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Leggendo Bertolucci

Arrivò prima il figlio, in quell’ora
lucente dopo il pasto il sole e il vino,
eppure silenziosa, tanto che
si sentiva il pennello sul muro
distendere il celeste. Non guardava
fuori, la sua giovinezza
e salute gli bastava, attento
alla precisione dei bordi turchini
entro cui asciugando già l’azzurro
scoloriva com’era giusto. Allora
venne il padre che recava uno stampo,
il verde il rosso e il rosa,
e la stanchezza degli anni e il pallore.
Doveva su quel cielo preparato
con cura far fiorire le rose,
ma il verde stemperato per le foglie
non gli andava, non era un verde quale
ai suoi occhi deboli brillava all’esterno
con disperata intensità appressandosi
la sera che si porta via i colori.
Le corolle vermiglie ombrate in rosa
fiorirono più tardi la stanza,
una qua una là, accordate
alle ultime dell’orto, e il buio,
fuori e dentro, compì un giorno
non inutile che lascia a chi verrà,
e dormirà e si sveglierà fra questi
muri, la gioia delle rose e del cielo.

Attilio Bertolucci, Gli imbianchini sono pittori, da Viaggio d’inverno (1971, dedicata a Roberto Longhi).

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2 Commenti

  1. Ecco, la mia versione, in albanese:

    Bojaxhinjtë janë piktorë

    Erdhi i pari djali, n’atë orë
    vezulluese pas sillës diellit verës,
    por prapë e pazhurmë, aqsa
    dëgjohej përmbi mur brusha tek
    shpaloste ngjyrëqiellin. Nuk vështronte
    jashtë, rinia dhe shëndeti
    i vet i mjaftonin, i vëmendshëm
    në përpikmërinë e anëve të bruzta
    brenda të cilave duke u tharë e kaltra
    zbehej, se ashtu duhej. Atbotë
    babai erdh, me vete kallëpin,
    të blertën të kuqen të trëndafiltën
    dhe lodhjen e viteve zbehtësinë.
    Në atë qiell të përgatitur i duhej
    të çelte tërë përkujdesje trëndafilat,
    por e blerta e shkrirë për gjethet
    nuk e kënaqte, nuk e qe e blerta që
    xixëllonte atyre sysh të dobët jashtë
    me dendurì dëshpëruese avitur
    mbrëmja që ngjyrat po i rrëmben.
    Kurorat ngjyrëgjake trëndafil-hijezuar
    e lulëzuan më vonë krejt dhomën,
    një këtu një aty, pajtuar
    me të fundit të kopështit dhe terri
    jashtë-brenda përmbylli një ditë
    jo të kotë që i lë kujt do vijë
    do të flerë e zgjohet mes këtyre
    muresh, gazullim trëndafilash e qielli.

  2. Caro Domenico,

    grazie per questa traccia forte e al tempo stesso discreta: un testo di Bertolucci che sta lì e si lascia leggere e rileggere.
    Ne verranno altri? Spero di sì. E mi piacerebbe ritrovare anche tracce di Sinisgalli,Menicanti,Vicinelli.

    Un saluto
    Antonio

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domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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