Elezioni a Milano: una riflessione

di Giorgio Mascitelli

 

L’implicito invito all’astensionismo che il post contro Pisapia del 10 giugno di Gianni Biondillo contiene mi spinge a una breve riflessione sulle elezioni comunali a Milano. Dico subito che molte delle perplessità di Gianni sulla candidatura di Sala sono anche le mie, tanto è vero che nel primo turno non me la sono sentita di votarlo;  anzi scegliendo Basilio Rizzo non ho scelto soltanto una figura che stimo per la sua storia personale e politica, ma un personaggio competente e onesto in grado di svolgere, chiunque sarà il sindaco, un reale ruolo di controllo, che non si limiti a protestare sui prezzi del bar interno a Palazzo Marino.

Al secondo turno però voterò per Sala per due motivi, uno di carattere personale e uno di carattere politico. Sul piano personale, abitando dalle parti di via Padova dal 2001, mi ricordo bene del clima di paura che si respirava negli anni delle giunte di centrodestra; un clima alimentato da quelle stesse giunte perché, non avendo un progetto su quell’area come sulle altre periferie che non fosse immobiliaristico, se ne servivano per mantenere fedele elettoralmente quelle zone. E’ stata un’esperienza di disagio personale così forte quella di vivere in un ambiente dominato dalla paura per problemi  spesso banalmente governabili con un po’ di cura amministrativa, che non la vorrei più rifare: e non vi è dubbio che le forze che stanno dietro a Parisi siano le stesse di allora. Sul piano politico è evidente che Sala, anche se lo desiderasse, non potrebbe fare il sindaco renziano doc sia per la storia di Milano di questi anni sia per quella della sua candidatura; d’altronde Sala mi sembra più realista del suo sponsor Renzi su questo punto, come dimostrano il coinvolgimento di alcuni assessori della giunta Pisapia e l’accordo con i radicali.

Sull’esperienza di Pisapia il discorso si farebbe lungo e Gianni ha scritto cose che non condivido per la loro approssimazione, ma vorrei ricordare una solo cosa: nel 2011 il successo di Pisapia era evidentemente legato anche al referendum contro la privatizzazione dell’acqua perché per la prima volta da molti anni la sinistra tornava a fare la sinistra. Questa scelta non era certo dovuta ai vertici del PD ( allora c’era Bersani) o di altre forze, ma a un gruppo di associazioni e militanti politici che imposero la questione all’ordine del giorno. Era cioè una scelta di protagonismo e di movimento che scombinava i soliti giochi politici e che diede lo slancio anche alla candidatura di Pisapia. E’ chiaro che esperienze fuori dagli schemi come quella di Pisapia possono essere imposte al sistema politico solo in presenza di un protagonismo politico e di uno slancio della base. Dal mio punto di vista la questione cruciale non è se Pisapia si sia comportato da ignavo o meno ( io penso di no, ma il ragionamento non cambierebbe neanche in caso opposto), ma se c’è in noi abbastanza di tenacia e ostinazione per tornare a riproporre questo protagonismo. Per esempio quando la giunta Pisapia fu attaccata ferocemente da Fabio Fazio per le domeniche senza automobili, a nessuno di noi venne in mente di difendere quell’esperienza. Se vuoi un sindaco diverso dagli altri, lo devi anche difendere dai poteri che lo vogliono normalizzare: altrimenti a quello non resta che adeguarsi o andarsene.

 

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10 Commenti

  1. Non penso che il candidato di centro destra sia talmente pericoloso da invocare una chiamata alla responsabilita` per tutte le persone che credono in una gestione democratica di un`istituzione come per esempio e` capitato in francia nei ballotaggi con le pen o in austria tra verdi e nazionalisti. E infatti questo post non lo e`. Il problema di questo paese e` derivato dalla permeabilita` degli apparati di partito da parte di comitati d`affari e della qualita` scadente dei politici che nemmeno hanno l`umilta` di ammetterlo con se stessi, per poi mettersi eventualmente a studiare

    • già, la sottovalutazione del pericolo della destra, di questa destra, è stata all’origine dei mali di circa trent’anni di deviazione politica e culturale di questo Paese che ci ha già portato su derive molto pericolose. Che da parte di presunti intellettuali della cosiddetta sinistra “radicale” si continui a identificare l’avversario piuttosto che in questa destra intollerante e oltranzista, proprio in coloro che elettoralmente riescono ancora a contrastarla, la dice molto lunga sul livello di beceritudine intellettuale di una certa componente politica che vorrebbe essere più di sinistra della sinistra stessa e che finisce ogni qualvolta semplicemente per dare ragione ai fascisti

  2. GLI INTELLETTUALI E LE ELEZIONI A MILANO

    *Al margine dell’articolo “Elezioni a Milano: una riflessione
    12 giugno 2016 di Giorgio Mascitelli
    (https://www.nazioneindiana.com/2016/06/12/elezioni-a-milano/)

    – X
    bravo, Y, così si evita una doppia sfiga: lasciare i migranti in mutande e avere un pirla a Palazzo Marino

    – Ennio Abate
    Ci rivedremo (come altre volte) a Filippi…Il richiamo della foresta e del falso meno peggio vedo che annebbia anche menti che mi parevano lucide.

    – Y
    Caro Ennio, dicendo ciò tu non mi sembri meno lucido…Mi sembri lo stesso di sempre.

    – Ennio Abate
    Caro Y, la mia era una battuta interlocutoria (anche se dissenziente). Se vuoi discutere, argomenta il tuo rifiuto della mia posizione e m’impegnerò a rispondere. Se vuoi (come altre volte in passato e sai a cosa mi riferisco…) eludere con una battuta acre i problemi, salutamm’e!

    – X
    benissimo, Ennio Abate, qui c’è un’unica alternativa: Parisi o Sala. Tu per chi voti?

    – Ennio Abate
    Abito a Cologno Monzese e non voto. Se fossi a Milano non mi sentirei di votare né l’uno né l’altro. Molte volte anche in passato non ho votato quando, ragionando sulle cose, mi sono convinto che gli schieramenti non rispondevano agli scopi che io perseguo. E in modi diversi entrambi esercitavano una forma di ricatto che non ha nulla a che fare con la democrazia reale.

    – X
    visto che abiti a Cologno almeno lascia che i Milanesi votino per chi ritengano il meno peggio. Peraltro, devo dire che io pur ragionando ed essendo tentato a volte anche di non esprimermi, ho sempre votato perché anche da questo si capisce l’intelligenza della posizione che consiste nello scegliere

    – Ennio Abate
    Non sarò certo io a impedire ai Milanesi di votare quelli che vogliono. Mi limito a commentare e a ragionare. Anche questa è una scelta, che ritengo più critica di quella di chi cede al ricatto e va a votare. Ma è una mia opinione discutibilissima.
    E sarebbe bene, che pur votando quello volete, se amate ancora ragionare, vi confrontaste anche con le posizioni diverse o contrarie alle vostre. Ad es. questa:
    Gli elettori di sinistra non possono votare per Sala, Giachetti ed il PD: non si vota per il…
    …/ALDOGIANNULI.IT
    http://www.aldogiannuli.it/elettori-sinistra-non-possono

    – X
    no, caro Abate, qui non si scherza con questi ragionamenti. Qui si tratta della questione se dare le chiavi della città a Salvini e ai fascisti. Non mi verrai a incantare con le stupidaggini diffuse dai grillini o da chiunque altro nella Rete fa ragionamenti capziosi perché 10 anni di governo di centrodestra li abbiamo vissuti e non abbiamo nessuna intenzione di riviverli
    … il vostro ragionamento di falsi rivoluzionari del”tanto peggio, tanto meglio” è quello che ci ha ridotto in queste condizioni. Ora basta!
    … tra l’altro per me gli imbecilli di sinistra sono perfettamente equivalente agli imbecilli di destra: sono loro per me i nemici

    – Ennio Abate
    Caro X, non mi mettere in ammucchiate a cui non appartengo. A stento faccio parte di Poliscritture, come sai. L’ho detto a Y e lo ripeto a te: se ritieni utile confrontarti con me fallo seriamente. Se ritieni stupidaggini e ragionamenti capziosi le mie obiezioni, me lo dovresti argomentare. Quanto alla consegna delle “chiavi della città” sta’ sicuro che non sono le elezioni a deciderlo. Salvini e i fascisti le manovrano già da adesso. E non sarà Sala a frenarli o addirittura a bloccarli.

    – X
    Aldo Giannulli ti sembra un argomento serio? No, perché se è così allora possiamo citare i fratelli Marx

    – Ennio Abate
    Smonta i suoi argomenti, se non ti sembrano seri. Non ricorrere a battutine.

    – X
    primo: la confusione ideologistica tra deriva a destra del Pds-Pd è vuoto venuto a determinarsi in una destra ormai priva di ogni referente in cui si agitano soltanto odi confusi senza neanche più la facoltà di parola. In una situazione di questo tipo è chiaro che una forza organizzata tende a occupare l’intero campo dello schieramento politico. Secondo: il ragionamento di Giannulli è totalmente intriso di retorica di cui non si capiscono i confini tra oggettività e soggettività di un astio anche personale intollerabile. Ti sembrano motivi sufficienti o devo continuare ad approfondire?

    – Ennio Abate
    Sì, continua ad approfondire e possibilmente senza ridurre le obiezioni politiche a categorie psicologiche (astio, rancore). Poi replico.

    – X
    no, le ragioni psicologiche del rancore e dell’astio sono quelle che per molto tempo hanno improntato un certo modo di intendere, anche da sinistra, la politica e io le conosco molto bene perché le ho sempre combattute. In ogni caso continua a esserci molta astrattezza nel giudizio critico di certe posizioni di sinistra, diciamo più “radicali”, che non corrisponde affatto a una necessità veramente rivoluzionaria. Io nasco dalle file del PCI e quella tradizione e quell’epoca l’ho vissuta pienamente e posso dire che ai margini di quel tipo di politica si agitavano forze confusamente reazionarie, probabilmente a loro insaputa. Può darsi che questo non sia un argomento determinante, ma in questo “niet” che tra l’altro mette sullo stesso piano il voto amministrativo e quello referendario sulla costituzione (al quale mi riservo io stesso di votare “no”) leggo solo il tentativo di consegnarci alla destra. Io voglio essere libero di votare alle comunali per coloro che comunque considero un po’ più degni e di votare anche contro il governo di fronte a scelte che considero poco democratiche. Pensi che ci sia contraddizione in questo? Io no.
    … vedi, caro Ennio Abate, è che ormai rifiuto la logica del target di cui fare strage: volere identificare a tutti i costi il “Nemico” mi sembra come il toro che vede il drappo rosso contro cui si slancia. C’è evidentemente chi ha bisogno di questo scarico psicologico per esistere

    – Ennio Abate

    La pensiamo in modo diverso e ora lo sappiamo meglio. Ho promesso comunque di replicarti e lo faccio. Come detto, abito a Cologno Monzese e non voto, ma ho seguito le elezioni di Milano e, dopo il primo risultato, ho discusso con ex- compagni di Avanguardia Operaia del Gruppo FB “VIA VETERE AL 3”, sostenitori di Basilio Rizzo. Riporto qui il succo della mia posizione:

    A PROPOSITO DI ELEZIONI A MILANO E SALTELLANDO SU ALCUNE BACHECHE DI FB

    Partendo da un’osservazione di Carlo Formenti: «l’analisi della distribuzione sociale del voto non mente: il PD è il partito dei centri storici, cioè è appoggiato da alta e media borghesia, dalle periferie, cioè dalle classi subordinate, prende poco o mulla. Peccato che questi voti contro si distribuiscano fra 5Stelle e centrodestra, mentre le sinistre radicali (o presunte tali) registrano l’ennesimo fallimento, dimostrandosi del tutto incapaci di rappresentare quella sinistra sociale che oggi si esprime solo attraverso l’astensione (più 13%!)», vorrei porvi [mi rivolgo al Gruppo FB “Via Vetere al 3”] un problema in tutta sincerità: alla nostra età e con tutta l’esperienza alle spalle (anche elettorale, ad es. quella di DP o prima ancora del cartello AO-Pdup-LC) qualcuno pensa ancora che, muovendosi esclusivamente sul piano elettorale, si possa andare oltre questa *onorevole resistenza* o testimonianza anche eroica da *ultimi mohicani*? Era chiaro che solo di questo si trattava fin dall’inizio? (Tutto il mio rispetto fraterno a Basilio Rizzo comunque). All’obiezione prevedibile di X: «No, non lo penso . Ma, cancellati nelle istituzioni, non restano spazi nel sociale», replicherei così: « Non contrappongo presenza sociale a presenza istituzionale. Il problema è se quanti non vogliono (nel sociale o nelle istituzioni) cedere al predominio dei Renzi-Sala etc. abbiano una strategia, che non sia di semplice *contenimento* di tale predominio o di rappresentazione di mugugni o dissensi settoriali ma che affermi una visione diversa delle cose e della politica. A me non pare ci sia. Sarà dura costruirla, ma se nessuno se la propone, si vive – onestamente lo ripeto – su quel che *fu*, non su quel che *potrebbe* essere». E alla successiva obiezione: «Non so se abbiamo una strategia , so solo che non abbiamo le forze» ancora ribatterei: « No, abbiamo *poche* o *pochissime* forze (per lo più scampoli di una vecchia storia) e andrebbero spese per gettare le fondamenta di una possibile strategia. Non possiamo sprecarle a tirar per la giacca quelli che non ci sentono perché sono *nemici* (questa è, secondo me, la parola esatta per Sala & C.). Meglio le *catacombe*? Sì, se nelle catacombe si lavora senza illudersi».

    Detto questo, continuo a non capire perché degli intellettuali (tali ritengo te, Y, Z e altri) debbano rinunciare, in occasione di questo ballottaggio, a esercitare coraggiosamente e a tutto campo la loro funzione critica, smorzandola per schierarsi a favore di Sala (e di quel che esso significa). Tanto più che le riserve nei confronti del personaggio (e di quel che esso significa) da parte vostra non mancano.

    Sulla posizione di Giannuli, che ho riportato solo come un esempio da discutere, condivido questi passaggi che non mi paiono affatto rancorosi o da fratelli Marx, come tu scrivi:

    1.
    In primo luogo c’è un bilancio da fare di una scelta che dura da 25 anni, da quando l’introduzione truffaldina del maggioritario ha costretto a scelte sempre più difficili: “votiamo il meno peggio, votiamo la sinistra moderata per non far vincere la destra”. Il risultato di questo ragionamento è che il Pds-Ds-Pd è andato sempre più a destra e, per non far vincere la destra nelle elezioni, abbiamo fatto vincere la destra (quella peggiore) nel Pd. La tattica dell’appoggio critico non ha funzionato, perché il Pd si è abituato all’idea che quei voti di sinistra, al secondo turno, sono scontati e questo ne ha azzerato il valore, annullando anche il potere contrattuale della sinistra radicale che, tanto “cosa altro devono votare? Devono votare per forza per noi”. Dunque un semplice automatismo. E questo ha vanificato ogni autonomia strategica della sinistra radicale riducendola a ruota di scorta del Pd. D’altro canto, se la sinistra sedicente radicale, da quell’11% che aveva prima del 2008, si è ridotta ad uno striminzito 4-5% (mettendoci dentro anche pezzetti di Idv e qualche fuoruscito del Pd) qualche motivo ci sarà.

    2.
    Renzi è la destra. E se Job act, riforma Bankitalia, “buona scuola!” ecc non vi bastano a capirlo, ecco il combinato disposto di Italicum e riforma costituzionale che riduce la democrazia alla scelta, una volta ogni cinque anni, del dittatore temporaneo, azzerando ogni meccanismo di bilanciamento dei poteri, ogni garanzia, ogni organo di mediazione, piegando tutto alla volontà del Premier. Una forma di governo sconosciuta nelle democrazie liberali.

    Non mi pare poi che Giannuli metta «sullo stesso piano il voto amministrativo e quello referendario sulla costituzione», ma, essendoci comunque una continuità stretta tra le due cose, invita alla coerenza: «Faccio molte iniziative per il no al referendum nelle quali mi trovo spesso a fianco di relatori di sinistra italiana che denunciano i pericoli di questa riforma per la democrazia, ma, se credete davvero in quel che dite, cari amici, con che coerenza invitate a votare per i candidati Pd ai ballottaggi?».
    Usa, sì, un’espressione “vecchia” («chi attenta alla democrazia non è Un nemico, ma IL nemico principale. E non si vota per il nemico. Mai»), ma, se tu stesso ti proponi di votare No al referendum sulla costituzione, che termine useresti per indicare Renzi e il suo governo?

    Ultima nota (per amore di un confronto leale e stringente). Nella tua ultima replica, malgrado il mio invito a lasciar da parte o a ridimensionare gli aspetti psicologici (secondari se vogliamo ragionare politicamente), tu insisti solo su quelli: « le ragioni psicologiche del rancore e dell’astio sono quelle che per molto tempo hanno improntato un certo modo di intendere, anche da sinistra, la politica». Non solo. Ti rifugi in considerazioni forse comprensibili per la storia che hai vissuto ma troppo personali («io le conosco molto bene perché le ho sempre combattute»; « Io nasco dalle file del PCI e quella tradizione e quell’epoca l’ho vissuta pienamente»), lanci accuse indeterminate («ai margini di quel tipo di politica si agitavano forze confusamente reazionarie, probabilmente a loro insaputa» ), ripeti tale e quale il ritornello «in questo “niet”[…] leggo solo il tentativo di consegnarci alla destra» senza rispondere alla mia obiezione («Quanto alla consegna delle “chiavi della città” sta’ sicuro che non sono le elezioni a deciderlo. Salvini e i fascisti le manovrano già da adesso. E non sarà Sala a frenarli o addirittura a bloccarli»). A questo punto non posso che aggiungere: va bene, sii «libero di votare alle comunali per coloro che comunque consider[i] un po’ più degni e di votare anche contro il governo di fronte a scelte che considero poco democratiche» e buona fortuna.

    P.s.
    Mio messaggio all’intellettuale O (sempre su FB) promotore con altri di un APPELLO DELLA CULTURA per il voto a Giuseppe Sala:

    Gentile O, ma che comportamento democratico è questo suo? Ho fatto una battuta (” la cultura è servita… in Sala!”), mi ha chiesto di spiegarla, ho risposto e mi cancella i commenti senza neppure una spiegazione? Davvero spiacevole. Un saluto comunque

  3. caro Ennio Abate, perché non riporti nome e cognome dei tuoi interlocutori con cui hai scambi su Facebook che qui citi letteralmente? O forse pensi che chi ha scritto quelle cose debba vergognarsi di averti risposto?

  4. Caro Giovanni Schiavo Campo, no: ho scelto di tenere anonimi i miei interlocutori per una semplice ragione: non sapevo se avrebbero gradito o meno che trasportassi uno scambio di opinioni fuori dalla bacheca FB in cui è nato. Importante per me è quel che si dice non chi lo dice. Se ci tieni precisa tu come meglio credi…

    • bene, dal momento che Emnio Abate mi invita a rendere pubblico l’autore dello scambio più sopra riportato con il nome di X, non ho assolutamente problemi ad attribuirmene la paternità. Come ho risposto poc’anzi ad Abate stesso in un nuovo post su Facebook, considero la discussione vertente su argomenti del tutto pubblici e per niente privati

  5. Io non ti ho *invitato a rendere pubblico il nome di X”. Ho scritto: “Se ci tieni precisa tu come meglio credi…”. Ripeto: Importante per me è quel che si dice non chi lo dice

  6. Ho appena ascoltato su Radio Popolare di Milano il confronto tra Giuseppe Sala e Basilio Rizzo. Che aggiungere a quanto ho faticosamente ho detto bisticciando con X e Y?
    Mi paiono entrambi persone serie e responsabili, ma entrambi si muovono esclusivamente in una dimensione pragmatica, delle “cose concrete” da fare. Ma chi stabilirà e dove le cose concrete da fare? Su questo si sorvola.
    Sala è pronto a governare. Rizzo si adatta al ruolo dell’eterno oppositore intelligente e corretto. Sala l’ascolterà ma poi deciderà per conto suo ( e coi suoi), magari concedendo una briciola in più rispetto a quella che darebbe un Parisi. E Rizzo che potrà fare? Dovrà accontentarsi o protesterà, ma mai potrà ribaltare una decisione che non gli garbasse o ritenesse ingiusta.
    Domanda: Sala e il centro sinistra allora sono “meno peggio” solo perché politically correct e meno brutali o “beceri” nell’esprimersi in pubblico? o perché risolveranno meglio i problemi di Milano (delle periferie, del lavoro, etc)? Tutta qual la differenza? Pisapia (centro sinistra) ha creato un “clima” più vivibile ( per quanti, per chi?) ma ha risolto almeno un po’ di quei problemi?
    Non mi pare a leggere un’attenta analisi di Z, un amico che conosco ( Appendice). E allora perché alla fine anche lui vota Sala?

    *Appendice
    Dalla bacheca di Z:

    Per cui dichiaro che questo centro sinistra il mio voto non lo merita. Perché Sala non è la continuità con le mille cose positive che si sono fatte, ma è la continuità con quelle negative. Perché il risultato di non contrastare i governi “amici” è stato un aumento, in cinque anni, di tasse municipali per 600 milioni. Perché un’enormità di fondi sono stati trasferiti in EXPO e nelle metropolitane privatizzate da Impregilo. Perché non c’è stato neanche una briciola di trasferimenti di poteri nel decentramento. Perché le case popolari potevano essere ristrutturate con un semplice mutuo ed ora Sala le userà come alibi per vendere le partecipate del Comune. Perché subito si dovevano integrare i 2.500 rom di Milano, invece di spostarli, ad ogni sgombero, di zona in zona, creando allarme sociale. Perché sul passaggio dei profughi si è puntato sull’insufficiente terzo settore, invece di attrezzare adeguate strutture pubbliche di accoglienza. Perché invece di aprire le vie d’acqua si dovevano chiudere quelle del Seveso. Perché sono stato a Valencia, dove hanno spostato un fiume trasformandolo in un giardino, mentre qua volevano trasformare gli scali ferroviari in una urbanizzazione oramai insostenibile. Perché sulle piste ciclabile e le zone a Km 30 i cittadini col cavolo che si sono consultati. Perché in zona 3 su 5700 bambini nati sono stati piantati solo 200 nuovi alberi e non 5700. Perché dei centri di aggregazione giovanile abbiamo visto solo le ombre delle promesse. Perché il contrasto ai rigurgiti neofascisti è stato debole, con cadute di legittimazione. Ma ora, pur avendo Parisi ridimensionato fascisti e leghisti, questa è l’unica ossessiva motivazione per costringerci a votare Sala. Poveretti, questi apprendisti stregoni.

  7. Voterò Sala oggi.

    Condivido molte critiche mosse da Biondillo, ma traggo un bilancio in pari o positivo dell’operato della giunta uscente. Conosco bene chi è il candidato sfidante e i suoi amici, gente che ha devastato la città e i suoi abitanti per anni.

    La situazione mi ricorda “La vita di Brian” dei Monthy Python, la scena in cui i sovversivi del Fronte Ebraico di Liberazione della Palestina discutono di politica contro l’occupazione romana:
    “Cosa ci hanno dato i Romani?”
    “Beh, l’acquedotto!”
    “Va bene, ma a parte l’acqua?”
    “Le strade!”
    “A parte l’acqua e le strade intendo?”
    “La pace!”

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Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
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