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Il libro dei sussurri

di Gianni Biondillo

Varujan Vosganian, Il libro dei sussurri, Keller editore, 470 pagine, traduzione di Anita Natascia Bernacchia

Impresa titanica quella di Varujan Vosganian: raccontare la diaspora armena – dopo i genocidi ottomani – vista da una piccola città della Romania, Focşani. Storia che noi, colpevolmente, non conosciamo affatto e che eppure si intreccia a doppio filo con quella del Novecento europeo.

La peculiarità dell’opera di Vosganian sta nell’aver deciso di non ci restituirci il racconto di quegli avvenimenti attraverso una cronologia: non fa Storia, ma narrazione. Non racconta per grandi eventi, ma per piccoli episodi, per storie minime e allo stesso tempo straordinarie. I protagonisti de Il libro dei sussurri sono contadini, artigiani, soldati, patrioti, sacerdoti, vecchi, bambini. Non ostante sia profondamente autobiografico, non è la voce della memoria infantile di Varujan a parlare in questo libro. È la memoria dell’intero popolo di rifugiati che parla attraverso di lui. Varujan è l’aedo, il cantore di questa resistenza alle avversità della Storia politica europea che ha frantumato e disperso un popolo senza riuscire in ogni caso ad estirpargli l’identità.

Il popolo della diaspora – errante come quello ebraico – sussurra per evitare la repressione del regime di Ceauşescu. Sussurra per non perdere le tradizioni, per tenerle salde. Sussurra per riuscire a parlare liberamente, quando si nasconde nelle cripte dei cimiteri, sognando una nuova fuga. Tutti questi sussurri, sono storie di uomini e di donne, racconti di sofferenze, gioie, nascite, morti. Tutti questi sussurri sono la memoria orale di un’umanità dolente e vitale, sono una voce sola, potente, restituita a noi da uno scrittore straordinario.

Il libro dei sussurri è un’epopea scritta con una lingua densa, intensa, nobile, pervasa di un realismo magico che me la fa affiancare ad altre, alte, esperienze narrative internazionali. Le storie di migliaia di vivi e di morti risuonano nelle pagine di questo libro unico, che non ho vergogna di dire sia, per me, uno dei grandi romanzi della letteratura europea contemporanea.

[pubblicato su Cooperazione, n.51 del 19 dicembre 2011]

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12 Commenti

  1. Parlare di “”genocidi armeni” mi sembra un po’ esagerato, posto che normalmente i paesi che hanno riconosciuto apertamente il ·genocidio armeno, tra i quali l’Italia, ne hanno riconosciuto uno solo (1915-1917). Non intendo entrare nella discussione ma solo aggiungere che nel 1915, l’Impero Ottomano stava dissolvendosi e che i diretti reponsabili del genocidio sono i giovani turchi che erano nazionalisti panturchi e non conservatori del moribondo impero ottomano. La minoranza etnica armena si stabilí in Romania in seguito alla caduta del Regno Armeno di Cilicia nel secolo XIV e non dopo la I guerra mondiale. Il libro di Vosganian è molto bello e molto difficile da leggere perché usa molti registri linguistici e parlate e nello stesso tempo la sua lingua è di un rigoroso nitore classico. Mi piacerebbe vedere come si è riusciti a tradurlo in italiano. Vosganian è un ultraconservatore cristiano, un liberista con posizioni molto simili ai neocon, è stato vicino alla rivista di estrema destra Rost e all’associazione con lo stesso nome. Un’associazione che ha tra i suoi principi identitá di fede, autoritá, onore e patria. Ê stato molto vicino all’oligarca Vantu, che è un personaggio molto discusso in Romania e fuori per il suo modo di gestire gli affari. Le posizioni di Vosganian sono panromaniste, cioè per una politica di annessione di tutte le regioni romanofone. Alcune sue dichiarazioni sugli zingari sono state interpretate come razziste e il giornale Gandul lo ha accusato di prossimitá a correnti neolegionarie (cioè codreaniste, cioé antisemite). Lui ha negato le accuse spalleggiato dal primo ministro romeno ma la sinistra del parlamento europeo lo ha accolto con molto risentimento quando si presentò come membro della commissione Barroso, la sua attivitá di Ministro dell’economia lo pone tra i piú rigidi custodi dell’ultraliberismo. Peró scrive bene.
    Dreiser Cazzaniga

  2. Si può dire solo e soltanto che Gianni Biondillo ha scritto un gran pezzo? E che il libro di Vosganian è tra i migliori nel suo genere? Speriamo che sì

  3. Si puó dare qualche informazione in piú? Che Biondillo ha ritenuto opportuno non dare? E che magari a qualcuno interessa? O lei ha paura che si diano queste informazioni? Gentile Signor Choukadarian? Se è cosí perché? Ê lecito chiederlo? Quella di Biondillo è una recensione onesta? O è un gran pezzo? Boh?
    Quante domande signor Choukadarian, quante risposte, quanti dubbi, quanti elogi.
    Dreiser Cazzaniga

  4. Genseki, io non ho scritto un saggio su Vosganjan, ma una segnalazione di 2000 battute su un libro, come faccio da anni su NI (controlla pure). Ipotizzare che io ometta informazioni sull’autore per chissà quale oscura ragione è inutilmente dietrologico.
    Che tu abbia, nel tuo commento, aggiunto le informazioni che reputavi necessarie non può che essere una buona cosa. Che Giovanni Choukadarian apprezzi il libro di Vosganjan credo sia nel suo diritto di lettore.

  5. Davvero non ho pensato che l’omissione fosse dovuta a oscure ragioni, io pensavo a ragioni pratiche e di evidente opportunitá. E lo ho anche scritto, Poi siccome sta storia di Vosganjan in Romania fu molto discussa (e nell’europarlamento) mi è sembrato opportuno aggiungere queste poche informazioni che sono alla portata di tutti in inglese in rete. Davvero non era mia intenzione polemizzare. Io ho anche scritto che il libro mi è piaciuto, ho lodato lo stile di Vosganjan nel commento precedente. Il fatto è che solo ormai nell’estrema periferia d’Europa si puó trovare un personaggio cosí per cui lo stile valga piú della retorica tecnicista. Io poi di Vosganjan non condivido le idee politiche e la filosofia. Sono cose che capitano nella vita. Io non hoo nessun potere per negare a Choukadarjan nessun diritto (questo è ovvio) le domande le ha poste lui, mica io.
    Dreiser Cazzaniga (ex genseki)

  6. in realtá, ad essere sincero, nel mio primo commento vi era un retropensiero. Non è abituale che un economista, cristianista, ultraliberista e amico di tycoons dall’etica eccentrica, sicuramente devoto all’Arcangelo S. Michele, (anche se non fino al punto di fare parte delle sue Legioni, sia anche un notevole scrittore, e un uomo di cultura, nel senso classico del termine, reso desueto dall’avvento di internet e dalla commercializzazione della letteratura. Noi siamo abituati alla dislessia di Bush, alle barzellette di B., alla grossolana esibizione di ricchezza e potere di Sarkozy, alle urla di Larussa, al fare sornione di Ferrara, ma la destra neocon e liberista non puó vantare grandi intelletuali con un sentimento profondo della storia e della forma. Forse un’eccezione è De Villepin. Perché questo puó succedere in Romania? Pare anche in qualche exrepubblica sovietica turanica. Questa curiosa caratteristica rende, per me, Vosganjan un personaggio davvero interessante.
    L’altro retropensiero è quello del perché la Romania sembra essere un paese che con l’eccezione di Arghezi produce solo grandi intellettuali di destra e piuttosto di estrema destra: in patria, Lucian Blaga, Stanescu, Vosganjan, Horia, nella diaspora: Ionesco, Eliade, Cioran. Ê una caratteristica curiosa di questa grande letteratura isolata e semisconosciuta che affascina profomdamente chi la frequenta. Anche Eminescu non sembra poter sfuggire a questa regola.
    Ecco questi erano i due mie pensieri inespressi nel comento precedente che peró ne erano come i presupposti. Non era comunque mia intenzione polemizzare con Biondillo, abbiamo giá polemizzato in altre occasioni e non ci tengo a ripetere l’esperienza.
    Dreiser Cazzaniga

  7. Sainte-beuviano convinto, apprezzo le note di vita e ideologia che Cazzaniga aggiunge al compte rendu di Gianni Biondillo. Fin che la polemica si tiene entro questi margini, la si deve incoraggiare, come credo.

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gianni biondillo
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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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