Ucraina, Crimea, Russia

di Giovanni Catelli
porto di Sebastopoli

Dopo il cambio di potere avvenuto a Kiev, in seguito alla fuga del Presidente Viktor F. Janukovyč e al collasso del regime, la Russia ha immediatamente avviato le proprie contromisure per tenere stretta l’Ucraina nella propria sfera d’influenza. Il sostegno dato da Europa e Stati Uniti alla rivolta ucraina, e la connotazione nazionalista-ucrainofona dei rivoltosi, è stato particolarmente indigesto a Mosca, ed anche ai russofoni delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina stessa. A tutto ciò si è unita una propaganda spinta ai massimi livelli, in cui le tv russe e le tv ucraine di proprietà degli oligarchi fedeli al Presidente, mostravano come predominanti nella rivolta le fazioni di estrema destra, come Pravi Sektor, Svoboda e Spilna Sprava, quasi che la rivolta contro un regime di leggendaria corruzione, che soffocava ormai l’intera economia ucraina, fosse prerogativa di pochi facinorosi nazi-fascisti, odiatori dei russi e di chiunque parlasse la lingua russa. E’ chiaro che la ribellione contro uno stato di cose difficilmente tollerabile in un Paese moderno, con l’economia all’orlo del default, e le attività economiche private sempre più taglieggiate o direttamente espropriate dagli emissari del potere, per non parlare delle ricche percentuali sottratte sul valore dei beni importati o esportati, coinvolgeva fasce trasversali della popolazione ucraina, e politicamente in prima posizione il partito dell’ex premier Julija V. Tymošenko, prudentemente incarcerata del regime come esponente più in vista dell’opposizione. Da sempre il partito della Tymošenko riscuote i suoi consensi nella parte occidentale del Paese, quella ucrainofona, mentre Janukovyč raccoglie voti e consensi ad est e nel sud, fra i russofoni e tra coloro che si sentono più vicini alla Russia. Il Paese è effettivamente diviso in due parti, per tradizioni, lingua e mentalità, e, pur se le differenze non sono cospicue, vengono spesso esacerbate a fini di propaganda o convenienza politiche. Nel periodo della rivolta, la differenza di lingua è stata motivo di spaccatura, poiché si identificavano le forze favorevoli alla rivolta come antirusse e contrarie all’uso del russo. Errore madornale del nuovo potere appena insediato è stato quello di annunciare la soppressione del russo come seconda lingua ufficiale : la decisione ha davvero irritato coloro che abitualmente fanno uso del russo nella vita quotidiana, e automaticamente confermato anche nei dubbiosi quello che la propaganda filogovernativa e filorussa sosteneva da sempre, ovvero che gli ucrainofoni e i loro alleati fascistoidi stessero davvero prendendo il potere per favorire le regioni dell’ovest e quanti parlavano ucraino. Mosca ha colto questo segnale come la goccia che faceva traboccare il vaso : Vladimir V. Putin aveva dovuto attendere per intervenire, mordendo il freno, la conclusione dei Giochi Olimpici di Sochi, dopo i quali tutti gli osservatori avveduti attendevano il risveglio dell’Orso russo; puntualmente, e come da un copione a lungo preparato, i russi hanno mosso verso l’obiettivo più prezioso ed imprescindibile dell’Ucraina : la loro base di Sebastopoli, e l’intera Crimea che la ospita, territorio geopoliticamente fondamentale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia doveva faticosamente trattare con l’Ucraina per rinnovare, ogni volta per qualche anno, la permanenza della base navale di Sebastopoli : ora appariva l’occasione di risolvere il problema una volta per tutte. Le condizioni per un intervento erano del tutto favorevoli : la maggioranza della popolazione, etnicamente russa e storicamente indifferente all’Ucraina, alla quale apparteneva per una superficiale decisione amministrativa di Nikita S. Chruščëv, si è sempre sentita vicina alla Russia; lo status di Repubblica autonoma della Crimea consentiva uno scarso dislocamento di truppe ucraine, mentre i russi disponevano di ingenti forze nella base di Sebastopoli e potevano rapidamente farne affluire altre senza rischi; il vuoto di potere effettivo a Kiev dopo la caduta di Janukovyč permetteva di operare con rapidità prendendo sul tempo le nuove autorità ucraine. In pochi giorni, mentre noti cronisti, abbagliati dal sole della Crimea, non si accorgevano del pericolo, e delle prime mosse di preparazione, la Russia, senza colpo ferire, ha trasportato più di seimila uomini in armi e si è impadronita della penisola. Con sublime ipocrisia sovietica, ha vestito i suoi soldati con uniformi anonime, e ancora ieri il ministro degli Esteri Lavrov osava sostenere di non riconoscere quei soldati, che certo sarebbero membri di milizie filorusse autoformatesi in loco. Un esercito fantasma ha dunque invaso la Crimea, per difendere la maggioranza russa dalle minacce di nessuno, poiché nessuno si era sognato di muovere dalla terraferma ucraina verso la penisola. La propaganda televisiva contro i “fascisti” che avevano preso il potere a Kiev era stata così forte e martellante che la popolazione si mostrava felice dell’arrivo dei soldati, giunti a salvarli dalla marmaglia fascista dell’ovest. Ora, le regioni russofone dell’est hanno subito lo stesso martellamento mediatico , e folle inferocite hanno assaltato i palazzi del potere in varie città, per rispondere alla presa del potere dei “nazionalisti” a Kiev. Ora il dilemma è se Putin, di fronte alla risposta dell’Europa e degli Usa di fronte alla violazione della sovranità ucraina, intenderà ugualmente attaccare l’Ucraina continentale per giungere ad impadronirsi delle regioni russofone, o se si accontenterà della Crimea e di Sebastopoli: con rapidità folgorante, il neo-eletto (dai russi) Presidente della Crimea Sergey Valeryevich Aksyonov, ha indetto e anticipato già due volte la data di un referendum per acquisire maggiore autonomia dall’Ucraina, mentre per la città di Sebastopoli, sede della flotta russa, si prepara un referendum speciale, per la diretta annessione alla Russia : ciò che veramente Putin vuole ed otterrà. Sul terreno, tutte le condizioni sono a suo favore, e nessuno può concretamente impedirgli di fare ciò che vuole. La Crimea è il suo obiettivo primario : poi si occuperà di ricondurre l’intera Ucraina sotto la sua tradizionale sfera d’influenza, secondo la Storia e all’ombra degli accordi di Yalta; qualora scorgesse il rischio di doverla condividere con l’Occidente, potrebbe decidere di smembrarla con la forza: ci riuscirebbe, ma in quel caso sarebbe difficile evitare un bagno di sangue. L’Occidente, assecondando e probabilmente aiutando i rivoltosi di Kiev a far cadere il regime, ha posto le mani su un Paese considerato intoccabile da Putin nel suo progetto di sostanziale ricostituzione dello spazio sovietico : è dunque comprensibile la sua reazione, forse trascurata e sottovalutata in occidente. Anche a livello mediatico, oltre che politico, si avverte una sostanziale scarsa conoscenza della mentalità e dei metodi in vigore in questa parte del mondo, che ancora non si discostano affatto da quelli consolidati e sperimentati della guerra fredda. Ora sarà il caso di rendersi conto che sul terreno Putin dispone di forze tali da poter imporre le sue decisioni, anche a costo di una guerra : sarebbe inoltre bene ricordare che da queste parti la sola e vera ragione, come il solo e vero diritto, sono costituiti dalla forza.

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7 Commenti

  1. Considerando pure l`affaire Juščenko,col suo avvelenamento,vero o falso che fosse,si capisce che i fantasmi balcanici si sono spostati a est,regalandoci scenari in cui per qualsiasi parte tenga non potrai mai esserlo fino in fondo senza correre il rischio di sentirti buggerato

  2. Sarebbe davvero bene evitare frasi tanto grossolane come questa:

    “sarebbe inoltre bene ricordare che da queste parti la sola e vera ragione, come il solo e vero diritto, sono costituiti dalla forza”.

    che davvero tolgono qualsiasi credibilitá al resto del contenuto.

    D.C.

  3. Gentile Signore, se lei frequentasse quelle zone da molti anni capirebbe che la frase è molto più realistica di quanto sembri…e non solo nei rapporti tra Stati..anche nella vita quotidiana…dove il diritto e la giustizia sono affidati al migliore offerente…

  4. Grazie a Giovanni Catelli per questo suo intervento, che mi sembra equilibrato e lucido nell’analisi. Mi sembra importante citare questo passo del suo pezzo:

    “E’ chiaro che la ribellione contro uno stato di cose difficilmente tollerabile in un Paese moderno, con l’economia all’orlo del default, e le attività economiche private sempre più taglieggiate o direttamente espropriate dagli emissari del potere, per non parlare delle ricche percentuali sottratte sul valore dei beni importati o esportati, coinvolgeva fasce trasversali della popolazione ucraina, e politicamente in prima posizione il partito dell’ex premier Julija V. Tymošenko, prudentemente incarcerata del regime come esponente più in vista dell’opposizione.”

    Con l’intento di controbilanciare la propaganda occidentale, ho letto anche sul “manifesto” articoli dove le ragioni sociali della rivolta venivano sommariamente liquidate, per enfatizzare il ruolo dell’estrema destra. E ciò mi sembra del tutto fuorviante per comprendere la complessità del fenomeno. Il problema che vedo in Ucraina mi sembra generalizzabile a tante altre situazioni nel mondo: che vocabolario politico e che immaginario fornire a delle sacrosante ragioni sociali di rivolta nei confronti di regimi corrotti e autoritari? Qui purtroppo la storia di ogni paese gioca in modo pesante. Lo si è visto in Egitto, dove da sempre tutto si gioca politicamente tra esercito e islam politico radicale.

  5. Mi rallegro con lei per i suoi viaggi, ma la sua frase resta xenofoba. Scrivere parole come le sue vuol dire, nel migliore dei casi, dare dei selvaggi, ripeto nel migliore dei casi, a intere popolazioni. Questo non è bello, è da iresponsabili, non serve alla pace, alimenta una mentalitá di guerra. Per esempio Kissinger scrive (è un articolo molto diffuso e discusso, che magari ha trovato il tempo di leggere):

    “Putin should come to realize that, whatever his grievances, a policy of military impositions would produce another Cold War. For its part, the United States needs to avoid treating Russia as an aberrant to be patiently taught rules of conduct established by Washington. Putin is a serious strategist — on the premises of Russian history. Understanding U.S. values and psychology are not his strong suits. Nor has understanding Russian history and psychology been a strong point of U.S. policymakers.”

    Che qualsiasi cosa si voglia pensare è un punto di vista piú articolato e meno bellicoso che il suo, e piú rispettoso delle ragioni di tutti.

    Persino: Brzezinski:

    “We ought to convey to the Russians that if they are serious in having a cooperative relationship with Ukraine, though not one hundred percent on their terms, we are also willing to accommodate, because we don’t want a monopolistic relationship with Ukraine. The country needs help, the country needs stabilisation, and both we and the Russians can cooperate in doing that. At the same time, we can assure the Russians that it is not our objective to seduce Ukraine into NATO, which the Russians might view as a military threat. And, incidentally, a large percentage of Ukrainians don’t want to be in NATO, while they do want to be independent. So, it’s quite consistent with political reality. But at the same time we have to convey to him very quietly, not in a fashion that humiliates him, that if he is not inclined to accommodate or if he is even inclined to go further and threaten Ukraine, there will be consequences. If the Russians refuse to accommodate in Crimea, I guarantee you the vast majority of Ukrainians who are not anti-Russian [now] will turn anti-Russian.”

    Anche se parla a nome dei falchi obamaniani e dei Clinton riconosce le ragioni tutte strategiche e politiche delle parti in conflitto e non si limita a dare patenti di selvaggismo.

    Conoscere direttamente una regione dove si sviluppa un conflitto è una bella cosa, ma bisogna sempre avere cuore e rispetto per tutti.

    Tra l’altro poi quando gli abitanti di queste zone emigrano qui sono trattati con disprezzo e violenza in molti casi, obbligati alla clandestinitá da leggi xenofobe e magari alla prostituzione se giovani donne, quindi, magari, un po’ di rispetto e meno spocchia sarebbe piú adeguati alla situazione.

    Quando si addensano nubi di guerra nel cuore dell’Europa penso che un obbligo morale di tutti, specialmente di chi puó comunicare con i media e gode di un certo ascolto sia attivarsi come “Terzo Lato” (teoria del Third Side di Ury, vedi TED) e non alimentare pregiudizi e stereotipi come “L’orso russo” che Lei usa e la frase tanto infelice con cui conclude il suo articolo
    D.C.

  6. A proposito della questione sociale in Ucraina, ricorderei che uno dei primi atti del nuovo governo, guidato dal partito della Timosenko, è stata la nomina dell’oligarca Taruda a governatore della provincia di Doneck ed è abbastanza evidente che la rapida ascesa del partito della Timosenko, oltre che segno del fatto che gli USA hanno superato la Germania nel corsa alla gestione del dopo Maidan, è un segnale dato agli oligarchi che sostenevano Yanukovich che le loro ragioni non sarebbero restate inascoltate anche nel nuovo governo, che si pone in continuità con il governo del 2005-10, sotto il quale come ognuno sa l’Ucraina non era quel paese corrotto, povero e violento che Giovanni Catelli ha giustamente descritto.

  7. Purtroppo la mia severità di giudizio deriva dall’esperienza concreta, e dalla delusione, personale e storica, che molte esperienze avvenute in quelle regioni hanno determinato. Mi creda che non c’è nessuna xenofobia e nessun preconcetto, ma la pura constatazione di certi metodi. Dove il diritto, l’umanità e spesso il buonsenso vengono ogni giorno sacrificati e umiliati, il fatto di constatarlo è semplicemente realistico, e non è meno doloroso, per chi lo constati, di quanto possa accadere per chi ancora spera che si siano conservati certi ideali.
    Cordialmente.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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