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Le idiozie di Houellebecq, la violenza, il dialogo, la fraternité: una lettera agli amici francesi

di Giacomo Sartori

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Cari amici francesi, vi scrivo perché vi conosco, perché vi amo. I vostri principi mi hanno formato,  io che venivo da un paese con flebili e spesso pusillanimi valori e un ineluttabile disprezzo per l’individuo, per il comune cittadino, per l’essere umano non legato a nessuna combriccola e parrocchia (ciò che io ero e sono), per le mie capacità, per la mia laicità, e mi hanno ridato la fiducia nell’esistenza. Io a voi devo tutto. Il vostro esempio e le vostre battaglie hanno aperto la strada a quello che è diventato il mondo nel quale viviamo, che ha certo molti difetti, ma che almeno in certi paesi (che sono in realtà sempre di più), ha permesso a tante persone di vivere una vita degna, creandosene da soli il senso, liberati da quella che è stata per secoli la schiavitù morale e sociale della religione. Ma lasciando la libertà, a chi vuole, di vivere in pienezza una propria esperienza religiosa o spirituale. Io non sono un intellettuale, queste cose non le ho imparate all’università, le ho respirate per la strada e ai banconi dei bar, nei letti nei quali ho dormito, nelle canzoni che ho ascoltato, nei fiati delle persone che ho conosciuto. Certo, ho anche letto molti romanzi e molte poesie, e da autodidatta qualche libro più teorico, ma la mia vera scuola sono stati i vostri esempi, che mi hanno appunto salvato la vita. Perché tutto questo voi lo avete nel sangue. Gli italiani questa libertà la respirano, quando sono fortunati, sui banchi liceali o universitari (la maggior parte di loro, a cominciare da tanti governanti e uomini potenti, non l’ha mai incrociata). Per questo vi ammiro, come si ammirano coloro che sono per certi versi più fortunati, ma anche pronti a condividere la loro ricchezza. Intendiamoci, non sto mitizzando la vostra situazione, conosco bene i limiti delle vostre istanze e i tanti problemi nei quali vi dibattete (molti dei quali appartengono del resto a dinamiche transnazionali), le vostre abissali contraddizioni.

Cari amici francesi, considerate, vi sembrerà incongruo che lo dica ora, che ogni forma di terrorismo ha una sua parabola, che è una infernale discesa verso la sconfitta. Quando il terrorismo colpisce duro, e mostra la sua sete di sangue, come è successo adesso, è che ha cominciato, sta cominciando, a perdere. Colpisce degli innocenti, si accanisce anzi su chi gli è più vicino (i dissacranti disegnatori sterminati – nessuno coglie questo aspetto – erano gli unici che, a loro modo, dialogavano da pari a pari con il radicalismo islamico: anche l’essere nemici è un legame, e non parliamo dell’accanimento), perché proprio questi potrebbe instaurare un dialogo (una vignetta sbracatamente o scatologicamente satirica è pur sempre dialogo). Ha bisogno di farlo, per alimentare la propria folle illusione, la propria irrealistica strategia. È successo in Italia, è successo in Spagna, è successo in tanti paesi dell’America Latina, in Algeria, in molti altri paesi. Più si dibatte più ha sete di sangue e più commette azioni repellenti. E più è cruento più riduce, più si taglia il ramo sotto i piedi, più si avvia verso la propria drammatica estinzione. Il destino di ogni terrorismo è quella di respingere e ridurre viepiù la propria base, di allontanarsi sempre più non solo con dalla società, ma da chi all’inizio lo vedeva di buon occhio, o comunque come un membro della famiglia. Quell’idiota e sopravvalutassimo scrittore che è Houellebecq – al secolo Michel Thomas, nato in un “dipartimento d’oltremare”, transitato nell’infanzia, per un altro, guarda caso, l’Algeria – agita lo spettro del dominio islamista, e certo ora nei suoi deliri alcolici crederà di aver visto giusto, e invece quello che è successo dimostra l’impotenza di chi questo miraggio lo sogna e lo vorrebbe.

Cari amici francesi, il giorno dopo dell’eccidio di Charlie Hebdo mia moglie, anche lei francese, e che lavora in un istituto tecnico “difficile”, ne ha parlato con tutti i suoi studenti. In ogni classe c’erano almeno alcuni alunni che simpatizzavano con gli assassini, in qualche classe uno o due allievi prendevano apertamente posizione per loro. Non fingete che non sia così (c’è appunto chi queste situazioni le conosce a menadito), prendete atto che è questo il vero problema, e non abbiatene paura. Uscite dalle vostri privilegiate torri di avorio, andate a parlare con questi ragazzi, che sono francesi esattamente come voi lo siete. Cercate di capirli, provate in tutti i modi a farli cambiare idea. Mia moglie in una giornata di battaglie verbali c’è riuscita. Ha trasformato un clima di violenza in uno di dialogo rispettoso, e perfino di affetto reciproco (quella che la vostra fondamentale rivoluzione ha battezzato fraternité, e che negli ultimi decenni avete perso per strada, tutti presi dalla liberté). Si è dovuta arrendere solo con un ragazzo, che inneggiava apertamente e con modi inaccettabili all’assassinio, e che ha dovuto essere allontanato (se ne è poi occupato il preside, grande e ammirabile dialettico). Ma con molti altri ha vinto lei. Fatelo anche voi. Non vi sarà facile, perché avete tanti pregi ma anche pregiudizi e tanta boria. Nelle vostre politiche quotidiane pensate anche a loro, soprattutto a loro.

Cari amici francesi, io non vi parlo del vostro modo con il quale siete usciti dal vostro passato coloniale, e dal suo fulcro simbolico, la guerra d’Algeria (quale è l’origine delle famiglie dei ragazzi che hanno fatto questo massacro, ci avete pensato?), senza mai fare i conti (proprio come noi dal fascismo; e non a caso nei due casi è dai nodi non risolti che nasce la violenza), non parlo dei ghetti che avete creato nelle periferie delle vostre ricche città, dove quasi nessuno ha la pelle chiara, della spirale materialista nella quale vi siete lasciati prendere, della vostra deriva verso una nuova oligarchia che i poveracci e gli esclusi li ha a stento sentiti nominare, della vostra incapacità di far accedere grosse fette di vostri cittadini a questa vostra nuova follia, di farli vivere come vivete voi. Non vi parlo della vostra difficoltà a confrontarvi con pratiche sempre più diffuse – al vostro stesso interno, nelle vostre cerchie – che non sono un rigurgito religioso, come avete tendenza a chiamarle, sono percorsi spirituali, quasi sempre areligiosi, legittimi e per certi versi ammirabili (perché l’uomo, e ce ne accorgiamo adesso che ci siamo liberati dai poteri religiosi, senza spiritualità è destinato al suicidio). Non vi parlo delle religioni, che da sempre si sono piegate, come è successo in passato alla nostra, e come sta succedendo all’islam, a ogni tipo di strumentalizzazione del potere e legate alle dinamiche sociali. Illustri storici, filosofi, sociologi, etnologi, psicanalisti, potrebbero farlo mille volte meglio di me. E soprattutto questo non è il momento. Vi dico solo, in maniera intuitiva, che quello che è successo prova che in qualche modo siete corresponsabili.

Non sto giustificando la violenza non fraintendetemi. Sto dicendo che la violenza nasce quando non c’è più dialogo. E se non c’è più dialogo la colpa non sta mai da una parte sola, sta da entrambe le parti. È successo in Italia quarant’anni fa, e voi avete saputo evitarlo proprio perché avevate una classe politica più elevata e perché nel vostro genoma culturale c’erano degli anticorpi, su quel terreno lì, che hanno disinnescato sul nascere la scintilla della violenza. Da noi nessuno ha provato davvero a parlare a chi simpatizzava con la lotta armata (l’unico che aveva la statura e la libertà di spirito per cimentarsi, Pasolini, era morto, non a caso di morte violenta), e anzi ogni parte si chiudeva in rigidità che nei fatti hanno alimentato la violenza. A destra come a sinistra. Sento già il coro nostrano che mi accusa di giustificare la violenza, e allora invito ad andare in biblioteca e riaprire i giornali (io l’ho fatto) del tempo: l’incredibile violenza non stava da una parte sola, stava egualmente nella becera classe politica, nel linguaggio usato negli articoli dei quotidiani, veri e propri bollettini di guerra, nell’aria che si respirava. Ma appunto la violenza chiama violenza, aizza quella tragica discesa agli inferi, quel crescendo di bestialità, che è l’ineluttabile destino di ogni dinamica terrorista. Quella stessa crescente bestialità che conduce al graduale assottigliamento della base di simpatizzanti senza la quale essa non può sopravvivere, né materialmente-logisticamente, né “politicamente”. Adesso la bomba è innescata, nessun artificiere, nessuna polizia o forza speciale, non illudetevi, possono togliervi dalle peste. Sta a voi, a tutti voi (non sarà certo la vostra oligarchia politica, preoccupata prima di tutto di salvaguardare i propri interessi, e si compiace della propria “fermezza”), a ognuno di voi, provare a limitare i danni, cercare di tenere aperto il dialogo. In nome appunto di questa parola d’ordine che avete messo in soffitta, la fraternité, e di quell’altra, l’egalité. È molto difficile, lo so.

Cari amici francesi, questo è un momento molto delicato per voi, un momento in cui la forza delle vostre sacrosante ragioni può essere controproducente. Questo è il momento di pensare ai vostri torti e alle ragioni degli altri, sforzo che non è affatto in contraddizione con la fierezza per quello che siete e per la vostra tradizione laica. Si può essere fieri e nello stesso tempo umili, aperti alle istanze dell’altro. Voi avete ragione, ma avete anche grossi torti. Questo è il momento di non chiudervi, di non arroccarvi. Se vi arroccate, come già sembrano fare i vostri governanti, ma anche molti di voi (non parlo ora di tutti quelli attratti dalla destra xenofoba), l’incendio sarà molto cruento. In altre occasioni della vostra storia, anche recente, avete saputo farlo.

(questo pezzo, scritto prima delle enormi e determinatissime marce di ieri, senza precedenti, e dell’incredibile serata su France2-France Inter-France Culture, un vero soprassalto di cultura laica e senza veli di sorta, ma anche tollerante, anch’essa senza precedenti, sulle quali ci sarebbe molto da dire, è stato pubblicato, sempre ieri, sul quotidiano “Il Trentino”)

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65 Commenti

  1. Ieri in qualche modo Parigi e la Francia hanno rappresentato (in qualche modo) la centralità del mondo (che il centro lo stiamo cercando tutti). Quello che avverrà, cosa succederà non possiamo prevederlo. Certo l’IS (o chi per esso) continuerà (vedi l’Africa, quelle povere bimbe indotte ad essere bombe umane). I volti dei ‘terroristi’ non erano di demoni, ma le loro azioni erano azioni di demoni. Un’altra svolta possibile del mondo alla quale tutti siamo chiamati.

  2. Sono convinto che quanto scrive Giacomo Sartori sulle parabole del terrorismo sia vero, e sono convinto che attentati come questo non facciano che ridurre il consenso, che esso pretende suscitare nel suo supposto bacino d’utenza. Il terrorismo islamico più recente, come il caso francese conferma, pesca nell’incultura della marginalità sociale, facilitando passaggi dalla canzone rap all’arruolamento jihadista. Ma a lungo andare l’incultura del terrore produce, per traumi successivi, una sorta di cultura avversa al terrore. Così come, su tutt’altro piano, un governo dei partiti islamisti, nel momento in cui è reso possibile, come in Tunisia, produce i suoi anticorpi pluralisti.

    Rimane però, sul fronte della società francese e della sua storia coloniale, il macigno di una rimozione e di un evitamento continuo. Quando forse i tempi erano sufficienti maturi, entò nell’arena politica Sarkozy, negli USA c’erano i Bush, e quello che avrebbe dovuto divenire un confronto difficile, grave ma necessaruo con il passato coloniale, è stato trasformato in “vittismismo arabo”, “africano”, ecc., e le voci critiche sono state ridotte a “impulsi occidentali di autoflagellazione”.

    Oggi la questione coloniale è ancora al centro di un libro uscito nel 2o14, di Edwy Plenel, presidente di Mediapart, dal titolo “Per i musulmani”.

    • Edwy Plenel che è invitato a discutere di questo insieme a Tariq Ramadan, i partecipanti al colloquio vinceranno un pelegrinaggio alla mecca… Il confronto con il colonialismo c’è in continuazione ma in Francia le popolazioni immigrate non vengono esclusivamente dalle ex-colonie, i turchi e i curdi per esempio, i ceceni, le voci critiche non erano voci critiche ma voci di odio contro la società francese accusata di tutti i mali. Del resto le voci critiche vengono tutte da una sinistra che non ha fatto autocritica sullo stalinismo e altri crimini che ha sostenuto. Parlare di evitamento continuo del passato coloniale è ridicolo. C’è una legge di riconoscimento della tratta negriera ma solo quella eseguita dagli occidentali mentre quella eseguita dagli arabi rimane occulta. L’evitamento è semmai questo.

    • Ecco appunto un testo destinato agli italiani a dare una visione deformata della Francia, per in seguito inculcarla negli alunni italiani. A scuola di insegna che una scrittore è idiota ? Lo hanno letto i suoi alunni il pezzo ?

  3. « Quell’idiota e sopravvalutassimo scrittore che è Houellebecq – al secolo Michel Thomas, nato in un “dipartimento d’oltremare”, transitato nell’infanzia, per un altro, guarda caso, l’Algeria – agita lo spettro del dominio islamista, e certo ora nei suoi deliri alcolici crederà di aver visto giusto… » (GS)

    *

    Chi sono questi « amici francesi »… ? Anche Céline agitava lo spettro dei cinesi, ma nessuno per questo si permetterebbe di dargli dell’idiota. Se la visionarietà appartiene allo scrittore, questa, invece, è retorica da quattro soldi : « liberati da quella che è stata per secoli la schiavitù morale e sociale della religione ». Come se non fosse chiaro a tutti che è la Legge laica responsabile di una normalizzazione mai vista, dei nostri handicap mentali. Chi sei tu, ad esempio, per occuparti del delirio alcolico di Houellebecq? Quale Legge vuoi imporci? A quale sobrietà, normalità, dello scrittore vuoi riferirti ?

    *

    Athéisme et laïcité me sont étrangers, étrangers. Mais tout regard laïc (la laïcité : ce dérisoire besoin que l’homme « existe » avec ses maux et ses mots, sa petite part de liberté individuelle pour l’imager, le gérer, l’ingérer) posé sur quelque être que ce soit, devient un acte criminel. Tout manquement – et j’en sais long là-dessus – à la Loi laïque : immédiatement psychiatrisé ! Encore une fois, il est impossible de penser – mais humain et non-humain sont-ils pensables ? – avec quelque force l’humain sans ce non-humain qui le traverse visiblement et le fait se mouvoir, se tenir debout.
    [Guyotat, Les yeux de Dieu]

  4. Il suo articolo, Sartori, rilancia in maniera interessante, anche alla luce del confronto con la lotta armata italiana, il tema delle responsabilità sociali, innegabili, maturate dalla Francia negli ultimi cinquant’anni, e d’altra parte si può benissimo condividere l’analisi della violenza estrema, assertiva e perentoria, come canto del cigno di un’ideologia priva di appigli, orfana di un dialogo che nega manifestandone così, forse involontariamente, l’intima necessità o quantomeno rivelando un senso di congenita inferiorità. D’accordo. Ma qualora un attacco di questo tenore, un domani, dovesse presentarsi in Italia, come reagirebbe? Voglio dire, al di là del parere un po’ infastidito su Houellebecq: non è proprio accettabile, da parte sua, il riconoscimento di un’offensiva che, nel caso della Francia, trova certo terreno fertile in irrisolte tensioni locali, ma che si pone come rivolta all’Occidente in toto? Giusto mettere in guardia da quelli che Lei giustamente definisce “grossi torti”, ma – e lo dico provocatoriamente, ma fino a un certo punto – se volessimo ipotizzare, come Lei sembra non accettare, un attacco ancora ben lungi dal proprio canto del cigno, fin dove si potrebbe portare avanti questa cultura del dialogo, questa autodafè sempre meno legittima, a mio parere, per cui la parte offesa riconosce i propri torti e fa ammenda scontandlio in processione domenicale?

    • uff, domande difficili, alle quali forse i materiali che abbiamo riunito nel contenitore qui sopra, e tutti gli altri che spuntano in questi giorni in rete e fuori, possono aiutare a rispondere; ma certo io non ho sostenuto che quello che è successo è il canto del cigno: la parabola di cui parlavo di solito anzi cresce e cresce, prima di invertire la rotta, purtroppo; sostenevo solo che la sua destinazione ultima non può essere che quella;

      e certo non è una questione, restando alla Francia, di cospargersi il capo di cenere, ma di fare tutto per aiutare queste grandi comunità in difficoltà (già oggi si sentono cose molto vaghe in proposito, mentre le proposte poliziesche/repressive sono molto più precise), per lottare contro la loro marginalizzazione; ricordo, a questo proposito, che in fondo la sinistra qualcosa per la scuola lo sta facendo, dopo i tagli/disastri fatti da Sarkozy (e gli effetti, anche questo si sente dire poco, si stanno sentendo addesso); per dire che qui una vera differenza tra destra e sinistra la vedo; ma è incredibile quanto sia grande il baratro da chi si batte “sul terreno”, e sa benissimo che ogni soldo in più investito, ogni addetto in più, ha subito degli effetti positivi, e le elite (che forse un po’ sanno, ma preferiscono non sapere troppo, preoccupate per il bilancio, prese da altre priorità);

      e anche di tener conto, quando si difende la propria laicità, che si può avere a che fare con persone che hanno ben altri orizzonti di pensiero (lo dice bene Régis Debray nell’intervista linkata più sopra), e quindi in qualche modo vanno trovati i modi di comunicare, senza chiudersi nell’arroganza delle proprie convinzioni(anche se per noi giuste); non è un autodafé, non è una riununcia, è semplicemente intelligenza;

      • Grazie per la sua risposta, continuerò a seguire gli interventi a proposito con grande curiosità. Resto dell’idea che la situazione attuale dei rapporti tra Occidente e Islam sia arrivata a un punto di non ritorno, il che non significa necessariamente essere apocalittici, ma leggendo l’intervista di Houellebecq al Corriere mi trovo d’accordo con lui: oggi Charlie Hebdo, con l’uscita del nuovo numero e decine di francesi appostati davanti alle edicole, rivendica coerentemente il proprio diritto all’irresponsabilità, domani o dopo questo diritto ci puzzerà un po’ di arrischiato.

        • E mi sembra un buono spunto di riflessione l’appunto mosso da H. alle posizioni di Carrère: auspicabile, o perlomeno possibile, un’integrazione tra Islam e Cristianesimo, improbabile quella tra la religione di Maometto e una civiltà che si appella all’eredità dei Lumi. Penso che una stagione illuminista per l’Islam equivarrebbe a introdurre la democrazia parlamentare in Vaticano,così per dire una idiozia.

  5. Houellebecq è editorialmente un furbacchione, un grandissimo furbacchione, e non mi piace nemmeno un po’ la sua piega antislamica (per altro molto anteriore all’ultima Sottomissione), ma definirlo “idiota” e “sopravvalutatissimo” mi pare altrettanto idiota e sciocchissimo oltre che – questo più grave – disonesto da un punto di vista critico, in quanto stiamo parlando di uno scrittore coraggioso, che non sarà un gigante se paragonato ai maggiori classici, ma possiede una grande intelligenza e una importante visione d’insieme, che ha scritto alcuni tra i libri più significativi degli ultimi anni e che si pone e scrive lontano anni luce dal mondo accademico e professorale che tanto male fa alla nostra quanto (penso) alla loro letteratura. Un attimino di freddezza e lucidità prima di scrivere un articolo su un argomento così ci vorrebbe, credo.

    • naturalmente è uno scrittore di razza, è indubbio, e basterebbe Estensione per farne un autore di tutto rispetto; e certo molto intelligente; quindi l’epiteto è chiaramente legato al momento (continuo a pensare che c’è di che), e al carattere furbacchione che lei stesso cita (e che non nasconde, anzi un po’ sventola, nelle ultime interviste);
      e naturalmente dipende dal contesto, visto che appunto, in particolare nella sfera dei blog letterari, è considerato uno degli scrittori più validi, un intoccabile;
      confesso che di questa furbacchioneria biografica mi interesserebbe assai poco, come lettore, se non la trovassi anche nei suoi testi (non quelli dell’inizio); per me un grande scrittore ha sempre una sua visione da passarci, qualcosa di potente e con una sua logica e verità (anche se non è la nostra, se non la condividiamo), mentre nelle sue pagine (anche molto potenti), lo vedo sventolare dei temi (ripeto, questo prima ancora di sapere nulla dell’autore), utilizzarli per menarmi dove vuole lui, dove vedo sempre in trasparenza le sue nevrosi e fantasmi: non mi interessano, mi sembrano anzi meschini e un tantino scontati (all’inizio non era così); ma ripeto ancora una volta, questo indipendentemente dal personaggio, dalle sue affermazioni, strategie editoriali …;
      e mi sembra incredibile che molti lettori acuti non se ne accorgano; curioso allora che una commentatrice (su facebook) lo difendesse pure lei, confessando però al contempo che lo sta leggendo senza grande piacere, o insomma senza che sia più di tanto nelle sue corde; non sarà che molti altri si sentano obbligati a farselo piacere (appunto per l’intelligenza, la sgamatezza dei temi ..)?;
      ma questa è solo la mia opinione, per carità, liberissimi di considerarlo il genio della letteratura contemporanea;

      • Su Nazione Indiana passano tanti articoli idioti. Ma a nessuno viene in mente di criticarli, o di definirli idioti. Agite al modo di un’associazione culturale con intenti edificanti che con la letteratura hanno poco e niente a che fare. Poi ti è facile dare dell’idiota allo scrittore più in evidenza. Ma ti guardi bene dal citarlo. Segui l’onda e ti lasci portare dall’essere pro o contro. Poi, come uno scolaretto, fai ammenda per un giudizio dato sull’onda dell’emotività. Invece di tenerti fermo a ciò che affermi.

        « L’agnosticismo di principio della Repubblica francese doveva facilitare il trionfo ipocrita, progressivo e anche leggermente subdolo, dell’antropologia materialista » (M H, Le particelle elementari)

  6. Un immenso grazie per la dichiarazione d’amore alla Francia.

    Potrei fare la stessa dichirazione d’amore all’Italia per ragioni diversi.

    Condivido l’idea del dialogo con i ragazzi. Ma una parte non vogliono dialogare. Sono in una posizione e rimangono in questa posizione.

    Provocazione? Specchio delle idee di una famiglia?

    In questi giorni nelle scuole (in particolare scuola media) ragazzi hanno cercato provocazione.

    Dialogo e fermezza.

    Perché dialogare non significa accettare tutto.

    Credo che la più bella risposta sia nei libri.
    Una pagina di Albert Camus, di Pablo Neruda, di Primo Levi, di Elie Wiesel, di Antoine de Saint Exupéry…

    Quando una letteratura nata dalla periferia parlerà di bellezza nella scrittura, di potere nelle parole, allora la violenza in atto sarà cosa impensabile.

  7. Per Houellebecq , non condivido l’opinione. Non è il mio scrittore preferito.
    Ma ha una voce particolare.
    Una manera ossessiva di scrivere.
    Un rifiuto di vedere il mondo luminoso.
    Un mondo tetro, terré.
    La sua letteratura non è un canto dell’odio, ma dell’angoscia, della rovina del corpo, del sentimento costante de la déchéance e della morte.

    Uno scrittore scrive sempre nella pelle della società.
    Sovente.

    Non catalogo Houellebecq come furbetto della letterature. Ma come scrittore ossessivo/ un pleonasme.

    Non ho letto l’ultimo. Preferisco Virginie Despentes.

  8. La furbacchieria editoriale di Houellebecq, Sartori, per come la vedo io, sta nello scrivere con una lingua da scuole medie, e nel fare e aver fatto in alcune occasioni pubbliche o romanzesche dei bei regalini alla pancia dei lettori, magari complicando sul piano intellettuale posizioni del tutto viscerali. Non so quindi a cosa lei si riferisca quando dice furbacchioneria biografica. Sull’islam, infine, pare si sia ricreduto (così in un’intervista http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2015/01/10/AR7E088C-houellebecq_decisamente_musulmani.shtml), perché finalmente dopo tante polemiche ha letto il Corano (o ha smesso di leggerlo solo sui giornali)… d’altronde ho avuto la sensazione che in questi ultimi giorni, in Francia, sia venuta fuori in maniera più decisa la voce più civile e democratica dei francesi, che è maggioritaria non solo in parlamento ma che s’è sentita poco negli ultimi tempi, e che le fobie sull’islam siano state messe all’angolo, assieme ai frontisti i quali hanno dovuto riconsegnare i cadaveri delle vittime degli attentati e alle narrazioni dell’odio.

    • Questo è un altro genio che scrive come un intellettualoide, ma si guarda bene dal citare una sola frase di colui che scrive con un francese da scuole medie. Magari non sa nulla né del francese elementare, né di quello medio, né della lingua della letteratura. Si riferisce ad un’intervista dicendo «pare», ma fa fatica anche ad andare a cercarla, rinviandoci a un giornale (sic) che cita quell’intervista. Ora magari ci dice quali sono i suoi autori francofoni di riferimento. Così ce ne andiamo in pace assieme ai cadaveri da lui evocati.

      • Giovine sunrose, mi sono fatto l’idea molto alta di lei che se la boria non la soffocasse, potrebbe capire che NON siamo nel bel mezzo di un saggio sulla lingua di H., ma nel commentario di un blog a taratura bassa (la mia per intenderci) dove si sta discutendo prevalentemente della linea editoriale di un autore. Perciò mi sembra chiaro che se esprimo un mio giudizio complessivo sulla lingua di un autore, mi riferisco alla lingua contenuta in tutta la sua opera, e difatti – visto che me lo chiede – le dico che basterebbe aprire a caso uno dei suoi libri (di Houellebecq) per verificarlo… la invito a farlo: apra a caso: troverà una lingua elementare, semplice, calibrata – questo mi interessava ai fini del mio discorso sulla linea editoriale di questo scrittore – in modo tale da arrivare a più lettori possibili.
        In Houellebecq, d’altra parte, da un romanzo all’altro non c’è stata nessuna significativa evoluzione o variazione sul piano linguistico e stilistico (non stiamo parlando di Céline, Queneau, Perec o Beckett… che hanno dato problemi a non finire a traduttori e studiosi, accademici e no. Stiamo parlando di Houellebecq la cui importanza non è certamente legata all’originalità letteraria della sua lingua).

        Ps: se pensa che scrivo come un intellettualoide poi non si può meravigliare che non cito estratti o che non ho nessuna voglia di cercare le interviste in lingua. Che intellettualoide sarei, sennò.
        Occhio alle congiunzioni avversative, giovine sunrose! Occhio! Un uso corretto della logica (e della boria) può favorirla in tutte le lingue che intenderà imparare. (Pare) A qualsiasi livello. Soprattutto quello elementare.
        Tante care cose.

        • « … et les branches des arbres agitées par le vent étaient peut-être une des premières choses qu’il avait aperçues lorsqu’il était roulé dans son landau par une femme adulte (sa mère ?), en dehors des nuages et du ciel. La volonté de vivre des animaux se manifeste par des transformations rapides – une humectation du trou, une raideur de la tige, et plus tard l’émission du liquide séminal – mais cela il ne le découvrirait que plus tard, sur un balcon de Port-Grimaud, par l’entremise de Marthe Taillefer. La volonté de vivre des fleurs se manifeste par la constitution de taches de couleur éblouissantes, qui rompent la banalité verdâtre du paysage naturel, comme la banalité en général transparente du paysage urbain, dans les municipalités fleuries tout du moins » (M H)

          Vista la tua “furbacchieria” … poi me le spieghi tu le congiunzioni avversative, sempre tu ne abbia voglia… risparmiando parole… (ma) non essere prolisso… vai al dunque… e non inerpicarti nel vuoto… della tua sintassi… spiegami anche “en passant” cos’è la “linea editoriale di un autore”… poi, per darti soddisfazione: io non apro mai “a caso” un libro, al più s’apre per me a caso… e se c’è qualcosa che si chiama “stile” dal quale riconosci uno scrittore… ci sei dentro… non varia… e non vai ad analizzare il suo reflusso gastroesofageo… il tasso alcolico…

          • Guardi giovine sunrose io sarò sicuramente vuoto e bacato come la mia sintassi, ma mi sembra – così, a occhio eh – che oltre a qualche pacco (di arroganza) lei a questa discussione non ha dato (rifilato?) niente. Tanti saluti.

            Ah, un’ultima cosa, un piccolo consiglio da un intellettualoide a un grande intellettuale: quando si citano testi così determinanti per convincere gli altri della bontà delle proprie tesi, come ha magistralmente fatto lei, è preferibile scrivere almeno almeno il titolo dell’opera dalla quale si prende… giusto per non fare la figura del citazionista della domenica che sono sicuro lei non è e non sarà mai. Rinnovo.

  9. segnalo comunque un approfondito pezzo sul Foglio, di Marina Valensise, a proposito di questo romanzo, e di H. in generale:

    http://www.ilfoglio.it/articoli/v/124496/rubriche/houellebecq-geniale-e-solforoso.htm

    tra l’altro:

    “E leggendolo si scoprirà quanto siano pretestuose le polemiche, e infondate le accuse, le denunce e le riserve, e quanto conti al contrario, l’allegoria con la sua levità, la sorpresa malinconica, lo stile stralunato e grottesco, la combinazione di ironia e verità, di sarcasmo e di disperazione che incantano tanti lettori, lasciandone altri sgomenti, e sono il vero marchio di fabbrica di Houellebecq, come egli stesso ammette in un’intervista al Nouvel Obs, per spiegare la sua invulnerabilità agli attacchi da destra e sinistra.”

    e anche (per chi non trovi, come me, le donne di H. molto stereotipate, dei fantasmi (in senso psicanalitico) viventi, ma anche giustamente:

    “Ma al di là della perizia politica dello scrittore che inventa una trauma plausibile affidandosi al puro gioco della logica (chi rappresenterà un giorno i musulmani stretti nella morsa del rifiuto della destra xenofoba e del sospetto nei confronti della sinistra che vuole i matrimoni gay?) il vero tema di questo romanzo è l’amore, la ricerca dell’amore, come passione genuina per l’altro da sé, come spinta a trascendere il proprio egoismo, e uscire dai confini dell’io, campo che appare sempre più rinsecchito e apatico oltreché fonte di angoscia continua per l’individuo contemporaneo. Lo dimostrano le peripezie erotico-sentimentali del protagonista. François ama Myriam, una studentessa ebrea di ventidue anni dai glutei compatti, un po’ sfuggente, lievemente perversa. I due non si vedono per un po’. Il giorno del suo compleanno, lei chiama lui alle dieci di sera e si presenta a casa sua in minigonna e calze nere. Non ha un regalo per il professore, ma gli regala un pompino, che Houellebecq descrive con la sapienza di una geisha, senza lasciare nulla all’immaginazione.”

    e infine:

    “Cos’è l’amore oggi? Il modo di ricompensare chi ci dà piacere. E poiché nella cultura dell’edonismo materialistico e nihilista l’unico piacere della vita rimasto ormai è solo quello dei sensi, della carne, del sesso, l’unica possibilità di amare sarà legata al corpo. Allora che succede se il corpo non risponde, se decade, si ammala, degera, e muore? Ed è qui che interviene il mistero della conversione, come seconda chance, come via della redenzione, e della salvezza. Houellebecq aveva in mente la conversione di un professore ateo al cattolicesimo. Poi ha cambiato idea, e ha introdotto la variante islamica della sottomissione.”

    • “Un approfondito pezzo”… ? cos’è ? il picco ironico di un travaglio cerebrale.
      O, davvero, non volevi farci mancare la raffinata critica letteraria della Valensise?

      • è una argomentazione lunga (rispetto agli standard giornalistici) e articolata, che poi si può condividere o meno …

        • Ti affido qualche perla di questo pezzo “approfondito”… come le poltrone dei loro salotti… :
          “La personalità complessa, ambigua, perversa forse, di sicuro ambivalente.” Qui si riferisce all’autore… cosa avrà voluto dire ? perverso polimorfo… o l’ha scambiato per una conchiglia bivalve?
          “Una studentessa ebrea di ventidue anni dai glutei compatti, un po’ sfuggente, lievemente perversa.” Qui si riferisce a un personaggio del romanzo… non so se quei glutei “compatti” (sic) sono indice di perversione o la perversione compatta i glutei?
          E che ne dici di “un pompino, che Houellebecq descrive con la sapienza di una geisha, senza lasciare nulla all’immaginazione”… Non è tanto la sapienza da geisha di H. quanto il non lasciare nulla all’immaginazione a inquietarmi…
          E di questa che ne dici? “Poi arrivarono Swann e Odette de Crécy e la soglia della libido iniziò a intorbidirsi anche per il lettore”… La vedi questa torbida soglia della libido?
          E c’è anche il refuso come da copione: “Ma al di là della perizia politica dello scrittore che inventa una trauma plausibile”
          Possiamo andare avanti tutta la notte se vuoi… ci metto anche la “passione genuina per l’altro da sé” cos’è una garanzia di qualità per prodotti di marca? … “(il lettore) è invitato a perlustrare glande e scroto”… qui non salta fuori anche il tuo “horror-vacui?
          Anche questa non è male “rappresentazione di una fellatio e l’annesso piacere, fino allo spasimo, fino all’applauso”… per quelli che amano gli annessi e i connessi…
          Fino alla parafrasi puerile di una frase del romanzo con un “Cos’è l’amore oggi? Il modo di ricompensare chi ci dà piacere.”
          « L’amour chez l’homme n’est rien d’autre que la reconnaissance pour le plaisir donné, et jamais personne ne m’avait donné autant de plaisir que Myriam. » (M H , S.)
          Ma ti raccomando la chiusa del pezzo “mettendo a fuoco il vero senso del limite della nostra vita di individualisti occidentali.”, da vero esercito della salvezza…

          https://twitter.com/wu_ming_foundt/status/296639899434643458

          • sei troppo esigente, Sunrose, secondo me resta sopra la media delle recensioni nostrane!; nel senso che uno un’idea se la fa, e abbastanza precisa, è già tantissimo; certo se poi ti metti a cercare le pulci, concordo in toto-toto …

  10. L’articolo è esemplare per la sua esaustività e la sua profondità critica. Soltanto uno sciocco cieco alla realtà delle cose potrebbe negarlo.

    P. s. Non date retta a Sunrose. Dietro di lui si nasconde il più meschino dei troll.

  11. ho “sospeso” un commento di Sunrose, perchè offensivo nei riguardi di una persona; e per piacere non gridi alla censura dei cattivoni di NI: Sunrose può dire quello che vuole, davvero, e esprimere qualsiasi critica, ma senza offendere persone terze; per me il limite è questo, per un doveroso rispetto tra individui e per non trasformare il thread in un pollaio;

    • Sartori, se faccio una vignetta satirica me la fai passare?
      ti ripropongo parzialmente ciò che hai bloccato

      *

      Cancella commenti dai quali emergono i suoi grossolani errori. Cosa vuoi che pensi di chi scrive “La néant sartriana” e di chi gli fa eco stupidamente, scrivendo “L’être et la néant. Voi siete la néant”. Che una grammatica di francese potrebbe essergli utile.

      • la vignetta satirica, se è bella graficamente e spiritosa, sì! (le vignette di CH, faccio notare, sono feroci, ma mai cattive, mai frutto di “rancori personali”)

        • Sartori, ti sei chiesto perché Daniele ventre cancella tutti i commenti sotto i post che lui riserva a Ghérasim Luca? Chieditelo. Poi chiediti il perché di questa pulsione a diffondere l’opera di un autore che lui odia, e con intento denigratorio nei confronti di chi si è occupato “seriamente” di questo autore. Poi chiediti tante altre cose. Poi, se vuoi, possiamo discutere di cos’è la censura su NI.

    • “P. S. Non date retta a Sunrose. Dietro di lui si nasconde il più meschino dei troll”

      Sartori, questo non l’ho scritto io, e questo merita una risposta, e tu non puoi ergerti a censore per fare un favore a Daniele Ventre… Altro che troll…

      • la nota di Daniele per me è al limite, ma non è ancora un’offesa, e non si lancia in una sequela di improperi;
        è come se tu dicessi, senza insistere, che per te lui è il più meschino dei traduttori, o dei professori, o dei postanti …; questo non te l’avrei bannato, ti assicuro;

        • Sartori, io riscriverei tale e quale il mio commento, che ti piaccia o meno, perché è quello che penso. Nazione Indiana avvalora operazioni come quelle di Daniele Ventre… continui pure a farlo… per me questa è la vera volgarità…

        • Sono anni che si fa questa stessa discussione su NI. Ci sono stati casi eclatanti in passato su cui proprio non c’ho voglia di tornare (tanto i diretti responsabili – e i lettori – se li ricordano perfettamente) ma sarebbe stato molto bello per gli indiani stessi e tutti noi se da quelle esperienze di dissenticidio avessero appreso che viviamo grazie a dio in uno stato di diritto dove finché si è nel diritto si è nel diritto e si possono dire tutte le cose che si vogliono. Se si tolgono questi commenti, si è dei censori. Non c’è cazzi. Quindi basta con questa storia del gol non gol… del fino a qua è offesa, due centimetri dopo è critica, qua è rancore… se si gonfia è satira, sennò è da ribattere… nel dubbio l’ho eliminato… basta. Se in tutti questi anni non è cambiato niente in questo senso vuol dire che fa comodo a NI non cambiare niente. Ma sapete bene che aver ridotto gli spazi e lo spazio del commento ha danneggiato prima di tutto Nazione Indiana, quindi voi. C’è poco da fare.

          • Gentile Dinamo Seligneri, non so se ha notato cosa sta accadendo. Perfino riprendere volutamente una citazione già fatta, alludendo al citatore, è diventato plagio. A parte certe espressioni come “sei prolisso e inutile”. Se un post deve essere commentato da una sequenza di improperi, nel contesto di una vendetta trasversale, veda lei.

          • Daniele Ventre, l’atteggiamento di sunrose è sotto gli occhi di tutti, ma anche dargli del “più meschino dei troll” per me non è stato molto elegante… o al limite dell’ineleganza, non lo so… Comunque, al di là di quello che ho già espresso, ma non pensi che uno che insulta sia meglio lasciarlo lì dov’è a fare la figura che merita?

          • Gentile Dinamo Seligneri, se avesse l’esperienza sistematica che ho io, quanto a molestie da parte della persona che si cela dietro il nick di Sunrose, apprezzerebbe l’eleganza della definizione di cui l’ho gratificato.

          • @ Dinamo Seligneri: sotto gli occhi di tutti è il titolo di questo post… o meglio frasi come « Quell’idiota e sopravvalutassimo scrittore che è Houellebecq »… dopo ti puoi sentire immune dall’idiozia. Quindi puoi riscrivere a oltranza quell’insulto. Su Ventre cosa vuoi che dica. Sembra non aver fatto altro tutta la vita che cancellare lavagne. Ma a uno così che gli puoi dire. Lo metti in guardia su “La néant sartriana” e lui ti ribatte “«L’être et la néant»”. Vous êtes la néant”. A uno così gli compri una grammatica francese. Il resto lo puoi leggere qui, finché i commenti sono visibili.

  12. Purtroppo, i principi che connotano la fondazione del pluralismo democratico moderno in Francia restano ancora estranei alla tradizione politica della nostra Padr-Itaglia e anche al suo giornalismo: da noi ancora imperano l’appartenenza a cordate, la volontà censoria, la denigrazione aprioristica dei punti di vista diversi dal proprio, o semplicemente la negazione del dialogo. Ciò in Italia avviene perfino nelle questioni più astratte o teoricamente più remote dalla possibilità di violenza e aggressione. Questo atteggiamento di diffuso conformismo e autoritarismo sposati nella più vile forma di ipocrisia generalizzata che un popolo abbia mai saputo alimentare e coltivare, rende quasi impossibile, ora come ora, a chi non compia un vero salto epistemico, l’approccio alla questione da un punto di vista francese -così come rende in generale difficile l’approccio a ogni forma culturale esterna alla mentalità imperante nella nostra nazioncina, o nella nostra piccola accademia del giornalismo, o della filologia o di qualsiasi altra cosa -in determinati contesti abbiamo perfino creato l’idolatria dell’ignoranza, trasformando la scepsi in dogma. La contiguità linguistica, tra Francia e Italia, diventa così un’ironica farsa e uno scherzo dell’evoluzione storico-culturale di un continente: tanto abissalmente remote, quanto contigue le due lingue, le due civiltà, le due visioni del mondo. La capacità di concepire la pluralità di approcci contro il principio del dogmatismo isterico. Basta semplicemente, fra le altre cose, confrontare il leader socialista francese, Hollande, con tutti i suoi limiti, con il leader del nostro “socialismo” ritrovato… Basta fare anche altri, meno importanti, confronti… Il testo a fronte, spesso, non ci giova.

    Per questo, al momento la parabola che il terrorismo rischia oggi di seguire è una balcanizzazione dell’intero sistema sociale. La Francia rischia ora di essere l’epicentro dell’implosione del pluralismo, così come è stata l’epicentro della sua esplosione. Un facilis descensus averni che noi sperimentiamo nel nostro quotidiano, poco a poco, tutte le volte che ci troviamo di fronte alla violenza e alla tracotanza indiscriminate di un interlocutore che ci ritiene rei di essere concettualmente altro da lui, i Francesi rischiano di sperimentarlo di botto, in una nuova detonazione di rivolte delle periferie, a cui potrebbe seguire il collasso della democrazia nel populismo di quei nazionalisti che si rifanno al vecchio collaborazionista Pétain. Questa tracotanza colpisce effettivamente, con vigliaccheria, chi è più vicino (il fanatico ha in chi gli risponde l’unico che si prenda cura di lui): una forma di viltà ben nota e diffusa: noi in Italia la conosciamo bene, sia per grandi i drammi che hanno segnato l’involuzione della nostra già asmatica democrazia, sia per le piccole farse che segnano costantemente la nostra quotidianità, ogni volta che si profila all’orizzonte qualche mediocre vestale di un egoistico e auto-riferito diritto di prelazione intellettuale o politica o di opinione o semplicemente esistenziale.

    Perfino il confronto sul rapporto fra passato coloniale e presente globalizzato, tra Francia e Italia, segna il culmine dell’intraducibilità, se non si riesce a disitalianizzare la propria mente per un attimo. Per quanto di rimosso ci sia nel rapporto socio-economico, socio-culturale, socio-spaziale fra centro e banlieue, nulla di paragonabile alla nostra strisciante ipocrisia, pugno di sterco in guanto di cioccolato, la forma italica del potere, grande e piccolo, si manifesta sempre in questa oscillazione fra volgarità e prepotenza, ipocrisia e servilismo. La differenza e la differanza si intrecciano, per gioco omofonico, in una dialettica impropria, sia da noi che in Francia. Ma a renderci intraducibile, nell’intimo, la dinamica di questa dialettica impropria, è la nostra anima sgusciante e non netta, il nostro non è vero ma ci credo, che rispetto all’agnosticismo della République, che “doveva facilitare il trionfo ipocrita, progressivo e anche leggermente subdolo, dell’antropologia materialista”, ha prodotto semplicemente il trionfo ipocrita, progressivo e subdolo di un’antropologia dell’ossequio. Una antropologia dell’ossequio che impedisce, da noi, di manifestare un’opinione diversa dalla maggioranza senza che d’un subito esploda il risentimento becero degli individui copia-conforme, delle scimmie di dio e di tutto l’altro baraccone, che fa di noi un popolo votato al permanente non ascolto.

    Queste barriere e queste intraducibilità fra due Volkgeister così linguisticamente apparentati e nello stesso tempo così differenti, l’articolo di Giacomo Sartori riesce per un istante a superarle brillantemente, pur nella maniera breve dell’articolo da blog, proprio perché lo spirito che lo anima è la negazione di quell’antropologia dell’ossequio e del servilismo, che è anche antropologia della tracotanza e della volontà censoria, che potrebbe accecare chiunque lo legga, o lo commenti, con malafede.

  13. Sei prolisso e inutile e questa è una mia citazione:

    « L’agnosticismo di principio della Repubblica francese doveva facilitare il trionfo ipocrita, progressivo e anche leggermente subdolo, dell’antropologia materialista » (M H, Le particelle elementari)

    • Lo so. Deducine quel che ne devi dedurre, se ne sei capace (ma mostri di non esserlo). Deduci. Specie da tutto il contesto:

      “Ma a renderci intraducibile, nell’intimo, la dinamica di questa dialettica impropria, è la nostra anima sgusciante e non netta, il nostro non è vero ma ci credo, che rispetto all’agnosticismo della République, che “doveva facilitare il trionfo ipocrita, progressivo e anche leggermente subdolo, dell’antropologia materialista”, ha prodotto semplicemente il trionfo ipocrita, progressivo e subdolo di un’antropologia dell’ossequio. Una antropologia dell’ossequio che impedisce, da noi, di manifestare un’opinione diversa dalla maggioranza senza che d’un subito esploda il risentimento becero degli individui copia-conforme, delle scimmie di dio e di tutto l’altro baraccone, che fa di noi un popolo votato al permanente non ascolto.”

      Ma dimenticavo: non solo non ci si può interessare all’autore di cui ti sei interessato tu: non si può nemmeno citare -apposta- l’autore che hai citato tu. Hai il diritto di prelazione citazionistica. Buon pro ti faccia. Quello che ti si doveva dire ti si è detto.

      • Sei così pomposo, ridondante, e allo stesso tempo così vuoto, che non ti accorgi di quanto parole come censura, denigrazione, violenza verbale, ipocrisia, viltà, ossequio, siano così connaturate al tuo essere da non essere riconoscibili. Tutto ciò è sintomo di un’immaturità di fondo, una frustrazione, un vuoto culturale, a cui non si pone rimedio servendosi delle parole per dare sfoggio del proprio sapere. Altro che salti epistemici, sono altri i salti che dovresti fare. Ma non sei ancora allo stadio estetico per raggiungere quello etico. Altro che scepsi, a te non verrà mai un dubbio sul livello minimale del tuo discorrere. Citare in modo appropriato un autore è un’arte che non imparerai mai, se continui a farmi il verso, ad attaccarti a quello che faccio. Non ho bisogno di salassi, devi capirlo da solo. Spero che prima o poi tu lo capisca.

  14. ascoltarvi è stato esilarante
    permettetemi di condividere
    queste poche righe scevre

    la morte ha i suoi colori
    disperso il gergo di è
    forse sbiadito

    non vanno trattati
    né allo stesso modo
    ogni riferimento

    oh citazione pia illusione

    mi sembra giusto frignare
    cedendo lungo il passo
    in manifestazione

    poi la rotonda
    o per difetto la
    morte di chi

    incamiciatosi

  15. Se ho ben capito questa persona vive in Francia, quindi già scrivere un articolo “cari amici francesi” invitandoli ad andare a parlare con gli alunni … Perché non comincia lui ? Dove vive ? Nelle periferie intanto non è vero che non c’è pelle bianca, i ceceni per esempio, inoltre i bianchi che c’erano se ne sono andati perché nei quartieri popolari famiglie di immigrati con più figli hanno accesso alle case popolari più facilmente. Sua moglie non so cosa abbia fatto ma che si faccia viva e che spieghi come ha fatto in TV perché molti insegnanti sono invece in difficoltà e alcuni sono stati sorpresi approvare il terrorismo. Dire che questi attentati sono il frutto di un clima è ridicolo si spazza via tutta la propaganda su internet. Ovviamente non una parola sull’attentato al supermercato Kosher, lì non si tratta di un algerino ma di un maliano che era arrabiato perché la Francia non è intervenuta in Siria contro Bachar e per vendicare i palestinesi.

    • “questa persona” ha un nome e un cognome, e a differenza di “questo commentatore” non ha timore di usarli; ecco, se volessi dare un esempio del “disprezzo per l’individuo” di cui parlavo all’inizio del mio pezzo, potrei prendere questo; perchè chiamarmi “questa persona”?; perchè dire “Ovviamente non una parola sull’attentato al supermercato”; perchè “ovviamente”?
      questo articolo è stato scritto per un giornale italiano, come è indicato alla fine, quindi si rivolge a degli italiani;
      “lui” vive da tantissimi anni tra la Francia e l’Italia; “lui” si occupa tutt’altro, non di educazione;

      e il pezzo è stato scritto a caldo, e non voleva essere un’analisi sistematica; comunque questa settimana se ne è parlato moltissimo, sui giornali, sulle radio … di scuola e quartieri poveri, e di tanti altri aspetti …

      • Caro Giacomo Sartori, anch’io avevo un nome finché mi è stato vietato di usarlo, da un signore (D V) che su Nazione Indiana pratica la censura sistematica, non solo nei miei confronti, ma di chiunque dissenta, cancellando tra l’altro decine di commenti. Commenti in cui, se permette, l’intelligenza non fa certo difetto. Lei, come altri, vi guardate bene dal prendere posizione contro questi comportamenti da Stato stalinista. Domina qui uno spirito parrocchiale, corporativo e oscurantista. Quindi i nickname sono necessari a infrangere questa barriera della censura sul “Nome”. Anche qui, ho visto tra l’altro censurato un commento all’apparenza inoffensivo, che però metteva in rilievo l’elemento cardine di ogni discorso, un principio paritetico.

        • tengo a precisare che solo molto-molto raramente su NI si decide di togliere un commento, e il motivo è sempre il carattere offensivo nei confronti di qualcuno, o gli attacchi personali, o la forma inaccettabile (volgarità …), mai il contenuto in sè;

          e come vedi puoi criticarci pesantemente, e il tuo commento resta (solo non capisco allora perchè la segui, NI, se davvero pensi che “Domina qui uno spirito parrocchiale, corporativo e oscurantista”)

          • Per favore, Giacomo, leviamogli il banno, così potrà intervenire di nuovo come A. R. Potrà in tal modo esercitare a pieno talento l’arte di coprire di contumelie me e chiunque non gli vada a genio, e di correggere i compitini. Perché lui non difende il proprio diritto di critica, afferma il non-diritto a parlare mio e di altri che per qualche ragione abbiamo violato i sacri confini di ciò che solum è suo e che egli nacque per lui. Il nostro continua perfino a intervenire qui collocandosi implicitamente sullo stesso piano delle vittime di un attentato fondamentalista, quasi che io o altri della nostra redazione gli abbiamo comminato una fatwa, o gli abbiamo mandato a casa l’opricnina o uno sgherro armato di piccone. Nel far questo focalizza l’attenzione di un’intero gruppo di discussione su di sé, il martire, il censurato, il plagiato. Per favore, facciamo sì che si “riappropri” del suo nome, con le conseguenze che gliene deriveranno.

          • Dovresti precisare che Daniele Ventre ha cancellato decine di commenti… questa sarebbe onestà intellettuale… io non seguo Nazione Indiana… è Nazione Indiana che segue me… non ponendo termine a certe mistificazioni…

        • vedo che sei pieno di idee Daniele Ventre, oltre che di iniziative umanitarie… ma per vedere un commento ti devi s-post-are… hai una verve… genere «Andare avanti aggrappandosi al passato, è trascinarsi dietro le palle del forzato»… (Miller citato da Deleuze). Ti faccio leggere anche Deleuze… accendimi un cero dopo avermi tolto il ban…

  16. Comunque a me sembra una lettera scritta agli italiani non ai francesi. Anche perché il discorso Houellebecq è più complesso, che gli Ebrei stiano lasciando la Francia per paura dell’islamismo è una realtà. Che fallimento dell’antisionismo alla fine rendere sempre più attrattivo Israele come rifugio degli Ebrei.

    • grazie Andrea; che piacere leggere l’Angot in gran forma!;
      tra le altre cose:
      Les articles ont commencé à pleuvoir. Positifs ou négatifs, ils avaient un point commun, les négatifs parlaient de ratage mais s’accordaient sur : c’est un grand écrivain. Un grand écrivain ne se contente pas du symptôme. Il part de la réalité visible, mais elle ne le satisfait pas. Après avoir creusé il tombe sur du vide, derrière une opinion il y a une autre opinion, un fantasme de plus, qu’on peut romancer, à partir des subdivisions sociales et mentales, forgées par les réseaux, les chiffres, avec comme seule conclusion possible vanité des vanités tout est vanité, ou je m’en lave les mains. Le grand écrivain se dit : « Il doit y avoir quelque chose derrière il faut encore creuser, ou attendre, il doit y avoir un réel caché. » Houellebecq, lui, à partir du moment où il arrive à définir des types sociaux qu’il réduit à leur physique et à leur discours ça lui suffit, il les promène dans son dispositif comme des Playmobil, et c’est tout, le « bon vieil épicier tunisien de quartier ». Bon. Vieil. Epicier. Tunisien. De quartier. Vous croyez qu’il y a une seule personne qui corresponde à ce portrait ?

  17. Angot è sempre in forma… Angot non ama Houellebecq, l’abbiamo capito. « Un grand écrivain ne se contente pas du symptôme. Il part de la réalité visible, mais elle ne le satisfait pas ». Eppure non pare che H. si accontenti così facilmente. Il punto di partenza non può che essere il “reale”, il sintomo. Ma Angot non è disturbata da questo, quanto dal simbolico. Purtroppo è la nostra autrice a soddisfarsi un po’ troppo e troppo a lungo del reale. Leggere le descrizioni di atti sessuali nei libri di Angot è fare harakiri del proprio sesso. « Il lui parle de ses deux gros pamplemousses, il lui dit qu’il les préfère aux petits citrons de sa femme ». Angot ci dice : « Le grand écrivain se dit : Il doit y avoir quelque chose derrière il faut encore creuser, ou attendre, il doit y avoir un réel caché. ». E, effettivamente lo scavo nei suoi romanzi non finisce mai troppo presto : « tu crois que ça se vendrait bien au marché des gros pamplemousses comme ça ? Continue. Surtout ne me réponds pas, continue. Continue, ne t’arrête surtout pas, c’est très très bon, continue. Ne t’arrête pas.». Esplorare i mercati ortofrutticoli però non basta. «Il soupèse un sein, puis l’autre, les deux alternativement, les faisant sauter dans sa main, comme on soupèserait une pelote de laine… », come dimenticare i lanifici. Quando ci si mette nello scavo, Angot concorre con Pompei. Gli scavi non finiscono mai. Ecco « le réel c’est nous ». Merci Angot, «c’est en profondeur que ça se passe», ancora grazie, lei non si stanca mai di esplorare le profondità, le testa. E ritirare ancora fuori la faccenda di Bouvard et Pécuchet…

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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