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Panorama Pincio

11037558_1611893982393343_2097850822137142316_ndi Francesca Fiorletta

“La vita non cerca veramente il nuovo, il diverso, l’inaspettato. Tende alla somiglianza, cerca ciò che può riconoscere, che ha già visto sentito annusato, cerca il ritorno, cerca uno specchio.”

Cerca un Panorama, probabilmente, come quello di Tommaso Pincio, appena edito da NN Editore.
Panorama è un social network, con regole di accesso e permanenza assai stringenti e precise, che lo fanno assomigliare preoccupantemente al famoso Panopticon, la prigione sempre illuminata ideata dal filosofo e giurista Jeremy Bentham alla fine del 1700, in cui gli osservati speciali avrebbero finito per diventare essi stessi gli osservatori, e ciascuno, prima di tutto, sorvegliante attentissimo della propria cella.

Certo, lì si trattava di detenuti, ma è pur vero che gli utenti di questa moderna piattaforma digitale, in effetti, non sembrano esattamente da meno. C’è perfino una telecamera orwelliana, a peggiorare la situazione, perennemente accesa, 24 ore su 24, pena l’allontanamento forzato dal Panorama, e a ben vedere, poi, da tutto il mondo del web.

Vedere, ecco un verbo importante per il nostro protagonista, Ottavio Tondi, un lettore accanito, che dopo un brusco incidente non riesce più a leggere niente, soffre di una specie di rigetto per la parola scritta, gli viene la nausea, tutto ciò che riesce a fare, in sostanza, è vedere, guardare senza concentrarsi, osservare senza essere visto, spiare senza concedersi, sbirciare senza mai trovare il coraggio – o darsi la pena – di approfondire alcunché.

Alcunché, certo, fatta eccezione per Ligeia Tissot, la giovane donna che potrebbe essere sua figlia, la ragazza misteriosa il cui nome non può non evocare i racconti di Edgard Allan Poe, l’unica creatura che sembra condividere con Ottavio una vera passione per la letteratura, in un mondo in cui ormai i libri sembrano quasi banditi, sbeffeggiati, un oltraggio da tenere tutt’al più celato. Celato, proprio come Ligeia Tissot.
I due infatti s’incontrano, per così dire, comunicano, proprio e solo su Panorama, in un intenso carteggio “amoroso” che durerà 4 anni, e di cui l’intero libro vorrebbe essere nient’altro che una minuziosa e accurata prefazione.

Prefazione che, però, dice davvero moltissimo. Parla delle contraddizioni e delle civetterie e delle crudeltà e dell’enorme e diffuso disagio in cui versa tutta la società letteraria contemporanea (prego: sostituire “letteraria” con altri differenti settori, il prodotto non cambierà); parla della solitudine di un uomo, e quindi in generale dell’uomo di oggi, che non sa ancora sconfiggere i demoni familiari, le ansie giovanili, che non è in grado o non vuole convivere con le insicurezze quotidiane, che cerca un eremo, non importa che siano i libri o la droga o il social network, purché servano a rifuggire il più possibile il contatto umano, la presa viva sulle cose e le persone terrene, purché sappiano ricacciare indietro la tragica paura di un futuro insoddisfacente e, in sintesi, possano provare a stigmatizzare l’agonia della morte.

Forse proprio il contatto è ciò che Ottavio teme maggiormente, tant’è che persino gli atti d’amore, gli unici di cui abbiamo notizia nel libro, con una prostituta delle più banali, per giunta, Maddalena, che lui esalta invece quasi a rango di creatura mistica, una madonna corvina, un’ideale di compagna di vita, ebbene, anche quei pochi atti sessuali si consumano quasi tutti leggendo senza sosta, ad alta voce o in silenzio, comunque sempre con un libro in mano. Pena l’estinguersi del rapporto.

Proprio la bulimia insaziabile delle parole, ancora, lo porterà a produrre probabilmente la sua opera letteraria maggiore, se così si può dire, se non l’unica: un quadernetto “privato” di appunti, una lista fitta fitta di citazioni colte, riportate sulla pagina (e poi quindi sul web, come vuole la netiquette!) senza ulteriori indicazioni, non c’è l’autore, non c’è il titolo del testo da cui sono tratte, restano solo i numeri, l’elenco asfittico del nostro Tondi, le sue Memorie delle cose lette prima di dire m’addormento.

Ecco, forse, l’unico suo vero, realmente intimo, tentativo di contatto col mondo. Del resto, già detto, Ottavio è fondamentalmente una persona sola, non ha mai nemmeno provato ad incontrare la sua donna virtuale, che pure era così convinto d’amare; non ha amici e non ha mai avuto voglia di averne, fatta eccezione per Mario Esquilino, l’uomo che più lo detesta al mondo, che pure è costretto in qualche modo a frequentare, e che, sostanzialmente, dice lui, “gli rovinerà la vita”.
Ma sarà poi davvero così?

Tommaso Pincio costruisce un ottimo incastro fra realtà e finzione, inserisce nella narrazione, così fluida da sembrare quasi senza tempo, nomi noti e personaggi reali del nostro “panorama” letterario odierno, da Andrea Cortellessa a Francesco Pecoraro, attiva degli account Facebook per i suoi protagonisti e gioca, ammiccando, sulle identità celate di autori/autrici dei bestseller del momento.
Ma soprattutto, non manca di darci uno sguardo sferzante e ironico sul mondo di oggi, sulle paure e le fragilità che attanagliano noi tutti, e con cui noi tutti, prima o poi, siamo costretti a fare i conti.

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