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Il fantasma orizzontale

di Anita Tania Giuga

«Il sistema familiare ha bisogno di ritrovare la pace, di chiudere le vicende in sospeso. L’onere passa ai nuovi arrivati, alle forze giovani del sistema, produce sintomi come i tuoi, segnali chiari e inconfutabili».

Alle due era finita la telefonata. Il telefono le era entrato in testa. Lo sentiva ancora pulsare tra il pensiero dei soldi e quello delle macchie. Stava proprio là, installato al centro di due frasi: un dolmen che separava a metà il cielo. Aveva parlato di costellazioni familiari con un maestro, esperto di astrologia evolutiva e libri del Cinquecento. Le aveva detto del fantasma orizzontale. Una presenza discreta ma potente nell’albero genealogico. Una donna, di certo. Una parente abbandonata che reclamava il suo posto al banchetto di famiglia. Solo i meriti del cuore avrebbero mutato l’ira in benevolenza. La cosa continuava a vorticare e a produrre immagini mentali: la scoperta recava in sé una specie di euforia. Anche il possibile nome rotolava in quello spazio di guarigione creato da questo scongiuro o profezia. Si poteva addolcire la furia del fantasma orizzontale? Si poteva, aveva detto il maestro.
La vitiligine ha origini ignote; lei ne è affetta, se così si può dire, dai sedici anni. Il suo primo amore le chiese tempo per riflettere. Lo vide sotto la pioggia, poche ore dopo, baciare la sua amica. Versò lacrime per due giorni e le mani cominciarono a depigmentarsi.
Da allora non si è più tolta i guanti. Non lo fa quando nuota, né quando cucina. Non li toglie nell’intimità: gli uomini non le hanno mai posto domande.

Sera, freddo, scosse dal coccige alla fronte. Onda di desiderio di una donna che vuole fare l’amore con un uomo. Non c’è più nessuno là fuori. L’aveva chiamato e gli aveva scritto un messaggio provocante. Un disagio l’aveva allarmata. Aveva paura. Era certa fosse sparito. Sapeva che avrebbe spuntato anche quest’ultimo uomo dalle possibilità di avere qualcuno. Il fantasma non aveva ancora allentato la morsa. Gli individui sensibili cercano dentro di sé la causa di ogni fallimento. Se ne stava immobile, sul letto, il telefono di fianco, sospirando al buio. Il sesso si fa pur di non amare, ma il corpo nemico resta il più importante oggetto d’amore.

Domenica era andato tutto di merda. Seduta in macchina con lui, vicini alla fermata della metro, parlavano.

«Sai che non avrei saputo cosa fare se non fossi venuta?»
«Avresti fatto quello che fai sempre di domenica: deprimerti»

Lo aveva osservato, come se gli fosse passato attraverso, prima di abbassarsi. Gli fece un pompino.
Tornare a casa fu un percorso di puro ripasso. Si rotolava nell’amarezza. Dire non le riusciva. Non aveva mai saputo dire di no a qualcuno che la desiderava. Irretire impedisce qualsiasi movimento: la vittima si sente in trappola, non ha altra via d’uscita che continuare a fare quello che il sistema le impone di fare.
Certi legami vischiosi nascono da una forza collettiva ed è molto difficile per un componente liberarsene. Vale anche per la famiglia. Può succedere che il soggetto non conosca il membro della genealogia con il quale si identifica, né abbia idea di cosa gli sia successo; la situazione potrebbe essere complicata dall’esistenza di un segreto. Gli effetti dell’identificazione variano secondo la situazione che ha provocato lo squilibrio; possono insorgere disturbi emozionali, malattie psicosomatiche o psicosi. Questa era stata una parte del discorso del maestro. Il telefono era inerte. L’ansia cresceva nel vuoto della stanza da letto. Nessuno che potesse raccogliere quest’urlo di desiderio o chiarire l’applicazione dei meriti del cuore. Si scosse per andare a prendere del vino in cucina, aprì lo sportello della credenza e afferrò l’unico calice con tanta forza che si frantumò con un poof, ferendola e imbrattando il guanto. Lo sfilò con cautela, si guardò il palmo. Il monte di Venere sanguinava. Pensava sempre alle sue mani. Si chiese chi avrebbe mai potuto amare quelle mani. Ci pensava ogni giorno. L’idea che una donna senza nome, senza volto, senza nessuno da amare, o che la ricordasse, usasse lei per avere qualcosa dalla vita, la prese alla gola. Le immagini dei morti la chiamavano. La aspettava una lunga notte.

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