Cronaca senza storia

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Cronaca senza storia (poesie 1999-2015)
Elliot Edizioni, 2016]

 

 

 

 

di Matteo Marchesini 

CRONACA SENZA STORIA

Mania

Sentire ogni tempesta, ogni dolore
come se fosse eterno:
non aver altro di cui fare altro governo.

Ma quando torna la festa non sentire
più niente:
l’orrore è divenuto incomprensibile
come a chi sogna.

Al risveglio rimane la vergogna. 

*

PERSONE SEPARATE

Seduta 
Una vita passata
a invidiare la gente che vive
e non sta sul chi vive,
e magari una morte ridicola
(una trave caduta, una sciarpa
impigliata al motore).
Tutto questo da dire a un dottore:
una vita passata
in due dentro una piccola
stanza, a giocare col caso,
e là fuori
– sia ragione o questione di naso –
la morte che avanza.

*

SMALL TALK

Una Passione 

La seduzione ludica per noia, le intimità virtuali
contro l’ansia dei volti familiari,
le facili indecenze, il gioco equivoco
d’ironie e bovarismi per e-mail,

l’empatia letteraria e i suoi sofismi
che inventano corrispondenze labili
tra due esistenze in lutto, l’euforia
di dichiararsi ex abrupto, con più foga

quanto meno si sa dei propri ruoli,
quindi la droga rapida dell’enfasi,
l’astrazione sontuosa, l’escalation
pilotata dell’immaginazione, la passione

promessa dopo due incontri casuali
per eccitarsi meglio appena soli,
gli appuntamenti a distanza artificiosa
di vernissage e reading, con l’orgasmo

oratorio delle agili allusioni
private nei discorsi fatti in pubblico,
lo stilnovo da chat che a un tratto scivola
nel primo sesso precario in un hotel

più o meno a metà strada, e il rischio sùbito
di gravidanza come una boutade

per riparare con l’irreparabile
all’imbarazzo osceno, al freddo acuto

dei corpi asciutti senza voglia. Poi…

…poi il tempo che scende opaco su di noi
in una stanza nostra, e qui ogni giorno
una dose di pathos più massiccia
per effetti più blandi, intorno il kitsch

di alti progetti e liriche indecenze.
Ci lasciano spossati le apatie,
gli accademici amplessi, le impotenze
e la paura muta di lasciarci, ormai invischiati

come siamo nell’irrealtà della dialettica.
Sale presto la nausea, ci domina un’afosa
fraternità, ci solletica il rancore.
Fuggiamo allora nelle controversie

pubbliche dei convegni, e lì tentiamo
di risedurci coi discorsi obliqui
come una volta. Ma la causa è persa:
cade una pausa, e viene già il distacco (con tatto,

perché si teme tutti e due il ricatto
di chi ci ha visti barare con noi stessi),
viene la lettera in cui si promette
di conservare intatta la memoria

delle ore migliori, e a poco a poco viene
dal ricordo una storia levigata
che a narrarla ogni giorno si fa mito.
Poi, finalmente l’amore.

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