Articolo precedente
Articolo successivo

Un ronzio devastante e altre cose blu – Gianluca Garrapa

  Anteprima della raccolta di racconti di Gianluca Garrapa 

copertina

 

La città dove non si drogavano più

 

Il fatto è che in tutte le città, grandi o piccole, ordinate o disordinate, sporche e caotiche o pulite come, e pacate come, piccole per quanto metropolitane e arretrate come, o immense e vivibili per quanto festaiole al massimo grado come, maleducate come una qualsiasi città della e puzzolenti come può esserlo una città della, o cordiali come una qualsiasi città della e odorose come può capitare in, fredde e disumane come una qualsiasi città del o false e teatrali come una qualsiasi città del, insomma tutte le città hanno in comune una caratteristica, ormai non più piacevole come un tempo: la droga. Una volta, ai tempi dei giovani Mike e dei giovani David,

c’era il padre,

la madre quanto bastava

non c’era tanta omologazione

c’era meno diavoleria elettronica

si uccideva per e si salvava per

non c’era l’indifferente e nemmeno la raccolta indifferenziata

la droga, oggi, è anche cattiva, tagliata male, non serve a dilatare coscienze.

 

Fatto sta che in questa città non si drogava più nessuno, e una curva che avesse indicizzato l’andamento dell’abuso di alcoolici e droghe avrebbe picchiato verso lo zero assoluto… tanto che le discoteche non avevano più alcun senso, visto che l’ebbrezza e l’euforia drogareccia non distorcevano più il rumore discotecaro in musica; eppure, nonostanti questi radicali cambiamenti, la gente perbene, ipocrita, e finta tollerante, tale solo perché del tutto indifferente, morta dentro, insomma, quanto più la vedete splendida splendente all’esterno, firmata, elegante, alla moda (mio Dio, la gente vestita alla pagina, indossa lapidi e arroganza per far fronte alla propria e più totale insicurezza, ti spiattella questi visi freddi e acuminati come cunei per tener sollevate porte che altrimenti si chiuderebbero da sole come le loro anime lì lì in bilico per accartocciarsi su se stesse al minimo spiraglio di vento coscienziale,) insomma, questa gente alla moda, elegante, firmata come i porci con il tatuaggio dell’azienda agricola di provenienza, non si accorge nemmeno di questo rinsavimento generale, generico e per lo più giovanile.

 

Si deve al geniale Elgan Protosik, nome di finzione del signor Graziano Baldassarre, pseudonimo dello scrittore Baltasar Gracian, di questo signore, di cui niente sappiamo, dobbiamo a lui il mutamento dei costumi tale per cui si smise l’abuso di sostanze eclatanti e stupefacenti con tutte le conseguenze che ne derivarono, e che nell’immediato furono a dir poco sbalorditive, poiché da sempre auspicabili dal buoncostume delle famiglie e della comunità cittadina tutta. Però i centri di disintossicazione risentirono profondamente degli effetti della nuova rivoluzione tanto che dovettero chiudere i battenti e battersi per ripristinare il normale abuso di alcool e laudani vari. Diminuirono i ricoveri per epatiti ascrivibili all’abuso di coca, eroina, pasticche et cetera. Insomma, cari lettori e care lettrici, questa città divenne l’unica città in cui nessuno si drogava più e dove nessuno non si alcolizzava più.

 

Quando arrivò il tizio, lui, Protosik, cioè Gracian, cioè Graziano, si presentò come dott. Ludovico Giglioli. Tossicologo. Psicoterapeuta, esperto di pratiche orgoniche, strenuo difensore delle teorie bioenergetiche di Reich, al bisogno anche pranoterapeuta .

 

Si materializzò la mattina del 30 novembre 1996: quest’uomo dall’aspetto imponente e gentile, elegante e di grigio, viso ben disegnato, una tesa del cappello sulla fronte poco ampia ma nemmeno stretta, perfetta, naso greco, labbra morbide, carnose, gote rasate, non troppo pallide, occhi chiari, capelli biondo scuro, entrò nell’ufficio del direttore e gli presentò il suo Progetto orgonico per il recupero di tossicodipendenti e alcoolisti, dopo essersi seduto, la borsa di pelle nera sulle gambe, e dopo aver, prima di sedersi, tolto il soprabito, levato il cappello posandolo sulla borsa che era sulle gambe, sfoderato un sorriso bianco e cordiale, sottraendo la sua fisiognomica posturale a quanto di gelido e falsamente cortese potesse tradire l’insieme degli elementi della sua persona.

 

Prese a parlare con un’affabilità che affascinò entrambi, lui e anche il direttore. Lo straniero, tale appariva il Giglioli agli occhi succulenti del direttore, accompagnava le parole con gesti misurati e come annotati in punti strategici di un ideale pentagramma discorsivo, nessuna insicurezza interiore trapelava, grazie a una gesticolazione per nulla pleonastica: tipo affettare esageratamente l’aria con le mani, sbarrare gli occhi, storcere la bocca, corrugare la fronte e tutti i muscoli del viso per sottolineare, per convincere, per imbambolare l’interlocutore. Giglioli non doveva fregare nessuno: la sua idea avrebbe funzionato indipendentemente da ogni trucco retorico e mimico.

Fluido, una dizione perfetta, invisibile. Spiegò.

 

Il fatto precipitò. Sparirono i tossicodipendenti, sparirono tutte le droghe e gli alcoli, sparirono le strutture socio-sanitarie finalizzare al recupero. E la città divenne pulita.

 

Ma non molto tempo dopo, il moto orgonico che avrebbe dovuto salvare, come fece, la città dalle droghe e dagli alcoli devastò, ahi loro, boomerang, rivoltandoglisi contro, di nuovo la città. E la causa orgonica generò un’altra epidemia di problemi e dipendenze: pansessualità, promiscuità sessuale transgenerazionale, anche. Non si capì perché il Giglioli avesse proibito l’uso dei profilattici. Sicché il numero di nascite aumentò vertiginosamente e in proporzione aumentarono le morti per malattie a trasmissione sessuale mentre i decessi per overdose e cirrosi sparirono. Non si capì nemmeno perché il Giglioli avesse proibito che i malati compulsivi di sesso, di aids e di epatite, potessero curarsi. Molti pensarono, e tuttora restano dello stesso parere, che Giglioli, fosse solo un impostore patologico e malvagio, un imbroglione senza scrupoli, per il fatto, ovvio, che di lui, a un certo punto, si persero, inspiegabilmente, le tracce.

 


Gianluca Garrapa è counselor psicoanalitico, speaker radiofonico, poeta, scrittore, comico, performer, a volte descrittore visivo in collettive di pittura; scrive per Satisfiction; sue scomparse su vari siti web: Gammm, Compostx, Slowforward, Nazione Indiana, Critica Impura, Poetarum Silva, Verde Rivista, Fara poesia, Patrialetteratura, Larosainpiu, Il fatto quotidiano, Il sole24ore.

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Il sommo revival di Tondelli – Gabriele Galligani

Saggio su Tondelli e la letteratura del male di Gabriele Galligani.

La nostalgia che avremo di noi – Anna Voltaggio, Neri Pozza

Estratto dall'esordio letterario di Anna Voltaggio edito Neri Pozza.

“Nome e Lagrime” di Elio Vittorini – nuova edizione Bompiani

Nota critica alla nuova edizione Bompiani di "Nome e Lagrime" di Elio Vittorini

Felicia Buonomo – tre racconti brevi

Tre brevi racconti inediti

Disfacimenti

di Manuel Maria Perrone
Abbiamo parlato troppo. Abbiamo detto tutto. Però: a me piaceva quel profumo, le notti d’estate, quando si stava zitti.

Note d’altrove #2  – Gianluca Cangemi

  Due poesie inedite di Gianluca Cangemi   Ho le mani impolverate di pollini e galassie. Saetta la serpe. La polvere di un sorriso mi...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: