della necessità di un chiaro e lungo programma di deberlusconizzazione dell’Italia. Che includa una legge seria sull’immensa concentrazione di potere di un singolo uomo (nella Grecia democratica antica si difendevano con l’ostracismo), l’abolizione delle leggi ad personam e delle leggi che favoriscono la criminalità (falso in bilancio, condoni vari). Magari anche la sostituzione dei diversi cavalli che il Caligola (per intenderci) di cui parliamo ha fatto eleggere.

  9. A parte la per me ovvia considerazione di sentirmi in libertà vigilata sin da quando sono nato, mi incuriosisce il plauso di differenti universi di pensiero all’articolo di Helena. Articolo di cui condivido, in particolare, l’invito finale all’emancipazione. Il problema è chiarire da cosa e in che direzione emanciparsi. Tra chi invoca un’emancipazione “veramente liberale e veramente socialista” e chi imputa al pensiero liberale la responsabilità della situazione attuale la distanza è incolmabile. Ho il sospetto che lo sguardo rivolto all’indietro proposto da Helena produrrebbe immagini molto diverse tra loro. Io, ad esempio, direi che Berlusconi è un prodotto della trasfigurazione del pensiero socialista made in Italy, diventato sostegno della borghesia da … per essere buono direi dalla scissione del 1964 della parte del PSIUP. Il pensiero socialista non-più-anticapitalista ha dato vita al craxismo, terreno di fioritura del berlusconismo. Non è azzardato pensare a Berlusconi come un ibrido tra pensiero socialista (impegno forte dello stato, nella nuova versione ad personam) e pensiero liberale (depotenziamento della parte “pubblica” dello stato). In ogni caso, è un problema di *sguardo*. Se oggi, grazie al governo Bce-Monti, ci svegliamo “in un mondo più ampio di Berlusconia” non è perché prima non lo eravamo; semplicemente non lo volevamo vedere, presi dalla pregnanza dell’immagine di Berlusconi. Ma eravamo noi a sbagliare, di fatto facendo il suo gioco. Dobbiamo emanciparci anche da quell’immagine.

    PS: che l’Italia sia un paese di “marxisti” è una battuta veramente divertente.

    NeGa

  10. Ma forse è un articolo in cui c’è molta carne al fuoco. A me pare che nel pd ci sia stata un’ammirazione prepolitica e dunque una sudditanza nei cfr di Berlusconi perchè rappresentava i soldi e il successo, cioè i valori vincenti: mi ricordo un’esilarante dichiarazione di D’Alema da presidente del consiglio, quando disse “arricchitevi” senza probabilmente sapere che il liberale che citava lo aveva detto per impedire il suffragio universale. Ma anche il resto del mondo riservava a Berlusconi ben altre note: per esempio Helena che segue le cose tedesche si ricorderà che un giornale come la faz oggi in prima fila nel dileggiarlo gli ha riservato articoli lusinghieri anche in epoche in cui era già chiaro con chi si avesse a che fare.
    Quanto al liberalismo non sarei così convinto che l’esperienza di Berlusconi non c’entri nulla con esso, perlomeno con quello che si è conosciuto concretamente in Italia nel periodo umbertino ( pulsioni autoritarie comprese), ma probilmente le mie considerazioni non contano perchè appartengo a quella cricca di marxisti nemici dell’emancipazione, illustrata da Buffoni, e che già quindici anni fa incurante del cammino della storia affermava che l’europa costruita sui criteri di Maastricht si sarebbe trasformata in un meccanismo di oppressione finendo per minacciare l’estsetnza stessa del progetto europeo.

  11. Ma poErini… In Italia se manca un salario minimo garantito per tutti, di cittadinanza, lo si deve anche al marxismo. Da qui familismo coatto, clientelismo, corruzione, collusione, mafia, piccola borghesia meschina, berlusconismo. L’Italia non convince l’Europa anche per l’assoluta mancanza di ridistribuzione ed equita’ sociale, mentre la Chiesa pappona si mangia tutto quello che andrebbe ai cittadini piu’ bisognosi che invece restano solo sudditi a cui non sono riconosciuti diversi diritti civili, come piena cittadinanza alle famiglie omosessuali ad esempio, ma non solo.

    Basta evocare poi Craxi ogni volta che si parla di socialismo europeo. Non c’entra una emerita mazza.

    Vogliamo poi dimenticare che in Italia si vive di politica? Dimezzare tutto. Qualsiasi cosa. Questa sarebbe la soluzione per ridare un futuro alle nuove generazioni. Ma pare assai difficile in un paese di magnacci.

  12. Circa il liberismo… Quando mai lo avete conosciuto in Italia? Qualcosina timida fuori tempo massimo, spuntata e poco efficacie. Il liberismo ha fatto numerosi danni e lo stesso socialismo ne paghera’ amaramente le conseguenze in tutta Europa. Una crisi sistemica epocale.

  13. Scusate, qui toccherebbe definire quel che ciascuno ha in mente quando scrive “liberalismo”, “liberismo”, “marxismo”, “socialismo”, “catto-comunismo” e così via. Mentre ciò che interessa capire, semmai, è come queste tradizioni del pensiero politico-economico-sociale abbiano, di fatto, agito (o non agito) dentro alla società italiana.
    Per esempio: il fatto che -stando a stime abbastanza recenti – il ca 40% del Pil italiano viene da lavoro nero (sommerso) e il 9-13% dall’economia criminale, (dati che per la loro stessa natura potrebbero essere sottostimati) cui vanno sommate tutte le sempre più estese forme di lavoro “precarie”, parla di una deregulation che non è certo quella prevista da un liberismo classico smithiano, ma riguarda profondamente la struttura di questo paese.
    Vorrei poi rilevare che, come dice Giorgio, Berlusoni è per tutti questi anni riuscito a dare a bere l’ideologia della sua “rivoluzione liberale” sia a persone che per appartenenza di classe non avrebbero dovuto trovarci nulla di attraente (il mito del’imprenditore di successo che renderà il paese ricco come le sue aziende, o l’ipotesi, rivelatasi amarissimamente fallace, che il magnate che si è “fatto da sé” non avesse bisogno di arricchirsi con la politica), sia i rappresentanti dell’establishment economico che lo hanno preferito, sino a due secondi prima del collasso, a qualsiasi alternativa, benché le liberalizzazioni maggiori le avessero fatte i governi di centrosinistra.

  14. @helena

    Guarda che il lavoro nero e la precarizzazione dell’esistenza giovanile ha a che fare con la gerontocrazia feudale italiana, non certo con qualche altro fantomatico spauracchio liberale. Paese profondamente violento ed arcaico il nostro.

  15. @ pisacane – totalmente d’accordo con la seconda parte del tuo commento.
    La “minorità” cui mi riferivo riguarda anche chi – e sono tanti – non avendolo mai votato e sempre attaccato, ha finito per definirsi soprattutto in opposizione a lui. Noi qui eravamo alle prese con Berlusconi, le sue leggi ad personam, i suoi attacchi alla magistratura ecc. Ed è credo anche per questo che ci è stato difficile vedere oltre al limite di questo paese.
    E’ stato in buona parte inevitabile, ma è proprio qui che vedo ridimensionata l’autonomia rispetto a questo “padre autoritario” che fino a quando è rimasto certo che i “figli ribelli” erano meno di quelli adoranti, sapeva di non aver nulla da temere.

  16. Alla stessa stregua che la discrasia tra socialismo “ideale” e “reale” non mi sembra argomento sufficiente per dire che l’idee e le pratiche del socialismo sono da accantonare in toto.

    maria
    ben detto helena, in tre righe hai posto un problema enorme che la sinistra storica ha sempre eluso andando incontro alla catastrofe politica e culturale

  17. Periodizzazione (verso Berlusconi):

    Il 68 si chiude con il 77 e con l’omicidio di Moro.
    Restano conflittualità molto forti in alcune zone nevralgiche della nazione.
    Repressione diffusa. Campagna mediatica di normalizzazione.
    Nel 1979 i 61 licenziamenti di delegati sindacali Fiat anticipano il ricatto padronale del 1980 (in nome della ristrutturazione liberista). 37 giorni di lotta. Marcia dei 40mila. La sconfitta operaia apre gli anni 80, detti “del riflusso”.
    Piano di Rinascita della P 2.
    Con Craxi comincia la spettacolarizzazione televisiva della politica.
    Tra il 1984 e il 1985 il Presidente del Consiglio Craxi agevola, con una serie di decreti, Berlusconi: la televisione commerciale diventa una realtà nazionale.
    Sempre in nome del liberismo, si consuma un’ulteriore sconfitta operaia: fine della Scala Mobile (con Craxi mediante Referendum, successivamente con Legge dello Stato – Gov. Amato e Sindacati con il Patto del luglio 1992). Con il socialista Amato (1992) comincia anche l’attacco alle pensioni e la precarizzazione del lavoro (flessibilità, etc.). Sempre in nome del liberalismo.
    Referendum contro il sistema Proporzionale.
    Berlusconi, fino ad allora un semplice imprenditore, comincia a tremare: conflitto d’interessi, rapporti con la mafia, etc.. Di fronte ai probabili guai giudiziari, Craxi (1992) gli consiglia di formare un partito.
    Intanto poco dopo scoppierà Tangentopoli.
    Nel 1993 Berlusconi si espone a favore di Fini, candidato sindaco di Roma.
    E’ il preludio alla nascita di Forza Italia (1993) e all’alleanza con lo stesso Fini e con la Lega Nord. Berlusconi vince le elezioni del 1994, anche grazie a D’Alema e ad altri esponenti dell’allora PDS (votarono a favore dell’eleggibilità).
    Il patto tra D’Alema e Berlusconi (Bicamerale, 1997) certifica la “bontà” dello stesso Berlusconi, ormai pienamente legittimato proprio grazie ai DS (ex PDS, ora PD).
    Il resto è storia recente: oltre alla dialettica politica, Berlusconi ha *contribuito* a modificare, impoverendolo, il linguaggio e l’immaginario. Tutto in nome di se stesso (ma non solo di se stesso, altrimenti non si spiegherebbe il consenso di cui ha goduto per tanto tempo).

    Scusate lo schematismo di questa periodizzazione. In Italia, il pensiero liberale e quello socialista – direi fin dagli anni 60 – sono stati forme diverse, e spesso coincidenti in un unico personaggio politico o in un partito, dell’ideologia capitalistica. La storia degli ultimi quarant’anni lo dimostra inequivocabilmente. I marxisti sono tra i pochi che si sono opposti a questo stato di cose.

    Al pari del famoso Arturo Ui, l’ascesa di Berlusconi era “resistibile”. Il berlusconismo è stato favorito, oltre che dalle circostanze (insipienza della borghesia nostrana), da molti di quelli che oggi si auto-proclamano salvatori della Patria (Fini, Casini, etc.). I centristi del PD hanno favorito e, in certe situazioni, cavalcato il berlusconismo. Tutto in nome del liberismo, of course.

    NeGa

  18. Beh, mi pare che stiamo scoprendo ciò che per certi aspetti dovrebbe apparire ovvio, che la classe dirigente ha delle forme di complicità che travalicano gli schieramenti.
    Dal mio punto di vista, ciò denuncia una insufficienza dei meccanismi delle democrazie parlamentari che però non è confinata all’Italia ed alle sue eccezioni e difetti d’origine.
    Mi ha colpito tra l’altro l’atteggiamento della stampa estera sugli ultimi sviluppi della situazione politica qui da noi, per la manifestazione di consenso acritico al mandato affidato con una procedura atipica a Monti. Come dicevo in un post sul mio blog, si ammette da parte di quasi tutti che la democrazia è incapace di affrontare situazioni di emergenza, si pretende che esistano situazioni in cui si è costretti ad essere tutti d’accordo.
    L’interesse generale non è più oggetto di dibattito tra partiti avversi, ma è un dato di partenza indiscusso ed indiscutibile.
    Se un semplice cittadino come me non si associa al tifo per il mito della crescita illimitata, diventa un nemico della patria. Eppure, la democrazia dovrebbe proprio vivere del dissenso. ma la politica e quindi la democrazia è stata uccisa dall’economia. Il punto è come ciò sia potuto avvenire, quali meccanismi istituzionali abbiano fallito nel loro ruolo di garanzia democratica.
    La mia personale tesi è che i sacri principi liberali, nella loro pretesa di difendere certe libertà individuali, di fatto non le difendono per la maggior parte delle persone, e che siano pertanto intrinsecamente incompatibili con una vera democrazia, nel significato etimologico del termine.

  19. Nasce il Governo del Capitale Militarista

    All’Economia Monti, pedina della Goldman Sachs.
    Alla Difesa l’Ammiraglio Di Paola, pedina della Nato.
    Allo Sviluppo Corrado Passera, pedina delle Banche.
    Ai Beni Culturali Ornaghi, pedina di Bagnasco.
    Alla Giustizia Severino, pedina universitaria di Confindustria.
    All’Istruzione Profumo, pedina dell’Accademia.
    Alla Salute Balduzzi, pedina di Azione Cattolica.
    Al Welfare Fornero, vice-pedina delle Banche.
    Agli Esteri Terzi, pedina degli USA.

    etc., etc.

    Un vero e proprio “comitato d’affari” della borghesia.

    Il PD applaude con soddisfazione.

    E noi?

  20. Che non sarebbero stati todos companeros lo sapevamo.
    E sapevamo che il problema banche-Europa ecc. resta lì, da affrontare in modo, per forza di cose, transnazionale.
    Per quel che riguarda questo paese, Ida Dominjanni ipotizzava che forse un governo del genere, se nella sua linea funzionasse, potrebbe riuscire a incentivare un riformarsi dell’intero quadro politico, in un grande centro (destra) neo Dc e una sinistra meglio delineata. (a destra-destra, tutto ciò che lo è davvero: Lega, la Russa ecc.).

  21. Vorrei ringraziare ng per le dritte che mi hanno spinto ad approfondire, ed Helena per l’ironia (che non sarebbero stati todos companeros lo sapevamo): ma todos inquadrati in rappresentanze così organiche, forse su questo qualche speranza potevamo ancora coltivarla…

  22. @ Lorenzo
    chiedi che cosa fare?

    Capire la nuova situazione. E affinare gli strumenti per guardarsi all’indietro con l’obiettivo di anticipare ciò che sarà. Il governo Monti rompe con la mediazione politica: il capitale gestisce in prima persona il potere politico. Mai accaduto prima. E ritengo gravissima la presenza di un militare. Il governo è il segno – per me inequivocabile – della tendenza alla guerra del capitalismo contemporaneo. Ma intorno a noi stanno ancora facendo festa per la cacciata di Berlusconi. Quando le trombette riposeranno, allora potremmo ricominciare a pensare.

    Ritengo che lo sciopero generale e la dichiarazione di non voto per chi sostiene le missioni di guerra siano perfettamente compatibili.

    Altra cosa da fare, almeno a livello “di massa”: smascherare le parole. Se Monti afferma di voler perseguire una manovra economica basata sull’equità, bene: chi ha pagato sino ad oggi smette di pagare, mentre chi ha pagato poco o nulla comincia. Questa è l’unica equità che ha senso. Ma anche qui siamo minoranza: tutti si apprestano ad accettare “sacrifici” in nome di un non ben definito “interesse nazionale”. Vincerà, alla fine, Confindustria, a cominciare dalla revisione della contrattazione nazionale e della libertà di licenziare; col bene placido degli illusi che hanno ancora la bocca bagnata dallo champagne. Le bollicine annebbiano la vista.

    Ma la vista è proprio quella cosa che dobbiamo allenare. Altra cosa da fare: definire delle coordinate che possano guidare lo sguardo. Esistono alcune coordinate, esiste un’analisi delle cause e delle concause, delle tendenze e degli sbocchi della crisi. Già mettere in rete queste analisi agevolerebbe non poco il lavoro. L’occhio collettivo – questo dobbiamo costruire: un occhio che ci trascenda – non è altro che una sorta di “wikitesto”, all’interno del quale convergono conoscenze e saperi separati. Prendi la periodizzazione che ho proposto sopra. Tu potresti aggiungere alcune cose mancanti (dal Piano della Rinascita della P2 al Trattato di Maastricht), altri aggiungono altro, fino ad ottenere, per punti schematici, una precisa immagine del contesto che ha permesso l’ascesa e il Ventennio di Berlusconi. O prendi gli esempi fatti da Andrea. A Fumagalli io aggiungo Vasapolllo, tu aggiungi, poniamo, Harvey, etc.. Una rete, dove i nodi a loro volta danno vita ad altri nodi: un partito diffuso. Da questa “babele” dei saperi, dovrebbero essere esclusi i “nomi”: tutto rigidamente anonimo; si eviterebbero così le indiosincrasie personali, gli arrivismi, l’ego-centrismo e l’autoreferenzialità tipica degli intellettuali, privilegiando invece la circolazione di contenuti. E sarebbe bandito il proselitismo. Non abbiamo bisogno di adepti, bensì di singolarità disposte a sparire crescendo nel collettivo.

    Ovviamente, questo processo (tra l’altro già in atto), presuppone una chiarezza di fondo sui “compagni” di gioco. Io, francamente, qui dei paletti li metto. Con gli intellettuali che nutrono ancora illusioni sul fatto che il PD sia o possa diventare un partito di sinistra o possa anche solo aiutare, mi dispiace: non perdo tempo. La cecità chiude lo sguardo. E non ha senso inseguire ciò che non può essere raggiunto.

    Ho già detto della necessità di chiarire quel è il “noi” che dovrebbe agire la trasformazione. Senza questo preventivo chiarimento, finite le briciole della festa ci troveremo di fronte una bandiera tricolore da baciare. Cosa si nasconde dietro la bandiera?

    Etc., etc.

  23. Allegro.
    Esuberante.
    Maleducato.
    Imbecille.

    Silvio?
    Esuberante.

    Chi ci vuole bene?
    Ci vuole bene Silvio.
    Chi è Silvio?
    È un essere intellegibile
    che forse
    opportunamente
    in Italia
    s’impadronisce
    del cielo e della terra.

    Chi sono gli altri?
    Gli altri sono i Moderati.

  24. il vero potere comincia ora…al cui confronto berlusconi é veramente un nano,come tutta la classe politica italiota…cazzi amari currunt..

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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