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Il bacio di Puig

di Francesca Fiorletta

Recentemente le Edizioni SUR hanno ripubblicato “Il bacio della donna ragno”, un brillante e commuovente romanzo-dialogo dello scrittore argentino Manuel Puig, già tradotto da Angelo Morino, con la prefazione di Alan Pauls, tradotta da Martina Testa.
I due protagonisti, Valentín e Molina, sono due detenuti, alle prese coi piccoli grandi demoni della loro vita.
Di seguito, un estratto.

*

La chiesetta di legno, il cieco e la zitellona fanno da testimoni, qualche candela accesa sull’altare senza fiori, i banchi vuoti, le facce gravi, vuoto il sedile dell ’organista e il palco per i coristi, le parole del prete, la benedizione, il rimbombo dei passi nella navata deserta all ’uscita degli sposi seri, la sera che cala, il ritorno a casa in silenzio, le finestre aperte per far entrare l ’aria tiepida dell’estate, il letto di lui spostato nello studio, la camera da letto della domestica spostata nella camera da letto di lui, nell ’ex camera da letto di lui, la cena di nozze già preparata dalla zitellona, la tavola con due coperti nel soggiorno vicino alla finestra, il candelabro fra i due piatti, la buonanotte della zitellona, il suo scetticismo dinnanzi a un simulacro d’amore, la smorfia amara sulle sue labbra, la coppia in silenzio completo, la bottiglia di vino d ’annata, il brindisi senza parole, l ’impossibilità di guardarsi negli occhi, il cri cri dei grilli lì nel giardino, il lieve rumore – mai udito prima d’allora – delle fronde del bosco che la brezza culla, lo splendore strano – mai visto prima d’allora – dei candelabri, lo splendore sempre più strano, il contorno sfumato d’ogni cosa, della faccia tanto brutta di lei, della faccia sfigurata di lui, la musica quasi impercettibile e dolcissima che non si sa da dove provenga, il volto di lei e tutta la sua figura avvolta fra bruma e luce bianca, percettibile solo lo scintillio dei suoi occhi, la bruma che svanisce poco a poco, un grazioso volto di donna, lo stesso volto della servetta ma le rozze sopracciglia trasformate in delicate linee di matita, illuminati da dentro gli occhi, allungate ad arco le palpebre, la pelle una porcellana, le labbra schiuse in un sorriso dai denti perfetti, i capelli ondulati in serici riccioli, e il semplice vestito di percalle?, un elegante vestito da sera di pizzo, e lui?, impossibile distinguere i suoi lineamenti, la vista deformata dai riflessi dei candelabri o magari come attraverso uno sguardo carico di lacrime, il volto di lui visto da occhi carichi di lacrime, le lacrime s’asciugano, il volto di lui visto in tutta chiarezza, un volto di ragazzo allegro e bello che più non si può, ma con le mani tremanti, no, lei con le mani tremanti, l’avvicinarsi di una mano di lui a una mano di lei, mormorio del vento tra le fronde del bosco o violini e arpe?, gli occhi negli occhi l ’uno dell’altra, entrambi convinti di sentire violini e arpe portati dalla brezza profumata dalle araucarie, la stretta delle mani, le labbra che s’avvicinano, il primo e umido bacio, il palpito dei cuori… all ’unisono, la notte tempestata di stelle, non sono più a tavola… i tavoli vuoti nel ristorante, i camerieri seduti mentre aspettano i clienti, le ore lente e calme dopo la mezzanotte, la sigaretta appena accesa a un angolo delle sue labbra, l ’angolo sinistro o destro delle sue labbra, la sua saliva dal gusto di tabacco, di tabacco nero, lo sguardo triste smarrito in lontananza, alla finestra il passaggio di auto bagnate di pioggia, un’auto dopo l ’altra, si ricorda di me?, perché non è mai venuto a trovarmi?, non potrebbe un giorno fare a cambio di turno con un collega?, sarà andato dal medico per il dolore all ’orecchio?, rimandava da un giorno all’altro, di notte a volte dolori orribili, a sentire lui giurava sempre che il giorno dopo ci sarebbe andato, il giorno dopo il dolore passava e si dimenticava di andare dal dottore, e la notte mentre aspetta nel ristorante i clienti dopo mezzanotte sicuramente si ricorda e pensa e si dice che domani verrà a trovarmi, e guarda dai vetri le auto che passano, e la cosa più triste è se nel ristorante i vetri sulla facciata sono rimasti bagnati di pioggia, come se il ristorante si fosse messo a piangere, perché lui non molla mai, stringe i denti perché è un uomo e non molla una lacrima, e quando io penso forte forte a qualcuno vedo nel mio ricordo la faccia riflessa, su un vetro trasparente e bagnato di pioggia, la faccia sfumata che vedo nel mio ricordo, la faccia di mami e la faccia di lui, certo che si ricorda, e magari venisse, magari venisse, prima una domenica, e poi nella vita è tutta questione d’abitudine, viene un altro giorno, e un altro, e al momento dell ’indulto lui m’aspetta davanti al carcere, prendiamo un taxi, la stretta delle mani, il primo bacio è timido e secco, le labbra chiuse sono secche, le labbra schiuse sono già un po’ più umide, la saliva al sapore di tabacco?, e se muoio prima di uscire da questo carcere non saprò mai che gusto ha la sua saliva, cos’è successo quella sera?, al risveglio la paura che sia stato tutto un sogno, con infinita paura un’occhiata reciproca alla luce del giorno, in quella casetta vivono una ragazza graziosa e un ragazzo bello che più non si può. 

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1 commento

  1. Spettacolare l’incedere di questo brano – bello il libro ed importanti le pubblicazioni di Sur, che fa un ottimo lavoro di divulgazione di autori sudamericani dimenticati o sconosciuti ma fondamentali, come Puig, Sabato o Benedetti. Grazie!

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