I neo-semplificatori

di Domenico Talia

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A proposito di complessità, George Bernard Shaw tanto tempo fa notava che «Per ogni problema complesso, c’è sempre una soluzione semplice. Che è sbagliata». La complessità della nostra società sembra stia disorientando tutti e il suo vento caotico sembra sopraffare e confondere soprattutto quelli che non hanno contribuito a stabilire le regole del mondo, ma sono costretti a subirle. Il nostro mondo, sagomato dal capitalismo finanziario e dalla globalizzazione della produzione, è zeppo di meccanismi complessi. Meccanismi che è sempre più difficile governare e soprattutto mettere in sincrono con la democrazia, con la sua giustizia sociale, con la speranza in una vita dignitosa per ognuno. Moisès Naím nel suo libro La fine del potere (Mondadori, 2013) ci ha ricordato come il potere nel nuovo millennio diventi sempre più debole, decadente, inefficace, nonostante la sua retorica e il suo volersi mostrare inflessibile.
Come in altre epoche, quando le cose diventano complesse, quando iniziano a sfuggire di mano a chi dovrebbe guidarle e le soluzioni efficaci sembrano lontane, all’orizzonte compaiono i semplificatori. Questa è una categoria di uomini capaci di propagandare le loro suggestive e, allo stesso tempo, semplicistiche soluzioni per i problemi del mondo, persone capaci di suscitare l’entusiasmo delle masse, ottenere il loro consenso.

I semplificatori sono quelli che ci raccontano che i rimedi sono facili da mettere in atto, quelli che dicono che basta fare questo e quello, che la matassa della crisi si può riprendere facilmente in mano se s’interviene con decisione, se si mandano via i cattivi, se si chiudono le porte e ci si concentra soltanto su noi stessi.
Negli ultimi tempi i semplificatori sono cresciuti come funghi nella vecchia Europa e dall’altra parte dell’Atlantico e continuano a ricevere consensi e giubilo soprattutto da parte di tanti che credono nelle ricette semplici e preconfezionate che garantiscono di farci uscire da questa fase di decadenza storica. I semplificatori sembra riescano sempre, anche nei nostri tempi di diluvio comunicativo, a riscuotere successi, sia tra le persone più semplici e più indifese, sia tra alcune élite che amano mantenere il vantaggio sul resto del gruppo e optano per le vie spicce. Entrambi queste categorie non mostrano di voler intendere che ad una società complessa devono corrispondere soluzioni complesse, che i frangenti complicati devono impegnare cittadini coscienti e azioni politiche articolate, adattive, mai banali. Nulla di questo, loro amano la semplificazione e i neo-semplificatori.
Il Novecento ha visto gli occhi famelici di grandi semplificatori capaci di azioni orribili. Grandi semplificatori sono stati Hitler e Mussolini. Semplificatori accolti come salvatori della patria salvo buon fine, che naturalmente non si è potuto raggiungere, anzi abbiamo tutti registrato cosa hanno generato le loro ricette di agghiacciante, orribile, semplicismo. Oggi la fiacchezza e l’inettitudine di buona parte dell’élite politica ha agevolato la nascita e la crescita di nuovi semplificatori. Quelli di oggi non saranno uguali ai semplificatori dei secoli scorsi, tuttavia anch’essi “vendono” soluzioni semplicistiche e comprensibili, ma allo stesso tempo sbagliate, per risolvere i problemi delle nostre società.
I semplificatori costruiscono muri con i mattoni dell’ignoranza e della paura sulle fragili debolezze dei nostri animi. I neo-semplificatori degli anni Duemila non si mostrano tutti uguali, si presentano con volti diversi, non sono né di destra né di sinistra, ma tra loro si sostengono, s’intendono e la vittoria di uno è sempre di auspicio per la vittoria dell’altro. Con un oplà e con un salto triplo all’indietro risolvono tutti i nostri problemi o almeno lo promettono, fino a quando non avranno il potere in mano. Quando invece sono veramente chiamati a governare, le cose diventano di colpo difficili e le loro azioni di governo stentano o si fanno guidare dal razzismo, dal populismo, dal nazionalismo becero, dalla xenofobia. Tutti atteggiamenti che invece di risolvere i problemi di una società li complicano.
Nella mente di ogni semplificatore c’è latente una tentazione totalitaria alimentata dall’estremizzazione dei pericoli, dalla convinzione ottusa di essere sempre nel giusto, dal credo che tutti gli altri sono comunque colpevoli e soltanto lui potrà salvare il mondo. Per questa ragione giustificano e praticano le necessarie scorciatoie, la banalizzazione dei problemi e ignorano il salto tangibile che esiste tra semplificazione e irrealizzabilità. Quasi tre secoli fa, nel suo saggio Lo spirito delle leggi, Montesquieu, scriveva «Dopotutto ogni tiranno è un grande semplificatore». Il tempo trascorso da allora avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, eppure le masse del nuovo millennio sembrano amino il rischio e per amarlo incoscientemente fino in fondo, continuano a fidarsi dei semplificatori.

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9 Commenti

  1. Mi sembra sia stato Einstein a scrivere: “si può complicare all’infinito un problema semplice, ma non si può ridurre a zero un problema complicato”.

  2. L’Unione Europea e la sua folle moneta ci stanno rovinando oltre ogni immaginazione, ma lentamente – e quindi ci sarebbe stato tutto il tempo di capire, di studiare. Possiamo persino contemplare, nella Grecia, un’anticipazione “sperimentale” del nostro destino. Vi sono in rete materiali pregevoli e competenti per capire, certo con un po’ di sforzo, anche nel caso la propria formazione non sia piuttosto lontana dall’argomento (vedi Bagnai e A/simmetrie). Invece ciò che viene fuori sono queste pappe generiche del tutto funzionali a sabotare qualsiasi opposizione ai funesti “lavori in corso”. Oh certo: la faccenda è troppo complicata per la “gente comune”, va lasciata ai tecnocrati ed ai giovani “formati” che con svelta favella convincano quest’ultima a comportarsi bene, oppure il giocattolo democrazia le verrà ulteriormente neutralizzato. Un bell’articolo davvero: conditelo con qualche porcheria e proponetelo a Vice News, magari vi arriva anche qualche soldino.

    • L’intento, se compreso, non è di sabotare opposizioni, ma semmai di stimolare opposizioni capaci di gestire la complessità del presente e di non adagiarsi su soluzione semplici e gridate. C’è troppa gente che crede di aver capito tutto…

      • Ha letto un articolo di Bagnai, non l’ha proprio capito tutto ma il senso più o meno è quello (‘Via dall’Euro!’) e quindi è convinto di sapere tutto quel che c’è da sapere su questo argomento come su qualsiasi altro. Altro che le solite ‘pappe generiche del tutto funzionali a sabotare’.

        • La retorica NoEuro di Bagnai e c. (ma anche ben radicata nella base grillina) è proprio quello di cui parla l’articolo: una semplificazione bella, semplice e tremendamente sciocca per problemi complessi.
          La semplicistica soluzione promessa è “se torniamo alla lira, torniamo a stare bene come quando c’era la lira. In pratica giriamo l’interruttore della macchina del tempo”.
          A parte il fatto che ci sarebbe da discutere sull’effetto edulcorante della memoria, è chiaro che il passato non torna mai, e chi tenta di riportarlo in vita è condannato a generare – in vece di un ritorno al passato- l’arrivo di un futuro ineditamente orribile (il futuro – in quanto tale – è per sua natura sempre inedito)

          • “Un operaio o un impiegato semplice precario spendevano tutto il loro stipendio per campare prima della crisi e lo spendono tutt’ora. Anzi, essendoci una leggera deflazione , se preservano il posto di lavoro, stanno meglio di prima.”

            Ahahah, davvero, non servon tanti grafici quando uno “sa” già così bene il viver del mondo.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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