Ciao, Giulio

di Antonio Sparzani
(l’altroieri 15 giugno è morto Giulio Giorello, filosofo nel senso più largo del termine, oltre che amico e compagno di percorsi culturali)

Giulio Giorello a un congresso nel 2014

non ho voglia di scriverti un necrologio, che già la parola mi fa orrore, ho voglia piuttosto di ripensare e magari raccontare a chi legge qualche episodio della nostra amicizia, amicizia che viene davvero da lontano: ti conobbi quando venisti, col tuo capo di allora, nientemeno che Ludovico Geymonat, a partecipare a un’assemblea studentesca all’Istituto di Fisica in via Celoria negli ultimi ruggenti anni ’60 del secolo scorso. Eravamo entrambi nella nostra terza decina d’anni, assetati di nuovo e, si può anche dire, di rivoluzionario. Ricordo con grande orgoglio che io intervenni nell’assemblea e che Geymonat in persona si complimentò con me, roba da camminare a un metro d’altezza per tutta la giornata.
Un po’ alla volta ci conoscemmo, caro Giulio, e mi pare che iniziammo ad apprezzarci a vicenda, io fisico quasi imberbe, giunto da poco da Pavia, tu filosofo e in più con laurea in matematica conseguita proprio a Pavia, con un grande prof che entrambi in anni diversi avemmo, Enrico Magenes (1923-2010).
Non fummo mai amici intimi, di quelli che si raccontano tutti i loro segreti, ma in qualche modo sapevamo di poter contare l’uno sull’altro. Io vivevo a città studi con la mia moglie di allora e tu stavi, nella stessa zona, coi tuoi genitori; ma, da bravo tombeur de femmes che eri, avevi affittato un appartamentino in via Inama, sempre lì in zona, che fungeva, diciamo, da garçonnière e fosti così gentile da prestarmela quando mi separai da mia moglie, gennaio 1982, e mi lasciasti stare lì finché non trovai un appartamento in cui andare a stare da single.
Venivo a trovarti qualche volta nel tuo studio al secondo piano in uno dei cortili di via Festa del Perdono e ci scambiavamo notizie e opinioni per noi assai interessanti: quando a me serviva qualche ragguaglio un po’ serio di filosofia, tu eri sempre prodigo di ottime informazioni, così come quando tu avevi bisogno per i tuoi studi di qualche dettaglio in più di fisica, ricorrevi al mio aiuto, per quel che riuscivo a darti.
Quello che mi piaceva di te era la varietà di interessi che avevi e che sei andato sempre più ampliando, da Aristotele a Topolino, come oggi dice qualche giornale, e soprattutto l’ironia che mettevi anche nelle tue più serie elaborazioni. Tu mi facesti conoscere Feyerabend e il suo straordinario Contro il Metodo, che a suo tempo mi studiai con grande interesse. Ti dicevi un po’ eretico, ma eretico da ché, poi? Dalla religione della scienza certamente, così come del resto dalla religione tout-court. Sì, ma il tuo ateismo non era di quelli assatanati dello sbattezzo, tanto che volentieri dialogasti con il cardinal Martini e collaborasti con la cosiddetta Cattedra dei non Credenti.
Fosti così gentile da chiedermi di fare qualche lezione del tuo corso bellissimo di filosofia della scienza, sempre sotto la tua supervisione, e per me fu un grande piacere e onore avere davanti una folta platea di studenti veramente interessati alle tante problematiche cui tu li avevi avvezzati. Collaborammo anche in altri scritti e sempre mi piaceva la tua onestà intellettuale, non così frequente neppure tra gli accademici d’oggidì. Amavi l’Irlanda, dove fosti più volte, amavi la birra irlandese e avevi letto e riletto l’Ulisse con raro puntiglio e accuratezza. E soprattutto, quando parlavi, anche se tenevi una conferenza, non avevi quel tono solenne e autoritario che spesso, sempre nell’accademia, si riscontra, ma un tono più pacato, semmai talvolta, quando era il caso, polemico, sembrava quasi che parlassi a te stesso, ancorché citando spesso con precisione le fonti da cui riportavi giudizi e affermazioni. Insomma, non eri noioso da ascoltare, mai.
Non so, perché era un po’ che non ci sentivamo, come mai tu ti sia preso il malefico covid, spero tu non abbia fatto imprudenze, ma so che avevi avuto pochi anni fa problemi cardiaci piuttosto pesanti e questo è stato evidentemente fatale. Mi dispiace molto non poter più usare quel numero di cellulare un po’ speciale a cui mi avevi detto ti potevo chiamare con una certa sicurezza. Se, contrariamente alle tue convinzioni, sei per caso andato da qualche parte che noi qui ignoriamo, confido che tu stia bene e che tu abbia una bella nuova esperienza, che certamente ti piacerà, come sempre ti piacevano tutte le cose nuove e belle.

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10 Commenti

  1. Mi associo al commosso ricordo di Giulio Giorello, esempio per tutti noi di rigore, lucidità e capacità pedagogica. Il suo saggio su Prometeo ha ispirato una mia lectio che ha avuto grande successo nei licei. Una perdita inestimabile per la filosofia e per la cultura in generale. Un esempio di quanto corretta e rispettosa possa essere una visione laica (non laicistica) in filosofia, scienza e politica.

  2. Caro Sparz,

    grazie di questo ricordo affettuoso. Ne approfitto per aggiungerne uno io, non da amico, non da pari, ma da studente in filosofia ventenne che guardava i prof come Giorello dalla taglia minima della propria ignoranza, e vedeva di fronte a sé, nel suo caso, non solo un cosiddetto pozzo di scienza, ma anche uno straordinario mattatore del sapere, i cui corsi erano veri e propri spettacoli. Tra i vari prof di filosofia della statale (fine anni ottanta), Giorello era uno di quelli più idoneo a suscitare leggende. Una ancora la ricordo, perfettamente idiota: alcuni studenti sostenevano che, se durante i suoi corsi qualcuno pronunciava la parola “coniglio”, automaticamente Giorello faceva un intero giro della cattedra. A parte le leggende, ricordo un magnifico corso su scienza, magia, astrologia, condito da vari seminari, tra cui quello della dottoressa Greco, che a noi, nell’anfi, dava le vertigini, per il connubio tra beltà, sapienza e disinvoltura. E fu Giorello, caro Sparz, proprio in quel corso, a farmi scoprire Feyerabend (Contro il metodo), e pure il gioco politico intorno alle figure dell’anti-cristo nei movimenti radicali inglesi, per dire. Insomma, Giorello ti metteva subito in mare aperto e senza tante cerimonie. A noi studenti di navigare nelle sue bibliografie eclettiche e mostruose.

  3. Caro Sparz, grazie di questo ricordo. Giorin Giorello (cosi´lo chiamavamo affettuosamente e con rispetto noi studenti del suo seminario sui linguaggi formali a margine del corso di Geymonat) e´ stato uno di quelli che ti marcano la vita da studente. Di cui conservi con cura gli appunti e di tanto in tanto li vai a riguardare perche´c´e´ sempre qualcosa su cui non hai riflettuto abbastanza. Specialmente se sei uno studente di Fisica del terzo anno, che pensa di cambiare facolta´ e passare a matematica o a filosofia, perche´quello che avevi scelto come professore di riferimento se ne e´andato un anno negli Stati Uniti e ti senti orfano. Giorello mi ha fatto capire che dubbi e liberta´ vanno insieme e che si puo´convivere coi dubbi. Condivido tenacemente e contrariamente alle mie convinzioni la tua ultima frase.

  4. Grazie a voi tutti per condividere un po’ questo vero dolore. In particolare all’amico dei trenini, anche a lui per la sua ultima frase.

  5. Giulio Giorello non l’ho avuto come professore, ma credo di avere imparato parecchio dai suoi libri e dai suoi articoli. Molte cose le avete gia’ dette. Una la vorrei dire io, perche’ mi sembra vera. Giorello era uno di quei–a dire il vero non molti–filosofi della scienza che amano pure la storia, nelle sue finezze e nei suoi vicoli ciechi. Forse la prima cosa che lessi di suo fu un articolo su Prometeo (anno 1, numero 1), intitolato “Ghosts: Fantasmi, illusioni, sofismi.” Sull’uso delle quantita’ infinitesime in Newton, e sulle critiche di Berkeley per quelle entita’ che a volte erano finite, e a volte nulle. Ghosts, per l’appunto. Bene, a distanza di anni, ricordo la finezza storica dell’analisi di Giorello. E poi la sua grande chiarezza concettuale. Ricordo un suo libro, “La filosofia della scienza nel XX secolo” (Laterza), scritto a meta’ con Donald Gilles. Interessante, chiaro e pure avvincente, come tutti i buoni manuali dovrebbero essere.

  6. Ricordo quella Carrera nera, anni 70, che volle concedersi, e una Torino-Milano fatta in un’ora. Bei tempi.

  7. Bel ricordo, Antonello! Ho conosciuto Giulio Giorello grazie a te, ed ho vivo il ricordo di una grande disponibilità umana e culturale: una di quelle persone che fa piacere conoscere.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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