Dylan Thomas, tre poesie

trad. di Corrado Aiello

 

Questo pane che spezzo

Questo pane che spezzo fu un tempo l’avena,
Questo vino su un albero straniero
Era immerso nel suo frutto;
L’uomo di giorno o il vento a notte
Umiliò le messi, spezzò la gioia dell’uva.

Quando in questo vino il sangue dell’estate
Batteva nella polpa che ornava la vite,
Quando in questo pane
L’avena era allegra nel vento;
L’uomo spezzò il sole, demolì il vento.

Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci
Devastare la vena,
Erano uva e avena
Frutto sensuale di linfa e radice;
Il mio vino tu bevi, il mio pane tu addenti.

 

 

Amore nel manicomio

Un’estranea è venuta
a condividere la mia stanza nella casa fuori di testa,
una tipa matta come gli uccelli

Sprangando la notte della porta col suo braccio sua piuma.
Stretta nell’intrico del letto
Lei inganna la casa a prova di cielo lasciando entrare le nuvole

E anche camminando per l’orrifica stanza,
in franchigia come i morti,
oppure monta gli oceani fantasticati delle corsie maschili.

È giunta assediata
Colei che ammette la luce illusoria per il muro riflettente,
Posseduta dai cieli

Dorme nell’angusta mangiatoia e poi cammina nella polvere
E vaneggia a suo capriccio
Sulle assi del manicomio erose dalle mie lacrime passanti.

E preso dalla luce tra le sue braccia infine e caramente
Posso senza fallire
Patire la prima visione che incendiò le stelle.

 

 

E la morte non avrà alcun dominio

E la morte non avrà alcun dominio.
I morti spogli saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna a ponente;
Quando le loro ossa saranno ripulite e quelle ossa scomparse,
Essi avranno stelle al gomito e al piede;
Per quanto impazziti saranno sani,
Per quanto inghiottiti dal mare riemergeranno;
Per quanto perduti gli amanti l’amore no;
E la morte non avrà alcun dominio.

E la morte non avrà alcun dominio.
Sotto i gorghi del mare
A lungo giacendo essi non periranno al vento;
Torcendosi alle torture al cedere dei tendini,
Stretti a una ruota, pure non cederanno;
La fede nelle loro mani si spezzerà,
E l’unicorno i mali trapasserà;
Divisi, finiranno per non fendersi;
E la morte non avrà alcun dominio.

E la morte non avrà alcun dominio.
Più non gridino i gabbiani ai loro orecchi
Né le onde irrompano sulle salse rive;
Ove sbocciò un fiore un fiore mai più
Sollevi il capo ai colpi della pioggia;
Anche se pazzi e morti e sepolti, simili
Teste, martellino tra le margherite;
Forzino il sole finché il sole non collasserà,
E la morte non avrà alcun dominio.

 

*

 

This bread I break

This bread I break was once the oat,
This wine upon a foreign tree
Plunged in its fruit;
Man in the day or wind at night
Laid the crops low, broke the grape’s joy.

Once in this wine the summer blood
Knocked in the flesh that decked the vine,
Once in this bread
The oat was merry in the wind;
Man broke the sun, pulled the wind down.

This flesh you break, this blood you let
Make desolation in the vein,
Were oat and grape
Born of the sensual root and sap;
My wine you drink, my bread you snap.

 

 

Love in the asylum 

A stranger has come
To share my room in the house not right in the head,
A girl mad as birds
Bolting the night of the door with her arm her plume.
Strait in the mazed bed
She deludes the heaven-proof house with entering clouds
Yet she deludes with walking the nightmarish room,
At large as the dead,
Or rides the imagined oceans of the male wards.
She has come possessed
Who admits the delusive light through the bouncing wall,
Possessed by the skies
She sleeps in the narrow trough yet she walks the dust
Yet raves at her will
On the madhouse boards worn thin by my walking tears.
And taken by light in her arms at long and dear last
I may without fail
Suffer the first vision that set fire to the stars.

 

 

And death shall have no dominion

And death shall have no dominion.
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
They shall have stars at elbow and foot;
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again;
Though lovers be lost love shall not;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.
Under the windings of the sea
They lying long shall not die windily;
Twisting on racks when sinews give way,
Strapped to a wheel, yet they shall not break;
Faith in their hands shall snap in two,
And the unicorn evils run them through;
Split all ends up they shan’t crack;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.
No more may gulls cry at their ears
Or waves break loud on the seashores;
Where blew a flower may a flower no more
Lift its head to the blows of the rain;
Though they be mad and dead as nails,
Heads of the characters hammer through daisies;
Break in the sun till the sun breaks down,
And death shall have no dominion.

 

*

 

Testi tratti da: The Collected Poems of Dylan Thomas, The New Centenary Edition, edited by John Goodby (Orion, 2014)

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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