les nouveaux réalistes: Valerio Evangelisti

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Il Grande Fratello
di

Valerio Evangelisti

La luce andò via proprio mentre i sei concorrenti superstiti de Il Grande Fratello stavano festeggiando il compleanno di uno di loro, Niccolò. Prima la casa fu invasa dal buio, poi le note di My Way di Sinatra si strozzarono negli altoparlanti dell’impianto hi-fi.
Martina, abbastanza ubriaca, domandò dopo un poco: «Insomma, torna o no questa luce?»
Paolo interpellò il loro interlocutore invisibile di tutti i giorni: «Grande Fratello, cos’è successo? E’ saltato il mixer?»
Silenzio. Fu Paolo, il più anziano del gruppo, a replicare: «Dev’esserci stato un corto circuito. Niente paura, la luce tornerà da un momento all’altro.»
«Io ho visto da qualche parte una lampada tascabile» disse Samir, l’egiziano inserito nella trasmissione per darle una coloritura multietnica. «Ora la cerco.»

Alla luce della torcia elettrica, sembravano smunti, con le guance incavate e borse vistose sotto gli occhi. Cristina, detta Cris, scoppiò in una risatina. «Sembriamo quelli dell’Isola del Famosi. Morti di fame. Invece noi mangiamo persino troppo.»
Niccolò, accanto a lei sul divano, le si fece vicino. «Le telecamere devono essere spente. Nessuno ci vede.» La sua voce, dal forte accento romanesco, era greve e faceva presagire la frase successiva. «Adesso posso toccarti le tette.»
«Non ci provare!» strillò la ragazza.
«Ma l’ho già fatto, e non hai protestato.»
«Sì, però le telecamere funzionavano.»
Nella frase di Cris era, a ben vedere, sintetizzata la filosofia del programma, e la psicologia elementare di chi vi partecipava.

La luce tornò, e costrinse tutti quanti a battere le palpebre. Era una luce diversa da quella consueta. La sua intensità illuminava ogni angolo quasi a giorno. Chissà quanti watt andavano sprecati.
Luigi, l’intellettuale del gruppo, batté le palpebre come gli altri. Fu il primo ad alzarsi. «Grande Fratello?» chiamò, esitante. Attese un attimo e rafforzò il timbro. «Grande Fratello? Cos’è capitato?»
Silenzio.
Si levò dalla poltrona anche Wang Ping, la cinese, la cretina per definizione, amatissima dal pubblico. «Grande Fratello?» trillò, con la sua vocina assurda.
Non vi fu risposta.

Di indole pratica, Paolo riprese ad affettare la torta, come faceva prima dell’interruzione di corrente. Mentre eseguiva bofonchiò: «Chi ci vede da casa crede che qui tutto sia perfetto. Non sa nemmeno che ogni tanto salta la corrente, e che gli altoparlanti possono rimanere muti, come adesso.»
Martina fu la prima ad afferrare una fetta del dolce. Mentre masticava, un rivolo di crema le scivolò lungo la scollatura e vi scomparve. Non vi fece caso. Per abitudine ormai consolidata si girò verso la telecamera più vicina. Il led non lampeggiava. Dunque era spenta. Fu una piccola delusione.
Inghiottito il boccone, disse: «Da casa, in questo momento, non ci vede nessuno. Nemmeno il Grande Fratello può vederci. Almeno credo.»
Fedele alla sua parte, Niccolò prese a strillare: «Evviva, ragazze! Finalmente si scopa!»
Cris si scostò. «Stai calmo. Fatti una sega» gli disse, acida.
Contava sulla sospensione della diretta. In circostanze normali, la sua frase sarebbe stata coperta da un bip prolungato.
«Perché non me la fai tu?» chiese Niccolò, che quasi sbavava.
«Guarda che non ci stanno filmando.»
«Ah, già.» Niccolò si ricompose sul divano.

Improvvisamente, il Grande Fratello riprese a parlare. La sua voce risuonò nelle stanze di compensato della Casa. Era insolitamente dura.
«Avete meritato una punizione. Luigi sarà il primo. Si rechi immediatamente nel Confessionale. Prima indossi una camicia bianca che troverà sul suo letto.»
Vi fu un generale sbigottimento. Chiaramente il più stupito fu Luigi. Deglutì e, per abitudine, si portò sotto una telecamera spenta. «Ma cosa ho fatto?» chiese con un filo di voce.
«Non sono consentite domande» rispose il Grande Fratello, quasi rabbioso. «Va’ e indossa la camicia bianca. Ti aspetto nel Confessionale.»
«Io non ho fatto nulla.»
«Non amo ripetermi. L’ordine lo hai capito.»
Cris raggiunse il giovane sotto l’oculare cieco. «Luigi non ha violato il regolamento, e noi nemmeno»» quasi gridò. «Perché punirci tutti?»
Non vi fu risposta.
Cris attese un poco, poi toccò il braccio del compagno. «E’ meglio se vai. Chissà cos’hanno in mente, ‘sti stronzi.”
Luigi si allontanò, riluttante.

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Nel dormitorio maschile, sul suo letto, Luigi trovò un camicione bianco che gli arrivava ai piedi. Lo strinse in mano con una certa esitazione, ma poi finì per indossarlo. Solo allora si accorse che, sul dorso, era stampato un triangolo rosso. Sotto figurava un numero: 26. Era già abbastanza stupito per interrogarsi su quella stranezza. Così abbigliato, camminò con esitazione fino alla stanza che ospitava il Confessionale.
La voce del Grande Fratello risuonò melliflua. «Siediti. Siediti sulla poltroncina. E’ bello guardarti. Sei molto pallido, sai?»
Luigi cercò con gli occhi una telecamera, però non ne vide. «Che scherzo è questo? Io non ho fatto…»
«Siediti, ho detto!»
Gli altoparlanti avevano vibrato, sotto quell’urlo. A Luigi non restò che obbedire.

Paolo sbadigliò e guardò l’orologio. «E’ là da oltre tre ore. Mi sembra insolito.»
Cris, la più ricca del gruppo, controllò sul suo Rolex. «E’ vero. Scommetto che ha bestemmiato.»
«Cosa vuoi dire?» rispose Martina. Depose la fetta di dolce che stava mangiucchiando. «Non l’ho mai sentito bestemmiare. Nemmeno una volta.»
«L’avrà fatto da solo. Magari in diretta.»
Intervenne Niccolò, semisdraiato su un sofà. La Casa era piena di sofà. «No, non è il tipo. Era l’unico che non scoreggiava mai a letto. Nemmeno quando, a Natale, ci hanno imbottiti di cotechino e lenticchie.»
«E con ciò?» chiese Paolo, intento a dividere quanto restava dello champagne tra le coppe. «Forse non bestemmiava in pubblico, però lo faceva in privato. Una telecamera lo ha sorpreso. Non immaginate i guai, in un caso del genere.»
Samir si avviò verso il confessionale. «Sentite, io vado a vedere.»
«Vieni, vieni pure!» ridacchiò il Grande Fratello.
Samir ebbe un’esitazione, ma poi imboccò il corridoio.
«Fermo! Indossa prima la camicia bianca! E’ sul tuo letto. Riponi gli abiti e indossala!»

Le ore passavano. Non c’era altro da fare che continuare a bere. Martina era sbronza. Anche Cris vacillava. Niccolò si era addormentato. Paolo si versava altro spumante, con mano malferma. Solo Wang Ping, astemia, rimaneva lucida, per quanto glielo consentiva la sua palese idiozia.
«Grande Fratello» squittì «dove hai messo Luigi e Samir? Non li avrai mica espulsi, vero?»
Gli altoparlanti restarono muti.
«Ma piantala, Ping» disse Paolo, dopo un singulto. «Perché dovrebbe averli espulsi? Non hanno fatto niente.»
«Nemmeno noi, ma ha detto che vuole punirci tutti.»
«E cosa vuoi che sia? Ci toglierà la cioccolata, ci obbligherà a imparare qualche canzoncina…»
«Ma perché vuole punirci tutti?»
«Perché siete tutti colpevoli!» Gli altoparlanti oscillarono, tanto la voce del Grande Fratello era iraconda. Niccolò si svegliò di colpo, Paolo lasciò cadere la bottiglia. Gli altri sussultarono.
«Colpevoli dall’inizio. Pensate a ciò che eravate, prima di venire qui. Pensateci e ve ne renderete conto.»

Niccolò fece una risatina che suonò artificiosa. «Ha una voce da avvinazzato. Non siamo gli unici a bere. Beve anche lui.»
Wang Ping scoppiò a piangere. «Vuole farci del male! E’ terribile! Terribile!»
A peggiorare la situazione, la luce ondeggiò e si spense di nuovo. Nel buio, si udì la voce incerta di Marina, che cercava di consolare Wang Ping. «Ma cosa vuoi che ci faccia? Guarda che è un funzionario della televisione. Conta meno di un cazzo.»
«A proposito di cazzo…» esordì Niccolò, tornato alla lucidità.
«Tieniti lontano da me!» strillò Cris.
Paolo si interpose. «Bando alle stronzate. Luigi e Samir sono da ore nel Confessionale, a pochi metri da qui. Andiamo a cercarli.»
«Ma non c’è la luce…» obiettò Marina.
Si udì una sghignazzata, poi il Grande Fratello urlò: «Volete luce? Peggio per voi. E luce sia!»
Le lampadine si riaccesero, però di una luminosità rossastra, che creava ombre lunghissime.

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Nel breve corridoio che conduceva al Confessionale, Paolo bofonchiò: «Lo scemo ci dice di pensare al nostro passato. Sarà che ho bevuto troppo, ma non ricordo nulla di particolare.»
«Non siamo in condizione per ricordare» asserì Martina, con un filo di bava che le colava dalle labbra. «Ho bisogno di dormire.»
«Tutti ne abbiamo bisogno» osservò Niccolò. «Dirmi, adesso, di frugare nei ricordi, è come chiedere a un cieco di descrivere com’è fatto un pinguino.»
Si fermarono di fronte all’uscio del Confessionale. Paolo ne tentò la maniglia.
«E’ chiuso a chiave dall’interno» disse, dopo qualche tentativo.
«Prova di nuovo.»
«Sto provando. E’ inutile.»
«Si sentono voci, là dentro?» domandò Cris. «Rumori?»
«No, non si sente nulla. Secondo me non c’è nessuno… Chissà dove sono finiti.»
«Dove meritavano!» rispose il Grande Fratello. L’intonazione fece capire che stava sogghignando.

Wang Ping ebbe una nuova crisi di pianto. Si gettò addirittura in ginocchio. «Perdonaci, Grande Fratello!» singhiozzò. In realtà pronunciava “flatello”. «Non so cosa abbiamo fatto, ma perdonaci!»
«Ammesso che non abbiate fatto nulla, siete colpevoli dall’origine.»
«Perché? Perché?»
«Non occorre che ve lo dica io.» La voce che rimbombava nelle stanze della Casa era chiaramente quella di qualcuno in preda all’alcool, o a sostanze ancor più inebrianti. «Per voi esiste una sola speranza. Pentirvi. Confessarvi. Abbandonarvi inermi all’eventuale pena. Altrimenti sarete cancellati
«Ma pentirci di cosa? Confessare che?» domandò Wang Ping a mani giunte, le guance rigate di lacrime.
Cris si piegò su di lei e le afferrò una spalla. La costrinse a sollevarsi. «Basta, non dare retta a quello stronzo. Non è dignitoso. Vabbe’, hanno deciso, per motivi loro, di cacciarci fuori tutti. Giudicheranno i telespettatori. Adesso ho sonno e voglio dormire, altrimenti me ne andrei subito.» Ansimò leggermente, mentre sosteneva l’amica. «Che vada affanculo il Grande Fratello. Qual tizio dipende da noi, e dall’Auditel, più di quanto noi dipendiamo da lui.»
«Giusto!» esclamò Niccolò, che si appoggiava a una parete di compensato per tenersi ritto. «Domattina ce ne andiamo in massa, e stanotte dormiamo nella stessa stanza, maschi e femmine. Se ci cacciano, l’ultima notte possiamo fare quello che vogliamo.»
Cris replicò, sardonica: «E’ inutile che mi guardi così, Niccolò. Per te non c’è speranza.» Non ansimava più. Wang Ping pesava quanto una piuma, e non era difficile tenerla in piedi.
«Non c’è speranza per nessuno di voi!» ridacchiò il Grande Fratello. Era drogato, non c’erano dubbi. La sua voce cambiava di timbro all’interno della stessa frase. Si udì persino, amplificato all’eccesso, un suono gorgogliante. Forse aveva vomitato. Chissà quali intrugli aveva bevuto.

Furono risvegliati da un ordine pronunciato come fosse un ululato, perché la sua coda ridanciana si protrasse a lungo, variando di tono. «Martina nel Confessionale! Nessuna camicia bianca, però! La voglio nuda, ah ah ah ah!»
Martina si districò dal groviglio dei compagni con cui aveva diviso il letto e scattò in piedi. Era perfettamente lucida. Marciò verso un altoparlante sormontato da una telecamera e mostrò il medio della mano destra.
«Vaffanculo, Grande Fratello. Non mi spoglio nemmeno se mi paghi.» Come gli altri aveva dormito vestita. «E poi, che richieste sono? Fammi parlare con un dirigente. Qualcuno più importante di te.»
«Più importante di me?» La voce incorporea suonò incredula, prima che l’ilarità montante la rendesse chioccia. «Davvero non vuoi spogliarti per me? Mostrarmi le tue bellezze
«No, non voglio!» gridò Martina.
«Oh, che peccato. Non eri così, durante i provini. Mi tocca eliminarti. Vai al Confessionale, bambola sexy. Anche vestita, non posso più salvarti. Però ricorda di metterti gli occhiali da sole
Martina ebbe uno scatto d’ira. Saltò, nel tentativo di afferrare la telecamera. Non vi riuscì: era troppo in alto. Senza ragione apparente si mise a piangere.
Il timbro del Grande Fratello diventò carezzevole. «Non prenderla così, piccolina. Vai al Confessionale. L’espulsione, in fondo, non è un dramma
«Ma la porta è chiusa!» obiettò Martina, tra i singhiozzi.
«La troverai aperta. Del resto è sempre aperta a chi dà segni di pentimento. Vai Martina. Tornerai ciò che eri prima di venire qui. Ricordi?»
«Non ricordo nulla!»
«Ottima risposta. Forse ti salverò. O forse no, chissà. Ho un cervellino talmente bizzarro!»
Martina si avviò lungo il corridoio, a capo chino. Il Grande Fratello prese a cantare un motivetto buffo e allegro, che parlava di una “casetta piccolina in Canadà”. Solo all’ultimo gridò: «Martina, non dimenticare gli occhiali scuri! E’ per il tuo bene

«No, basta! Io non sono più disposta a sopportare!»
Cris non aveva reagito all’espulsione di Martina perché troppo assonnata, ma adesso si drizzò in piedi, gli occhi verdi luccicanti di collera.
«Hai ragione» disse Niccolò. Represse uno sbadiglio.
In quel momento Paolo tornò dal bagno. Si passava sul viso un asciugamani, che gettò in terra con rabbia. «Dobbiamo andarcene. La produzione ci ha messo nelle mani di un ubriacone che si crede Dio in persona. Non è tollerabile.»
«Ma così perdiamo tutti i soldi!» trillò Wang Ping, con espressione infelice.
«Sì, ma agli occhi dei telespettatori acquistiamo in dignità.» Paolo gonfiò il petto. «Forse tu, Ping, prima di venire qui facevi qualche lavoro servile. Sei abituata a ricevere ordini.»
«Non facevo niente!»
«Però eri portata a obbedire agli ordini. Io no. Io ero…» Paolo lasciò la frase in sospeso. Per un attimo la sua sicurezza si incrinò, ma si riprese subito. «Ciò che eravamo non conta. E’ questione di indole. Io ci tengo alla dignità, e non voglio essere trattato da schiavo.»
«Bravo!» Cris batté le mani. «Tutti d’accordo? Si lascia la Casa e si affossa il programma?»
Dopo una breve esitazione, Niccolò disse: «D’accordo.» Non sembrava molto convinto.
«D’accordo» pigolò Wang Ping. La frase esatta fu “d’accoldo”, ma la sostanza era quella.

societeduspectaclePer arrivare all’uscita della casa occorreva passare davanti al Confessionale. Nel frattempo la luce, da rossa, era tornata bianca. Ci doveva essere stato un aumento di watt, perché il calore era da piena estate. I giovani ora sudavano.
Niccolò disse, additando il Confessionale: «E’ una porta di compensato, facile da sfondare.»
«Perché mai dovremmo sfondarla?» chiese Paolo, sbalordito.
«Be’, è chiusa.»
«E allora?»
«Martina, Luigi e Samir potrebbero essere ancora lì dentro!»
Paolo scoppiò a ridere. «Ma piantala, scemo! Non farci perdere tempo. Andiamo all’uscita vera.»
«Io non mi muovo. Voglio capire perché hanno chiuso la porta.»
«Bravo, rimani qui. Sei sempre stato un idiota, ora lo confermi.»
«Ho il diritto di sapere cos’è capitato ai nostri amici!»
Paolo guardò l’altro con una specie di compassione. «Amici? Da quando in qua? Fino a ieri erano per te dei concorrenti. Tutta la tua amicizia è nata da quando li hanno espulsi.»
Niccolò si rivolse alle ragazze: «Cris! Ping! Restate con me? Sfondiamo la porta e vediamo cosa c’è di là.» Pensando al suo ruolo e alle telecamere aggiunse: «Poi magari si fa qualcosa sulla poltrona…»
Uscita infelice. Le ragazze non gli risposero nemmeno. Si avviarono con Paolo lungo il corridoio.

La porta principale della Casa era serrata come quella del Confessionale. Non era però più solida. Paolo saggiò la maniglia e disse, ad alta voce: «Grande Fratello, è inutile cercare di tenerci chiusi. Io e le ragazze ce ne andiamo, lasciamo il reality. E’ ridicolo tentare di trattenerci!»
Non vi fu risposta.
Dopo una breve attesa, Cris alzò le spalle. «Quello starà dormendo, sbronzo com’è. Dai, passiamo. Non vedo l’ora di tornare all’aria aperta.»
«C’è un chiavistello.»
«Non eri tu il superuomo del gruppo?» domandò Cris con ironia. «Forza, usa i muscoli. Molla un calcione alla porta.»
Paolo eseguì. L’uscio crollò. Furono investiti da una luminosità intensissima, e da un calore che superava i quaranta gradi. Facce stupite li accolsero. Si udiva, in sottofondo, il suono di onde che si frangevano sugli scogli.

Niccolò, a furia di calci, riuscì a demolire l’uscio del Confessionale e a entrare. Una luce che feriva le cornee lo obbligò a battere le palpebre. Sulle prime non riuscì a decifrare lo spettacolo che aveva di fronte. Quando ne fu capace, non poté trattenere un grido, più d’angoscia che di terrore. Forse, un angolo della sua mente aveva già previsto qualcosa di simile.
La poltrona centrale era vuota. Lungo le pareti, però, erano appoggiati con la schiena una trentina fra uomini e donne. Tra loro c’erano Luigi, Matina e Samir. I trenta giacevano inanimati, gli occhi chiusi, senza alcuna espressione sul volto. Indossavano camici bianchi. Non erano morti: una traccia di respirazione si percepiva dall’alzarsi e abbassarsi della cassa toracica.
«Ma questi sono…» mormorò Niccolò.
«…i concorrenti delle passate edizioni» completò ilare il Grande Fratello. «Bravo, Niccolò, hai indovinato!»
«Come mai sono qui? Sei tu che li hai portati?»
«Sono qui da anni. Adesso puoi vederli perché te lo permetto.»
Niccolò, malgrado la paura che provava, si sforzò di ridere. «Vuoi prendermi in giro, pezzo di stronzo? Saranno controfigure. Quelli veri li si vede di continuo in tv.» Diede uno schiaffetto a una ragazza dai capelli rossi. «Ehi, svegliati!»
«Così la fai soffrire di più. Soffre già abbastanza.»
Niccolò si volse alla telecamera più vicina. «Cosa vuol dire che soffre?»
«Sogna, e non sono bei sogni.»
«Non capisco…»
«Lo capirai tra breve. Buon sonno, Niccolò!»
La luce si spense di nuovo.

Paolo, Wang Ping e Cris erano ammutoliti dallo stupore. Stavano uscendo da una capanna, e calpestavano una sabbia bianchissima. Attorno si scorgevano palmizi, fitti fino alle rive di un oceano ribollente di onde impetuose, ma di cristallina trasparenza.
Avevano di fronte due uomini e due donne: i maschi in mutande, le femmine in bikini. Sembravano sbalorditi quanto loro.
Paolo fu il primo a parlare. Guardò uno degli uomini e disse: «Ma tu sei… Il cantante famoso!»
Quello rispose: «Proprio io.» Aveva una corporatura tozza, molti peli sul petto e sopracciglia foltissime. «Ora spiegami perché uscite dalla capanna dei cameramen.»
«Capanna dei cameramen?» Paolo era smarrito. «Noi veniamo dalla Casa.»
«E la chiami casa, quella bicocca?… Fa nulla, siamo tutti contenti di vedere persone che ci porteranno in salvo. E’ quasi un mese che le lance della produzione non arrivano più.»
Una nota fotomodella, ridotta a un corpo con poca carne addosso, indicò le palme. «Le noci di cocco sono finite. Non ci danno le nostre razioni di riso. Anche i pesci stanno alla larga. Viviamo di radici, e dei paguri che ancora riusciamo a trovare.»
Cris ebbe un’illuminazione terrificante. «Mio Dio! Non sarete… L’Isola dei Famosi?»
Un’attricetta un tempo celebre le disse: «Sì, bella. Aspettavamo chi ci tirasse fuori da questo inferno. Per fortuna siete qua.»
I tre fuggiaschi non risposero. Non sapevano cosa dire. Wang Ping, facile alle lacrime, scoppiò a piangere per l’ennesima volta. Chi le asciugò gli occhi fu un’anziana ex presentatrice, sbucata da un intrico di mangrovie. L’uomo che tempo addietro era stato Il Corsaro Nero, in una fiction rimasta leggendaria, resse Ping per le spalle, a impedirle di cadere.

Intanto Niccolò, addormentato, sognava. Rivide in sogno il suo passato: nulla. Poi scorse le facce dei telespettatori, fino a quel momento presenti nella sua mente, che si appannavano. Non esistevano: esisteva solo la Casa fluttuante nell’oscurità, e altre stelle lontane.
«Bene, è ora di staccare la spina» mormorò il Grande Fratello.
Vi fu un lampo, nei sogni di Niccolò, poi i segnali confusi e gracchianti di un canale spento. Linee irregolari sovrapposte, faticose a vedersi e insopportabili a udirsi.
Le avrebbe viste e udite per sempre. O almeno fino al suo prossimo ruolo.

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2 Commenti

  1. I concorrenti superstiti sono sette, non sei (come è scritto)
    Scusate la segnalazione, ma è una mia deformazione di lettrice.

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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