Un bacione a Saviano

di Mariasole Ariot

La parola è già movimento, atto, agire: qualcuno la sta ascoltando, e l’ascolto produce, incide, traccia. L’ascolto, anche quando passivo, è sempre attivo.

Le ultime dichiarazioni del Ministro degli Interni, un videomessaggio vagante nei social, pronunciato con la stessa leggerezza del mezzo, dice qualcosa che non può sparire nell’invisibilizzazione che il mezzo, nella sua produzione ipervelocizzata, in cui tutto ciò che appare, appare per un secondo e poi slitta, e slitta fino a scomparire.

Probabilmente è anche questa una scelta voluta: dire, e potersi permettere il lusso che il detto venga presto tralasciato.

Ecco, io non credo che le dichiarazioni che partono da un bacio ad un uomo sotto scorta dai suoi 26 anni, che è minaccia, un bacio che poi dal singolo si estende a tutte le figure che (da sempre, dall’inizio) ha attaccato, si possano tralasciare, ci si possa scorrere sopra, accanto, forse dichiarare per un momento il proprio disgusto, e poi aggiungere: suvvia, non ha presa, suvvia, si sgonfierà, suvvia, non ha peso, il peso cade, è già caduto.

Perché Salvini non è un’eccezione, un’eccedenza, un elemento meteora solitario. Quel respiro d’odio, che dice perversamente: godo nell’angosciarti/nell’angosciare, è una cifra che va considerata del nostro tempo.

Che entra negli interstizi, nel discorso comune, dove non c’è più nemmeno l’imbarazzo e il rossore nel dichiare il proprio disgusto e l’odio verso l’Altro.

Salvini nasce e si muove all’interno di queste coordinate storiche e sociali che fanno da risonanza armonica: lui parla, viene ascoltato, gli altri parlano, lui ascolta, lui ridice. In parte a capo di un discorso che lui stesso genera, in parte portavoce di una narrazione che negli anni si è radicata.
Non può passare nel silenzio un video, la parola in cui viene dichiarato l’intento e il desiderio di decidere per la vita – perché di questo si tratta – di soggetti a rischio, in pericolo, in un paese in cui quel pericolo esiste nel sottosuolo e ai gradi più alti – e che la storia ci ricorda a cosa ha portato, quali vittime ha esposto, che sono esposte,  e poi ha  bruciato.
Non può sparire sottotraccia il paradosso del “non interverrò su casi personali” quando l’inizio – e l’inizio, l’incipit è sempre una dichiarazione d’intento – va nella direzione opposta.
Ma oltrepassando quel bacio iniziale diretto a Roberto Saviano, il bacio si espande, oltrepassa un limite. Che quel dire sia un dire che all’interno di uno Stato di Diritto non possa concretamente modificare le decisioni seguenti non è un deterrrente per chiudere un occhio, per lasciar cadere.

Non sono solo i fatti, gli agiti, a mettere in movimento: come scriveva Canetti, “nell’oscurità, le parole pesano il doppio”.

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5 Commenti

  1. Ancor più che come un paradosso, quell’incipit suona come una voluta e ricercata (ed anche perfidamente sarcastica) “excusatio non petita”: lo so che esordendo col bacione a Saviano andrò in contraddizione con l’imparzialità che proclamerò dopo, ma sono il potere e, in quanto potere, me ne frego di cadere in contraddizione; perché le contraddizioni si dissolvono nello strapotere conferitomi dal consenso popolare. Insomma, io sono IO e, forte del mio onnipotente consenso, posso anche giocare con la tua angoscia, come gioco con la vita e la morte degli immigrati.
    “Un bacione dal lago di Como, controllando che non ci siano barchini o barconi all’orizzonte. Buona domenica Amici!”, sono parole, recenti, dello stesso spargitore seriale di baci e bacioni.

    Il problema, poi, si amplifica e diventa catastrofico se si pensa ai tanti che lo seguono (e lo emulano) e trovano buffi e condivisibili questi atteggiamenti da ras del quartiere globale.
    Qualcuno magari parlerà anche di satira. Ma la satira mira a sbeffeggiare e mettere in ridicolo il potere. Se si ride di chi subisce i soprusi del potere o di chi per un motivo o per un altro sta male o è in uno stato di subalternità o prostrazione non è satira, ma umiliazione, prevaricazione o prona complicità con l’oppressore di turno.

  2. Concordo appieno con tutto ciò che ha scritto Gaetano e ci tengo a rimarcare la leggerezza, l’evanescenza attribuita alle parole pronunciate per rappresentare invece situazioni, tragedie, disagi del tutto concreti e lancinanti per i veri protagonisti.
    Avallare ogni locuzione come accettabile rende digeribile qualsiasi messaggio si voglia far passare, e si contagia con questa crudele serenità coloro che non hanno strumenti critici per analizzarla e stigmatizzarla. Tutto diviene così sopportabile, anzi, si insedia nello stomaco di chi ascolta il pregiudizio che il sopruso, l’aggressività e la violenza siano l’unico metodo relazionale, sempre che il nostro interlocutore sia indifeso rispetto a noi.
    Il lanciabacioni seriale intanto se la gode della pochezza intellettuale e morale del suo pubblico, come un imbonitore che riesce a smerciare fino all’ultimo articolo, e usa violenza anche sui sostenitori stessi, che non se ne accorgono e sorridono. Il sorriso in faccia al baratro.

  3. “Tutto diviene così sopportabile, anzi, si insedia nello stomaco di chi ascolta il pregiudizio che il sopruso, l’aggressività e la violenza siano l’unico metodo relazionale, sempre che il nostro interlocutore sia indifeso rispetto a noi.” – che è, Marco di Pasquale, anche il motivo per cui su fatti come questi, atti come questi, anziché la parola che denuncia, sembra vincere il silenzio, il “massì”. E sotto, attraverso quel silenzio, fomenta e cresce appunto la modalità relazionale di cui parli, che purtroppo dilaga a macchia d’olio.

  4. mi ricorda quel saluto che uno dei mafiosi incriminati fece al pubblico ministero durante il maxiprocesso: “tanti cari saluti alla sua famiglia” – minaccia, bispensiero, scardinamento dei principi civili e democratici…c’è tutto anche qui purtroppo

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mariasole ariot
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot ha pubblicato Essendo il dentro un fuori infinito, Elegia, opera vincitrice del Premio Montano 2021 sezione opera inedita (Anterem Edizioni, 2021), Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), poesie e prose in antologie italiane e straniere. Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato a esposizioni collettive.  Aree di interesse: letteratura, sociologia, arti visuali, psicologia, filosofia. Per la saggistica prediligo l'originalità di pensiero e l'ideazione. In prosa e in poesia, forme di scrittura sperimentali e di ricerca. Cerco di rispondere a tutti, ma non sempre la risposta può essere garantita.
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