THE HATEFUL EIGHT Quentin perché hai tagliato la parte di CEASER The CAT?

snowy
 
di Orsola Puecher

Uno SNOWY DAY fra le montagne del Wyoming. La musica di Ennio Morricone, angosciosa, inquieta, che pulsa nel gelo. Violini stridenti, un flusso di fagotti bassi e cupi. Un clima sempre incerto e sospeso.

“Tarantino non mi ha dato alcuna indicazione specifica su cosa volesse – dice Morricone – Mi ha solo menzionato l’importanza della neve.”

Una lunga seguenza iniziale dedicata alla statua di un Cristo in croce, affine alle icone russe di Andrej Rublëv di Tarkovskij, solitario nel bianco, con un enorme carico di neve, sulle spalle, sulla testa, grave come il peso della vendetta occhio per occhio dente per dente, senza appello e perdono, che attraversa tutto il film.

crocefisso

PRIMO PIANO SERGIO LEONE
VOLTO DI GESU’
Un primo piano estremo di un VOLTO DI LEGNO INTAGLIATO DI GESU’
Si parte sul volto di Gesù e LENTAMENTE SI ZUMMA VIA… per rivelare una statua molto antica. E’ un Gesù di legno intagliato su UNA CROCE DI PIETRA SCOLPITA conficcata nella neve. La statua sembra che sia lì da centinaia di anni prima dei padri pellegrini. E’ come se i Vichinghi fossero saliti su una montagna in Wyoming, avessero scolpito una croce da una pietra, intagliato una figura del salvatore da un tronco, l’avessero piantata nella neve, e poi avessero ripreso il mare verso la Norvegia. L’estetica della statua rivela un’origine slava. La figura di Gesù con il suo corpo magro, spigoloso, assomiglia più a una crocifissione di Ivan il terribile di Eisenstein, che al salvatore hippy del cattolicesimo.
Ma la cosa principale che il pubblicò noterà, è che si è formato un intero blocco di neve sulla sezione trasversale della croce. Come due pile di neve. Una posizionata sulla cima della croce. E l’altra posizionata sulla cima della testa di Gesù. 1



 

VENDETTA
Né muore Vendetta, se pure dorme un poco,
perché nell’inquietudine si finge la quiete.
E il sonnecchiare è una comune astuzia del mondo.
2
Thomas Kid Spanish tragedy [1582-1592]
Act III Scene XV

 
JODY DOMERGUE
La regola del gioco qui è la pazienza… 3
Q. Tarantino The Hateful Eight [2015]
Act V I quattro passeggeri

 

tarant 1

globe

tarant 2

 

O.B. l'Innocente
O.B. l’Innocente
Quattro personaggi di un ottetto fatale, gli hateful eight, ognuno a suo modo pieno d’odio e, forse per questo davvero odioso, per due lunghi capitoli, nel paesaggio algido e nevoso del Wyoming, sono inseguiti da una maledetta tempesta di neve che gli sta attaccata al culo da 3 ore. Sono in viaggio sulla diligenza guidata da O.B, personaggio simpatico, affidabile, senza odio alcuno, esentato, ma ancora per poco, dal destino inevitabile dell’ottetto. Alla fine raggiungeranno gli altri quattro personaggi, anch’essi odiosi e pieni di odio per motivi intrinsechi, o concatenti a quelli dei primi quattro, e arriveranno così al palcoscenico elettivo dello spettacolo teatrale di cui tutti sono protagonisti, la Merceria di Minnie.

Minnie

La Merceria di Minnie è un sacco di cose ma la sola cosa che non era, era una merceria. 4

Si entra in scena solo da La Comune, in gergo teatrale l’entrata sul fondale dal centro del palcoscenico. La Comune qui è una vecchia porta con la serratura rotta, inchiodata da due pezzi di legno, che ad ogni ingresso vanno schiodati a calci e poi inchiodati di nuovo, perché il vento del blizzard, la tempesta di neve, finalmente arrivata, non la riapra. Sì è o chiusi dentro o chiusi fuori. Chiusi sempre e comunque.
Il luogo è reso palcoscenico dalla riprese in 70mm SUPER CINEMASCOPE FRAME di ⇨ THE OLD GLORIOUS PANAVISION, che rende l’inquadratura larga e teatrale, con i personaggi sempre presenti contemporaneamente nel campo lungo nei vari punti della scena, bar, cucina, camino, letti, tavoli e tavolini vari, pianoforte, sempre visibili all’occhio di chi sta al di là della quarta parete e del sipario aperto sulle azioni.
Tutto è di legno, il pavimento, le pareti, il soffitto a capriate. Dietro le piccole finestre il bianco che, all’avvicinarsi della notte, vira al blu della luce della neve. All’interno illuminazione calda di camino, candele da ribalta, lampade a petrolio. Come nella lignea scena unica di un elisabettiano Globe Theatre qui si concentreranno gli odi, le passioni e le pazienti vendette di The Hateful Eight, l’American tragedy di Quentin Tarantino senza vincitori, saranno tutti vinti, e senza eroi, sono tutti ciascuno a suo modo dei gran bastardi, nessuno senza peccato.
 

CORO Ma perdonate, signori miei, gl’ingegni bassi e pedestri che hanno ardito portare un tanto soggetto su questo palco indegno. Può quest’arena da galli contenere i campi sterminati di Francia? o possiamo noi stipare in questa “O” di legno anche i soli cimieri che atterrirono l’aria di Agincourt? Perdonateci! e come uno sgorbio può rappresentare un milione in poco spazio, così consentite a noi, zeri di questo conto immenso, di agire sulle forze della vostra fantasia.

Enrico V
W. Shakespeare
Atto primo, Prologo
traduzione di Masolino D’Amico nell’Introduzione di
Scena e parola in Shakespeare Einaudi, 1974


 
Capitolo Uno
Ultima tappa per Red Rock
 
Capitolo Due
Figlio d’un cane
 
Capitolo Tre
La merceria di Minnie
 
Capitolo Quattro
Domergue ha un segreto
 
Capitolo cinque
I quattro passeggeri
 
Ultimo Capitolo
Uomo nero, bianco inferno

 

I cinque capitoli e finale, come i cinque atti della tragedia classica e le tre unità aristoteliche di tempo, luogo e azione quasi completamente rispettate. Purificazione catartica dello spettatore attraverso le scene violente con sangue a secchiate ed espedienti horror tanto chiaramente riconoscibili e iper realistici da essere spesso sonoramente comici. allegoriaNell’inverno del nostro scontento, in una tempesta che, come in Re Lear, nello sconvolgersi della natura mutua il caos e il disordine dei sentimenti e delle passioni dei personaggi, le pulsioni di vendetta e morte, l’incrinarsi delle gerarchie sociali, si dipana l’allegoria di un microcosmo western di deprecabili personaggi rinchiusi in uno stesso spazio per un po’ tempo, finché la loro natura non li porta ad auto distruggersi, per rappresentare in filigrana il macrocosmo della società americana con la sua violenza, la natura di una nazione costruita su una guerra continua e costante e i suoi atavici contrasti razziali, coloniali e di gender, fra legalità, profondamente venata di illegalità, e illegalità.
Non manca nulla. Ognuno può non essere ciò che sembra e allearsi con chi meno si prevede.
Una fantomatica lettera di Abramo Lincoln scritta al Maggiore Warren, che termina con la frase:

La vecchia Mary Todd mi chiama, quindi credo sia ora di andare a dormire.

commuove i cuori incalliti, per la sua domestica quiete, per quella adombrata dimessa pace casalinga, che gli inquieti protagonisti non raggiungeranno mai.
Abbiamo il Maggiore Warren della cavalleria nordista di Samuel L. Jackson, nero, degradato e cacciato perché ha massacrato 100 prigionieri bianchi, cacciatore di teste che nella consegna di catturare i ricercati vivi o morti sceglie sempre e solo la seconda opzione, il Chris Mannix di Walton Goggins, rappresentante dei Confederati razzisti e futuro sceriffo di Red Rock, il Joe Gage di Michael Madsen cowboy classico alla John Wayne, il rappresentante della Legge John Ruth di Kurt Russell, detto il Boia perchè consegna solo prigionieri vivi per un regolare processo e si gode la regolare impiccagione, abbiamo chi trasgredisce a questo Ordine nella Daisy Domergue della grandiosa Jennifer Jason Leigh, l’inglese che ha colonizzato l’America nell’Oswaldo Mobray, vero boia di professione, forse, di Tim Roth, il messicano che rappresenta la natura colonialista del nuovo stato nel senor Bob di Demián Bechir, il vecchio generale confederato Smithers di Craig Stark che ha massacrato un battaglione di soldati neri, la Minnie di Dora Gourrier che ha come insegna della sua Merceria VIETATO L’INGRESSO AI CANI E AI MESSICANI, e last but not least il fratello vendicatore di Daisy Jodi Domergue di Channing Tatum. Per non parlare di Ceaser the Cat del Gatto Soriano Rosso.

 
Il Boia e Daisy
 

boia e daisy

Il TIZIO NELLA CARROZZA è un ruvido uomo bianco del genere uomo di legge, con un dannato cappello nero e dei baffi da tricheco sul labbro superiore.
 
Questa un tempo graziosa SIGNORA BIANCA (forse prima del viaggio. o forse anni fa) indossa un vestito un tempo grazioso e un un sorriso un tempo sexy sotto un pesante cappoto invernale da uomo. La sua faccia è una collezione di tagli, lividi e graffi, Perché durante il viaggio con L’UOMO CON I BAFFI DA TRICHECO ha preso un sacco di pugni e spinte. 5


 
Maggiore Warren

maggiore Warren

L’UOMO NERO è più anziano. Un tipo astuto alla LEE VAN CLEEF, con la testa pelata, capelli grigi ai lati, baffi ben curati, alto e magro. Indossa i pantaloni blu scuro dell’uniforme della CAVALLERIA AMERICANA, con la riga gialla da un lato della gamba dei pantaloni, infilati negli stivali neri d’ordinanza da cavallo della Cavalleria. La camicia e la biancheria non sono d’ordinanza e sono indossati per comodità, stile e caldo, inclusa una lunga sciarpa di lana grigio antracite.
Ma il pesante cappotto scuro invernale è il CAPPOTTO INVERNALE DA UFFICIALE con le mostrine da ufficiale strappate via.
In cima alla pelata porta un fighissimo CAPPELLO DA COWBOY non d’ordinanza preso chissà dove dopo la guerra. 6


 
mannix

straniero

PIANO AMERICANO DELLO STRANIERO SULLA STRADA
Sta di fronte a O.B., alla carrozza e ai cavalli. Ha in mano una lanterna che il vento fa oscillare, è un uomo dall’aspetto abbastanza inaffidabile, sulla trentina con i denti marci e a dire il vero con un cappotto invernale sbrindellato.
 
Tagliando direttamente al TITOLO DEL CAPITOLO seguente, questo PIANO AMERICANO in 70 millimetri di un nuovo personaggio suggerisce che questo nuovo personaggio è un vero e proprio FIGLIO DI UN CANE.
 
La voce dello Straniero etichetta questo nuovo personaggio come uno straniero che viene dal Sud. 7


 
bob
 
Bob il messicano

E in questa spaventosa tempesta, UN UOMO con un cappottone invernale e un cappello esce dalla porta davanti di Minnie e va verso la carrozza. Solo quando si avvicina, i passeggeri all’interno scostano le tendine dei finestrini della portiera della carrozza.

UOMO
[parlando con un
accento ispanico] 8


 
joe

cowboy

JOHN RUTH
Cosa stai scrivendo amico?
 
IL TIZIO COWBOY
La sola cosa di cui sono qualificato a scrivere
 
JOHN RUTH
Che cos’è?
 
IL TIZIO COWBOY
La storia della mia vita.
 
JOHN RUTH
Stai scrivendo la storia della tua vita?
 
IL TIZIO COWBOY
Ci puoi scommettere.
 
JOHN RUTH
E io ci sono?
 
IL TIZIO COWBOY
Ci sei appena entrato. 9


 
oswaldo

oswaldo

UNO, un BIONDO UOMO INGLESE che indossa un vestito spezzato da uomo d’affari, si alza in piedi quando vede un uomo o una donna entrare nella stanza.
 
Parla con accento inglese.
 

BIONDO UOMO INGLESE
Diamine una donna
In questo bianco inferno?
(A Domergue)
Devi essere congelata, poverina. 10

 
Il Biondo Uomo Inglese è un pochino dandy. Non un grandissimo dandy, solo uno piccolino. 11


 
generale

generale

JOHN RUTH
(al Veterano)
Salve veterano

 
Il Veterano indica la mostrina del grado sulla sua uniforme. Diversamente dal Mag. Warren i gradi da ufficiale del Veterano non sono stati strappati via dall’uniforme.
 

VETERANO
Generale.
 
JOHN RUTH
(rispettosamente)
Generale.
 
VETERANO
Lei è una Iena. 12


 
E il gatto?
[finalmente è venuto il suo momento]

 
caesar the cat

Un gatto, un bel soriano rosso, nel film appare solo per brevi istanti: seduto placidamente su una botte della cucina di Minnie si guarda intorno curioso e vago, come solo i gatti sanno essere. Nella sceneggiatura originale invece ha un bel nome, CEASER The CAT, una via di mezzo tra l’augusto Cesare e chaser, l’inseguitore, e ben due scene da protagonista, che sono state brutalmente tagliate.
La prima si svolge nel seminterrato sotto le assi del pavimento, che tanta importanza ebbe in Bastardi senza Gloria e che prelude a ferali avvenimenti ad esso connessi anche in questo caso. Avrebbe avuto il compito di creare una certa attenzione alla cantina, il sottopalco si direbbe sempre in gergo teatrale, della Merceria di Minnie, non di poco conto nello sviluppo della trama. Per non parlare poi di quella sua eventuale magica apparizione nella scena finale, poco prima delle due ultime battute del film. In un ritorno della pace che per alcuni sarà presto quella eterna, spunta questo unico elemento vitale miagolante e affamato, come solo i gatti sanno essere, che avrebbe potuto aprire un piccolo, flebile, spiazzante segnale di una qualche speranza, just a bit of one, nel nero della Tragedia. Quentin perché hai tagliato la parte di CEASER The CAT? Che errore… sarebbe stato un finale strepitoso, a dir poco, e che ti sarebbe di certo valso l’Oscar.

1 caesar the cat

MINNIE
(CONTINUANDO)
Charly vai là sotto e prendi
quel topo morto. Non voglio che puzzi
tutto il locale. Portati Ceaser.

Charly prende una scopa e un GATTO SORIANO di nome CEASER. Va fino a una botola nel pavimento che porta in cantina. Mette giù il gatto sul pavimento. CEASER Il GATTO è molto eccitato. Lui lo sa cosa c’è in cantina.
Quando lasciano che Ceser cacci in cantina, è il momento più felice della vita felina di CEASER.
Charly solleva la botola nel pavimento.
Ceaser scatta come una freccia.
Sentiamo sotto le tavole del pavimento il trambusto dei topi terrorizzati che scappano e del gatto che li cattura e li uccide.
Dopo che CEASER ha attirato l’attenzione dei topi, Charly scende in cantina, afferando in fretta la scopa.
Poi sparisce nel pavimento, lo sentiamo gridare ai vermi;

CHARLY
Sloggiate Piccoli bastardi!
Figli di puttana!
Si sente la scopa menare colpi in giro. 13

2 caesar the cat

Proprio allora CEASER The CAT che doveva essere rimasto nascosto per tutto quel tempo, finalmente decide che da Minnie l’agitazione si è considerevolmente calmata, e salta sul letto, raggiungendo i due uomini.
E’ affamato e fa dei miagolìi affamati ai tizi.
Il Mag. Warren guarda il gatto.
 

MAG. WARREN
E tu da dove vieni? 14


 
 

Print Friendly, PDF & Email
NOTE
  1. dallo script della sceneggiatura originale di Quentin Tarantino: http://twcguilds.com/wp-content/uploads/2015/12/H8_SCRIPT_CleanedUp_Final1.pdf
  2. REVENGE
    Nor dies Revenge although he sleeps a while;
    for in unquiet, quietness is feign’d,
    and slumb’ring is a common wordly wile.
  3. JODY DOMERGUE
    The name of the game here is patience…
  4. ibidem
  5. ibidem
  6. ibidem
  7. ibidem
  8. ibidem
  9. ibidem
  10. ibidem
  11. ibidem
  12. ibidem
  13. ibidem
  14. ibidem

6 Commenti

  1. Siamo sicuri che si dica IL Wyoming e non LO Wyoming?

    Abbastanza.

    Cominciamo dalla prassi: «territorio del Wyoming» (Treccani) [1] e «altopiano del Wyoming» (De Agostini) [2], non *dello Wyoming né *dell’Wyoming. Allo stesso modo, in situazioni fonologiche analoghe, si dice il web (sul web, del web, nel web), non *lo web, *l’web, *sull’web, *dello web.

    La teoria dice che l’articolo «l’» si adopera di fronte a u semivocalica quando questa risulta dalla dittongazione della o in sillaba tonica aperta (l’ovo → l’uovo, l’omo → l’uomo), negli altri casi si adopera «il», come da norma di fronte a consonanti semplici. Da notare che il modello di uomo e uovo ha portato alle forme ipercorrette «l’whisky» e «l’uadi».

    Le forme *lo uadi, *lo wyoming, *lo whisky non trovano riscontri significativi nella prassi, anche se alcuni testi di grammatica le riportano come forme raccomandate, immagino come calco di quanto è avvenuto con la i semivocalica.

    [1] http://www.treccani.it/enciclopedia/wyoming/
    [2] http://www.deagostinigeografia.it/wing/schedapaese.jsp?idpaese=163

  2. Oh che diamine, grazie! Son dubbi e son problemi non da poco. Se mi capita, ahimé, sventatamente di pensare oggi faccio i gnocchi, magari il giovedì, come d’uso, il Grillo Parlante che è in me sale in cattedra sulla sua sinapsi normativa e, tutto lustro con le antennine vibranti e gli occhiali sulla punta del naso [ altro dubbio da non dormire la notte: ma i grilli hanno il naso?! ], mi bacchetta con la sua bacchettina di rametto di timo serpillo: “Vergogna! Si dice gli gnocchi… lo gnocco!“. Ma se il gommista mi dice deve cambiare i pneumatici… no, non ho cuore di sgridarlo surciliosamente: “Gli… gli… si dice gli!
    Per lo Wyoming, lo il si è scritto senza pensarci, in una specie di livello subconscio.
     

    [ da ⇨ OVOSODO di Virzì ]

    da ⇨ La Crusca per Voi (n° 9, p. 8)

    Articolo davanti a parole straniere
    inizianti per w e sw

    di Luca Serianni

    «Nelle parole, tutte d’origine straniera, comincianti con w– ,questa lettera può corrispondere a due suoni distinti: la semiconsonante di uomo (come in whisky) o la consonante di vario (come in wafer). Nel secondo caso l’uso dell’articolo non presenta nessun problema: si adopera l’articolo debole il, i (e l’indeterminativo un) richiesti davanti a una parola iniziante per consonante semplice; quindi il wafer, il Wagner. L’uso è stabile anche per i derivati italiani da parole angloamericane, nei quali w– si pronuncia sempre [v]: quindi washingtonia ‘genere di piante’ (pronuncia: vasc-; da George Washington), wellerismo (pronuncia: vell-; dal personaggio dickensiano Sam Weller).

    Le incertezze sorgono davanti ai forestierismi non adattati in cui w– si pronuncia come semiconsonante. L’astratta logica grammaticale vorrebbe che davanti a whisky o a Webster figurasse lo stesso articolo eliso l’ che tutti adoperiamo, senza pensarci neppure, davanti a una parola come uomo. In realtà l’uso tende a preferire il. Secondo Piero Fiorelli (in una delle note che arricchiscono il volumetto di Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano, Firenze, Sansoni, 1965, p. 194) l’uso ha una sua giustificazione, per due motivi: 1) il paragone tra l’Webster e l’uomo “regge fino a un certo punto” perché l’italiano ha, sì, alcune parole comincianti col dittongo uo-, “a cui premette l’articolo lo debitamente apostrofato”, ma non ne ha pressoché nessuna cominciante con ua-, ue– o ui-; 2) “all’occhio del lettore italiano la lettera w è una consonante, qualunque sia il suo valore in determinate lingue straniere, tanto che è pronunziata regolarmente [v] tutte le volte che la parola che la contiene è adattata mediante una desinenza o un suffisso alla morfologia italiana”.

    Un’interessante riprova di come l’idea che i parlanti hanno di un certo segno alfabetico possa influenzare la pronuncia del suono corrispondente è stata offerta da Pietro Janni in una nota apparsa sulla rivista “Lingua Nostra”, LIII (1992), pp. 86-87. Perché si pronuncia lo swatch, nonostante che la sequenza dei suoni sia la stessa di suocero? Perché – osserva Janni – il “normale parlante italiano è intimamente convinto che la w rappresenti (anzi “sia”) una consonante, come in Walter, e che solo per una convenzione “straniera” si debba pronunciarla come la semivocale di uomo“. Di conseguenza, anche chi non parlerebbe mai di svòcc in riferimento al noto orologio, crede in fondo, in una specie di livello subconscio, che Swatch non cominci come suocera, suora, ecc. ma come svogliato o svolazzo“».
     
    ,\\’
     

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

“Vittime senza giustizia, almeno la memoria” di Anna Paola Moretti

di Orsola Puecher
Anna Paola Moretti, storica della memoria e della deportazione femminile, in questa nuova indagine ricostruisce con la consueta accuratezza, fra documenti, archivi e ricerca di testimonianze sul campo, la vicenda di due giovani donne martiri del nazifascismo nel pesarese...

Colfiorito

di Nadia Agustoni

Colfiorito
(qualcosa di bianco)
Sera a Colfiorito
nel garrire di rondini
in un’amnesia di cielo
e penombra
sull’ascia dei temporali
portammo radici di voci
e alveari.

V. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA

di Anna Tellini
«A noi, compagni, sia a me, che a Šostakovič, che a S. Ejzenštejn, è data la pie­na possibilità di continuare il nostro lavoro e solo nel lavoro correggere i nostri errori. (Applausi). Compagni, dite: dove, in quale altro paese dell’or­be terraqueo è possibile un simile fenomeno?» Queste parole precedono solo di poche ore la firma dell’ordine di arresto di Mejerchol’d.

Manuela Ormea IL BARONE RAMPANTE

di Manuela Ormea
Razionalità ed invenzione fantastica costituiscono il nucleo del romanzo. In quest’opera è richiesta la capacità di guardare la realtà contemporanea ponendosi ad una giusta distanza.

Ricominciamo dalle rose

di Nadia Agustoni
mastica duro il cane della ricchezza
le ossa bianche del paese
le nostre ossa
spolpate

in memoria – per Cristina Annino per dopo

di Nadia Agustoni
è un minuto l’universo sulla città dei vivi
ma cresce a ogni uomo la terra
l’osso si fa parola
non si abbassa la grandezza
della morte.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: