Heinz Czechowski – Vita e poetica

di Paola Del Zoppo

Heinz Czechowski nasce a Dresda il 7 febbraio del 1935, figlio di un impiegato del fisco di origine polacca. Il contrasto avvertito tra il senso di pace e pienezza dell’infanzia e gli eventi traumatici legati alla guerra, al bombardamento di Dresda del 1945 e al dopoguerra segnano per sempre la sua vita e la sua poesia. «Ancora oggi», racconta nella sua autobiografia scritta in età avanzata, «il quartiere in cui trascorsi la mia prima infanzia mi appare quasi paradisiaco. Mio padre andava a prendere la metropolitana di superficie per andare all’ufficio del fisco alla Marschnerstrasse, vestito elegantemente, mio fratello in bicicletta alla Annenschule. Mia madre e io salivamo sul tetto dell’edificio e salutavamo la silhouette della città immersa nella luce dorata». Nel ricordo, Dresda «era davvero identica a un quadro del Canaletto, la cui riproduzione era appesa nel corridoio»[1]. L’infanzia tranquilla, popolata da genitori affettuosi, un amato cucciolo e vicini di casa singolari e interessanti, vissuta in serena comunione con gli ambienti, la città e la natura («Il desiderio di natura di mio padre, forse eredità della sua provenienza dall’alta Slesia, dalle riviere di Pleβ, si esprimeva in lunghe passeggiate nella regione paludosa di Moritzburg, e ci portava fino a Röder, vicino Radeburg»[2]) si interrompe bruscamente e dolorosamente con lo scoppio della guerra, la partenza del padre e, soprattutto, il bombardamento e il rogo di Dresda. Proprio Dresda, come luogo fisico, come emblema della patria perduta e ferita, e quindi anche come rammarico dell’impossibile identità con se stessi, sarà per il poeta “il suo tema” oltre che una perenne fonte di ispirazione nelle sue diverse declinazioni[3], un tema che nasce dalla distruzione e dal bisogno di riacquistare una patria non solo fisica, uno shock che diventa vero stimolo alla creazione.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale porta a termine la formazione di grafico e pubblicitario. Fino al 1958 è attivo come disegnatore e aiuto rilevatore in uno studio di architettura. Nel 1958 pubblica la prima poesia, Picasso: l’entreinte, sulla rivista «Neue Deutsche Literatur», fondata dal Deutscher Schrifstellerverband, una delle riviste letterarie più importanti dell’epoca, accanto a «Sinn und Form». In seguito studierà poetica con Georg Maurer, esponente della cosiddetta Sächsische Dichterschule, da cui si dichiarerà sempre molto influenzato. Si diploma con un testo sul dramma di Heiner Müller Der Lohndrücker. Dal 1961 al 1965 lavora come lettore per la casa editrice Mitteldeutscher Verlag a Halle an der Saale. Dal 1963 è membro dell’Unione degli scrittori della ddr (Deutscher Schrifstellerverband). Dal 1971 al 1973 scrive per la compagnia del teatro di Magdeburgo, ma torna al lavoro di lettore nel 1975, per la casa editrice Reclam di Lipsia. Nel 1976, seguendo l’indicazione del partito al dsv, è tra i firmatari della «Biermann Resolution», la Risoluzione Biermann, con cui si decideva di cacciare dalla Germania Est il cantautore Wolf Biermann[4], attirando su di sé pesanti critiche dalla maggior parte degli intellettuali del periodo.

La sua adesione all’impostazione socialista della DDR comincia a vacillare pochi anni dopo, anche in relazione all’impossibilità di riconoscere alla propria poesia un’identità nazionale. In questi anni Czechowski si fa tanto più consapevole della forza della poesia, e fiducioso nella propria capacità poetica, tanto più scettico verso il sistema politico che lo accoglie. La rappresentazione della natura modellata dalla Storia e quindi dalle scelte umane è sempre più rilevante nella sua poesia e la lirica esperienziale e naturalistica lascia spazio a resoconti e poesie di viaggio, poesie di coscienza del mondo, Weltanschauungsgedichte[5]. Questo processo si realizza appieno nella raccolta Schafe und Sterne [Pecore e pianeti]. Da questa raccolta in poi, afferma Czechowski, «la ddr non ha più potuto reclamare per sé alcuna mia poesia».

In questi anni, anche svincolandosi da discorsi prettamente lirici, la critica alla ddr si fa più esplicita e diretta, come si riconosce nella raccolta Was mich betrifft. Nella raccolta si riconosce l’eco dei viaggi intrapresi da Czechowski negli anni Settanta/Ottanta: Nel 1977 è a Parigi, nel 1978 in Germania Ovest. Dal 1978 si stabilisce come libero poeta a Lipsia. Nello stesso anno esce dalla sed. L’amarezza per la sorte di un Paese distrutto dalla supremazia dell’ideologia, viene espressa nei componimenti poetici e metaforizzata di frequente nella distruzione del paesaggio in balia della violenza della colonizzazione umana. Nel 1987 Czechowski ottiene un grande successo di pubblico anche nella Germania Federale con la selezione Ich und die Folgen, in cui prevalgono i testi in cui l’Io lirico prende atto ancora una volta del rapporto ormai distrutto tra l’uomo e la natura, inserendosi, politicamente, nella forte corrente di critica sociale legata alla distruzione e allo sfruttamento ambientale della Germania Est.

Dopo la Wende, nel 1990, Czechowski esce dal Deutscher Schrifstellerverband per divergenze politiche con la direzione (L’Unione si scioglierà in quell’anno), ed entra nel p.e.n. Intraprende una serie di viaggi, nel 1991 è in Lettonia, nel 1992 in Romania, nel 1995 a Washington. Nel 1992 è cofondatore e presidente della Freie Akademie der Künste di Lipsia. Dal 1993 è spesso in Italia, come lui stesso afferma spinto in particolare dalla separazione seguita dal divorzio: «Era stata una specie di sfida, quando lei mi mise sul tavolo la richiesta di divorzio lasciai il Paese come per fuggirne per poi evitare la zona Est della Germania riunita». Le poesie del periodo rispecchiano lo scetticismo per ogni tipo di entusiasmo di un io che ha visto il crollo di tante speranze, lucidamente consapevole dell’amarezza della solitudine eppure ormai definitivamente convinto della vanità della comunanza di intenti.

Nonostante il rifiuto verso l’Est, contribuisce nel 1994 alla formazione della rivista «Ostragehege», da cui prese le distanze poco tempo dopo per divergenze d’opinione. I componimenti dell’ultimo periodo si tingono di amarezza per il tempo passato, e la vecchiaia è un tema toccato in tutti i componimenti, accompagnata dall’accettazione degli eventi e del proprio ruolo in essi e da una definitiva riappacificazione con la propria parola poetica e con la forza creativa della poesia che travalica i confini della realtà. Il poeta non ha più bisogno, in età avanzata, di giustificare la propria creazione con “l’occasione”. Si scrive, perché si deve scrivere, e non per raccontare qualcosa. Il riconoscimento del fallimento e la rinuncia al recupero di ciò che è ormai perduto conducono alla rivivificazione dell’Io lirico che non ha più bisogno di giustificazioni per realizzarsi nei versi, ma che, appunto, è costretto in una parola resa meno potente dall’amarezza per la mancata portata universale della poesia. Il poeta sembra aver trovato in questo compromesso e forse anche nella vita quotidiana una pace amara, che lo accompagnerà negli ultimi anni della sua esistenza.

Dal 1995 al 2000 vive in Westfalia, e poi, fino alla morte sopraggiunta nel 2009, a Francoforte sul Meno.

 

Czechowski è autore di prose, poesie, resoconti di viaggio, drammi, saggi letterari e schizzi autobiografici, nonché curatore di diverse antologie. Di gran valore anche le sue Nachdichtungen, traduzioni poetiche, soprattutto dal greco e dal russo, da autori quali Anna Achmatova, Michail Lermontow, Marina Czvetaeva o Gianni Ritsos.

 

SCELTA DI POESIE[6]

.

DRESDNER VORSTADT 1945

Dem Weiß, das alle Mühsal deckt,
Entsteigt kein Laut.
Schwarz aufgefahren, Gleis auf Gleis,
Waggons –
Kriegswinter – ohne Haut,
Die längst Gerippe um Gerippe ließ.
Wind schwirrt.
Draht schneidet tief.
Nicht eine Krähe, die sich hier verirrt.

.

PERIFERIA DI DRESDA 1945

Dal bianco, che copre tutti gli affanni,
Non sale un suono.
Si avvicinano neri, binario a binario,
Vagoni –
Inverno di guerra – senza pelle,
Che a lungo lasciò carcassa su carcassa.
Il vento stride.
Il filo strazia la carne.
Non c’è una cornacchia che qui si perde.

.

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SCHAFE UND STERNE

Schafe und Sterne: die Nacht
Hält sie zusammen, ein Hund
Ist der Wind auf lautlosen Pfoten,
Er streift die Akazien, ein Hirt
Sitzt unter ihnen seit zweitausend Jahren,
Sieht in die lehmbraunen Wasser,
Denkt an die Türken,
Sieht der Armenier
Häuser am Hang, sieht sie steigen
Über die Treppen
Hoch in die Nacht.

Schafe und Sterne sind seine Gedanken,
Tief in den Taschen
Sucht er sie zwischen Knoblauch
Und grauem Tabak.

Schafe und Sterne
Treibt er zusammen in seinen Gedanken,
Führt sie und lenkt sie,
Kennt ihre Zeichen,
Sieht ihre nächtliche Runde
Rings um die Stadt.

Schafe und Sterne,
Wesire und Zaren,
Gejagte und Jäger.

Einst Partisanen, sie kamen,
Er teilte das, was er hatte, mit ihnen.
Wochenlang blieben sie weg in den Bergen,
Unten im Tal sah er Autokolonnen,
Sah ihre Spuren: Erschossne, Gehängte,
Sah in den Fluß, wie er anschwoll und mitnahm
Tote und Totes, Geröll aus den Bergen.

Schafe und Sterne sind ihm geblieben.
Schafe und Sterne. Wer unterscheidet
Schafe und Sterne, wenns dunkelt? Die Nacht
Schleicht sich ins Tal,
Reißt sich die Schafe,
Reißt sich die Sterne.

Schafe und Sterne.

Schafe und Sterne:
Am Himmel ein Widder,
Er senkt seine Hörner,
Stößt, stößt ins Leere.
Der Wind ist ein Hund
Und jagt hinterher.
Und der Fluß ist Wesir,
Ist Zar und SS und hält Standrecht.

Schafe und Sterne sind ihm geblieben,
Er sitzt, und er sieht sie,
Er hält sie zusammen.

.

PECORE E PIANETI

Pecore e pianeti: la notte
Li mantiene uniti, un cane
È il vento, su zampe senza suono,
Carezza le acacie, un pastore
Siede sotto, duemila anni
Vede nell’acqua bruna di limo
Pensa ai turchi,
Vede degli armeni
Le case sul pendio, li vede salire
Sulle scale
Su nella notte.

Pecore e pianeti sono i suoi pensieri,
In fondo alle sacche
Fruga tra aglio e
Tabacco grigio.

Pecore e pianeti
Li porta a unirsi nei suoi pensieri
Li conduce, li guida
Ne conosce i segni
Ne vede l’orbita notturna
Intorno alla città.

Pecore e pianeti,
Zar e visir,
Cacciati e cacciatori.

Una volta i partigiani vennero,
Spartì quello che aveva con loro.
Per settimane stettero via tra i monti,
Giù nella valle lui vide le auto in colonna,
Vide le tracce: fucilati, impiccati,
Vide il fiume ingrossarsi e prendere con sé
Morti e morte, detriti di montagna.

Pecore e pianeti gli sono rimasti.
Pecore e pianeti. Chi distingue
Pecore e pianeti, quando abbuia? La notte si
Propaga nella valle,
Strappa via le pecore
Strappa via i pianeti.

Pecore e pianeti.

Pecore e pianeti:
Nel cielo un ariete
Abbassa le corna
Sbatte, sbatte nel vuoto.
Il vento è un cane
E segue cacciando.
E il fiume è il visir,
Lo zar e la SS e mantiene la legge marziale.

Pecore e pianeti gli sono rimasti,
Siede, e li vede,
Li mantiene uniti.

.

.

HEIMWEG
Meinem Vater

Mittagspause am Waldrand.

Aufgestört ist das Gewissen
Für kurze Momente
Wie die Häsin
In ihrer Sasse.

Radeburg
Und umliegende Dörfer:
Geruhsam fädeln die Angler
Am Ufer der Röder
Den Wurm auf den Haken.

Schweigsam
Pflücken wir den Holunder.
Das Brot im Rucksack
Verströmt seinen Duft.

Heimwege gehn,
Schotterstrecken
Von Schwelle zu Schwelle,
Am Abend die Stadt
Vom Garten der Bergwirtschaft:

Verlöschender Glanz,
Ehe die Bomber
Die Wehrlose zähmen.

.

VIA DI CASA
A mio padre
Pausa pranzo sul limitare del bosco.

La coscienza è scossa
Per brevi momenti
Come la lepre femmina
In tana.

Radeburg
E villaggi intorno:
Con calma i pescatori lanciano lenze
Sulle rive del Röder
I vermi sugli ami.

In silenzio
Cogliamo il sambuco.
Dallo zaino il pane
Sparge il profumo.

Percorrere le vie di casa,
Tratti di pietrisco
Di soglia in soglia,
La sera la città
Dagli orti dell’azienda montana.

Il bagliore affievolisce
Prima che i bomber
Dominino gli indifesi.

.

.

WAS MICH BETRIFFT

Erziehungsberechtigt,
Und doch
Ständig erzogen von meinen Erziehern,

Mit gelockerter Zunge
Mündig geworden,
Und doch
Ständig mich anhaltend, den Mund zu halten,

Geh ich
Noch immer im Kreis.

Auf mich also verwiesen
Im Guten und Schlechten,
Teile ich mit:

Was mich betrifft,
So bin ich ich.
Die Zunge der Schlange ist
Geschickter als meine,
Die Haut des Chamäleons
Paßt sich vortrefflicher noch als die meine
Den jeweils herrschenden Umständen an.

Meine Vorzüge, ich gebe es zu,
Sind vergleichsweise gering: aber
Daß ich nicht kriechen kann
Und meine Farbe nicht wechseln

Je nach Belieben,
Ist auch eine Gnade, für die ich

Niemand zu danken habe,
Außer mir selbst.

.

QUELLO CHE MI RIGUARDA

Autorizzato all’educazione,
Eppure
Sempre educato dai miei educatori,

Fatto maggiorenne
Con la lingua sciolta,
Eppure
Sempre trattenuto, per trattenere la bocca,

Mi muovo
Ancora e sempre in cerchio.

Relegato dunque a me stesso
Nel bene e nel male,
Comunico:

Per quel che mi riguarda,
Io sono.

La lingua del serpente è
Più abile della mia,
La pelle del camaleonte
Si adatta ancor meglio della mia
Alle condizioni di volta in volta prevalenti.

I miei pregi, lo ammetto,
Sono in confronto minimi: ma
Che non posso strisciare
E cambiare il mio colore

A piacere,
È anche una grazia, per la quale

Non devo ringraziare nessuno,
Eccetto me.

.

.

SCHWEDISCHES STENOGRAMM

Unterbelichtete Bilder,
Natur, an den Stadtrand verbannt,
Winterlich, ohne Schnee,
Eingefrorene Boote und
Eisangler, wie
Du und ich.

Öffne dein Herz:

Auch du bist,
Wo du hinkommst,
Willkommen,

Das Brot zu teilen,
Das Dunkel,
Die Stille.

Die Angst
Vor dem Schweigen
Der Zukunft.

.

STENOGRAMMA SVEDESE

Immagini sottoesposte
Natura scacciata ai bordi delle città,
Inverno, senza neve,
Battelli gelati e
Pescatori nel ghiaccio, come
Te e me.

Apri il tuo cuore:

Anche tu sei
Dovunque arrivi
Benvenuto

A spezzare il pane,
Il buio,
Il silenzio.

La paura
Di fronte al silenzio
Del futuro.

.

.

DIE ÜBERSTANDENE WENDE

Was hinter uns liegt,
Wissen wir. Was vor uns liegt,
Wird uns unbekannt bleiben,
Bis wir es
Hinter uns haben.

.

LA WENDE SUPERATA

Ciò che è alle spalle
Lo sappiamo. Ciò che è davanti
Ci rimarrà oscuro
Finché non
Sarà alle spalle.

.

SELBSTBILDNIS, FLORENZ

Später Nachmittag. Ein unglaubliches
Winterlicht. Wer noch kein
Melancholiker ist,
Muß es hier werden. Ich
Zittere innerlich. Deutschland
Ist ein zu fernes Land. Wenn mich
Der Schmerz, die Wut verlassen,
Werd ich verloren sein.

.

AUTORITRATTO, FIRENZE

Pomeriggio tardo. Incredibile
Luce invernale. Chi ancora non
È malinconico
Non può che diventarlo, qui. Io
Tremo nell’intimo. Terra troppo
Lontana la Germania. Quando mi avranno
Lasciato il dolore, la rabbia,
Sarò perduto.

.

.

DRESDNER IDYLLE

Die Revolution ist mit dem Strom
Westwärts gezogen. Reimportiert
Hat sie die Höhen erobert:
Villen und Weinberghäuser
In besten Lagen. Im Aufwind,
Zwischen Klotzsche und Windberg,
Bewegt sich flüsternd das Netz,
Das die Stadt überspannt:
Dies ist Zeit der Könige nicht mehr.
Unter vergoldeter Krone
Der Landesfürst, ein
Gestandener Demokrat. Der Dichter
Protestiert gegen die A17. Sollte er nicht
Gegen was anderes seine Stimme erheben?

Auf die Treppe zum Nordlicht
Pinkeln die Hunde, während die Berge
Noch immer neben dem Fluß
Dahergehn, als hätte es mich
Niemals gegeben.

Weißt du noch, Liebste,
Wie damals am Neujahrstag
Die Diesbar am Mainkai lag? Damals
Waren wir einig: Es gibt
Viel zu tun. Packen wir es
An. Die Revolution
Wird auf der Straße gemacht.

Das Minckwitzsche Weinberghaus
Ragt illuminiert in die Nacht. Bunt
Feiert die Republik
Sich in der Neustadt
Ihren Infarkten entgegen.

.

DRESDA. IDILLIO.

La rivoluzione è trascinata dalla corrente
Verso Ovest. Reimportata
Ha espugnato le altezze:
Ville e casali vinicoli
In ottime posizioni. Nella spinta
Tra Klotzsche e Windberg
Si muove sussurrando la rete
Che copre la città:
Non è più questo il tempo dei re.
Sotto la corona dorata
Del principe, un
Navigato democratico. Il poeta
Protesta contro la A17. Non dovrebbe
Alzare la voce contro qualcosa d’altro?

Sulla scala per la luce del Nord
Pisciano i cani, mentre i monti
Scivolano ancora lungo il fiume,
Come se io
Non fossi mai esistito.

Ricordi ancora, carissima,
Come allora, a Capodanno,
Stava il Diesbar sul Mainkai? Allora
Eravamo uniti: C’è
Molto da fare. Prendiamo le cose
In mano. La rivoluzione
Si fa sulle strade.

Il casale vinicolo di Minckwitz
Riluce illuminato nella notte. A colori
La Repubblica festeggia
Se stessa nella città nuova
Incontro ai suoi infarti.

.

.

DIE ZEIT STEHT STILL.
Der Tod
geht sichtbar
über die Piazza.
Wo wir nicht sind,
ist Leere.

.

IL TEMPO È IMMOBILE.
La morte
cammina a vista
sulla piazza.
Dove noi non siamo
è il vuoto.

.

.

AUCH ICH BIN DAS OPFER
Einer Selbstvergewisserung,
Die keine war. Sonne und Wind. Und das Glück
Verborgen in einer Datei,
Die nicht auffindbar ist.
Die DDR als Sonnenstaat,
Der Vergangenheit anvertraut:
Täter und Opfer,
Verborgen
In einer geheimen Abmachung
Zwischen Bündnis 90/Die Grünen:
Im Kosovo
Wächst das Krebsgeschwür,
Das Europa verdaut…

.

SONO ANCHE IO VITTIMA
Di una presa di coscienza di sé
Che non era tale. Sole e vento. E la felicità
Celata in un file
Che non si può ritrovare.
La DDR come Stato solare
Affidato al passato:
Vittima e carnefice
Celati
In un patto segreto
Tra l’Alleanza 90/I Verdi:
In Kosovo
Cresce l’ulcera cancerosa
Che assimila l’Europa…

[4] Si considera che la “Risoluzione Biermann” dette il via alla crisi politico-culturale della DDR. Il rifiuto di alcuni degli scrittori più significativi della Germania Democratica (tra cui Sarah Kirsch, Gunter Kunert, Heiner Müller) di schierarsi dalla parte dello stato nella risoluzione di scacciare il cantautore Wolf Biermann, che si era pronunciato contro la struttura socialista della DDR, causò una forte presa di posizione del partito, che si mosse su due fronti. Da una parte si invitavano i cittadini a isolare gli intellettuali che non aderissero alla risoluzione, e dall’altro si spingevano gli scrittori a rientrare nei ranghi, se non firmando la risoluzione, almeno dichiarandosi a favore di essa e criticando apertamente Biermann. Gli scrittori reagirono facendo arrivare i comunicati ad un’agenzia stampa dell’Ovest.

[5] Cfr. D. von Törne, Heinz Czechowski, in Lexikon der deutschsprachigen Gegenwartsliteratur seit 1945, Fischer, Monaco 2003, p. 217.

[6] Le poesie presentate coprono tutto l’arco della produzione poetica di Heinz Czechowski. Sono contenute nel volume H. Czechowski, Il tempo è immobile – Poesie scelte, a cura di Paola Del Zoppo, Del Vecchio Editore, Roma 2012.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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