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Querencia

di Lorenzo Mari

togliere la lalìa   all’eco: per sentirla
farla ancora sentire   e farlo davvero
non nella stanza ricavata   dentro ai video
non nella casa ricavata   dentro ai video
né in mezzo all’arena: farla   ancora sentire
farlo davvero   esiste una pietà anche al toro
anche al torero   nascosta, anche nel sentirla
e farla ancora sentire oppure   fermo immagine:
due pietà   il numero non importa, non il titolo
la classe importa, però   con il suo audio, sempre leso:
per ascoltare, infine   come si muove, in sé e per

quel che sarebbe potuto   correttamente essere

 

credimi

 

Querencia

 

I

 

Predica a lungo. Predica niente. Predica vuoto. Non predica toro. Pubblico silente, se soltanto ah se soltanto ci fosse di nuovo un moto, ma: pubblico silente. E non sente il tremore, non si accorge che è stato tutto preso – né del luogo che si poteva abitare – mentre impugna la banderilla, o bandierina, e predica ancora, suonate le campane; dice: nuovo spazio libero. Nuovo spazio, malgrado tutto, e sapessi quali riserve, contro lo spazio del resto. Dice: oh fosse sempre così. Ma: predica niente. Non predica toro. Predica un soggetto altrui, precedentemente schivato. Predica a lungo. Predica segno. Senza segno, predica lirica – poi confessa: peccato. Poteva essere un’altra forma, se soltanto ah se soltanto fosse stato un altro stile, un altro significato, ad esempio: lingua di toro, servita nel piatto al vegetariano – un salmì restato candente. Soggetto altrui, oppure niente: è così che non ha parlato. Il soggetto schivato nel frattempo è stato colpito, ma non si dice vittima, cui risponderebbe vittima il coro. Nessuno, nemmeno lui, o lei, dalla sua posizione, vede lo spazio restante come spazio cambiato: non è libero, e poi non è nuovo. È tutto, dalla prima all’ultima lettera

impredicato.

 

 

[…]

 

 

“Ma io ho sofferto tanto, rispettabile sheikh!”.
“Cosa credevi? Il dolore è la vita, la sofferenza
è inestricabilmente connessa alla nascita”.
“La sofferenza è inestricabilmente connessa alla nascita?”
“L’uomo nasce per soffrire e solo soffrendo torna a vivere
un’altra volta. Non si può rinascere senza provare dolore”.

Ibrahim al-Koni, La patria delle visioni celesti

 

tutto il deserto è nome e il nome da qui è tutto
deserto e poi ancora nome, una frazione

o il suo contrario nel senso che potrebbe forse
piovere se non fosse nome ma: wadi, o come

dicono loro miraggio della consistenza
di un fiore che era rosa è rosa ma dove, ma ora?

[tutto il deserto è nome piegato al suo vento
nella controra: non piove, ma l’orma è una è nera]

 

[…]

 

 

finalmente:

dici che nasce una lingua potente, ovvero
potente poiché debole potente poiché nulla
poiché ai tempi, al passo senza passo restando
chi lalla è di sconcerto e dici che chi lalla
non sposta niente invece interi muri intere
caverne si sono viste e lunghissime opere
di bisonti (senza le corna poi con le corna)
semplicemente lallando di un lallare diverso
e allora dici: lalla, lalla che poi si parla

:finalmente

 

 

*

 

“Desiderio dello spazio o spazio del desiderio che sia, querencia è un termine che vale per la vita animale umana quanto per la vita animale non umana. Nel primo caso, ha a che fare con il verbo querer (nella sua etimologia latina, dove quaerere significa ‘cercare’ o anche ‘chiedere per sapere’) e, per vari slittamenti semantici, con un percorso di ritorno ai luoghi amati che non è immediatamente sovrapponibile al dolore del nostos. Nel secondo caso, è un termine che ha avuto fortuna nel linguaggio della tauromachia, indicando l’area dove si posiziona il toro, durante la corrida, mettendosi temporaneamente al riparo da ogni contatto con le armi dell’uomo. In entrambe le situazioni, querencia designa un percorso che non trova completa e duratura soddisfazione, incontrando piuttosto, e cercando di nominare, una dopo l’altra, le proprie contraddizioni. Nei tanti spazi attraversati – dalla grotta di Chauvet, Paleolitico superiore, alle zone rosse che si moltiplicano nella geografia contemporanea, passando per l’arena, il campo da tenni o la chiesa di Luci d’inverno di Ingmar Bergman – querencia si offre come un viaggio senza compimento, ma proprio per questo inesausto.” (dalla bandella)

 

Lorenzo Mari, Querencia, Oedipus 2019 (collana Croma K, a cura di Ivan Schiavone)

 

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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