Dell’antidoto o del kalashnikov mentale

don giovanni losey  di Andrea Inglese

 

Quando verrà il tipo a dirmelo in radio e in televisione, dopo averlo scritto in rete e sui giornali, quando verrà lui, insieme a tutti gli altri, a dirmi:

“Il mondo è complesso, c’è la globalizzazione, alcuni problemi climatici non li possiamo ignorare, inoltre c’è un sacco di gente nel mondo che vive ancora scalza e senza mettersi dei deodoranti, quindi a questo punto, viste le non poche difficoltà cui noi dobbiamo far fronte, qui in Occidente, chiariamo una cosa: chi parla di uguaglianza è un semplice invidioso; chi spreca tempo a fare cose che non si possono vendere alla massa non è solo un perdente, ma un vero malato. Cerchiamo ora di farla finita con l’invidia e il malessere mentale. Le persone invidiose la smettano di sputare veleno dai loro miseri cantucci, così come coloro che dedicano il tempo a cose che non possono essere proposte a un pubblico indiscriminato, cessino immediatamente queste attività non solo autolesioniste, ma globalmente nocive. L’unica cosa che esiste è il successo. Il successo è democratico. Chi piace a tutti, è democratico, perché rispetta tutti, rispetta il gusto di tutti e l’opinione di tutti. Chi non ha successo è un fascista, disprezza la massa indiscriminata dei consumatori. Questa è l’unica regola di base, molto semplice, di molto chiara formulazione, e a cui tutti si devono attenere in modo coscienzioso. Ci vuole impegno e responsabilità. Pretendere che chi ha avuto successo, ossia molti soldi e molto potere con il suo lavoro, debba sentirsi obbligato da chi non ha alcun successo e non ha alcun lavoro, è un atteggiamento da vigliacchi. Per coloro che sono in attesa di successo, non rimane che la pazienza, ovvero una paziente attesa, ed eventuali esperienze nei club sadomaso, che sono ormai anti-elitari, e accolgono anche dominatori e schiavi sessuali senza diploma.”

Quando mi si verrà a dire questo, tutti già intorno a me lo sapranno a memoria e avranno avuto modo di anticiparmelo in un’occasione o nell’altra, per grida oratorie o bisbigli romantici. E gli unici che avranno voce in capitolo, gli unici che potranno ribattere, saranno persone degne di uguale considerazione pubblica, in virtù del loro successo, uguale d’intensità, ma di senso contrario, o almeno tale in apparenza. In una simile situazione, quando la parola uguaglianza non si distinguerà dalla parola invidia e quando avranno diritto di esistenza solo spettacoli, canzoni, libri da migliaia e migliaia di spettatori-ascoltatori-lettori, io non mi sentirò un triste bestemmiatore, pronto a picchiare bambini e a schiacciare farfalle o coccinelle. Non mi chiuderò in una cantina con quattro tipi alcolizzati a cantare l’internazionale. Non andrò di notte nei garage poco illuminati a vedere un amico malato che dipinge su scatoloni raccolti per strada. Non me ne starò chiuso in camera con la mia birra tiepida a guardarmi un film danese di sadomasochisti.

Io farò una semplice cosa. Tirerò fuori un cofanetto di CD ben conservati del Don Giovanni di Mozart, e mi metterò ad ascoltare il Don Giovanni di Mozart, e non avrò bisogno di scendere in strada con il mitra, di darmi alla clandestinità, di uccidere qualche giornalista-romanziere, qualche architetto-artista, qualche politico-imprenditore, per convincermi che hanno torto, che non potranno vincere, fino a quando non avranno cancellato ogni traccia di Cosmo di Gombrowicz, o del Cavaliere del secchio di Kafka, o del Passaggio di Enea di Caproni, ma soprattutto dovranno cancellare il Don Giovanni, perché il Don Giovanni è pura dinamite, e se lo tengano il loro sadomasochismo di massa, che tra Da Ponte e Mozart c’è tutto quanto serve a una rivoluzione, anarchica e sessuale. Il rock e il punk sono andati alla moda. La musica industriale è finita nelle discoteche. Ma Don Giovanni è molto meglio del kalashnikov. Venite a prelevarmi alle cinque di mattina. Insegnatemi l’individualismo metodologico. Ditemi che il mondo non esiste. Che l’erba è un ostacolo al pieno impiego. Che il pieno impiego è un ostacolo alla produzione di massa. Fatemi capire con le buone o le cattive, che esiste solo quanto è stato pubblicizzato, e che interi popoli, quindi, non esistono. Ma c’è il Don Giovanni di Mozart.

Per vostra enorme, tremenda sfiga, il Don Giovanni esiste, non avete neppure pensato a cancellarlo, a farne dei falò, da bravi liberali quali siete credevate che Mozart non potesse torcere i capelli a un bimbo, che non potesse fare male a una mosca, pensavate che Mozart, dopotutto, fosse sprovvisto di divisioni, di cacciabombardieri. E quindi lo avete lasciato esistere come cosa innocua, come una vecchia teiera, per rispetto forse delle persone anziane (quelle, almeno, con le pensioni d’oro), e perché piace anche ai vostri professori universitari, anche a quelli che insegnano economia. Invece il Don Giovanni è la vostra fregatura. È la vostra sempre rinnovata, sorgiva, squillante, travolgente, erotica, CONFUTAZIONE. Altro che macchine desideranti, quello è un motore ecologico, ad energia mentale e fisica rinnovabile, basta metterti in ascolto, volgere la faccia agli altoparlanti, e la loro dottrina certificata dalle prove di vendita e dagli indici di ascolto appare in tutta la sua miseria. Di colpo, la loro dottrina, ripetuta su tutti i media esistenti, ha pochissima realtà. Mi vendono questa miseria e la chiamano vita. Mi fanno ingozzare questa pappa insipida e la chiamano divertimento di massa. Poveri sprovveduti, nel vostro lavoro di demolizione, avete lasciato in giro il metro campione. “Notte e giorno a faticar”*…


**

(Una veloce postilla di chiarimento, di dottrina succinta: l’inesorabilità del Don Giovanni di Mozart-Da Ponte nasce dal fatto che esso ha creato, parallelamente al linguaggio umano – quello scritto e parlato che ben conosciamo –, un “secondo linguaggio”, ossia un sistema chiuso e autosufficiente di suono-senso. Pur essendo infinitamente ricco e cangiante come il linguaggio scritto e parlato, in questo “secondo linguaggio” è impossibile dissociare voce, canto, significato e note: si tratta di un unico amalgama fono-simbolico-musicale. C’è il linguaggio musicale, c’è il linguaggio umano e, infine, c’è il canto che trascina il linguaggio umano fuori dalla sfera dei significati e dentro la sfera dei puri suoni. E poi c’è il Don Giovanni di Mozart, dove antropologicamente non possono esistere che quelle arie, quelle melodie, quei recitativi. Insomma, un semiotico dovrebbe forse capirmi. E i limiti del linguaggio “secondo” del Don Giovanni sono i limiti di un “mondo”. Ma non di un mondo di finzione: vi è un secondo essere umano, una seconda specie umana, apparentemente intrappolata nell’eterno ritorno dell’esecuzione operistica, ma che è invece costantemente nuova, infinitamente variabile, anche se i suoi nuclei, le sue strutture fondamentali, sono le medesime. Tutta l’umanità, con i suoi rapporti di forza, le sue crudeltà, i suoi giochi, l’ironia, la spensieratezza, la sensualità, l’astuzia, tutto è perfettamente condensato dentro quel corpo vocale e musicale. Si tratta di un’ulteriore etnia, di una cultura a sé stante, assolutamente impermeabile alla globalizzazione e ai processi di assimilazione. Un secondo linguaggio, parallelo al nostro, esiste. Esso è costituito da un numero di frasi finito, ma ogni esecuzione rinnova l’alone connotativo di queste frasi, permette al senso di approfondirsi, all’emozione di articolarsi.)

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15 Commenti

  1. andrea, mi piace pensare che il cavaliere del secchio ti sia riverberato nei circuiti perché hai ascoltato qualche sera fa, seduto nel salotto con un bicchiere in mano, oppure qualche mattina fa in auto, mentre accompagnavi tuo/a figlio/a all’asilo, il pezzo omonimo di una blues band napoletana. pezzo che venne scritto 15 anni fa quando un bassista lesse che mentre K. moriva, a migliaia di miglia di distanza, veniva data negli US la prima di una rapsodia che sarebbe diventata celeberrima, rapsodia che contiene il più famoso tema blues del novecento. il cavaliere non smette di volare e il carbone per riscaldarsi proprio non lo trova.

  2. a diamonds… no non pensavo a quel danese (ma sarà poi nazistello per davvero?), di cui non ho visto gli ultimi film, pensavo a una più generale, ecumenica e banale pornografia scandinava

    a eugenio,
    bè, non c’è qualche traccia in rete di questo pezzo blues kafkiano?

    • andrea, tieni il disco della serpente nero blues band che ti ho mandato l’anno scorso, e lì dentro c’è un pezzo che si chiama il cavaliere, che non è l’ormai ex cavaliere nostrano ma il cavaliere del secchio che abita le nostre freddezze

      • In effetti, fa parte dei miei pezzi preferiti dell’album (ho un debole per i pezzi cantati in napulitano…)

  3. (ripensando al film con la kindman e la scenografia scarna, tenendo presente la sua uscita al festival,e analizzando pure per bene le onde del destino,non credo che possa in nessun modo essere associato ai punk, la cui fede antinazista e` talmente radicata che possono persino permettersi di giocare con i simboli)

    • diamonds mi sembra che la fai semplice… e gli skin dove li mettiamo, il movimento oi? e lì mica ci sono o c’erano solo i redskins… poi il punk migliore è quello narchico, no doubt…

  4. Bellissima l’opera di Mozart/Da Ponte. Purtroppo io ho la lavatrice a carico dall’alto, quindi non posso guardarla girare mentre sorseggio torvo la mia budweiser.

    Il successo è democratico. La guerra è pace. Resistere è futile.

  5. Adesso sono curioso di questa opera (la mia cultura musicale classica è infima).

    Anche se devo dire che, in fondo in fondo, mi sembra che ciò che tu dici, specialmente nella tua postilla di dottrina succinta, sia valido per qualsiasi elemento di poesia riesca a penetrare, cavalcando la storia e malgrado la storia, la quotidianità di cui ci si avviluppa. Parlo di “poesia” come di una categoria personale, al limite del trascendentale, per distinguere ciò che propriamente è spirito nell’arte (dato che altrimenti dovrei considerare “arte” anche, che so, il film danese di sadomasochisti).

    Considerazione a latere: ciò che tu qui dici sulla nascita di un “secondo mondo” mi ricorda, in qualche modo, l’elogio del “minore” fatto da Deleuze e Carmelo Bene. Interessante.

  6. bellissimo arnese, questo “kalashnikov mentale”, che entra subito in buona risonanza con la mia cerbottana mentale (fatta con la bic di una volta e i pallini di carta)
    : ))
    se fondi le *brigate don giovanni*, io ci sono.
    poi, che vuoi, nello specifico già solo la parola *mozart* contiene l’arte in sé, quindi mi appare inevitabitabile che in essa s’annidi un linguaggio parallelo.

  7. le brigate don giovanni: entrano sui palcoscenici di tutte le cerimonie del Sacro Prodotto Culturale di Massa, indossano fulmineamente delle parrucche settecentesche bianche, s’incipriano la faccia, e danno la stura ad apparecchi stereo potentissimi per diffondere brani del Don Giovanni, giusto per far cogliere lo scarto d’intensità, di pienezza estetica, di erotismo, di sottigliezza mentale, di agilità corporea… Brigate che agiscono non per eliminazione, ma per comparazione, come le vecchie pubblicità del detersivo o delle yogurt da ingollare bendati…

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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