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Elezioni svedesi: la solita disinformazione

di Monica Mazzitelli

(ho chiesto alla mia amica Monica di permettermi di postare anche qui su NI un pezzo bello e chiarificatore sulla situazione svedese. Monica vive in Svezia da tempo, parla la lingua ed è attenta a quel che accade. La ringrazio anche qui. A.S.)
In questi giorni ho letto alcuni articoli di giornali italiani sedicenti comunisti a proposito delle elezioni qui in Svezia, e sono rimasta abbastanza sbigottita dai contenuti. In sostanza, tutti ripetono di fatto la stessa identica vulgata del partito nazionalista e xenofobo Sverigedemokraterna (“Democratici di Svezia”) ovvero che gli svedesi siano “stufi dei problemi della criminalità causati dall’immigrazione” e “stanchi di dover sostenere economicamente la pressione fiscale generata dai costi dell’immigrazione”.
Vorrei rassicurarvi su una cosa: qui in Svezia non c’è alcun tipo di fenomeno che possa essere descritto come un problema di criminalità come lo conosciamo noi in Italia. Il livello è semmai paragonabile a quello di una cittadina altoatesina. Inoltre anche qui come in Italia i crimini sono in continua discesa, omicidi compresi. Aumentano quelli afferibili alla sfera sessuale non tanto perché ne aumenti la portata in termini assoluti (a eccezione di quelli legati all’eccessivo consumo di materiali pornografici, su cui ho scritto in passato), ma soprattutto perché la giurisprudenza in materia di crimini di natura sessuale si fa sempre più aspra – fortunatamente – e sanziona praticamente qualsiasi tipo di comportamento che non sia frutto di una piena e consensuale scelta adulta.

Passiamo all’immigrazione: la Svezia per anni si è fatta carico di un’immane ondata migratoria completamente imparagonabile a quella sperimentata dall’Italia. Con la generosità sociale che storicamente la contraddistingue, la nazione ha accettato un numero di rifugiati e immigrati che avrebbe portato l’Italia ad avere la Lega come primo partito al 75% delle preferenze. I numeri in questo senso sono assai diversi, a leggere le statistiche, ma se vogliamo fidarci di quelle delle Nazioni Unite, troviamo la Svezia in testa con 23,4 rifugiati per 1000 abitanti (semplificando, il 2,34%) a fronte di un’Italia che ne ha accettati 2,4 (lo 0,24%). L’accoglienza nasce dal fatto che la Svezia è la capitale morale mondiale del senso civico: qui le leggi e gli accordi si rispettano, costi quel che costi.
Il seguito leggetelo qui.

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5 Commenti

  1. Articolo interessante e convincente nella sua tesi principale che la paura del declassamento sociale sia un fattore decisivo per l’affermazione del partito xenofobo. Da perfetto ignorante della Svezia, mi sembra di poter concludere che evidentemente nella socialdemocratica Svezia hanno un ruolo fondamentale modelli culturali ed economici che socialdemocratici evidentemente non sono, se vi è questo timore per quanto irrazionale.
    Una precisazione infine: nella parte dell’articolo dedicata ai mirabilia Sueciae l’autrice sottolinea come lei residente da soli sei mesi possa votare alle elezioni amministrative. Questo accade anche in un paese moralmente inferiore come l’Italia, qualsiasi cittadino comunitario ha diritto di votare alle amministrative indipendentemente dal tempo di residenza. Credo che si tratti di una direttiva europea recepita dalle varie legislazioni nazionali e non è il segno di una concessione particolare, ma è l’applicazione del principio per cui pagando le tasse nel luogo di residenza si ha diritto anche a scegliersi gli amministratori locali.

    • Grazie per il commento. Il timore è irrazionale, appunto, ed esiste ovunque la gente abbia accesso a un televisore da cui può vedere pubblicità e narrativa filmica, soprattutto se nordamericana :)
      Grazie per la seconda parte del commento, questa possibilità prima in Italian non c’era, correggo il mio articolo!

  2. Esiste una sottile linea di confine fra i diritti sociali garantiti dallo stato come ammortizzatori di un sistema economico globale a base capitalista, e l´intolleranza per stili di vita non consoni promossa da uno stato sociali, fra l´avere diritti e l´essere educati a doveri, fra diritto e morale. Il margine e la distinzione fra politiche di sinistra e società autoritarie è anche il margine di scelta che una persona ha, in una socialdemocrazia, di vivere come cazzo gli pare. Vivo in Germania, lo vedo tutti i giorni. Il sussidio non è un´entità ideale unica, ci sono diversi modi di organizzare un sistema di sussidi che fanno la differenza fra essere di sinistra e essere dei fascisti.

  3. con l´Harz IV, conosco persone che ne sono uscite perché non ce la facevano più a subire un capillare controllo delle loro vite e dei loro conti correnti da parte di funzionari pubblici pagati a incentivi per “migliorarli” e a loro volta sottoposti a controlli e verifiche circa la loro, chiamiamola così, produttività. Un saluto

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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