El cussìn

di Fabio Franzin

                                                                                                                        Per Francesco Sgroi, con pietà
Quel che l’é ‘ndat in tilt tea tó testa
te chea stanza da lèt del condominio
Ater, ‘na dómenega sera de caldo
infernàe, te ‘ò sa sol che tì, caro Sgroi,
o forse no te ‘o capirà mai. Ma mì so
che quel che i ‘à scrit i giornài: omicida,
‘ssassìn, sora ‘e foto de tì e dea tó pòra
mare, no’ le ‘é ‘e paròe juste, nianca una,
e soratut manchéa l’unica che podhéa
provàr a ‘vizhinàrse un fià aa verità.
Mostro, caomai, l’é ‘sto tenpo rùdhene
e senza cuor, ‘sta epoca poca, viliàca.

So che co’ se incepéa ‘na machina, là
in fabrica, se provéa a resetarla, strucàr
calche botón e po’, se pròpio no’a partìa
pì, ciamàr el mecanico, l’eletricista.

Ma co’ se incepén noàntri, co’ va
in corto ‘a nostra vita, el nostro zhervèl,
sen ‘assàdhi là da soi, roti, no’é nissùn
che slonghe ‘na man, juste el difèto.

Che arma pòsseo mai èsser un cussìn?
Quel che mì bute in banda al let, durante
‘a not parché el me dà fastidio, stonf
de sudhór e romài cussì vòdho de sogni.

Chissà quante sere che te ghe ‘ò ‘à
sistemà sot’a testa ‘a tó mare, chel
cussìn, co’na carezha lenta tii cavéi
e un “bonanote” de amór, co’e paròe
savéa da pase, e no’e fea cussì mal
(‘e stesse crede che me ‘à tocà ‘scoltàr
anca mì par mesi, da mì stesso, da mé
fémena, finquando, dopo tante porte
seràdhe, ghi n’ò catà una de vèrta).

‘Stavolta te ghe ‘o ‘à sistemà parsora,
come par dighe “basta, dai, tasi su,
che no’ le soporte pì ‘ste colpe che no’ò,
capissìtu? che son sol ‘na machina guasta”.

Tut qua. No’é altro da dir. Se no’a
paròea che l‘é mancà tii giornài: “Pietà”.

 

Francesco Sgroi, mite amico ai tempi della mia militanza nella Filca Cisl, è un operaio di 59 anni, in mobilità da due, che nella torrida serata del 7 giugno 2015, sembra a causa dell’ennesimo litigio per motivi economici, ha soffocato con un cuscino l’anziana madre che accudiva da anni.

Il cuscino

La causa che ha mandato in tilt la tua testa / in quella camera da letto bollente del condominio / Ater, una domenica sera torrida, / la sai solo tu, caro Sgroi, / o forse non la saprai mai. Ma io so /  che ciò che hanno scritto i giornali: omicida, / assassino, sopra i volti di te e della tua povera / madre, non sono le parole più appropriate, neanche una, / e soprattutto mancava l’unica che poteva / in qualche modo definire la realtà. / Mostro, casomai, è questo tempo corroso / e senza cuore, quest’epoca poca, vigliacca. // So che quando si inceppava un macchinario, là / in fabbrica, provavamo a resettarlo, premere / qualche pulsante e poi, se proprio non ripartiva, / chiamare il meccanico, l’elettrotecnico. //  Ma quando ci inceppiamo noi, quando va / in cortocircuito il nostro cervello, / siamo abbandonati da tutti, nessuno / che allunghi una mano, aggiusti il difetto. //  Quale arma può mai essere un cuscino? / Quello che io butto accanto al letto, durante / la notte perché mi da fastidio, zuppo / di sudore e ormai così vuoto di sogni. // Chissà quante sere glielo hai / sistemato sotto la testa a tua madre, / con una carezza lenta nei capelli / e una “buonanotte” d’amore, quando le parole /  sapevano di pace, e non facevano così male / (le stesse credo che ho dovuto subire / anch’io per mesi da me stesso, da mia / moglie, sino a quando, dopo tante porte chiuse, / ne ho trovata finalmente una di aperta). // Stavolta glielo hai sistemato sopra, / come per sussurrargli “basta, dai, stai zitta, / che non le sopporto più queste colpe che non ho, / capisci? Che sono solo una macchina guasta”. // Tutto qua.  Non c’è altro da aggiungere. Se non la / parola che è mancata nei giornali: “Pietà”.   

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

La regina del fuoco

di Maria Gaia Belli
Molto molto tempo fa, quando il cielo era più alto della dorsale, la bambina Pauni viveva in un villaggio sulla montagna. Suo padre cacciava nei boschi per la lunga estate, portava a casa carne e pellicce in abbondanza.

Pietre da taglio

di Anna Franceschini
Il quartiere si dipana in cortili interni portoni d’entrata   numeri civici i fili da stendere senza fiducia corde antiche che non servono a nulla Con le amiche ci si nascondeva si andava un po’ fuori di casa erano deserti di persone Avevo un’amica senza colpa   e senza casa

La società degli uomini barbagianni

di Emanuele Kraushaar
Io sono A. Una volta ho chiesto a mia madre perché mi avesse chiamato così. Non ha detto niente ed è scoppiata a ridere. Ricordo la sua bocca che si apriva e i suoi denti bianchissimi.

Il Mondo è Queer. Festival dei Diritti

Il Mondo è bizzarro, imprevedibile, queer. Le sue stranezze ne costituiscono la ricchezza. Con queste iniziative vogliamo tenere vivo il dialogo sull’idea di persona, collettività e famiglia planetaria, promuovendo attenzione e consapevolezza verso questioni di genere, fragilità invisibili e il nostro rapporto con il pianeta in un momento critico degli equilibri conosciuti.

Morire, un anno dopo

di Rebecca Molea
Mi sono chiesta a lungo cosa sarebbe successo: come avrei reagito alla notizia – piangendo? con sollievo? –, come sarebbe stato il dopo – un senso di solitudine perpetua o, a un certo punto, un’abitudine? – e, sopra ogni altra cosa, che significato avrebbe avuto, per me, per noi, per tutti, la morte.

Reincarnazioni

Spalancò la porta di metallo sbatacchiandola senza riguardo; la lucetta della sauna che aureolava Samstag sembrava accecante vista dal fondo del corridoio angusto e buio; lo chiamano effetto Brocken: così che appena emerso dalla nuvola di vapore,
francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Sono nata nel 1975. Curo laboratori di tarocchi intuitivi e poesia e racconto fiabe. Fra i miei libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Acquabuia (Aragno 2014). Ho pubblicato un romanzo, Tutti gli altri (Tunué, 2014). Come ricercatrice in storia ho pubblicato questi libri: Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014) e, con il professor Owen Davies, Executing Magic in the Modern Era: Criminal Bodies and the Gallows in Popular Medicine (Palgrave, 2017). I miei ultimi libri sono il saggio Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (effequ, 2019), il testo di poesia Libro di Hor con immagini di Ginevra Ballati (Vydia, 2019), e un mio saggio nel libro La scommessa psichedelica (Quodlibet 2020) a cura di Federico di Vita. Il mio ripostiglio si trova qui: http://orso-polare.blogspot.com/
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: