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Zombi come noi. Notizie da un piccolo festival cinematografico di periferia

di Valerio Cuccaroni

Con un dittico di corti ambientati negli anni del Fascismo, il trentenne regista barese Pierluigi Ferrandini si è guadagnato entrambe le finali del festival “Corto Dorico”, svoltosi dal 4 all’8 dicembre ad Ancona. Nel cortometraggio “Lutto di civiltà” Ferrandini racconta gli ultimi giorni di Peppino Di Vagno, deputato socialista ammazzato dai fascisti a Mola di Bari il 25 settembre 1921. A un certo punto il corto, che ha ottenuto il premio Amnesty International Italia per i Diritti umani alla finale della sezione Tema libero, ci mostra Di Vagno impegnato nella stesura di un documento, in cui il politico afferma, tra le altre cose, che i lavoratori non riusciranno a sollevarsi perché non sono formati. È vero. E Di Vagno non riuscirà a modificare la situazione perché morirà ammazzato. Il guaio è che l’affermazione resta valida ancora oggi, perché il ventennio berlusconiano ha fatto arretrare di decenni la lunga opera di formazione dei lavoratori intrapresa da socialisti, comunisti e liberali illuminati nel corso del Novecento.

Scorrono le immagini degli altri corti finalisti del tema libero, tutti più o meno caratterizzati da una profonda e inconsolabile cupezza, redimibile solo con la vendetta violenta, come in “Cosutu n’ coddu” di Giovanni La Pàrola, nel “Respiro dell’arco” di Enrico Maria Artale e nel mirabile “Tiger boy” di Gabriele Mainetti, fino ai tragicomici “Cesare” di Karen Di Porto, una commedia sui padri separati senza arte né parte, che strappa un sorriso amaro e un incredulo sospiro di sollievo, e “Vai col liscio” di Pier Paolo Paganelli, uno zombi-movie che sembra la fotografia esatta dell’Italia del ventennio berlusconiano, a cui la Giuria presieduta da Daniele Ciprì ha assegnato a sorpresa il Premio Corto Dorico 2012. In “Vai col liscio”, un paio di gruppi musicali, in cui fanno la loro comparsa, tra gli altri, Mastandrea, Pif e Mingardi (icone rovesciate dello star system nazionale), deve suonare in continuazione “La mazurca di periferia” per tenere a bada una manica di zombi ballerini, marci nell’anima e nei connotati, pronti a sbranare i musicisti se solo si permettono di interrompere il concerto.

Allora? Allora questi film brevi – mai così complessivamente e univocamente angosciosi in nove edizioni di “Corto Dorico” – ci dicono che siamo alla fine di un mondo, che però non è la fine del mondo. Si muore, è vero. Il fascismo del capitale uccide il lavoro e i lavoratori. Ma i Di Vagno di oggi devono continuare a esprimersi e a formare, corroborati dal fatto che il fascismo estetico, di cui ha parlato qui Andrea Inglese, sembra non fare più presa, mentre si fa largo la contro-estetica dei beni comuni, sperimentata dal Forum per l’Acqua Bene Comune, Teatro Valle Occupato e gli altri spazi “liberati” italiani, a cui “Corto Dorico” ha dedicato la serata d’apertura, con un lungo video-racconto, in gran parte tratto dai canali YouTube di Teatro Coppola di Catania, Teatro Garibaldi aperto di Palermo, Ex Asilo Filangeri di Napoli e molti altri.

La società dei consumi e dello spettacolo è al terzo atto, la tragedia si sta consumando, così come annunciato sin dal suo prologo: era il 1978 quando si completava la finanziarizzazione del capitalismo e si esauriva la ribellione giovanile mondiale, ormai convertita totalmente in prodotto e brand commerciale (jeans, dischi, film); contemporaneamente usciva nelle sale “Zombi” (Dawn of the Dead), con l’indimenticabile assalto dei morti viventi al centro commerciale. La traversata è stata lunga, ma finalmente dagli Stati Uniti quegli zombi sono arrivati anche nelle balere di periferia, come mostra “Vai col liscio”, dove la mazurca ormai è disperata e disperante, piuttosto che gioiosa, perché è diventata l’estenuante ed estenuato ritmo della produzione, che per essere sostenuto aliena l’uomo a se stesso.

Bisogna trovare l’uscita dalla balera, quindi, smettere di distrarsi e intrattenere, tornando a formarsi e formare, affinché i morti beni di consumo, recuperati, riparati, riaperti, possano diventare vivi beni comuni.

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