les nouveaux réalistes: Luigi Spina

vous-etes-ici

Voi siete qui!

di

Gigi Spina

Neottolemo è al mio fianco. Lo sento ansimare, col suo caratteristico puzzo di cipolla e sudore. Lo spingo per farlo scostare, mi sta pestando il piede. L’oscurità è fitta, il silenzio è rispettato a fatica, qualcuno penserà che il cigolio delle ruote potrebbe consentire anche un temerario bisbiglio. Allora provo a fare un appello col passaparola, cerco di ricordare come sono disposti in fila fino al portellone d’uscita – quelli dietro di me capiranno da soli quando muoversi. Sussurro all’orecchio (anche quello puzza) di Neottolemo: “avverti Acamante e lui Toante e lui Tessandro e lui Stenelo e lui Menelao e lui Macaone e lui Epeo che manca poco; quando le ruote si fermeranno, Epeo aprirà il portellone e ci caleremo uno alla volta. Sarà facilissimo, gli dèi sono con noi”.

imagesPochi minuti e il cavallo si ferma, un cigolio inerziale e poi il silenzio assoluto. D’improvviso un gran fracasso – sarà il portellone – una luce accecante, tonfi regolari, calpestio di piedi, brusio indistinto, ancora quella luce, sempre più accecante: ora è il mio turno. Afferro la corda, mi calo agilmente, atterraggio perfetto, sguaino la spada… dove sono i compagni? Dove siamo tutti noi? Sposto la mano a proteggere gli occhi dalla luce e lascio cadere la spada, lo so che è azzardato, ma mi sembra di avere dinanzi una parete immensa, un ostacolo imprevisto. Venere che gioca l’ultima carta? Ma no, la parete è umana, un muro alto quanto il cavallo, con al centro un gran cerchio tutto rosso… una scritta si allunga sulla destra del cerchio: VOI SIETE QUI! Ma qui dove? ATTENZIONE, urlo… il muro si sta spostando, si apre in due metà, lasciando da una parte VOI SIE e dall’altra TE QUI! Dannati Troiani! e mi slancio nella breccia. Ecco le mura dell’alta Troia, ecco i nemici, ecco le donne piangenti, i bambini pronti al sacrificio: questo mi aspetto, questo vedo con gli occhi della mente. Ma quando mai! Una spiaggia, lunga e ampia quanto basta per contenere uomini disarmati affaccendati a smontare pannelli, simulacri di torri e bastioni, gigantografie oscillanti col vento, un andirivieni di strani carri e mostruosi alberi semoventi con braccia enormi. Avessi già incontrato Polifemo, mi rassicurerei: siamo nella terra dei Ciclopi, i mostri con l’occhio accecante, faro penetrante a guisa di fuoco. Ma no, altro che Polifemo e Sirene, certo vedo mare e isole ma assolutamente innocue, vedo solo uomini laboriosi e per nulla simili ai Troiani – se è per questo, neanche a noi Danai e Achei. Uomini con strane bacchettine in bocca che emettono fumo, mani ricoperte di mani supplementari con vello di pecora, bastoni con forme strane e asce che demoliscono i pannelli di legno. Dove sono i compagni? mi chiedo in preda a un terrore crescente. Né avanti né dietro di me. Provo a fermare un uomo laborioso, un carpentiere, appoggiandogli la spada sulla gola. Sembra non fare caso a me, mi rivolge una parola ingarbugliata e barbara “ph-n-k-l-“. Si allontana ripetendo strane formule. Lì, in fondo alla spiaggia, un uomo seduto su un triclinio un po’ strano, rigido, legnoso. Di spalle sembra uno dei nostri, ma forse potrebbe essere uno di loro. Mi avvicino cauto con la spada ancora sguainata. Ma è Priamo, certo, lo riconosco dalle spalle cadenti di vecchio re. Anche lui ha una bacchettina che emette fumo. Si alza e si volta. Mi riconosce, sembra. Certo Elena gli avrà parlato di me, chissà quante volte. Mi ferma con un gesto imperioso, ma allo stesso tempo amichevole. Riesco a capirlo, miracolo! “Amico mio, finalmente! ce ne avete messo di tempo. Quasi quasi dovevamo ricorrere a un’altra troupe. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta, la discesa è riuscita benissimo, ripresa perfetta, con tre camere. Tu ti sei un po’ impappinato, ma poi ti sei ripreso, comunque l’aggiusteremo col montaggio. Grande, Ulisse, come sempre!”. E mi lascia lì, con la mia spada sguainata, lo sguardo perso, senza compagni, e soprattutto senza Troia. Mi volto indietro, per recuperare almeno il cavallo. Magari! Smontato, da quei dannati alberi semoventi, pezzo per pezzo. Rimane solo la sedia di Priamo, dannato regista di tutta l’operazione, magari inventore di Sinone, Laocoonte, i serpenti, forse dello stesso cavallo? Allora anche i compagni, IO STESSO? VOI SIETE QUI, leggo in un angolo della piazza, nel pezzo di parete sopravvissuta allo smontaggio minuzioso. QUI, va bene, ma VOI CHI?

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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