Forme chiuse (1)

di Daniele Ventre

3. Opinion-makers

in fondo siamo tutti opinionisti ci facciamo opinioni
opiniamo davvero opinabile è tutto anche la morte
anche la vita opinabile è tutto anche l’aria anche l’acqua
opinabile è anche la legittimità dell’opinione
il diritto a opinare opiniamo su tutto purché sia
opinata perfino l’opinabilità dell’illegittimo
e di ciò che è legittimo opinare inventiamo perfino
la figura opinante del fascista opinoso e dubitoso
il fascista del dubbio per cui si è nati colpa d’opinione
il fascista opinoso e liquido che poi non c’è ragione
opinioni le cose perfino il sasso che ti rompe il naso
opinione anche il colpo di fucile verità solo il grido
di chi siede più in alto nella cattedra e sa insultarti meglio
bambina mia bambino mio perché non sèi alto abbastanza
e tu sai che i papaveri dell’oppio dei popoli son alti
alti alti alti alti e la tua opinioncina piccola no non conta
specie se sèi l’agnello a pie’ di fonte con il lupo sul monte
in fondo siamo tutti opinionisti opinione anche il lupo
opinione l’agnello opinione anche il caldo il freddo e il dolce
e l’amaro ma vero solo il vuoto di mente e le opinioni
atomiche se è vero che il mondo è collezione d’opinioni
meglio se espresse solo per insulto meglio se poi morbose
della morbilità dell’opinione di vagina o di verga
meglio se un po’ curiose maliziose meglio ancora ominose
d’ominazioni e disominazioni d’omuncoli e d’omini
e domini e strutture a dominante troni dominazioni
da omarini di carta e d’accademia da paranoici anziani
attenti a non usare le parole che usano anche loro
perché è quella la lingua che si parla se no poi anche i microbi
se solo adorni di pubblicazione sia pur in condominio
nel loro piccolo hanno poi materia di inventarsi una rabbia
una rabbia che poi si fa opinione una rabbia qualunque
che poi si fa opinione per la rabbia d’opinare comunque
su chiunque si opini l’opinabile come l’inopinabile
così che per finire non ci resta altro che l’opinione
implausibile senza più criterio d’essere o verità
senza definizione d’essere o verità segno segnato
dalla mancanza di significato di significazione
la civiltà dell’insignificanza fatta ormai d’opinione
opinione incarnata e poi disincarnata per ragione
di chiacchiera che poi vale per sé non si può confutare
d’argomento o ragione perché noi non s’ha più che l’opinione
e l’opinione di comunicare e di comunicarsi
di pensare al da farsi avendo l’accortezza di opinare
anche se dietro l’opinione in tanto non esistono fatti
non esistono dati anche se dietro il tuo comunicare
così comunicato e comunicativo per tuoi vasi
comunicanti il vas dell’elezione o del colpo di stato
mediatico per mezzo d’opinione in mezzo al vuoto statico
non esiste più nulla da opinare né da comunicare
non resta che la febbre in cui mi rodo e mi detta ragioni
febbrili non rimane che la furia e la termodinamica
del tuo corpo alterata dalla febbre opinione anche il caldo
opinione anche il freddo anche l’ipotermia da antipiretico
opinione anche gli atomi che siamo isolati nel giorno
senza giudizio opinione la storia che non mette giudizio
e difficile è poi che si riesca a cambiare opinione
se dietro l’opinione non c’è nulla da obbiettare davvero
che dietro l’opinione non c’è nulla e al nulla non si obbietta
se l’obbiettivo è il nulla e non si vede nulla in obbiettivo

* * *

2. Le goût nouveau

in fondo è veramente molto facile seguire ciò che è male
e di cattivo gusto poiché in genere la stupidità è facile
l’intelligenza e la bontà difficile i buoni sono falsi
difficile capire ciò che è bello al tempo della plastica
che copre i monumenti e i monumenti in fondo se li scorda
chi c’è davanti tutti i giorni in fondo scordate il paesaggio
perché il cemento l’ha coperto in fondo scordate anche le nuvole
perché le piogge sono inacidite come vecchie zitelle
e sono spesso sterili scordate i monumenti in fondo
quei monumenti sono noiosi tutta quella geometria
ma avete il postmoderno e il postmoderno ci va bene tutto
e col postdemoderno potete fare tutto che ci costa
ci costa solo un po’ di civiltà quel poco che rimane
della decenza a stento accumulata in secoli di sangue
perché a guardare bene d’una certa politica hanno colpa
gli amorfi che non sanno mettere in riga i contorni d’un volto
hanno bisogno di sponsor potenti che gli va bene tutto
e di tifoserie e di segnalazioni a buon mercato
e parentele e consanguineità e tutta la catena
tirata alle privadi del potere e ben inscatolata
e chiamano poi questo denuncia dell’artista ripetibile
e inscatolano merda e merda si produce dalla merda
inscatolata perché poi gli sciocchi credevano che al tempo
delle statue di marmo si vivesse nell’eden della storia
e invece le città traboccavano fogne a cielo aperto
e non era che sangue e patiboli e fuoco nei villaggi
braccia e gambe segate dai boia dei soldati di ventura
e stermini di massa e guerre di cent’anni e di trent’anni
e non è poi che intorno al Partenone si campasse da dio
anche l’effigie crisoelefantina che funge da tesoro
è fiorita fra il tifo petecchiale e le stragi di Melo
in fondo è veramente molto facile seguire ciò che è male
ed estenuare il gusto e venerare la plastica che copre
i monumenti e dura mezzo secondo in un mondo che dura
mezzo minuto il tempo di espellere la merda dell’artista
giusto il tempo che basta a premere un pulsante dentro un silo
e sì potrete dirmi meglio forse la merda inscatolata
fra le città ordinate che il Partenone fra il tifo e le stragi
si potrebbe pensare che abbia senso non fosse il controsenso
che le città ordinate e le democrazie restano figlie
del Partenone ma non so che figli possa avere nel tempo
dal declino la merda inscatolata e le città ordinate
di scuole semichiuse di ospedali che funzionano male
e di amministrazioni un po’ colluse per mafia-capitale
e capitale mafioso non sono dopotutto ordinate
come si crederebbe a prima vista e la merda rimane
inscatolata e ben confezionata e ben convenzionata
e ben convenzionale e finanziata e la merda servita
a chi e da chi lo si vede in un vecchio film della neoavanguardia
e nel suo paradigma letterario che l’uomo si consuma
e nei muffin di Ikea e nei piattini del cinese all’angolo
e per tutta l’Eurasia e l’immondizia che è isola in oceano
e nel frattempo però fra le stragi non ci cresce nemmeno
il Partenone ma solo le buone confezioni di merda
che sembra quasi non si dica d’altro né si conosca d’altro
che il rifiuto l’organico rifiuto d’ogni corpo e futuro
è facile del resto ritirarsi a meditare in cesso
e stiano i malebranche un poco in cesso che ne verranno sette
che ne verranno sètte e i settari e i serpenti e gli altri sciocchi
si appagheranno di quest’acqua reflua percolati coi fiocchi
finché da un’arte d’amorfo risorga la frusta coi suoi schiocchi

* * *

 3. Scuole

congrega delle suore fantaccine del sacro parapiglia
per insegnare nelle scuole pie si deve essere pii
ma per gestirle tante scuole pie si deve essere spie
del tempo del degrado e della crisi e delle sue gramaglie
per vasto piglia-piglia ci trovi pie suorine fantaccine
in via dell’evangelo pascalino del sangiovanni bleso
dove la vecchia musica si intona al nuovo contratto capestro
ut queant laxis resonare fibris ti pagheremo ex libris
libri truccati ai conti mira gestorum famuli tuorum
a un quarto della busta solve polluti labii reatum
sancte johannes pagarli è reato pagarli troppo quanto
serve a mangiare pagare bollette riempire mezzecalze
di befane che è poi quello che siamo suorine fantaccine
è più importante pro sanctus johannes e lascio stare i santi
e tasso sempre i fanti e le fantesche e poi le maestrine
quelle da malpagare maltrattare quelle da malpalpare
quelle da licenziare da tagliare di cattedra e lavagna
che vengono da noi e le paghiamo poco o meglio niente
che insegniamo da sempre la carità cristiana da schiodare
cristi e madonne per le blasfemie del sacro parapiglia
della sacra famiglia beata me che poi chi mi si piglia
beata te maestrina che ci servi da serva e non ti piglia
lo Stato ademocratico che noi l’abbiamo ademocratizzato
noi suore fantaccini e noi papi e papini e padri e madri
e sorelle e la grande famiglia che noi siamo di cristiana
immanità congrega delle sacre di paese le sagre
del Paese dei furbi e delle suore è questo il compromesso
il compromesso storico che serve a darvi l’ignoranza
la beata ignoranza dei beati l’ignoranza che è forza
che regna il bispensiero ma non era però da comunisti
questo lavoro ma da banche e banchi dell’università
e della chiesa e delle fantaccine e delle società
nostre inegualitarie e per deprivazioni identitarie
e delle loro scuole e scolette private o paritarie
che sempre venne quello papa sancto nel sacro parlamento
parlamentò di parità di scuola universis plaudentibus
universis gaudentibus
trovata la formula che forma
la formazione deforme e conforme degli informi ignoranti
manipolati per informazione la disinformazione
pura e semplice è roba da totalitarietti dilettanti
da siparietti e guitti recitanti con la feluca in capo
e lo sanno le suore fantaccine del sacro parapiglia
che ti pagano a un quarto della paga le caste maestrine
con la cintura di metallo stretta sotto il tailleur dimesso
perché non accettiamo conviventi o coppie non conformi
alla cristiana immanità di nostra empia inumana chiesa
perché serviamo dio danaro e nostra signora delle paghe
ridotte a un quarto per nostro imponibile e rivediamo i conti
in nero come l’abito delle nostre suorine fantaccine
mandiamo avanti il sacro parapiglia con le nostre bugie
con le nostre asofie coi nostri conti santamente truccati
moltiplichiamo sempre i pani e i pesci però le paghe a un quarto
perché siamo cattolici sapete si prega e si lavora
si prega e si lavora il lavoro è preghiera e non vorrete
essere poi pagati per pregare i poveri dovranno
fare ai ricchi elemosine infinite per tante iniziative
caritative e non caritative è questo il compromesso
il compromesso isterico che serve a darvi la speranza
e a toglierla di nuovo da mihi animas cetera tolle
cetera tolle tolle
lo stipendio ma adde il vilipendio
arte che non si vende è vilipesa non ne franca la spesa
e le nostre suorine fantaccine del sacro parapiglia
di spese ne hanno tante s’ha da allestire il presepe morente
del dio morente che non è già morto e non sarà risorto
perché gli dèi non muoiono per chiodi e croce non per fuoco e ferro
ipocrisia ci serve per uccidere un dio come si deve
e falsità e tortura per uccidere un dio come si vede
nella storia infinita finita a volontà di Fukuyama
che non abbiamo letto noi suore fantaccine non leggiamo
altro che il libro truccato dei conti e te lo ritrucchiamo
non potendo truccarci noialtre per il voto d’umiltà
d’umiliazione che infliggiamo ad altri umiliando noi stesse
nell’umiliare quelle maestrine le caste maestrine
che volevano streghe tizzoncine da roghi avere paghe
per lavorare chiedere una paga per chi lavora-prega
è contra ecclesiam pravitate eretica da tizzoni da rogo
perché pregare è lavoro e il lavoro è preghiera è la regola
della congrega delle fantaccine del sacro piglia-piglia
e non credete che per la faccenda del papa di facciata
che ci ridona orgoglio e bergoglio la messa sia cantata
in altra nota che non sia la vecchia infine lo spettacolo
è lo stesso non cambiano i contorni l’abuso di miracolo
è da sempre lo stesso e non ci cambia soluzione al contorno
e perfino ripeterlo è banale è banale ridirlo
è banale riscriverlo le nenie dei vecchi mangiapreti
è materia banale la salmodia dell’anticlericale
anticlerico errante non è al passo coi tempi e coi post-tempi
perché avete imparato a credere di credere e a pensare
di pensare però nessuno pensa che poi le maestrine
licenziate ti sporgono denuncia che hanno la pretesa
di farsi parte civile in contesa per causa di lavoro
come se poi il lavoro fosse ancora compreso in questa causa
inefficiente dell’economia ma noi siamo cattolici
e non paghiamo che a un quarto di paga o meglio ancora niente
e mandiamo finite locazioni la notte di natale
così vedrete le sacre famiglie aggirarsi per strada
perché l’affitto si paga è la legge della nostra congrega
di preti fantaccini di suore fantaccine e il piglia piglia
angele stelle gemme del carmelo madonnine infilzate
non da quel che vorrebbero resta l’affare del pregalavoro
ché arte non si paga e non si vende però si vilipende
sono tutti cattolici e dio ce l’ha mandata questa piaga
con altre due d’oriente e non d’Egitto il sabato non paga
e non paga domenica né il venerdì ma la piaga ci resta
col suo pregalavoro e ricorda santifica la festa
santifica il bonifico per noi e tieniti la paga
ridotta a un quarto o vattene questo passa il convento e questo vento
tira da queste parti in questo tempo che ti rubano il tempo
e non rendono indietro il contrappeso ma solo il contrattempo
dio del tempo è padrone e per ciascuno ti ripaga cento
ma noi l’amministriamo quel che paga noi suore fantaccine
e preti fantaccini del sacro parapiglia essere pii
costa fatica e certo la fatica dovrà pagarsi a modo
in via dell’evangelo pascalino del sangiovanni bleso
ut queant laxis resonare fibris ti pagheremo ex libris
libri truccati ai conti mira gestorum famuli tuorum
a un quarto della busta solve polluti labii reatum
sancte johannes ci cambiano i tempi la musica è la stessa
di quando si era pie da inquisizione da quando si era spie
per gli sgherri di Spagna o di Lamagna per boia o per tenaglie
in laude del mistero gaudioso della fiamma e del capestro

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3 Commenti

  1. La mia opinione? Non male, vero, ma manca coraggio e le opinioni sulle opinioni finiscono ad essere una poesia vuota. A tratti può ricordare qualche passaggio di Ginsberg, vero anche questo, anche se qui la struttura ritmica porta all’enfisema polmonare. E se leggi le poesie di Ginsberg troverai sempre alcuni versi coraggiosi veramente e qui, mi dispiace, non ce ne sono.

  2. Ad un certo punto della lettura mi ha preso la vertigine
    e come su una montagna alta alta mi è venuto un capogiro da iperventilazione
    poi lasciandomi andare son arrivata all’ultimo capoverso.
    Grazie per l’esperienza unica e irripetibile.

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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