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Sogno di una notte di mezza primavera

di Antonio Sparzani
(Notte, stanza con due brandine nella sede del Partito, sotto i cuscini niente Kalashnikov ma cellulari silenziati, le tre del mattino)
Pierluigi: Ehi, Enrico!
Enrico (che dorme, come quasi sempre): Eheee?
P.: Ma che fai, mica vorrai dormire?
E.: Ma senti, capo, almeno Palmiro ai tempi suoi dormiva con la Nilde e semmai svegliava lei, ma tu adesso cosa vuoi?
P.: Ho sognato il giaguaro
E.: Ah sì? Ma io mica sono lo psicotizio che ti dà una dritta ogni tanto, che poi la mia opinione è che quello bene certo non ti fa
P.: Ma va’, era un giaguaro simpatico, che diceva, e se facessimo strada?
E.: Ma dài, capo, ce lo chiedono tutti da mesi di fare strada, ma è che ognuno vuole una strada diversa . . .
P.: Ma no, scemo, Strada con la esse maiuscola!
E.: Eh, appunto, una bella strada con la esse maiuscola, ma quale?
P.: Enrico, quando capisci anche meno del solito non ti sopporto, ma Strada, Gino Strada, no?
E.: Capo, cos’hai mangiato a cena?
P.: Ascoltami e non fare domande idiote. Se provassimo a chiedergli di farlo sul serio?
E.: Ma capo, a parte tutto, ha già rinunciato.
P.: Sì, sì, ma vedrai che se gli dico due paroline io si convince subito. Gli dico che gli dò mano libera.
E.: Capo, non so se ti ricordi bene, ma una volta che sarà eletto, sarà lui che darà o non darà mano libera, a te, o a chi crederà lui, comprendi?
P.: Orpo, hai ragione, allora gli propongo un patto di do ut das
E.: Guarda capo che si dice do ut des, e comunque, ti pare tipo che pratica questa espressione?
P.: Mmmmh, è vero, ma c’è una cosa che mi è piaciuta di quelle che ha detto, che se facesse il presidente non sarebbe il presidente di tutti
E.: Ma come, capo, perfino Pertini aveva detto . . .
P.: Eh sì, appunto, ma questo qui è più in là di Pertini, questo qui gli fa vedere i sorci verdi a quello là . . .
E.: Ma dài capo, se ci andavi abbracciato fino a ieri, che t’han fotografato tutti . . .
P.: Ah, anche tu ci sei cascato, Enrico, si vede che sono stato proprio bravo. Nessuno si è accorto che l’ho abbracciato per infilargli una cimice sotto il bavero della giacchetta, così adesso io, capisci, io, so tutto quello che si dicono, col capo quello vero e gli faccio la contromossa del giaguaro, gli faccio. Gli telefono io a Beppe e gli propongo Gino, vedrai che dopo mi permette anche di fare un governo di cambiamento.
E.: Capo, ti ha mai sfiorato l’idea che il cambiamento potrebbe sfiorare anche la, ehm, segreteria del Partito?
P.: Chi? Io?

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2 Commenti

  1. caro Andres, ho solo cercato di trovare un minimo di allegria anche nell’orrore di questi giorni, e poi quell’idea della cimice sotto il bavero mi ispirava molto . . ., anche se son certo che il “seppellire con una risata” sia largamente insufficiente.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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