Renzi, Lucia e la buona scuola

di Giorgio Mascitelli

 

 

Si sa che Matteo Renzi è molto abile nelle battute e anche nel caso della sua uscita sull’insegnamento dei Promessi Sposi che andrebbe vietato per legge si è mantenuto all’altezza della sua fama. Boutade perfettamente calcolata, anche nell’usare un’affermazione scherzosa di Umberto Eco fatta in un contesto diverso, ha il pregio di avere un sapore maledettamente antiestablishment colpendo un padre della patria senza dare fastidio a nessuno. E’ noto che ormai i padri non ci sono più ( questo l’ha detto lo stesso Renzi in un altro discorso) e quanto alla patria è chiaro come il sole che i soldi si fanno altrove. E poi a quale studente italiano non sta sulle scatole il romanzo di Manzoni?

Prendiamo a esempio quell’insopportabile Lucia perfettina e santarellina, un’autentica figa di legno si direbbe oggi nella città che dette i natali all’illustre scrittore: chi in tutta coscienza può dire di averla in simpatia? Lo stesso Manzoni aveva previsto che la sua protagonista non avrebbe destato i favori del pubblico e  provvide a mettere in bocca a un personaggio del romanzo tutte le nostre perplessità. ’Madonnina infilzata’ la definisce Perpetua, che è una metafora pudica del fiorentino ottocentesco, il cui significato è molto simile a quello della più sboccata metonimia milanese del XXI secolo. Ma tutto questo a Manzoni non servirà a molto: ormai per lui sono definitivamente tramontati i tempi in cui campeggiava sereno sulla banconota da centomila lire.

In realtà non si può seriamente pensare che il presidente del consiglio abbia detto una cosa del genere solo per il gusto di impressionare i borghesi o di farsi notare. La sua dichiarazione segue una serie di prese di posizione di altri esponenti politici ( Tremonti, Monti, Profumo), economisti, commentatori preoccupati per il nostro futuro e sopracciò vari del neoliberismo nazionale e internazionale contro l’inutilità della cultura umanistica. Non si tratta soltanto di un riflesso di fastidio per tutto ciò che non crea, o non sembra creare, profitti, ma la polemica antiumanistica è consustanziale alla politica pedagogica del neoliberismo verso la popolazione, in particolare  quella in età scolare. Visto che il progetto di preparare le persone alle esigenze del mercato si concretizza in “un’interiorizzazione delle norme di prestazione, in autosorveglianza costante per uniformarsi agli indicatori” ( Dordot-Laval La nuova ragione del mondo) e nello sviluppo fin dall’infanzia di quello spirito di competitività, che evidentemente non è così innato, è ovvio che ci sia una naturale diffidenza, se non ostilità, nei confronti di qualsiasi idea della vita altra rispetto al mercato come quelle veicolate dalle discipline umanistiche ( e anche da quelle scientifiche, se è per questo, quando queste educano a un comprensione critica della realtà e alla curiosità intellettuale). E’ chiaro altresì che nella scuola in particolare le idee sulla vita elaborate dalla tradizione culturale occidentale contrastano con l’instaurazione di quello specifico microclima ideologico che è necessario per inculcare quei tre valori o norme morali utili alla creazione di una cultura di mercato che ho elencato sopra.

A questo discorso neoliberista comune a tutto l’occidente si aggiunge l’invito specifico delle classi dirigenti italiane alla descolarizzazione e alla rivalutazione del lavoro manuale in considerazione del fatto che siamo un paese perdente nella guerra della globalizzazione: pertanto la maggior parte dei posti di lavoro che si troveranno in futuro sarà a bassa qualifica ed è considerato poco conveniente spendere molti soldi per la preparazione di gente che finirà all’estero.  E l’elementare idea che un accrescimento del livello culturale può portare benefici, magari non prevedibili, anche a livello economico è perfettamente estranea a menti  convinte che gli swap servano all’umanità e Manzoni no.

Proprio l’OCSE il 9 febbraio scorso nel suo rapporto sulla spinta alla crescita ( Going to Growth) raccomandava all’Italia di compiere le seguenti riforme dell’istruzione: istituire un sistema di valutazione degli insegnanti, sviluppare un sistema di istruzione professionale post diploma di secondaria, aumentare le tasse universitarie e creare un sistema di prestiti d’onore per gli studenti universitari. Si tratta di un progetto di educazione, contenuto in queste raccomandazioni, che tende a creare una scuola articolata intorno a un principio d’autorità nella formazione degli studenti, che rende difficile l’accesso all’università per le fasce più povere della popolazione e che immette sul mercato del lavoro qualificato manodopera facilmente ricattabile perché indebitata prima ancora di iniziare a lavorare.

Le raccomandazioni dell’OCSE non sono naturalmente semplici consigli disinteressati, ma al contrario sono indicazioni da recepire per tutti quei governi che vogliono riscuotere la fiducia dei mercati, come si suole dire oggi, oppure, se si preferisce usare le parole del Conte zio quando chiede al padre provinciale dei cappuccini il trasferimento di fra Cristoforo per aver osato ostacolare suo nipote don Rodrigo, sono gli amichevoli consigli di un’organizzazione che gode di attinenze cospicue nel mondo dei mercati finanziari.  Del resto la prima di queste raccomandazioni  è già stata recepita dalla Buona  Scuola renziana.

Quanto alla Buona Scuola, è una riforma ( a quanto pare è una riforma, nel senso che in autunno era stato detto che non si trattava di una riforma, evidentemente con l’avvicinarsi della primavera lo è diventata) concepita in un quadro economico di diminuzione delle risorse  pubbliche, in un quadro ideologico di aperta ostilità da parte delle élite nei confronti della cultura soprattutto per il suo valore critico ed emancipatorio e sotto la pressione di potenti organizzazioni internazionali che vogliono limitare l’accesso all’istruzione e subordinarla alle esigenze di un mercato del lavoro dal respiro breve, entro un progetto generale di riduzione di ogni aspetto della vita al mercato.

A questo proposito Matteo Renzi ha dichiarato, più o meno, che la Buona Scuola è una riforma importantissima perché definirà l’istruzione almeno per i prossimi cinquant’anni. A mio avviso, il presidente del consiglio ha peccato per eccesso di modestia: con premesse del genere c’è il caso che riesca a sistemarla per sempre.

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Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
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