I gatti del professore

di Davide Orecchio

gatto– Credo ne abbia avuti a decine, e di razze diverse.

– È vero. Certosini, soriani, birmani, meticci, bastardi. Ho perso il conto. Ricordi la gatta grigia e nera che, quando lui l’accarezzava, faceva le puzze?

– Pensavo proprio a lei. Il professore avrà avuto trent’anni.

– Non più di trenta.

– Rincasava nel bilocale di Ponte Milvio.

– Acqua Acetosa.

– Sì. La prima moglie era ancora in casa editrice. Lui posava la cartella, sedeva in poltrona ed ecco la gatta!

– Subito sulle sue gambe. Ad accucciarsi, a prendere carezze. Chiudeva gli occhi. Inarcava il dorso. Ma non faceva le fusa. Non ronfava.

– No. Una sfilza di peti.

– Però silenziosi. Il professore sentiva la puzza e scoppiava a ridere. Non l’ha mai scordata.

– Quella gatta? Impossibile dimenticarla. Poi ce ne fu una che sparì. Era rossa. Andava per strada. Scappava dalla finestra di un appartamento al pianoterra. Un ex portineria, nei primi anni tristi del professore.

– Quando divorziò?

– Sì. E si teneva compagnia con quella gatta troppo bella per andare per strada.

– Una Rita Hayworth.

– Una roscia. La mattina lo svegliava graffiandogli i piedi. Lo fissava senza pudore. Un giorno uscì e non è più tornata.

– L’hanno presa. Succede alle gatte belle.

gatto

– Ricordi la gattina tigrata che morì a un mese d’età?

– Purtroppo sì. Cadde dalla finestra.

– Ti confondi. Ebbe un’occlusione intestinale. Una domenica mattina il professore la trovò fredda, sdraiata per terra tra la cuccia e la lettiera che aveva provato a raggiungere per fare la cacca. Allora il professore, per distrarsi, andò a Porta Portese, ma pensava alla gattina e piangeva.

– Adesso ricordo. Quando il professore s’addormentava sul divano, la gattina, durante le sue poche settimane di vita, pensava che fosse morto e piangeva anche lei, gli saliva sulle spalle, gli miagolava sul collo.

– Ci fu un’altra gatta che saltava due metri in alto verso il sonaglio.

– Sì, una gatta miracolosa. E ci fu un gatto che in pochi secondi s’arrampicava sul corpo del professore, dai polpacci ai fianchi alla nuca, graffio dopo graffio. E ci fu una gatta che dormiva sul cornicione con l’astuzia strafottente della coda.

– Mi presti la tua coda?

– Mi presti i tuoi baffi?

– Mi presti il tuo sonno sotto al termosifone e l’abilità di leccarti?

– Ah ah ah!

– Ah ah ah!

– Un gatto, piuttosto longevo, morì di un tumore a diciott’anni d’età. Negli ultimi giorni ogni suo passo, zoppìa, sofferenza verso il cibo non mangiato, verso l’acqua non bevuta, verso la lettiera non adoperata era un messaggio per il professore: “Adesso basta, che dici?”.

– Il tumore gli era venuto alla spalla, ricordo, e non gli consentiva di camminare. Iniziò a miagolare diversamente. Miagolava lamenti. Era lui il gatto selvaggio?

– No, adesso sei tu che ti confondi. La gatta selvaggia, una femmina, è degli anni Settanta, quando il professore viveva con la seconda moglie in una casa con un terrazzo grande a viale dei Quattro Venti, dove la gatta stava tra il rosmarino e il basilico, mentre il bambù cresceva sbilenco, e l’edera resisteva, mentre il rincospermo aveva la forza del verde coriaceo e la fotinia si muoveva col vento, l’alloro era il soprammobile di sempre, il gelsomino era il fesso di sempre, arrampicatore senza costrutto, e quattro lucertole abitavano i vasi.

– Quattro lucertole e una gatta?

– Durò per poco. Ci fu una guerra, un gioco al quale i rettili non sopravvissero. Del resto la gatta selvaggia era la regina del terrazzo. Non consentiva a nessuno di avvicinarsi. Accettava solo il professore, che amava. La moglie provò ad accarezzarla e le graffiò un occhio, le spremette sangue dalla palpebra, poteva accecarla. Ma dal professore prendeva carezze. Tra i due c’era rispetto, una distanza vicina, in silenzio. L’altra gatta, quella degli anni Ottanta, te la ricordi?

– Temo di no.

Gatti

– Mise al mondo quattro figli e non li allattò.

– Erano malati?

– Il professore trovò un cucciolo morto dietro la vasca, un altro nell’ombra del water, un altro in cucina, un altro in soggiorno. Li gettava nella spazzatura e guardava la gatta: cosa fai? Come puoi? Tre mesi dopo era di nuovo incinta. Scopava, figliava, uccideva.

– Quando il professore era giovane, i gatti esistevano per dieci anni e poi morivano. Quando invecchiò, i gatti iniziarono a vivere fino a vent’anni.

– Luminosi e odorosi. Pensi che il professore abbia nostalgia dei suoi gatti?

(immagini tratte da www.pixabay.com)

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Discorso di Capo Orso Scalciante

a cura di Silvano Panella
La terra sta invecchiando. La renderò nuova per voi, per voi e per i fantasmi dei vostri padri, delle vostre madri, dei vostri fratelli, dei vostri cugini, delle vostre mogli. Lo farò per tutti quelli che accoglieranno le mie parole

«La fortuna del Greco», storia di un italiano

di Antonella Falco
Antonio il Greco è un sopravvissuto, impastato di tenacia, fatalismo e dignità. Deve il suo soprannome alla somiglianza con uno dei due Bronzi di Riace, «quello con un occhio solo, il vecchio guerriero»

Il maiale Kras

di Giorgio Kralkowski
Le urla si sono quasi dissolte sopra le tegole del casale e al fumo dei camini, si sono infilate tra l’erba alta e hanno forse raggiunto gli uomini nei campi più lontani, appena prima delle acque del fiume, che inghiottono le voci di chi vi parla appena accanto. Adesso al loro posto i fruscii del lavoro, i rumori umidi delle mani e della carne, il tremare del metallo dei coltelli

Note di lettura a «Invernale»

di Valentina Durante
Un figlio racconta gli ultimi anni di vita del padre, macellaio di Porta Palazzo, Torino, a partire da una malattia susseguente a un infortunio sul lavoro. Lo si potrebbe riassumere tutto qui il breve ma intenso romanzo di Dario Voltolini

Riesci a vedere la luce in questa immagine

di Lorenzo Tomasoni
Mentre fotografava una prugna spiaccicata sul pavimento di linoleum di casa sua, durante una sessione di fotografia nei primi giorni di aprile, Colin McRooe fu colto dalla feroce intuizione che non ci sarebbero mai stati criteri oggettivi o inquadrature luminose artificiali che avrebbero potuto inchiodarla per sempre alla realtà

“Quando nulla avrà più importanza”, la fine mondo raccontata da Alessia Principe

di Antonella Falco
È un romanzo breve, o, se preferite, un racconto lungo di genere distopico che ruota interamente intorno alla figura della sua protagonista, Caterina
davide orecchio
davide orecchio
Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012). Provo a leggere i testi inviati, e se mi piacciono li pubblico, ma non sono in grado di rispondere a tutti. Perciò, mi raccomando, non offendetevi. Del resto il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e assolutamente non professionale. d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com Questo è il mio sito.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: