mater (# 10)

di Giacomo Sartori

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In una foto

 

in una foto sulla neve

(sfondo di pareti

simili a pandori)

hai calzoni rastremati

di protosportiva

scarponi di pelle

fissi l’obiettivo

(certo tua figlia)

contenta dell’attimo

gli occhi sorridono

(poi scruteranno

da uno scranno

di disincanto)

ancora coerente

con te stessa

 

minuscolo sciatore

famelico di contatto

premo la spalla

sulla tua coscia

una tutina di panno

quasi d’aviatore

cincischio le manopole

canto o grido

il mio broncio

(labbrette protese)

pencolo il mio bisogno

la tempia sull’anca

del mio sostegno

 

per non concedermi

quello ch’anelo

il tuo braccio

fugge all’indietro

 

 

Dovresti andare in vacanza

 

dovresti andare in vacanza

lavori sempre

mi dicevi

fingendo d’ignorare

i miei impicci

 

certo non ottemperavo

ai costumi della casta

(la liturgia dei paramenti

e dei viaggi di piacere)

 

 

In un altro scatto

 

in un altro scatto

siamo seduti sulla sabbia

io davanti tu dietro

incollo la schiena

alla tua coscia

(se non mi sfiori

mi servo da solo)

assorto nel contatto

(noncuranza coatta

di cane)

sovrintendo il cantiere

di sabbia bagnata

il secchiello in una mano

(pugnetto volitivo)

nell’altra una paletta

troppo lunga

per un bimbo

così piccolo

 

pure tu scruti

lo stato dei lavori

la mano all’anca

(eviti la mia pelle)

sulla faccia nell’ombra

un sorriso lento

a vestire la noia

 

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Devi sceglierti

 

devi sceglierti

un lavoro manuale

sono belli

i lavori manuali

(ci vogliono anche quelli)

il falegname

o l’imbianchino

oggigiorno guadagnano

più loro

o anche l’elettricista

il lattoniere

non c’è niente di male

dicevi

con guizzi delle guance

e magnanime

modulazioni

 

 

In un’altra ancora

 

in un’altra ancora

siamo seduti

fianco a fianco

su due sdraio

appena convergenti

compiti e un po’ annoiati

(una vecchia coppia)

fissiamo l’apparecchio

(sempre mia sorella?)

tu stretta nelle spalle

pacata e inquieta

come sempre

gli occhiali a farfalla

da attrice

il foulard annodato

sotto il mento

(filmico anch’esso)

la sottoveste che spunta

sotto la gonna

come una donnetta

(impronte neorealiste?)

io interessato

ma anche perplesso

coppola e gilet

da ometto

i piedi per aria

la bocca aperta

pronta a ricevere

il ghiacciolo

che stringo nel pugno

(checché accada

precedenza alla voluttà)

l’altra mano sul tuo bracciolo

a mendicare una pressione

(ancora e ancora)

 

 

Gli uccellini sono andati

 

gli uccellini sono andati

quest’estate non ci sono

dicevi

dove si sono cacciati

tutti gli uccelli

dimmi dove sono

in primavera c’erano

 

 

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Quando sarò ricca

 

quando sarò ricca

mi comprerò

una decapottabile

e poi un brillante

grosso così

dicevi

 

 

Vado a ritirare

 

vado a ritirare

lo stipendio

dicevi

proprio non t’usciva

la parola pensione

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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