Massacrarsi di cultura

(Gabriele Marino è un cercatore di tartufi. Qui di seguito, con precisione maniacale, ci racconta come ha conosciuto l’opera di Tommaso Labranca e quali suoi“tartufi” sepolti ha disseppellito dalla rete. Ma, su tutto, ci da la possibilità di scaricare gratutitamente 14 testi introvabili di Tommaso. Io, di mio, rido all’idea che questo accada proprio su Nazione Indiana. Tommaso, avendolo conosciuto, non avrebbe apprezzato. L’idea di essere associato a qualsivoglia gruppaglia o camarilla sinistroide lo faceva inorridire. Ma lui mi ha fatto il dispetto di morire troppo presto e allora io per ripicca faccio di tutto perché non venga dimenticato. G.B.)

di Gabriele Marino

Inciampare in Tommaso Labranca

Non ricordo esattamente quando è successo. Non ricordo esattamente quando sono inciampato per la prima volta in Tommaso Labranca. Ma credo molto nel fascino dei nomi (che nome bellissimo è Tommaso Labranca, Labranca poi un cognome mai sentito altrove) e nelle coincidenze intese come riscontri (cose diverse che ti piacciono che scopri essere collegate tra loro lo chiameremo “effetto Frank Zappa” o anche trovare già fatta una cosa che avresti voluto fare tu) e quindi direi a causa di una o entrambe queste cose o al loro incrocio.

Labranca aveva a che fare con tante cose che mi piacevano (in questo testo dico tante volte “cose”, quasi quante dico “Labranca”, lo so): le faceva, ne scriveva, ci era immerso, stava sullo stesso scaffale. Probabilmente l’ho scoperto come una delle tante cose strane e belle partorite dal catalogo Castelvecchi di metà/fine anni Novanta. Sforzandomi un po’ visualizzo soprattutto tanti libri che mi piacevano e che lo citavano, che citavano le sue formule cristallizzandole, mantrizzandole: l’Andy Warhol coatto, l’estasi del pecoreccio, Orietta Berti, il neoproletariato, i salmoni del trash, la metafisica della periferia. Sarà stato come quando leggevo Bukowski e in certi racconti brevissimi diceva che Fante o il Camus dello Straniero e del Saggio sulla ghigliottina erano una bomba: i consigli degli amici si accettano sempre e, insomma, prima o poi era normale risalire alla fonte. Risalire a Labranca a un certo punto era diventato, se non necessario, praticamente inevitabile.

Sarei però un cialtrone uno di quelli che tanto lo facevano incazzare, quanto lo facevano divertire, come quel suo amico (ma forse ricordo male e in quella dichiarazione letta non so più dove faceva ammenda in prima persona) che aveva confessato di andare in giro dicendo di ascoltare Edgard Varèse, quando invece gli faceva cagare (la citazione mi aveva colpito perché quando la lessi avevo comprato da poco un doppio cd con l’opera integrale di Varèse, sempre per colpa di Frank Zappa) se dicessi o anche solo lasciassi intendere di essere un esperto o un grande lettore di Labranca. Ho letto poco di Labranca, qualche saggio classico, certo, molte interviste, molti pezzi brevi d’occasione, molto da tanti dei centomila siti che in anni di cicli continui di iperproduttività e successivi autodafé ha seminato in giro, la sua biografia di Skin (trovata a un Libraccio e presa per gusto della sorpresa; la apri e capisci subito che, per quanto pure dentro a una cosa molto di servizio, dentro c’è comunque e inequivocabilmente Labranca) e via così, saltando di palo in frasca.

Labranca ricordo anche di averlo a un certo punto vagamente ricordato da Anima Mia di Fazio e Baglioni. Ma ricordo pure che nel ricordarlo, quando poi ho cominciato a leggerlo anni dopo, sbagliavo sempre (nel ’97 avevo 11 anni): mantenevo la sfumatura di contenuto delle parole, la voce, l’idea di questa figura un po’ strana, un po’ di freak, di “tuttologo del trash o della nostalgia”, qualcosa del genere, ma lo sovrapponevo al corpo di Walter Fontana, altra presenza di quella trasmissione, forse perché negli anni sarebbe andato in qualche modo assomigliandogli, dimagrendo e perdendo i capelli.

Tornando al punto chiave. Labranca soprattutto mi affascinava. Mi affascinava il fatto che scriveva come scriveva delle cose di cui scriveva, mischiando personale, aneddoti, giudizi estetici al limite del crudele, analisi socioculturale e di costume (l’algida parodia dei luoghi comuni), riferimenti colti (e presa per il culo degli stessi), mi affascinava il fatto che non sempre ero d’accordo con quello che diceva, ma mi piaceva comunque. Mi affascinava il fatto che se ne parlava come di un genio, ma di un genio marginalizzato, ostracizzato (“l’esilio a Pantigliate”). Mi affascinava questa sua progettualità generosa, esagerata, dissennata e autolesionista, il fatto che facesse mille cose e che fosse capace di imprimere su tutte il suo marchio, ma che poi se ne stufasse e le abortisse, cancellando tutto. E poi, appunto, questi non saprei come chiamarli se non milanesissimamente come “progetti” non so proprio se geniali, ma sicuramente genialoidi: la vivisezione del Vedovo, il Labranca remix, le cene a tema a casa sua con il fake del liquore famoso. Io uno che a 12 anni voleva fare una fanzine chiamata “Spenalzo” ed è convinto che il tempo più prezioso della propria “formazione” è (non uso un congiuntivo di cortesia epistemica perché ne sono certo) quello passato a cercare minchiate su Internet di notte non potevo che trovare come minimo interessanti le sue cose.

La morte di Labranca mi ha molto e molto egoisticamente colpito, perché proprio in quel periodo stavo maturando finalmente di scrivergli, visto che abitavo a Milano e di solito procedo così: inciampo in qualcosa che mi piace, scrivo a quel qualcuno che l’ha fatta. Magari anni dopo riusciamo anche a incontrarci. Ero un po’ intimidito dal suo personaggio (e più precisamente: dal suo carattere), ma mi sarei sforzato di accrocchiare qualche riga e chiedergli se aveva voglia di incontrarmi, di farsi intervistare, prendere un caffè, non so. All’epoca scrivevo per un sito di musica (Sentireascoltare) e pensavo di chiedergli una playlist commentata, qualcosa sull’elettronica, l’eterno revival degli anni Ottanta. Un bad timing simile mi era successo con Luigi Schenoni, il primo traduttore del Finnegans Wake: volevo scrivergli per attaccare bottone e forse addirittura attaccare briga. Ma cercando la sua mail avevo scoperto che era morto qualche mese prima.

Labranca era esplicitamente anti-semiotico e anche questa sua impostazione diciamo politica da intellettuale, a me semiologo, affascinava. Quando è morto ho pubblicato un piccolo post sulla pagina della rivista di semiotica “Lexia” in cui antologizzavo un suo aneddoto su Eco, il suo anti-intellettualismo e quindi, necessariamente, anti-poststrutturalismo e un ricordo dell’amico semiologo Lucio Spaziante. Questa cosa del “Labranca anti-semiotico” era una di quelle che avrei voluto approfondire con Stefano Bartezzaghi, ma quando ci siamo re-incontrati, dopo qualche anno dal primo incontro, la cosa era successa da troppo poco tempo e mi ha chiesto di cambiare argomento. Anche lo scrittore Marco Drago, guardacaso amico zappiano, all’epoca aveva preferito non affrontare l’argomento Labranca. Troppo presto. Mi rendo conto che il tempismo non è il mio forte.

Divertimento totale Piccola guida al Labranca offline

A un certo punto, attorno al 2013, mi ero direi abbastanza ossessionato forse proprio per colmare i vuoti che dicevo con la presenza online di Labranca e ho cominciato a mapparla: quella in essere e quella che era possibile recuperare a ritroso. Conoscevo da anni WebArchive, ma ne avevo capito il vero potenziale solo quando questo strumento prezioso è stato in qualche modo al centro dello scandalo dei plagi di Luttazzi (uno dei miei molti miti per molti anni e direi ancora tra le mie ossessioni, in questo caso parzialmente sopita), perché ha consentito di tirare fuori post modificati o cancellati dal suo vecchio blog in maniera piuttosto accurata. Così ho provato a fare, senza alcuna pretesa di scientificità se non quella che un po’ va organicamente ascritta alla cocciutaggine, con la presenza online di Labranca.

Qui sotto c’è lo schema brevemente commentato di quello che ho trovato nel tempo: sicuramente non c’è tutto il recuperabile, perché per questo servirebbe un vero informatico. Io sono solo un semiologo con un po’ di fisse e di fisime.

Il mio consiglio è di aprire tutte le schede contemporaneamente e seguire la deriva ipertestuale finché: (1) scoprite accessi qui non indicati; (2) due accessi diversi portano a uno stesso contenuto (che sia qui mappato o meno); (3) vi addormentate (o vi ricordate che dovete consegnare un pezzo per qualche magazine online che non vi paga per scriverlo e dovete pure ringraziare se avete un editor che vi fa le pulci).

Del 2000 è questa home page con la poesia Anna Falchi di Aldo Nove di labranca.com (un sito che, quasi certamente, esiste almeno dal 1999): https://web.archive.org/web/20001018014600/http://www.labranca.com/.

Qui ci sono un bel po’ di materiali del 2002 su labranca.co.uk (forse il suo sito più vissuto): https://web.archive.org/web/20030727234049/http://www.labranca.co.uk/.

Qui le cose del 2003: https://web.archive.org/web/20030207055552/http://www.labranca.co.uk/.

Qui del 2004: https://web.archive.org/web/20040826073026/http://www.labranca.co.uk/index3.htm.

Qui la sezione Anguilla*eel:

https://web.archive.org/web/20020809045925fw_/http://www.labranca.co.uk/anguillaeel.htm.

Qui il mini-sito/parodia Ciellin Dion:

https://web.archive.org/web/20040810072923/http://www.labranca.co.uk/dion.htm.

Nel 2006 a un certo punto è spuntato un “sito non istituzionale”:

https://web.archive.org/web/20060719233639/http://www.t-la.co.uk/, nel cui archivio c’è un sacco di roba testuale: https://web.archive.org/web/20060702120415/http://www.t-la.co.uk/storico.htm.

Da tommasolabranca.eu, altezza 2007 (da cui anche una delle poche immagini di home page di TLA perfettamente conservate; l’abbiamo scelta come copertina di questo testo), un resoconto del party Novantadivisodue (ossia: il suo 45esimo compleanno):

https://web.archive.org/web/20070209081158/http://www.tommasolabranca.eu/novantadivisodue.htm.

Qui tommasolabranca.eu altezza dicembre 2008 (anche qui, pieno di cose): http://www.tommasolabranca.eu/.

Per esempio, la presentazione de Il piccolo isolazionista:

https://web.archive.org/web/20081212072938/http://www.tommasolabranca.eu/ilpiccoloisolazionista.htm.

Libro per cui, peraltro, a un certo punto fu anche registrato, pare, un URL dedicato:

http://www.ilpiccoloisolazionista.com/index2.htm.

Sempre da tommasolabranca.eu si arriva a questo:

https://web.archive.org/web/20070226163438/http://ilcattivo.blog.dada.net/.

Qui il sito della rivista Transplutonian, che nel 2006 figura come “in lavorazione”:

https://web.archive.org/web/20061202060937/http://www.transplutonian.eu/.

Da Labranca’s Eleven (https://web.archive.org/web/20050829002624/http://www.labrancaseleven.com/news.htm; qui “il club” con i nomi e cognomi dei membri in chiaro:

https://web.archive.org/web/20050907174559/http://www.labrancaseleven.com/members.htm) si arriva a labran.ca:

https://web.archive.org/web/20050507170858/http://www.labran.ca/index2.htm.

Qui il sito Ultravoid (.eu), con le sue voci dizionariali:

https://web.archive.org/web/20070521044912/http://www.ultravoid.eu/002a.htm.

Ultravoid (.net, stavolta), invece, appare accessibile solo così:

https://web.archive.org/web/20121101073122/http://www.ultravoid.net/.

Esiste un Issuu del progetto Ossobook, ma è vuoto:

http://web.archive.org/web/20130227033538/http://issuu.com/ossobook.

L’unica cosa ancora online-online di questo anticume Web TLA-iano pare essere questo blog del 2012:

https://labrancalovesyou.wordpress.com/.

Ovviamente, è sempre online Venti Zero Novanta (su cui si trovano, non inserite in sezioni specifiche, chicche come questa: http://20090.eu/Vraghinaroda_Stop%20(07_06_16).pdf).

Idem, sempre online, Tipografia Helvetica (http://www.tipografiahelvetica.ch/).

E ancora online è anche la sua ultima pagina personale, superminimal, svizzerissima:

http://www.tommasolabranca.ch/ (in cui si dice che TLA non è sui social, anche se a un certo punto è esistito questo URL: https://www.facebook.com/tlabranca?ref=tn_tnmn; e anche se in un vecchio post da qualche parte TLA dice di essersi iscritto a questo: https://en.wikipedia.org/wiki/Path_(social_network)).

Labrancoteque 2.0 Quattordici pdf di Tommaso Labranca

Non abbiamo finito. Ora c’è il meglio.

Il 28 gennaio 2014 la data è certa: certi metadati non mentono ho preso e ho scaricato tutti i 14 pdf di Labrancoteque, uno dei centomila suoi progetti, siti, brand di forme di scrittura mi verrebbe da dire eccetera allora online. Era una specie di rivista personale (e un auto-archivio), anzi, come diceva lui stesso, una “egozine”. Era fantastica (leggasi: una di quelle cose che avrei voluto fare io): nel numero su Madonna, il 13 (l’unico ancora online in qualche forma: https://www.yumpu.com/user/labrancoteque.info), per esempio, c’era l’elenco dei pezzi del suo iPod che avevano come tag “Madonna”. Una cosa di un solipsismo così sperticato da essere commovente, poetica. Ecco, uno che fa una cosa del genere va amato. È un gesto io lo leggo così di un romanticissimo cinismo materialista, il gesto di uno che insegue comunque, “nonostante tutto”, l’idea di potersi dire e dare il più possibile, è un’esca per trovare qualcuno che quei titoli se li legga tutti, che gli scriva (senza azzardarsi però a tentare di “ripristinare contatti recisi da tempo”, come si legge qui) che adora quel pezzo del repertorio minore o quel remix e si stupisce invece per l’assenza di quest’altro. È il testo scritto che si stacca dalla pagina, si stacca dallo schermo per diventare un canale di connessione esistenziale. È un microcarotaggio in forma di ossessione di una vita. Forse per me, alla fine, Labranca è stato ed è soprattutto questo.

Chiudendo. A metà agosto (di quest’anno, il 2019), frugando cose di notte, sono finito di nuovo su Labranca (non ricordo come), mi sono ricordato che il 29 sarebbero stati tre lunghissimi anni dalla sua morte, mi sono ricordato di un post di Gianni Biondillo che invitava potenziali archeologi del web a ricostruire le tracce delle sue varie incarnazioni online e a dissodarle, e così gli ho scritto, spiegando un po’ tutta questa storia, un po’ avvitata su se stessa. Il che ci porta qui. Con quel ritardo che conferma l’ipotesi sul (mio eternamente mancato) tempismo.

I pdf, a occhio e croce, li avrò scaricati da qui, ma oggi non si vede più nulla: https://web.archive.org/web/20130526133718/http://www.labrancoteque.info/ (e questo, che sicuramente al progetto era legato, appare direttamente del tutto irrecuperabile: https://web.archive.org/web/20110512200907/http://www.labrancoteque.blogspot.com/).

Altri pdf di TLA sono oggi scaricabili qui: http://www.visiogeist.com/blog/item/opere-di-tommaso-labranca.

E la New Age dalla A alla Z è sfogliabile qui: https://issuu.com/concettarivistaconcettuale/docs.

Mi sia concesso di dire che i “miei” 14 pdf sono semplicemente una goduria, vedrete. E allora godetene, godiamone.

(In fondo, ingenuamente, lo so: mi auguro possano essere ancora più che strumenti per una comunque doverosa filologia una via d’accesso laterale all’opera labranchiana per qualche teenager che la notte sta veglio a cercare meravigliose minchiate per nutrienti perdite di tempo.)

Gabriele Marino Bologna, 18 settembre 2019, ore 5:15

Scarica qui la Labrancoteque completa, 14 pdf:

labrancotheque 1
labrancotheque 2
labrancotheque 3
labrancotheque 4
labrancotheque 5
labrancotheque 6
labrancotheque 7
labrancotheque 8
labrancotheque 9
labrancotheque 10
labrancotheque 11
labrancotheque 12
labrancotheque 13
labrancotheque 14

 

Print Friendly, PDF & Email

5 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Soldi soldi soldi

di Romano A. Fiocchi
Poema sinfonico, inteso quale intreccio di liriche di varie misure dove le parole si ripetono come motivi musicali, ogni volta modellati diversamente e sempre più vicini al perfezionamento dell’immagine.

L’orgoglio della modestia

di Gianni Biondillo
Per i razionalisti il tema era, a parità di risorse a disposizione, progettare una casa decorosa per tutti. Indipendentemente dal censo o dalla classe sociale. Era una questione etica non estetica.

Lo spettro della solitudine

di Romano A. Fiocchi
Qual è il tema portante di questo romanzo psicologico? Credo sia la nevrosi di colui che è poi il protagonista assoluto, Paolo. Nevrosi causata dall’episodio terribile a cui ha assistito da bambino.

Le ripetizioni

Gianni Biondillo intervista Giulio Mozzi
Ne "Le ripetizioni" c’è un episodio di reviviscenza della memoria che si dimostra fallace. Mario, il protagonista, ricorda perfettamente una cosa falsa: è una metafora della letteratura? Vero e falso non hanno significato, sono solo scrittura?

Ci vogliono poveri, Momar

di Romano A. Fiocchi
La scelta della forma ‘romanzo’ e la collaborazione di due autori dalle origini culturali differenti è la formula ideale per coniugare caratteristiche altrimenti in contrasto tra loro, come ad esempio il rigore della ricostruzione storica degli anni Settanta – periodo in cui si svolge la vicenda – con la semplicità quasi primordiale del linguaggio.

Ciao ciao Clarissa

di Francesca Ranza
A Clarissa non importa di uscire bene in foto e la giornalista è preoccupata, molto preoccupata: con questo atteggiamento menefreghista non andrà da nessuna parte.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: