Articolo precedente
Articolo successivo

Muri e razzi: l’idiozia si vedrà dalla luna?

Pochi giorni fa scrivevamo email ad operatori palestinesi del mondo cooperativo, che avevamo incontrato qui in Italia. L’obiettivo era scrivere insieme un progetto di scambi giovanili da presentare in uno dei rari Programmi Europei di finanziamento in cui si riconosce l’Autorità Palestinese. Non avevamo ricevuto risposte e ci sembrava un peccato sprecare una opportunità di questo genere. Oggi mi sembra di aver in mano solo la fionda di Davide di fronte a Golia. Pubblico di seguito il rapporto ricevuto dall’Associazione Cooperazione e Solidarietà ACS-Italia su quanto sta accadendo. Chiedo di segnalare articoli, interventi e quanto i lettori e le lettrici di Nazione Indiana considerano opportuno per andar oltre il dolore impotente che si prova davanti alle foto della guerra   di cui giungono notizie.

16nov12-Testimonianze da ospedale Shifa.pdf

Print Friendly, PDF & Email

14 Commenti

  1. Ciascuno sogna la pace, la madre nella sua casa, il bambino con la sua palla, il ragazzo richiamato sul campo. La parola si frattura, quando la morte colpisce ovunque. Rimpiango che ciascuno faccia la lezione a una madre, un padre, un bambino.
    Rimpiango l’idea facile di criticare Israël.
    Siamo pronti da giudicare, senza sapere niente della paura e della guerra.
    Ascolto la radio, mi fa dentro un varco, aspetto una notizia di speranza.
    Spero che il mio commento non sia luogo di battaglia. Ho solo detto il mio sentimento:
    il mio desiderio è di leggere anche su Nazione indiana la voce di chi vive in Israël e sogna un avvenire più felice, in pace.

    • Penso anche io che al di là della versione monolitica della politica interventista isrealiana ci sia un mondo interno ad israele non allineato e per noi poco conosciuto di voci diverse, di donne e uomini che vivono con sofferenza, dolore questi giorni. Vediamo di dar loro voce e spazio. E’però anche ben visibile il disastro di questi giorni, anche perchè gli ospedali, i medicinali disponibili e le infrastrutture di tutela di coloro che abitano nella striscia di Gaza e negli altri territori non sono “pari”a quelle su cui può contare chi sta dall’altra parte.

  2. […] che in tutti questi anni nulla è stato fatto per risolvere la tragedia del popolo palestinese. Poi ho letto il post di Maria Luisa Venuta, che ringrazio,  e ho deciso di postare i ventinove nomi dei primi morti a Gaza (ora sono diventati 58 e nel […]

  3. @ véronique
    ma il bambino che vive nella striscia di Gaza cosa può sognare?

    sei così convinta che criticare Israele sia facile? guardati intorno: quante voci critiche ascolti? se osservi con onestà i fatti, non potrà sfuggirti l’assoluta predominanza di “giustificazioni” a favore di Israele, e la quasi assoluta assenza di voci pro-palestinesi. e questa impari battaglia riguarda anche i sogni: un bambino israeliano sogna che cessi l’allarme aereo, quello palestinese che cessi la pioggia di bombe. chi rischia di più di smettere di sognare?

    ma alla fine, fatte le dovute precisazioni sulla disparità (anche militare) in campo, resta la domanda fondamentale: chi ha iniziato? se esiste una situazione conflittuale, un responsabile c’è, ed è sempre riconoscibile: basta volerlo individuare davvero.

    Per i bimbi palestinesi, i sogni sono incubi.

    • alla fine del video che ho linkato, (dal min. 6:45) a parlare è una bambina palestinese e parla proprio dei sogni e degli incubi, dell’odore del gas che soffoca ogni cosa, ogni cosa “in suo possesso”, e dice più o meno “come posso godere delle poche cose che posseggo?”
      le persone come Rachel e Vittorio se lo sono chiesto molto da vicino.

  4. “quando avviene una disgrazia (saltano i circuiti elettrici) esistono specifici algoritmi finalizzati alla soluzione problema.
    Ci si può certamente inginocchiare di fronte al palo della luce e recitare l’Ave Maria confidando nell’intervento divino o parimenti contorcersi sulla pergamena con una penna d’oca in un drammatico travaglio poetico.
    Ma per risolvere il danno senza perdere tempo bisogna solo telefonare all’elettricista, possibilmente in posizione eretta”(cfr Eostre).Ergo,bisogna informare gli stati uniti e l’inghilterra che intorno al 48 sono stati decisivi nella creazione di questo insolubile dilemma puzzolente di prevaricazione e tautologia ,che devono risolverlo senza perpetuare ingiustizie che sicuramente la notte gli dannano l’anima

  5. L’attivista nonviolento israeliano Jeff Halper inquadra sulle colonne del sito della sua associazione, l’Icahd, in difesa della demolizione delle case palestinesi, la nuova carneficina messa in atto da Israele.

    ICAHD CONDEMNS THE ISRAELI ATTACK ON GAZA

    The Israeli Committee Against House Demolitions (ICAHD) condemns the ongoing Israeli attacks on Gaza, an expression of ongoing suppression of a people’s right to self-determination and of pacification, not of self-defense.

    Although Israeli spokespeople never mention the word “occupation” (in fact, Israel officially denies there even is an occupation), this is the context within which the events taking place must be understood. Israel presents its attacks as mere self-defense, as if it is an innocent, peace-loving country undergoing attacks from hostile forces; it often uses the example of missiles being fired at the US from Canada. In fact it is Israel that has held the Palestinians under violent occupation these past 45 years, including the inhabitants of Gaza, who have been systematically impoverished, imprisoned, blockaded, excluded from their agricultural lands, assassinated from the air and killed on the ground – an entire civilian population terrorized by a powerful state with the most advanced military weaponry.

    Under international law an oppressed people has a right to resist, even in an armed manner, its oppression – though it cannot attack innocent civilians. We may criticize the firing of missiles from Gaza if they are aimed at civilian populations, but at the same time we cannot expect an imprisoned people completely at the mercy of its oppressors to simply sit passively and wait to be exterminated.

    And this is the point: the attack on Gaza, which took place (not for the first time) on the backdrop of Israel and Hamas negotiating a long-term truce, represents a final attempt to pacify the Palestinians. Israeli government ministers refer explicitly to the success of the Operation Defensive Shield in 2002 in ending Palestinian resistance in the West Bank. The current “Operation Pillar of Defense” is nothing less than Defensive Shield 2, the firing of missiles from Gaza being merely a pretext for suppressing Palestinian resistance once and for all and warehousing them permanently.

    For Israel, the infinitely stronger party controlling every aspect of life in Gaza, knows full well that the only way to end the conflict and achieve peace and security for itself and its Palestinian victims is to end its occupation. Only by keeping Israel’s attempt at rendering the occupation permanent by warehousing the Palestinians in small cells of the country while “judaizing” the rest – a relentless campaign that requires the subjugation and ultimately the pacification of the Palestinians – can actions such as the latest attacks on Gaza be understood and resisted. Any attempt by Israel to present itself as a normal country merely defending itself represents nothing more than cynical spin.

  6. Non so, noi ci interroghiamo sul perché e sul percome.

    Io penso solo che basterebbe una forza di interposizione e una coabitazione pacifica forzata.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Il posto di Felìcita

di Melania Ceccarelli Camminava spedita, i muscoli delle gambe brune e forti in rilievo sotto i corti pantaloncini elasticizzati. Alta,...

E fu sera e fu mattina

di Maria Luisa Venuta Questa notte ho sognato. Sono ad un incrocio qui vicino a casa a parlare insieme con...

Letteratura oltre i confini. Clouds over the Equator: A Forgotten History e Wings di Shirin Ramzanali Fazel

  di Simone Brioni Dopo 23 anni dall’uscita del suo primo romanzo, Lontano da Mogadiscio (ne parlo qui: http://www.laurana.it/pdf/postfazione%20LdM_Brioni.pdf) – una...

Il posto dei tigli

   di Claudia Bruno Le mattine di giugno hanno un profumo tutto speciale, che sa di pistilli e cielo, foglie...

Come un paesaggio. Pensieri e pratiche tra lavoro e non lavoro

di Sandra Burchi e Teresa Di Martino Il testo riportato qui di si seguito è l'introduzione al libro collettaneo Come...

La nuda vita

di Agostino Zanotti Avviare una campagna per l’apertura di un canale umanitario verso l’Europa implicitamente è mettere una pezza alla...
Maria Luisa Venuta
Maria Luisa Venuta
Maria Luisa Venuta Sono dottore di ricerca in Politica Economica (cosiddetto SECS-P02) Dal 1997 svolgo in modo continuativo e sistematico attività di ricerca applicata, formazione e consulenza per enti pubblici e privati sui temi della sostenibilità sociale, ambientale e economica e come coordinatrice di progetti culturali. Collaboro con Fondazione Museo dell'Industria e del Lavoro di Brescia e Fondazione Archivio Luigi Micheletti. Sono autrice di paper, articoli e pubblicazioni sui temi della sostenibilità integrata in lingua italiana e inglese.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: