Articolo precedente
Articolo successivo

Gli animali non ti guardano

di Matteo Quaglia

C’è una mano che stringe la tua, le dita intrecciate nella presa degli innamorati.

Il divano-letto è un vascello di sconfinati ricordi, assorbe il sudore del tuo corpo e si tende sotto la calura estiva, che filtra dalla finestra spalancata sul cemento della corte interna.

Quel cemento coperto di catrame sta ribollendo silenziosamente e tu hai ancora l’orecchio destro tappato. Il divano-letto sembra respirare, sotto di voi.

Questa è la vostra ultima notte, lì.

Un sottile strato di sudore lubrifica l’anulare scivolando tra la pelle e la fede. Le vostre mani saranno intrecciate da un paio di ore e inizi ad avvertire un leggero formicolio.

Guardi lassù. Il ventilatore da soffitto vortica furibondo, eppure non può far altro, se non disperdere l’odore acre dei vostri corpi nudi e appiccicaticci.

Dici l’ufficiale giudiziario col fabbro e compagnia bella arriverà per le nove. Il marito di tua sorella ci passa a prendere alle otto.

Il formicolio che avverti alla mano si estende al dito medio, che ti è stato amputato dopo l’incidente.

Lisa fissa lo schermo della tv e dice ogni cosa importante per qualcuno ha zero valore per qualcun altro. E tu sai che non sta parlando di nulla in particolare, o forse sì, ma non hai la forza di approfondire la questione.

Passi la mano libera sulla fronte, scosti i capelli dagli occhi.

Il dito fantasma, anche lui ogni tanto soffre il solletico. Il dito fantasma a volte si alza per mandare a fanculo la gente e poi tu te ne resti così, come se ancora non credessi al vuoto tra indice e anulare.

Dici mi dispiace per come sono andate le cose. Ho fatto davvero tutto il possibile e ho dato tutto me stesso, ma sai che il capo non mi ha mai avuto in simpatia.

La pancia di Lisa si solleva e si abbassa e una gocciolina di sudore disegna un sorriso sul suo fianco.

La tv proietta in quattro terzi un documentario sui grossi felini della savana, ma avete azzerato l’audio.

Le onde di luce della tv irradiano di bianco i vostri corpi spiaggiati, e il bianco diventa giallo e azzurro o blu scuro, a seconda dell’immagine trasmessa.

State fissando da un po’ quei felini ruggire e sbadigliare e appostarsi; le mani intrecciate bagnano di sudore il lenzuolo e Lisa dice sono loro che stanno guardando noi. Non sembra anche a te che siano questi animali a guardare noi?

Lisa ha le gambe accavallate, il piede destro penzola ritmicamente, nel lieve tintinnio della cavigliera in rame.

Dici davvero, non so cosa pensare, cristoddio, dì qualcosa, fammi capire che mi capisci.

Lisa distende le gambe appoggiandole sulle lenzuola e distoglie lo sguardo dalla tv. Stinge la tua mano, producendo un leggero ciaff.

Inspiri e concentri il tuo sguardo sugli scatoloni ammucchiati un po’ ovunque, isole di preoccupazioni ai bordi del monolocale. Sul posacenere colmo di mozziconi. Sulle bottiglie di birra vuote. Sul mucchietto di solleciti che non avete mai aperto.

Dici e poi era ora di cambiare casa, questa davvero non ci merita. Non capisco come siamo riusciti a farci stare tutta sta roba.

Lisa torna a fissare lo schermo. Chiede possiamo cambiare canale? Questi animali continuano a fissarci.

Guardi anche tu la tv, e vedi piccoli uccelli appollaiati sul dorso dei rinoceronti, sulla loro testa, che beccano dentro le orecchie dei rinoceronti. Pasteggiano. Fissi l’occhio nero dell’animale riflesso sullo schermo.

Dici gli animali non ti guardano. Non gliene frega un cazzo di noi, credimi.

Lisa ha i capelli raccolti in due trecce. Dice io mi alzo, non ne posso più di questi animali che ci fissano. Molla la tua mano. Afferra il pacchetto di Camel e si avvia verso la finestra, che dà sulla corte interna. Si piega in avanti e si appoggia con i gomiti al balcone, poi fa scattare l’accendino. Guardi la sua figura parzialmente illuminata dallo schermo. L’odore di fumo si insinua nella stanza.

Ti alzi e raggiungi Lisa e la stringi in un abbraccio, da dietro. Le tue carni contro le sue carni e il sudore fa scivolare il tuo petto sopra la sua schiena, ma solo di qualche centimetro.

Lisa chiede dove andremo non ci saranno più animali a fissarci, vero?

Volti la faccia verso lo schermo poi lo sguardo scivola al divano-letto su cui fino a poco fa tu e Lisa eravate distesi.

I vostri corpi hanno lasciato impronte di sudore e pelle invisibile ovunque. Con un po’ di fantasia, puoi indovinare il culo di Lisa, tra quelle macchie. La testa di lisa, la sua schiena, le sue gambe. Cerchi l’effige della tua mano e lo spazio che il moncherino dovrebbe aver lasciato, un’impronta a quattro dita, ma poi rammenti che la mano era intrecciata alla mano di Lisa e così cerchi la macchia lasciata da quelle nove dita congiunte. Infine lasci perdere.

Sposti lo sguardo nuovamente sulla tv e ti accorgi che tutti quegli animali, leoni e giaguari e rinoceronti della savana, stanno in effetti fissando il divano-letto. Sono reali e si chiedono dove siete finiti.

Fissano le impronte di voi che fissavate gli animali. L’idea degli animali che fissavano voi è la verità adesso, lì. Quando, tra poco, tornerete su quel divano-letto per l’ultima volta, prima di chiudere gli occhi, forse sentirete davvero l’umidità di quelle lenzuola impregnate di fumo, o forse no, e tutto sarà scontato e disincantato.

Il divano-letto scricchiolerà, lo sai, e il materasso liso sprofonderà leggermente. Spegnerete la tv e la stanza sarà buia e vi addormenterete. Buonanotte.

Giri la testa e appoggi la faccia sulla schiena di Lisa. Le dai un bacio sulla pelle nuda. Dici no, dove andremo non ci saranno animali a guardarci.

 

 

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Rosa

di Laura Ramieri
Perché il Signor Rosa, che aveva una vita all’apparenza gratificante, di più, un uomo ammirato, non provava alcun sentimento? Qualcuno sapeva cosa significasse la scritta sul suo avambraccio?

Monologo bellico

di Daniele Muriano
Mi chiamo Aria, e sono una bomba. E che bomba… Non però in senso volgare, no. Io sono una bomba: lucida, tornita e inossidabile. Insomma, esplodo

Lei e Anne

di Ilaria Pamio
La barista si spostava da una parte all’altra, presa com’era tra le macchinette del caffè, del cappuccino, della cioccolata. Attendeva che i beccucci fossero incandescenti, prima di metterci sotto la tazza.

Lettera aperta

di Giovanni Anceschi e Davide Boriani
Lettara aperta sulla chiusura delle sale dedicate al gruppo T e del quarto piano del Museo del Novecento di Milano

Gli Appesi

di Nicole Trevisan
Quello nuovo si china per passare dalla porta come se per tutta la vita fosse passato attraverso spazi troppo stretti e per abitudine innescasse una contrazione di spalla e braccio, ritirando la testa in una gobba

Contre braci

di Matteo Gigante
Amore! Ecco un paio di occhiali trovati al mercatin del merito delle pulci che ci permettono di guardare un po' meglio le nostre emorragie
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: