da “mimetiche”

Eugenio Lucrezi Kafka UNO - LUMINOSITA' 19 CONTRASTO ZERO-1 di Eugenio Lucrezi

 

l’amica di kafka / dal castello

 

Un saluto da Brescia

 

Tu non  sai cosa dico, ti avvicini

in maniera sbagliata: hai corso troppo,

avanzi troppo il passo, la fatica

che fai l’ha resa vana

il passare del tempo, che surclassa

generazioni pestandone i cadaveri,

e pure le mie lacrime di gioia

quel giorno a Brescia, quando stavo insieme

ad una folla in ghingheri col naso

tutti quanti all’insù, e pure insieme

a Puccini e a D’Annunzio, due impossibili

fonti di meraviglia anche per me,

venuto in treno a vedere gli aeroplani.

Figùrati

che puoi capire tu, da un altro secolo.

 

*

 

Amicizia

 

Se vuoi, faccio amicizia

con te, se non ti sposti

senza preavviso, se

giuri che te ne vai.

 

Ora che siamo amici

possiamo salutarci

come si deve, e parte

una furtiva lacrima.

 

Ricordare un’amica

può riscaldare il cuore.

Cuore che si raffredda

se tu non te ne vai.

 

*

 

La vera vita

 

Veri morti che palpitano, arrivano

Frank e Milena dal prato del racconto

di Greta Buber Neumann che s’intitola

all’amica di Kafka. Te li trovi,

fiori netti di cardo, vanitosi

nel mezzo delle viole e dei papaveri,

nell’erba sconfinata e nel ricovero

del secolo sicuro, affezionato

alle misure di cura e di confino

che tutelano i vivi dalle mine

dell’esistenza fuori ed insicura.

Frank si stupisce, Milena si dispera.

Stimmate le figure, tra il coagulo

ed il flusso di sangue l’incertezza

è l’inceppo reologico, è l’ampolla,

stemma di vita vera.

 

*

 

Milena

 

Ragazza alta, ma capace di

toccare il prato come fosse siero

di polpaccio scuoiato, esposizione

che non si accinge ai vanti del fiorire.

 

Giovane il giusto, per potere dire

il proprio amore, come fosse vero,

a chi si intana, prima di morire,

dove non c’è ricovero e finzione.

 

Ma l’asilo di lui svolge all’aperto,

senz’ausilio di muri, o di lenzuoli,

o di bambù fioriti a paravento,

la pia ostensione di fronte allo spavento.

 

Così ti pieghi e non arrivi al prato,

il tuo bacio si sporge sul malato

che non arriva all’abito che indossa,

nudo come non vuoi, seme di fossa.

 

*

 

Sorpresa

 

Staremo nella casa, se ti piace.

Quando ti va, passeggeremo in villa.

Senza occupare spazio, abiteremo

stanze incommensurate ed inestese

(vedi? ogni posto d’amore è una sorpresa… )

 

*

 

La passeggiata

 

Si arrampicano ai muri le parole,

Samsa è fuori a passeggio,

luce al posto del buio invece,

non si capisce più niente.

 

Gocciola una vocale dal soffitto,

Gregor torna è tardi,

fa buio nel magnifico giorno,

soltanto amore intende.

 

*

 

Scoperta

 

Ciabattava nel bosco

con la coda all’insù.

 

Disse: non ti conosco.

Non lasciarmi mai più.

 

*

 

Art

 

Se pure guarda intrepido

(non c’è paura, definitivamente

ha vinto la vittoria inapparente)

l’occhio non vede i necessari perni,

le commessure salde del meccano.

L’occhio si chiude piano, si riapre

di scatto sull’articolo

da ravvivare con olio minerale.

Non c’è scatto più umano:

nei cieli e negli spazi nebulosi

c’è un eccesso di soffi ingovernati,

un molle piegamento di animosi

corpi all’indisciplina delle nascite,

delle lotte e dei lasciti.

Più di uno sguardo! Perfetto monitore,

moltiplica faccette, dona al netto

dividendi per dare

ossatura al reale.

Vede così, sublime naturale,

alto nel cielo il reticolo perfetto,

tramatura all’ingrosso, colossale,

di gomiti d’insetto.

*

Frieda

 

Dove la tieni,

se non se ne parte.

 

Perché fa tanto freddo,

nella bruma.

 

Ai piedi della fiamma

s’inginocchia.

 

Sotto al muro le tocca

trascorrere l’inverno.

 

Gesto breve s’imbozzola,

riposa nella neve.

 

*

 

Serata a casa

 

La cena è altrove,

la notte è confortevole,

non ti mangio per gioco,

mi addormento

tra benevoli spilli.

Tu pungi e sei soave,

sogni come la spiga
che non si tiene il sole, e lo lascia

nel giro sterminato. Nuvole

vanno e vengono, i punti

non stanno fermi in alto.

Nel buio della stanza ritorna

il mulinello della vertigine,

i polsi presi in una stretta antica.

Tu non mi mangi affatto,

rosicchi la cavezza, mi dai

colpetti su colpetti, picchettando.

Innocente e benevola ― dice

chi legge la sentenza.

Se vuoi ci ritiriamo, andiamo a ridere

della cena squisita, se ti piace.

 

*

 

OOOMISSIS VISTO SISSIMOOO

                                                           a Marzio Pieri

 

Si fa avanti per primo il Landvermesser,

l’ordinatore di vita della terra,

colui ch’entro confini la conduce,

K, l’agrimensore del Castello

che sbaglia la misura. Proprio lui!

A capo del capitolo secondo

si fanno avanti Artur e Jeremias,

i due aiutanti che K aveva atteso

nella locanda. Perché non li conosce

neppure quando loro si presentano?

Eppure sono i suoi VECCHI aiutanti!

In questo punto nevoso del romanzo

Kafka omette l’agnizione, il punto

di congiungimento che dovrebbe

innescare la trama. Invece no.

Vistosissimomissis che non toglie,

aggiunge anzi l’irreale al reale.

(E’ più capace di soffrire il sogno.

E tanto più il reale ― l’irreale)

«Va bene» dice K. Come: bene?

Non riconosci i tuoi e dici: bene?

E il déjà vu? La recita a soggetto ?

Ma forse, K, non ti senti bene?

Vistostosissimomissis di novant’anni fa,

a luna già caduta in mezzo al prato

(omissis)

 

*

 

Strada nel bosco

 

La strada nel bosco non può finire,

il lichene la infiora.

Così l’inoltro non si smarrisce,

trova mani più ruvide.

Abitatatore dell’inabitabile, porti

il tuo lino bianco allo sconfino.

Formiche e aghi di pino

intorno al fresco sonno, ti raggiunge

lo scopritore, prende posto, distingue

appena tra il giaciglio e chi giace.

Non so da quanto, la strada si fa rivo

rallentato di resina cui piace

la direzione immobile, amberizzando

l’altruismo delle ginocchia

quando appena si toccano.

 

*

[da mimetiche, Oèdipus edizioni, Salerno Milano 2013]

Eugenio Lucrezi Kafka DUE - LUMINOSITA' 32 CONTRASTO ZERO

 

 

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1 commento

  1. Grazie Andrea di proponere queste poesie.
    Milena è una donna che fa parte delle mie stelle nel cielo letterario.
    Se avessi una figlia l’avrei chiamata Milena.

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