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VivaVoce#08 Edna St. Vincent Millay [ 1892 – 1950 ]

Edna St. Vincent Millay a Mamaroneck – NY, 1914, foto di Arnold Genthe.

Edna St. Vincent Millay
legge Recuerdo
da Collected Poems [1931]


 

Recuerdo

We were very tired, we were very merry
We had gone back and forth all night on the ferry.
It was bare and bright, and smelled like a stable
But we looked into a fire, we leaned across a table,
We lay on a hill-top underneath the moon;
And the whistles kept blowing and the dawn came soon.
 
We were very tired, we were very merry
We had gone back and forth all night on the ferry;
And you ate an apple, and I ate a pear,
From a dozen of each we had bought somewhere;
And the sky went wan, and the wind came cold,
And the sun rose dripping, a bucketful of gold.
 
We were very tired, we were very merry
We had gone back and forth all night on the ferry.
We hailed, “Good morrow, mother!” to a shawl-covered head,
And bought a morning paper, which neither of us read;
And she wept, “God bless you!” for the apples and pears,
And we gave her all our money but our subway fares.

Ricordo

Eravamo molto stanchi, eravamo molto allegri,
Eravamo andati avanti e indietro tutta notte sul ferry;
Era vuoto e illuminato, e sapeva di stalla
Ma abbiamo fissato un fuoco, siamo crollati su un tavolo,
Ci siamo sdraiati in cima a una collina arresi alla luna;
E i fischi continuavano e l’alba è venuta subito.
 
Eravamo molto stanchi, eravamo molto allegri
Eravamo andati avanti e indietro tutta notte sul ferry.
E tu hai mangiato una mela, e io ho mangiato una pera,
Della dozzina che da qualche parte avevamo presa;
E il cielo divenne pallido, e il vento si fece freddo,
E il sole sorse sgocciolando d’oro un secchio.
 
Eravamo molto stanchi, eravamo molto allegri
Eravamo andati avanti e indietro tutta notte sul ferry.
Abbiamo salutato, “Buondí, mamma!” una con in testa lo scialletto,
E comprato un giornale del mattino, che nessuno avrebbe letto;
E lei ha pianto, “Dio vi benedica!” per le mele e le pere,
E le abbiamo dato tutti i nostri soldi, tranne quelli per la subway.

[ trad. Orsola Puecher ]

 

di Orsola Puecher

 

La voce di Edna Saint Vincent Millay cantilenante a tratti, ma ferma e forte, ci arriva dall’inizio del secolo scorso per raccontare di un traghetto notturno, quello di ⇨ Staten Island, che non costa nulla e non si ferma mai, e vaga per tutta la notte, portando due amici, forse innamorati, in un viaggio che finisce regalando delle pere e delle mele, comprate magari come cena per risparmiare, a una donna, una mamma archetipo, con uno scialletto in testa. Ancora sul traghetto, o sulla riva, o durante la corsa, o dopo, la mattina presto, le regalano anche tutti i loro pochi soldi, tenendosi solo quelli della tariffa della metropolitana per il ritorno.
 
  
  

L’avventura di un incontro fra due giovani bohemienne del Greenwich Village, il ricordo di una notte, i rumori, i fischi, il chiarore di un fuoco, sdraiarsi alla luce della luna, aspettare l’alba, con pochi soldi, la stanchezza e l’allegria della libertà da ogni vincolo di tempo e spazio. La stanchezza allegra di quando si é giovani e innamorati dopo una notte di veglia fra le tante piccole sconsiderate cose che si fanno. I primi due versi “Eravamo molto stanchi, eravamo molto allegri/Eravamo andati avanti e indietro tutta notte sul ferry.” si ripetono all’inizio di ogni stanza. Come in una ballata inquadrano le singole scene e trattengono solo per qualche istante il passato e lo scorrere della notte. La parola è semplice: il racconto quotidiano, liberato dal lirismo ottocentesco, diventa acutamente poetico solo nel descrivere il cielo che impallidisce, l’alba che sgocciola oro e la rima culla la notte fino al mattino. La semplicità eleva e trasfigura ogni cosa.


 
Henry e Cora

Edna Saint Vincent Millay è la prima donna a vincere il Premio Pulitzer per la Poesia da poco istituito, a soli 31 anni nel 1923, con la raccolta The Ballad of the Harp-Weavernasce. Nasce a Rockland nel Maine. Il secondo nome Saint Vincent, da lei molto amato, le viene dato in onore di un ospedale di New York dove lo zio ebbe salva la vita poco prima della sua nascita. La madre Cora Lounella Buzelle è infermiera e il padre Henry Tolman Millay insegnante, vive un’infanzia fra le montagne in una mitica casa dove
 

Between the mountains and the sea where baskets of apples and drying herbs on the porch mingled their scents with those of the neighboring pine woods. 1

Edna, Norma e Kathleen
Dopo alcuni anni di separazione i genitori divorziano ed Edna con la madre Cora e le sue due sorelle Norma e Kathleen e si trasferiscono di città in città vivendo molto poveramente, ma con al seguito un baule pieno di libri, classici da Shakespeare a Milton, che la madre era solita leggere alle figlie. Le ragazze crescono indipendenti e con atteggiamenti inconsueti per l’epoca. Edna che amava farsi chiamare Vincent si scontra per questo con il preside della scuola elementare. Alle scuole superiori inizia a sviluppare il suo talento letterario, vincendo premi di poesia e pubblicando sonetti su piccole riviste locali
 
 
Nel 1913 a 21 anni entra nel famoso ⇨ Vassar College, crogiolo di talenti letterari, da Mary McCarthy a Elizabeth Bishop.

  
  

Si laurea nel 1917 e si traferisce a New York da sola, nel Greenwich Village, dove vive una vita molto povera ma molto stimolante, in un ambiente che era il fulcro della vita culturale e letteraria dell’epoca. Scrive drammi sperimentali per il teatro e articoli su riviste con lo pseudonimo di Nancy Boyd per mantenersi. E’ molto corteggiata ma molto indipendente.
 

Smoking!

 
Con il poema ⇨ Renascence ottiene il quarto posto nel concorso The Lyric Year, ma a detta di tutti avrebbe meritato il primo premio, così il vincitore del secondo posto le offre i suoi 250 dollari e una facoltosa mecenate delle arti Caroline B. Dow dopo aver sentito la Millay recitare le sue poesie e suonare il pianoforte al Whitehall Inn di Camden, nel Maine, ne fu così impressionata, che si offrì di pagare i suoi studi al Vassar College, che altrimenti Edna non avrebbe mai potuto frequentare.

  
  

Edna e Jan

 
La raccolta del 1920 A Few figs from Thistles suscita scandalo per la sua esplorazione della sessualità femminile. Nel gennaio del ’21 Edna va a Parigi dove incontra e ha un breve relazione con la scultrice ⇨ Thelma Wood e nel 1923 sposa Eugen Jan Boissevain vedovo di una sua compagna del Vassar College, l’avvocato e giornalista femminista ⇨ Inez Milholland.
Un matrimonio molto aperto che durò 26 anni, con vari altri rapporti per entrambi, come l’importante relazione con il poeta ⇨ George Dillon, che Edna aveva incontrato in occasione di una sua lezione all’Università di Chicago nel 1928, quando Dillon era ancora uno studente ed era di ben quattordici anni più giovane di lei. La relazione le ispirò i sonetti della raccolta Fatal Interview, pubblicata nel 1931.
 
Edna e George

 
Edna e Jan comprano la fattoria di Steepletop ad Austerlitz NY con orto e giardini, dove si stabiliscono.
 
Austerlitz estate 1929

 
Durante la Prima Guerra mondiale Edna è pacifista, ma nel ‘40 sostiene le forze alleate, cosa non molto ben vista nei circoli letterari. Scrive un articolo sul New York Times Magazine sulla città boema di Lidice devastata dai nazisti che poi le ispira il poema Murder of Lidice, usato come base per il film del ‘43 Hitler’s Madman. diretto da Douglas Sirk.
 

The whole world holds in its arms today
The murdered village of Lidice,
Like the murdered body of a little child.
2



 
Nel ‘43 riceve la Medaglia Robert Frost per il suo contributo alla poesia americana.
Boissevan muore nl 1949 di cancro ai polmoni e Millay vive da sola ad Austerlitz per l’ultimo anno della sua vita. Nel 1950 cade dalle scale per un infarto e viene trovata solo dopo 8 ore. E’ sepolta ad Austerlitz con il marito.
La sorella di Edna, Norma, e il marito, il pittore ed attore Charles Frederick Ellis, si stabilirono a Steepletop dopo la morte di Edna. Nel 1973 fondano una colonia di artisti sui sette acri intorno alla casa e alla rimessa. Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1976, Norma prosegue nel programma fino al suo decesso, avvenuto nel 1986.
 
La casa di Steepletop

da Storia di un avanguardia
di ⇨ Matthew Josephson
Il saggiatore, aprile 1965
Pag. 66-68
[ trad. Matilde Boffito Serra ]
 
 
Una sera a Clemenceau Cottage il ronzio delle chiacchiere e il fuoco di fila dei paradossi si arrestò quando uno degli habitués si presentò con una giovane donna sui ventisei anni, piccolina, dai capelli color rame. Aveva un nasino all’insù e un sorriso incantevole, sebbene non fosse una bellezza, era graziosissima, parlava con una voce dolce e camminava come se fluttuasse nell’aria. Era Edna St. Vincent Millay, una delle voci nuove della poesia americana, che si era conquistata la fama qualche anno prima con la lirica Renaissance, diventando così la graziosa sibilla dell’epoca nuova. A quel tempo la su produzione teatrale, Aria da capo, in cui ella stessa doveva rappresentare la parte principale, era in prova al teatro dei Provincetown Players, sotto la direzione di John Light.
Edna Millay, la piccola fata di Rockland, nel Maine, e di Vassar College, creava facilmente intorno a se un’aria d’incanto a cui tutti bramavano partecipare. Ci raggruppavamo intorno a lei, pendevamo dalle sue labbra, la viziavamo un poco; i più maligni si esprimevano con dolcezza. Quando se ne andò parlammo di lei con profondo interesse. Circolavano già due sottili volumetti di sue liriche. Alcuni di noi che scrivevano versi, ma alla maniera di Ezra Pound, si domandavano se non ci fosse ancora nell’opera sua un pochino del gergo ottocentesco sulla natura e sulla vita. Ma gli altri ci fecero tacere indignati come se avessimo bestemmiato. Indicarono numerosi brani che riflettevano direttamente e con forza, la naturale personalità della Millay e non erano chiacchiere per amor della rima, Queste espressioni del suo alto spirito e del coraggio con cui affrontava la vita esercitarono un forte fascino sulle femministe di tutto il decennio. Numerose ragazze venivano da Radcliff o dal Vassar College per far carriera a New York, spronate da verso come: ”Oh mondo, non posso abbracciarti abbastanza stretto…”; parlavano arditamente di vivere in fretta e di andare in ferryboat a Staten Island con il loro giovane amico.
Senza dubbio Edna Millay descriveva il proprio godimento dei piaceri d’amore con una schiettezza e un’evidenza rare nelle poetesse dal tempo di Saffo in poi, e difendeva il diritto della donna all’”incostanza”, ben poteva essere stato incostante l’uomo, in passato, ma che apertamente una giovane donna dichiarasse passeggera l’attrazione provata per alcuni individui dell’altro sesso, e
 
…ragione insufficiente
per riparlarne quando c’incontreremo di nuovo.

 
era un po’ forte. E ancora:
 
Quali labbra baciarono le mie, e dove e perché.
Più non ricordo, e quale braccio si posò
Sotto il mio capo fino alla mattina…

 
Più di un galante conquistatore del nostro circolo letterario doveva essere scottato da quelle provocanti dichiarazioni. Ho interrogato recentemente in proposito una delle vecchie amiche della Millay, Susann Light, ora Susan Jenkins. Non erano offesi quei bei tipi della capacità di Edna di dimenticare il loro fascino virile? “Ah” fu la risposta “non ci credevano mica!”
Con mio rincrescimento vidi assai di rado Millay fino a parecchia anni dopo a Parigi. A dire il vero non era nel suo elemento, come a Staten Island o sulla costa del Maine. Non c’erano, lì, le onde dell’oceano, non selvaggi promontori, non gabbiani roteanti intorno alla sua graziosa testolina. Non bisogna dimenticare tuttavia l’effetto ispiratore, quasi di una George Sand americana, da lei esercitato sulla concezione morale della vita degli anni venti.


 
Fra i libri

 

 

VivaVoce#01: Thomas Stearns Eliot [1888–1965]
VivaVoce#02: Gherasim Luca [1913–1994]
VivaVoce#03: Sylvia Plath [1932–1963]
VivaVoce#04: Guillaume Apollinaire [1880–1918]
VivaVoce#05: Juan Gelman [ 1930, Buenos Aires ]
VivaVoce#06: Elizabeth Bishop [ 1911 – 1979 ]
VivaVoce#07: Virginia Woolf [ 1882 – 1941 ]

 

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NOTE
  1. tra le montagne e il mare dove cesti di mele ed erbe essiccate sotto il portico mescolavano i loro profumi a quelli delle vicine pinete.
  2. Tutto il mondo tiene nelle sue braccia oggi
    Il villaggio assassinato di Lidice
    Come il corpo assassinato di un bimbo piccolo.

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orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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