Alcune domande a Alberto Casadei su “Letteratura e controvalori”

intervista di Giovanni Turi

turi_LETTERATURA E CONTROVALORI_Copertina

Letteratura e controvalori, pubblicato da Donzelli nella collana Saggine, raccoglie alcuni interventi di Alberto Casadei, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Pisa, sul paradigma critico di Auerbach (cap. I), sulla possibilità in epoca contemporanea di una narrazione realista che si confronti anche con gli altri media (cap. II), sul legame tra letteratura e contesto nazionale (cap. III), sui rapporti tra critica, web e realtà editoriale (cap. IV); in chiusura Casadei elenca poi una serie di brevi considerazioni che sintetizzano quanto esposto in precedenza e pongono nuovi spunti di riflessione. Qui di seguito si intervista l’autore a partire da alcune sue affermazioni.

«Anche la letteratura sembra ormai soggetta a leggi di mercato, ma i suoi sono spesso “valori contro”, tendenzialmente rivolti più alla lunga durata che al realizzo immediato» (p. VII): quali sono dunque i “controvalori” della letteratura?

Sono soprattutto quelli che ci costringono a porre in discussione alcune nostre certezze sulla realtà normalizzata. Una poesia di Paul Celan o della nostra Amelia Rosselli, per esempio, propongono visioni del rapporto fra io e mondo frantumati, incoerenti, fortemente oscuri: eppure noi percepiamo un senso che emerge da quell’uso in apparenza tutto personale e anticomunicativo del linguaggio. Quello è il primo “controvalore” della letteratura: la possibilità di far comprendere che ogni individuo può trasmettere qualcosa di solo suo, importante per tutti ma non riducibile ai valori comuni, che spesso sono soltanto luoghi comuni.

«Gli attuali paradigmi […] spingono a considerare il realismo innanzitutto come un codice di accostamento fra soggettività individuale-interiore e mondo esterno», che include anche alcune forme di fantastico (pp. 13-15): non si rischia così di rendere il realismo una categoria quasi onnicomprensiva?

No, perché ovviamente io escludo testi che introducono componenti fantasy puramente esornative: Barbie fairytopia, per esempio, non potrà mai ricondurci alla realtà perché è solo una sua trasposizione edulcorata. Invece, il realismo che ingloba elementi assurdi, grotteschi o puramente fantastici lo fa per rendere più completa la nostra percezione del rapporto che abbiamo con il mondo, spesso governato da elementi inconsci o comunque non razionali. Non si va dunque verso il mistico ma verso l’indagine sul rapporto biologico corpo-mondo, che ha ancora tanti aspetti da rivelare. E la letteratura, come le arti in genere, può contribuire a farlo.

«La dimensione nazionale serve adesso e servirà ancora a concretizzare l’universale, a rendere specifico e dicibile quanto altrimenti rischierebbe di rimanere comunicazione asettica» (p. 123): in una realtà globale e interconnessa la dimensione nazionale non è solo una delle tante possibili concretizzazioni?

Sì, ma non è solo un tassello in un mosaico molto più ampio. Ogni cultura, legata a una lingua ma anche alle sue realizzazioni artistiche e letterarie in particolare, in realtà condensa molte delle sue manifestazioni più specifiche nello stile e nei modi di essere che solo in quel determinato ambiente hanno un senso. In altre parole, la globalizzazione può rischiare di far condividere ciò che è neutro, e quindi alla lunga insignificante. Invece, le letterature possono far confrontare ciò che ha avuto una storia e una realizzazione stilistica in un ambiente e in un periodo, e questo può essere molto più interessante che condividere l’uguale. In parte lo diceva già Leopardi: noi dobbiamo anche appassionarci alle nostre opere, e poi confrontarle con quelle realizzate dagli altri, per comprendere meglio noi stessi.

«[…] le caratteristiche del web in rapporto alla diffusione e alla critica della letteratura sono chiare: un primo valore aggiunto è l’immediatezza delle proposte e delle reazioni; un secondo è la mancanza di una gerarchia prestabilita; un terzo è l’ampiezza dei possibili utenti» (p. 129): la capacità e l’acume critico non rischiano però di venire surclassati dall’abilità comunicativa?

Il problema di difendere anche forme minoritarie, ma di qualità, in un contesto tendenzialmente basato sulla quantità e facilità comunicative esiste. Però ho notato che spesso, se si affrontano problemi davvero importanti chiarendo quali sono le implicazioni, anche nel web si ottiene una risposta attenta. Bisogna dosare al meglio il rapporto fra componente innovativa e volontà comunque di coinvolgere un pubblico potenzialmente interessato a cogliere suggerimenti, per esempio su opere o brani davvero importanti e invece poco visibili a livello massmediatico.

«[…] soprattutto in Italia è assoluta la necessità di allargare il pubblico dei lettori capaci di un giudizio autonomo, che sostenga, come avviene per esempio negli Stati Uniti, autori validi ma che non godono di un successo commerciale» (p. 134): oltre alla scuola, a chi spetta (e come) dunque formare lettori competenti?

Una grande opportunità è data dalla rete: occorrono senz’altro blog che accolgano sempre più interventi di giovani. Personalmente, durante le mie lezioni universitarie consiglio agli studenti di andare a vedere cosa succede nei blog letterari più accreditati, e di farsi un’idea sulle opere discusse. Se poi gruppi di giovani vogliono a loro volta creare un loro spazio, benissimo: l’importante è che le discussioni diventino sempre più un patrimonio condiviso e non restino circoscritte a circoli più o meno chiusi. Con questi confronti, dovrebbe crescere la scelta consapevole delle opere migliori, e quindi anche il web può diventare un veicolo per formare lettori competenti.

«Alla domanda: “quali sono i narratori e i poeti italiani (e non solo) attualmente più rappresentativi?” è comunque necessario rispondere» (p. 172): secondo lei quali sono?

Posso citare Walter Siti e Antonio Moresco, ormai narratori largamente stimati, ma possiamo aggiungere giovani autori come Giorgio Vasta, Paolo Sortino, Nicola Lagioia e anche Alessandra Sarchi. Per la poesia, un recente sondaggio del Premio Dedalus-pordenonelegge ha segnalato, e sono d’accordo, Milo De Angelis, Mario Benedetti, Antonella Anedda, ma anche autori più giovani come Stefano Dal Bianco, e aggiungerei Massimo Gezzi e Laura Pugno. Ma sono solo alcuni dei nomi citabili!

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

La lettura narrativa come resistenza

di Paolo Morelli Solo gli algoritmi salveranno la letteratura italiana Ecco un esempio di frase ragionevole. Se guardiamo all’attuale produzione narrativa...

Bioeconomics (Georgescu Roegen) vs bioeconomy: i miti del riciclo completo della materia e dell’onnipotenza delle tecnologie

di Alberto Berton
Secondo Georgescu-Roegen, riassumendo, l’agricoltura moderna è una sperperatrice di risorse

ADDIO ALL’INVERNO

di Cécile Wajsbrot
Consapevoli come siamo di una possibile scomparsa della specie umana in un futuro che non si calcola più in millenni o secoli, ma in decenni, rassomigliamo, torniamo simili agli Aztechi che di notte vegliavano colmi d’angoscia spiando la riapparizione del sole.

Figure della crisi

di Vittorio Coletti
La confusione sotto il cielo della politica europea, non solo italiana, era grande, a suo giudizio. Destra e sinistra ora si opponevano duramente anche dove, come nel caso della direttrice d’orchestra, non era il caso; ora si scambiavano tranquillamente elettori, programmi e linguaggi.

Quando sento parlare i personaggi

Cristina Vezzaro intervista Antje Rávik Strubel
Lavoro molto con il suono della lingua. Solo quando sento parlare i personaggi inizio a capire chi sono e come sono. Anche la donna blu e lo stile dei passaggi in cui compare sono nati da un dialogo interiore.

LE DUE AGRICOLTURE: LE RAGIONI DEL DISAGIO

di Un gruppo di agricoltori lombardi
Fin dagli anni sessanta si è andata delineando una tendenza, ormai diventata strutturale, di una netta separazione tra una agricoltura delle grandi superfici, dei grandi numeri economici, della capacità di investimento e di accesso al credito, e dall’altra parte, una agricoltura familiare molto legata al territorio, spesso marginale, di collina e di montagna ma non solo, con volumi produttivi spesso insufficienti a garantire investimenti, ma con un beneficio sociale immenso derivante dal presidio di un territorio
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: