Ancora nessun tweet? Da Verona all’Alabama: geografia della disumanizzazione

di Micol Bez

1.

Tu credi alle mappe?

 

Guardo con fiducia la mappa sullo schermo, la fissità della storia che racconta. Una, sempre. Vorrei affidarmi a lei. Un silenzio imposto ne soffoca le linee multiple, il troppo delle cose, il tempo. Si passa il bianco su ogni eccesso. Per fare una carta geografica è necessario un sfondo muto, una storia ripudiata.

«Comment faire avancer le récit quand la structure, elle, est ellipsoïdale?» chiedeva venerdì scorso Wajdi Mouawad in un blu siderale. Come procedere, a passo cauto, nella frammentazione. È forse una sincronia quella di cui ho bisogno. Un venire al mondo insieme di archeologia e costruzione, attraversare e essere attraversati.

Non bisogna cedere al fascino della tassonomia. Rifiutare di obbedire all’ordine. Questo mi sussurra la china di William Kentridge, bisogna disegnare sulle carte geografiche, vedere nella geografia l’arte, il vacillare della linea incerta, il suo poter essere altrimenti. Lo vedo muoversi e danzare sulla storia, riscattare il disegno e la sua apertura. Partire, ogni giorno, in missione di salvataggio, per sottrarre le nostre rappresentazioni alla presenza. All’identità.

Io credo alle tracce, a quei tratti senza origine. Anzi, ancor più, mi fido di quelli che hanno un’origine, ma non la concedono. Mi fido di chi combatte ogni fissità.

 

2.

Pochi giorni fa in Alabama, alcuni mesi fa a Verona, prima ancora a Buenos Aires, giorno dopo giorno nell’amministrazione Trump.

Pochi giorni fa, in Alabama, è passato un divieto quasi totale dell’aborto. Nessuna eccezione per stupro o incesto. L’interruzione è permessa solo nei casi in cui ci sia un «serio pericolo» per la vita della madre. Non staremo qui a definire “vita”. Fino a 99 anni di carcere il prezzo della resistenza.

Qualcuno ha iniziato a condividere una storia, seguita dall’hashtag #YouKnowMe, per rendere visibile quello su cui da sempre si passa una mano di bianco. Per ricordarci una familiarità lancinante, o meglio, il lancinare improvviso del bisogno di familiarità per riconosce l’altro umano. Tu mi conosci. Tu, che pensi di non amare una persona che ha abortito, tu ami me. Tu che pensi di non condividere nulla con chi terminerebbe una gravidanza, tu sei mio alunno, mio paziente. Sei mio marito e mio figlio. Le storie si sono fatte mille. D’un tratto, come in autunno, la mappa è cambiata.

Un’economia necessaria: empatia in cambio di rispetto, e se fosse tua sorella o tua madre? Aspetto il giorno in cui questa domanda non sarà utile.

 

 

3.

#YouKnowMe Ero al Victoria and Albert Museum quando ho ritrovato la voce, gli abiti d’epoca e i polsi di Rodin così fraterni. La materia di tutto quello che restava. 

#YouKnowMe Ero sola in autunno. In una clinica privata da qualche parte a Washington, forse Bathesda o Arlington. Non so quando. Ricordo la fermata dell’autobus, il pannolone geriatrico e l’attesa di un’ora dopo la procedura, per sicurezza. Ci hanno messo poco e non me ne sono pentita. Ho chiesto la foto però. La firma ancor prima di sapere per certo, e in qualche modo anche l’atto. Sicuramente è stato tutto troppo rapido, mi ha tolto la parola. Poi la foto è bruciata, un anno dopo, per sbaglio in un incidente domestico, lasciando un quadrato bianco nella cenere. Non sarei chi sono senza quel vuoto bianco. -334

#YouKnowMe È stato semplice e sicuro. Perché porto un privilegio, perché ero in una città progressista e avevo 525 dollari in tasca.

#YouKnowMe I must have phoned, can’t find anything in my inbox. I command-F termination, D&C, TOP or STOP, (I just searched these terms online, still don’t know the details of the procedure today. Do you know the details of an appendectomy?) The email search returns blank. I must have called them, then probably taken a bus. It’s strange, I remember the bus on the way back, no idea how I got there. It was maybe near a park, naked threes left the window as I felt lighter, exhausted. I stare at the green spots on the map, must be near one of those. I must have slept in my college twin bed after. -320

#YouKnowMe In preda ad un empirismo ossessivo. Trovare il luogo, l’ora, l’ecografia bruciata insieme all’oro. Non c’è storiografia per queste spoglie.

#YouKnowMe È un imperativo politico. Si tessono mappe come la storia, falsando trama e ordito.

 

 

4.

Ha provato tante volte, in varie lingue, non ha una storia da raccontare, né ragioni da condividere. Non sa neanche trovare la data o il posto. In un certo senso, non ha avuto luogo. #You know me ?

Basterebbero 280 caratteri. Ha appena aperto twitter, oggi, forse anche per questo. Vuole partecipare, vuole essere solidale, coraggiosa. Eppure non trova una lingua da abitare, dove poter tessere questi legami di solidarietà basati sulla testimonianza collettiva, sulla condivisione online. Una lingua per scrivere una lettera d’amore all’Alabama, un gesto di supporto che le permetta di esprimere l’enorme privilegio che indossa ogni giorno e mettere la sua storia al servizio delle donne che ne sono spoglie. Ma non ha una storia da dare in pasto a twitter, non riesce a ricostruirne il tratto. Vorrebbe riscrivere l’hashtag, #How do you know me when I don’t? Ma non avrebbe, pensa,  nessuna utilità politica, nessuna forza.

 

5.

Forse la poesia, come la resistenza, nasce da un fallimento.

 

6.

Prova a partire dal luogo di ciò che per anni non ha avuto luogo. Immagina un punto su una carta geografica, delle foto su Google Maps che le offrano riparo e conferma. Cerca le cliniche di “family planning” intorno a Washington DC, le rispondono facce sorridenti di donne eleganti appese ai muri delle sale d’attesa. Nessuna assomiglia alla sua, le pareti marroni e la sala con il lettino in fondo a destra. Capital Women’s Services, Carafem Health Center, Silver Spring Family Planning. Niente. Possibile che non si ricordi neanche quanto è durato il viaggio per arrivarci? Niente. Trova solo frammenti, il sapore dell’autonomia e la solitudine.

Cerca ancora nelle mail, sicuramente le avranno mandato un messaggio per una visita di controllo, di certo non ti lasciano andare così, dopo un’ora, per sicurezza. Cerca, in inglese, D&C e voluntary interruption. La sua casella mail è pulita, nessuna traccia di questa vicenda che oggi vorrebbe ferocemente raccontare. Ne vede solo i risultati, le cose che sono succedute a quella scelta, una vita di conseguenze. Uno spazio aperto di possibilità che non sa e non vuole articolare in banali scenari controfattuali.

 

 

7.

#YouKnowMe Non c’è sulla mappa il punto
perdo il luogo e il segno
il quadrato senza cenere sul muretto
 
nessuna immagine mi offre il braccio
davanti allo scarto di quell’incendio
alla neve più grande di una vita
 
non so ora trovare il resoconto da darvi
i fatti, la fermata dell’autobus, il pannolone
le poltrone dove aspettare un’ora, per sicurezza
 
la decisione prima ancora di conoscere
la possibilità che portavo nel sonno
e quella che è venuta dopo
 
forse Bathesda o Arlington
provo su Google Maps
a trovare una materia alla memoria
 
certo non quello su Wisconsin ave
con le donne felici e per bene ai muri
sorrisi da tardo capitalismo
 
vedo drittissima una fila di crocette
un modulo, tre o quattro pareti marroni
tracce venute alla neve
 
l’algoritmo non lavora come la memoria
provo nella posta elettronica
cerco IVG, no, D&C, follow-up appointment
 
non ci sono mai andata
(ho cercato queste parole online)
il computer risponde
 
Follow-up on your readings for next week
Your contribution to the journal. Votre traduction du texte
We are pleased to inform you that your application
 
restano solo le tracce
la possibilità che è venuta dopo
lo strappo che ha aperto
 
non c’è sulla mappa il punto
nessun resoconto da darvi
o linea nella polvere
 
so di certo che non ve lo devo
non vi devo la perdita e il dono
delle parole di cui porto il lutto -1076

 

 

8.

Non vi devo niente di così commercialmente univoco. Né vi devo questo esercizio di costruzione identitaria. Né questo assemblaggio di frammenti. Non vi devo di scegliere tra il felice e il tragico. La domanda è cosa ci dovete voi. Voi che ci imponete di popolare twitter di storie, di spiegarvi le nostre ragioni e le situazioni in cui ci siamo trovate, affinché possiate pensarci come esseri senzienti, capaci di decidere. Perché è così, lo facciamo nella speranza che riconosciate la nostra umanità. Da Birmingham a Verona, si sta disegnando una nuova (e antichissima) geografia della disumanizzazione. Uno spazio epistemico in cui, ancora una volta, è necessario raccontarvi favole o esibire rigorose giustificazioni, per ricordarvi che abbiamo diritto a disporre del nostro corpo. La verità invece è che non siamo tenute a darvi nessuna spiegazione.

 

9.

#YouKnowMe We don’t owe you anything.

You owe us — all of us (of any gender, orientation, race, class and ability) in need of an abortion — respect and legal recognition.

 

 

Parigi, 19 maggio 2019

 

 

(Nell’immagine: Maria Lai, Telaio del meriggio, 1970)

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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