I fumi della fornace (primo quaderno dei contributi)

 

 

Occorre inventare la città come manifesto sussultorio, per rompere i programmi da troppo tempo fissati nel cemento. Occorre pensare la casa come «luogo eletto a dimora del proprio nomadismo», cantiere a cielo aperto e viva fornace, affinché tutto sia fatto per bruciare. Occorre disinquinare, anzi spurgare le immagini dall’amianto che le attanaglia (questo il mestiere del poeta-architetto nel Theatrum Mundi). Occorre infine piegare il patto dei divorzi, della separazione tra uomo e ambiente.

Così è nata “I Fumi della fornace”, una festa della poesia ospitata per tre giorni (29, 30, 31 agosto)  tra le vie del piccola frazione di Valle Cascia (Montecassiano).  Tanto i quaderni di microecologia (“tre querce morte di armato cemento”) quanto il teatro itinerante, le favole, le mostre e i canti miravano ad «un’ecosofia di tipo nuovo, pratica e speculativa nello stesso tempo, etico politica ed estetica. […] Nuove pratiche sociali, nuove pratiche estetiche, nuove pratiche di sé nel rapporto con l’altro, con lo straniero, con il diverso: tutto un programma che sembrerà molto lontano dalle urgenze del momento!» (Félix Guattari, Le tre ecologie)

 

Documentazione fotografica di Thomas Havlik

 

Hanno partecipato alla creazione teatrale collettiva: Valentina Compagnucci, Alessia Zanconi, Anthony Rinaldi, Antonio Governatori, Diana Caponi, Elena Martusciello, Giorgiomaria Cornelio, Giulia Pigliapoco, Irene Mazzuferi, Riccardo Capitani, Veronica Formiconi, Vincenzo Consalvi, Vittorio Zeppillo.

Durante i tre giorni sono intervenuti: Nicola Passerini, Riccardo Canaletti, Renata Morresi, Barbara Mancini e la comunità poetica PHILOSOFARTE, Rosellina Massi Scataglini, Quinto Fabriziani, Lucamatteo Rossi, Valentina Lauducci e Francesca Rossi Brunori. Per l’occasione sono stati realizzati anche due libri d’artista: Facciamo rumore bianco di Nicola Passerini e Favole dal secondo diluvio di Giuditta Chiaraluce e Giorgiomaria Cornelio.

Pubblichiamo qui un primo quaderno dei contributi come rete di vagazioni, appelli, sementi:

 

Documentazione fotografica di Matteo Vicomandi

 

Nicola Passerini

estratto dal libro d’artista

Facciamo Rumore Bianco (per una fenomenologia della complessità)

 

 

Vorrei avere la capacità performativa di rendere tutte le lingue, agirle tutte o molte comunque, per dire anche solo uno spezzone di sensazione, ogni volta un assaggio di qualcosa, che sia percezione, affetto o effetto, qualcosa insomma, un qualsiasi oggetto del soggetto linguistico, performato nel suo istante.

Perché ogni volta la parola mi risuona dentro carica d’echi d’altre lingue, e questo al di là della propria primitiva istanza poetica è qualcosa di infernale, nel senso del luogo in cui finisce per calarti. Al di là della dicotomia oggettiva/soggettiva (farla diventare esclusivamente aggettiva) sei sempre tu a finire all’inferno, qualsiasi cosa detta o intesa.

 

 

Renata Morresi

poesia come intervento sismico da Terzo Paesaggio 

(Nino Aragno, 2019)

 

 

Una casa sarà fatta di tutte le frasi

le belle frasi, le frasi tipo, frasi-struttura,

«la memoria di quanto accaduto»

«la prevenzione nelle zone ad alto rischio»

«per prime le scuole dovranno»

architettura di frasi ad alto rendimento,

a basso costo, senza tema di risparmio di frasi,

anzi sondando

i corpora delle più pronunciate

frasi dopo il disastro.

 

Sarà una casa inattaccabile,

leggera come il fiato della frase,

modulare, prefabbricata, ecologica,

con i «nessuno sarà lasciato solo» accanto ai

«prendiamo a modello il Giappone».

 

Grazie alla forza intrinseca della materia prima più diffusa

ecco la casa altro che popolare: casa in prosa, casa fonetica!

Con tanti rappresentanti e funzionari e urbanisti

ma anche i sognatori e la gente comune senza le lauree,

tutti quanti in prima linea, in maniche di camicia

arrotolate sopra il gomito, i muscoli delle braccia

tesi mentre tengono le mani a megafono

tutti rivolti a sud-ovest a gridare frasi

bellissime, indistruttibili.

Qualche burlone griderà «forza Juve» o «viva la fica».

 

Poi ci saranno pure quelli senza voglia di gridare,

i soliti sfaticati rimasti senza casa, peggio per loro.

 

 

Giuditta Chiaraluce

Manifesto, con una cartolina

dalla mostra Nous continuons l’èruption

 

 

 

 

 

Tuto è corpo d’amore, poesia letta da Roselina Massi Scataglini

durante il suo intervento in omaggio al poeta Franco Scataglini.

 

Tuto è corpo d’amore
la tera ‘l cielo ‘l pà
i ucelli de cità
spe­nati, senz’unore,

gati  cessi arboreli
drento l’aiole grame,
l’esse sazi e avé fame,
el còce sui forneli
.

-‘stora de mezogiorno–
de mile e mile pasti,
i luo­ghi streti e i vasti
liberi dal contorno,
.

i sco­lari che sorte
in massa da le scole
e le com­po­ste fiole
de sé più méio acorte,
.

i ope­rai del cantiere
co’ le sue azzure tute
(intel­li­genze mute
coi tapi del potere)
.

i ladri i questurì
sem­pre dal sud sortiti
–musi guzi aneriti
schiene da signorsì-
.

le casa­lin­ghe (strane
anime d’umidicio)
quele che va in uficio
le ope­raie le putane,
.

i feno­chi estromessi
de l’amà ‘nte ‘l dicoro,
tuti i ribeli, loro,
che manco a vive è amessi
.

ma pure l’obediente
da la fadiga zita
scar­tato da la vita
quando non dà più niente.
.

Tuto è corpo d’amore
mischiato al bene e ‘l male,
tuto è ‘l fenomenale
èssece: serpe o fiore
.

ortiga o albaspina
jnfe­deltà, costanza
for­tuna, malandanza
sesso d’omo o vagina
.

e te, dia­leto caro
che da l’infanzia sorti,
t’ha cin­gue­tato i morti
su l’alto colombaro
.

e te, arboro mio,
c’arfoi a tute le lune,
‘nte le tue fieze brune
io so’ pedo­chio e dio.

.

 

Quinto Fabriziani
Tracce per ascolto

Una mostra che presenta alcuni esempi, copie-lavoro di una scrittura poetica che si apre al gesto del comporre la pagina scritta segnata e altre immagini , di figurazioni che variano al variare dei giorni, delle pagine raccolte dalla vita e segnate dall’astrarsi dal senso, nel dover mostrare ciò che ancora appartiene alla scrittura, oltre sé, la oltrepassa, e si mostra in una visione della pagina o del quadro composita, scarna o con ricche tarsie, dove convergono esperienze, mappe su una frontiera labile e a tratti illeggibile. Trascorrere con gli occhi la pagina, leggere i tratti il confondere dei segni, lettere e immagini, e lo scarto raccolto in ogni luogo ove si disfa o si crea la pagina, il libro o il senso di un vagare silenzioso. Diari transumanze viaggi, non una meta e i movimenti sospesi, solo restare lì dove si è. Sedersi, appoggiarsi, guardare e si apre da solo un astuccio, ecco l’inchiostro il pennino colori povere matite vecchi quaderni carte pagine e libri trovati ognuno con le proprie pagine bianche e i dorsi consumati. Poi il tempo degrada le colle, ingiallisce le carte, irrigidisce ogni pagina, qualche macchia si fa viva sente il farsi segreto del mutamento. I quadri raccolgono altre parti del mondo.

Cosa si manifesta, cosa accade? Ogni volta una cosa, quel libro, un foglio di album, un prato l’erba foglie radici, resti futili incarti abbandonati, si prestano a porre in arte ciò che è in uno scarto contemporaneo, di quelle scritture di un tale ascolto dell’attimo.

 

Riccardo Canaletti

Inedito per I Fumi della Fornace

 

Documentazione fotografica di Matteo Vicomandi

 

«Tout ce qui finit est si court!»

(Ambrogio Bazzero)

 

Cosa fa il mare. Lo fanno anche le madri

le braccia che di loro invochi

quando ti tenevano per non bagnarti

in aria, sulla riva. E non ricordi

una tua immagine simile alle mie:

i gabbiani sugli scogli come coppe su un banchetto

devastato dal sale e dalle alghe.

 

 

Philosofarte

Un contributo di Tiziana Monti da Malati Fiori,

con una nota di Umberto Mastroianni

 

 

 

Vincenzo Consalvi

Alle figlie e ai figli della casa della poesia di Vallecascia

Documentazione fotografica di Thomas Havlik

 

Abbattuto

camì della fornace

alti a svaporare

gli occhi dei polmoni

intasati amianto ora

sfracellato al posto suo

dono munifico per

tutti gli abitanti: ma si ristora

il gruppo degli apostoli,

prima di spiccare

angelico un benedetto

volo riparatrici con

parole poetiche e gesti

da festone api spargi-

miele, il fumo da

piccoli camini a consumarsi

tra due dita, ad altre

delizie destinato scono-

sciute agli operai che

fumo compravano a credito

perchè il corpo più a

lungo resistesse al

quotidiano sventrare

dei mattoni

 

FORNACE ED ANGELI DI CARNE

A VALLECASCIA

(scritta il 20 luglio 2019, 18 anni dopo Carlo Giuliani e Genova)

 

 

Rubina Giorgi

Un estratto inedito da Vite Desideranti (Ripostes, 2019), ad omaggio

 

[…] V’è però inoltre, mi pare da sempre, da vedere e accogliere, oltre la differenza, una indifferenza, anche se la parola mal pronunciata scade, suona male, sembra altra cosa. Bisognerebbe pronunciarla attraverso un esercizio linguistico-iniziatico che la trasformi, trascendendo, in apicale segnatura, parificante differenti forme uomo e donna in un’ascesa di estrema impervietà e bellezza: la libera intera semplice nuda Dissomiglianza della gnosi amorosa divina.

Esser gettati nell’abisso della natura d’Amore da Amore stesso, il quale così goda della sua natura intorno e sotto/sopra se stesso ruotando di nascita in nascita, come dicono le “amiche di Dio”, e confermando la indifferenza, o inlimitazione sublime, a cui accenno. L’abisso del cielo dell’anima è In-differenza do- tata di differenziante abissale lucidissima vista.

 

 

Ivo Consalvi

Tu mi hai preso tutto

 

 

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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