Il Quadrato nero di Max Frisch

(Mi trovavo in questi giorni a riflettere su alcune considerazioni di Quadrato nero, un libro che raccoglie due lezioni del tardo Max Frisch, un anno fa tradotto in italiano da Gaffi, e ho pensato che la cosa migliore – per render merito alla pubblicazione nonché come omaggio a un autore che è stato per me tanto importante – sia riprendere alcuni passi salienti del volume. A.B.)

quadrato nero

“Teniamo fede al nostro pensiero […] un pensiero che, nella migliore delle ipotesi, è valido solo per quell’attimo e per quel luogo in cui si genera. Non si tiene conto della speranza di essere più perspicaci domani, quando si penserà il contrario”.

“Non ho un linguaggio per la realtà”.

“La verità non è una storia”.

“Ogni essere umano si inventa una storia che poi, spesso a prezzo di enormi sacrifici, considera la sua vita”.

“Quel che mi interessa nello scrivere non sono le mie opinioni ma la scrittura: la possibilità di confrontarsi con la lingua”.

“Quando la nostra scrittura non porta ad acquisire una maggiore conoscenza di sé non nasce letteratura, nasce soltanto qualche libro”.

“Tolstoj mi tratta da partner. Altri mi trattano da pubblico. Per impressionarmi, fanno le boccacce… Questo non avrà per risultato comunicazione, solo lettura”.

“Il primo atto creativo compiuto dallo scrittore, senza che di solito ne sia consapevole, è l’invenzione di un lettore, del suo lettore. Parecchi libri riescono male solo perché non inventano il loro lettore ma si limitano a offrirsi al pubblico. Il che non darà mai origine a una collaborazione. Quel che lo scrittore, quando scrive, intende per suo lettore: quanta intelligenza gli attribuirò, quanto rispetto avrò per le sue esperienze, che non conosco, e quanta fedeltà troverò in questo partner che non vedo come persona in carne e ossa, e quanta pazienza, senza che diventi arrogante o saccente nei confronti del mio stile, e quanto scetticismo da parte sua sopporterò, quanta collaborazione – per lo scrittore si tratta di una questione comunque ineludibile. Il talento, conditio sine qua non, da solo non è sufficiente”.

“La cosa peggiore è probabilmente costituita da un pubblico indifferente, che non sta a sentire una sola parola, che non ha alcuna intenzione di iniziare a collaborare con noi – ci lascia scrivere, anzi, ci legge persino: per passatempo”.

“Come autore teatrale, io riterrei assolto il mio compito, se una mia commedia riuscisse a porre un problema in modo tale che gli spettatori, da quel momento in poi, non potessero più vivere senza una risposta – la loro risposta, quella che possono dare soltanto con la loro vita”.

“Ogni sistema sociale, feudale o liberale che sia, elabora una lingua che rafforza il sistema fin nelle questioni di secondari importanza. Una lingua del potere, parlata non soltanto dal ceto dominante, una lingua corrente che impariamo da bambini e utilizziamo vita natural durante senza sapere che ci riempie di pregiudizi. Di frasi fatte: un uomo povero, ma onesto. Perché invece non diciamo: un uomo ricco, ma onesto? Non si dice… Questa lingua, costituita da una quantità di frasi fatte, e di stereotipi, coniata sulla base degli interessi del ceto dominante, questa lingua che impariamo a scuola considerandola l’unica lingua corretta non è però assolutamente la lingua della nostra esperienza. Ci estrania dunque dalle nostre esperienze. Molti non stanno vivendo come viene affermato da questa lingua. Come lo si dice. Ma poiché molti non sanno dire come stanno vivendo, si sentono obbligati a vivere come viene imposto loro da questa lingua del potere. Come si vive. La lingua del potere ha la tendenza a scoraggiarci per assicurasi la nostra disponibilità. Ci castra, politicamente, giorno dopo giorno. Quel che produce la letteratura: non assorbe gli stereotipi (oppure denuncia lo stereotipo) e cerca la concordanza, che è soggetta al mutamento, tra lingua ed esperienza”.

“[La letteratura] Elimina, nel rapporto con me stesso, la frase fatta. Può darsi che inizialmente mi riduca al silenzio, giacché scopro grazie alla letteratura che quelle con le quali convivo sono tutte frasi fatte. E questo significa che non vivo me stesso. Anche se ciò che lo scrittore sta narrando mi interessa poco, egli mi mostra che esiste una lingua in grado di scardinare la nostra esperienza, e questo è emozionante. Non so ovviamente adottarne la lingua, ma la sua lingua dà a me, lettore, almeno il coraggio di non nascondermi, davanti a me stesso, dietro le frasi fatte. Mi sfida. Per dirla in breve: mi fa insorgere. Se questo non succede, leggere è superfluo.”

“Che, oltre alla società e allo stato, esiste qualcos’altro. È questo che è irritante. Arte come contrapposizione al potere”.

“Esistono testi che ci sbalordiscono (diciamo così) di primo acchito per la loro atmosfera surreale. Testi brillantissimi. Cosa non è stato capace di escogitare questo autore! Ma si rivelerà in seguito un piacere effimero. Sei mesi dopo ricordo solo che si tratta di un testo brillante, dovete assolutamente leggerlo, mi richiama alla mente lo champagne, sparkling di fantasia. Il suo contrario: l’immaginazione resta impressa. (Come qualcosa che ci abbia colpito direttamente)”.

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3 Commenti

  1. quindi Casablanca non è un film: è molti film, un’antologia. Fatto a casaccio, si è probabilmente fatto da solo, se non contro la volontà dei suoi autori ed attori, almeno al di là del loro controllo. Ed è per questo motivo che funziona, a dispetto delle teorie estetiche e sull’arte di girare film. Perché in esso si svela con forza quasi tellurica il potere della Narrativa stessa, senza che l’Arte intervenga a disciplinarla. (Umberto Eco)

    P.s. “Arrestate i soliti sospetti”(cfr il Capitano Renault nell`op. cit.)

  2. Ringrazio Alessandro Broggi che mi ha, per primo, segnalato questo libro. Ho scoperto Frisch con “L’uomo nell’Olocene”, e l’ho subito amato moltissimo. Poi ho letto “Guglielmo Tell per la scuola”, e mi sono convinto che Frisch era uno di quegli autori propulsivi, uno dei grandi maestri… La conferma è venuta leggendo “Quadrato nero”. Questo scrittore scrive in prosa, scrive persino romanzi, ma ragiona sulla sua scrittura in modo simile a quanto fanno certi poeti. E la sua scrittura si situa in una zona di prossimità tra il romanzo modernista e la prosa contemporanea, quella che interessa anche molti “poeti”…

    • grazie a te, andrea.
      non posso che quotare quello che dici alla fine del commento.
      che vale a mio parere soprattutto per il “secondo” frisch (diario della coscienza, l’immenso montauk, i libri che anche tu citi, ecc.), solitamente – e ingiustamente – meno valorizzato del “primo” (stiller, homo faber, gantenbein, …).

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alessandro broggi
alessandro broggihttp://biobibliografia.wordpress.com
Alessandro Broggi (1973) ha pubblicato: Avventure minime (Transeuropa/Nuova poetica, 2014), Non è cosa (Gattili, 2014), Gli stessi (Gattili, 2013), Coffee-table book (Transeuropa, 2011), Antologia (in AAVV, Prosa in prosa, Le Lettere, 2009), Nuovo paesaggio italiano (Arcipelago, 2009), Total living (La Camera Verde, 2007), Quaderni aperti (nel Nono quaderno italiano di poesia contemporanea, Marcos y Marcos, 2007), Inezie (LietoColle, 2002). Co-dirige la testata web monografica di poesia, arti e scritture “L’Ulisse” ed è tra i redattori di “GAMMM”, "Punto Critico" e “Nazione Indiana”. [N.B. Prego non inviare proposte di testi alla mia attenzione presso la mail di Nazione Indiana, perché non verranno considerate.]
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