Gli USA sempre progrediscono

di Antonio Sparzani
questo è solo un invito a rileggere questo, ascoltando la relativa ballata di Giovanna Marini, e quest’altro e a riflettere che quello che è successo ieri a Washington è un bel progresso: il terrorismo rivolto verso molti altri stati adesso viene rivolto verso se stessi. La “culla della democrazia” è diventata la bara della democrazia. O dovremo dire “sic transit gloria mundi”?

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5 Commenti

  1. A me sembra che questa nota sia estremamente inappropriata. Non tanto per le colpe della “democrazia” made in USA, o per le idiosincrasie generate da un sistema che ha ben note lacune. Piuttosto perché non siamo certo noi immuni da certa retorica che ha generato i fatti di Washington DC. Senza andare troppo lontano, non è forse vero che i vari articoli-biografie sui nostri quotidiani sullo sciamano Q-Anon, tanto quanto l’imbarazzante reportage di Mentana, per non parlare delle piuttosto superficiali elucubrazioni nei link qui sopra, dimostrano l’incapacità di certi modelli comunicativi di arginare la potenziale creazione di “finte narrazioni”? Onestamente, più che un anti-americanismo fazioso – certo è che dal momento che vivo sulla mia pelle i problemi US, eviterei di definirmi un filo americano -, credo che sarebbe necessario riflettere su meccanismi che minano ciò che, per professione o passione, ognuna delle persone che capita su questo sito indistintamente ama, ritiene importante, è impegnata ad attuare… ovvero raccontare, scrivere, esprimersi, comunicare… Trump ed i suoi followers non hanno attaccato semplicemente la democrazia, piuttosto un sistema comunicativo basato su analisi, ricerca, fact-checking… allora, dove stiamo noi? Dalla parte di chi continua a perpetrare finte narrazioni di parte, oppure di chi crede che esista un modello comunicativo! se non perfetto, per lo meno il più possibile oggettivo? Cordiali saluti

  2. Amo la Marini, e ho letto, Sparz. (grazie di aver dato un segno rispetto ai fatti accaduti)
    Non entro nel merito di tutto l’articolo, sicuramente, però, io credo andrebbero fatti dei forti distinguo. Nel pezzo che citi ti riferisci a un delirio di onnipotenza di Obama, ma io credo che delirio di onnipotenza si possa rivolgere al folle che ha fatto quel che ha fatto in questi anni, e che ha minato (è un eufemismo) la tenuta della democrazia due giorni fa. Che poi, nel caso di Trump, penso ci si possa spingere anche ben oltre il delirio di onnipotenza: siamo di fronte a una persona malata, perversa, criminale. Ieri stesso, a margine di un intervento di Helena, che finiva dicendo “Però credo che non abbiamo mai veramente messo a fuoco che la democrazia ieri assalita da un colpo di Stato incitato dall’ormai ex-presidente, non è mai stata sufficientemente democratica.” – ho risposto: “Sì, non è mai stata veramente democratica, Helena, ma io credo comunque che anche quando una cosa non è veramente ciò che è, il fatto di nominarla come tale, possa quantomeno proteggere l’immagine che se ne ha, e questo, ad esempio, a livello globale, ha comunque una funzione. Quello che è successo ieri, per me, distrugge quella funzione e, oltre all’enorme gravità e follia dei fatti, apre le porte al pensare: “se è stato fatto all’interno di un apparato democratico, allora lo posso lo si può rifare all’interno di altri apparati democratici” – in generale, ovunque.”.
    Questa, io credo, sia la vera pericolosità dei fatti accaduti (non solo gli ultimi, peraltro, ma tutti quelli accaduti negli anni della presidenza di Trump). L’idea che all’interno di un sistema democratico si possa agire costantemente in modo antidemocratico. Quando la vittoria di Biden era quasi certa, già sentivo alzarsi qualche voce che diceva – o che avrebbe detto: Sì, Biden non è Trump, “ma”. Quel ma va però, almeno per un momento, sospeso, anche se io proprio lo cancellerei. Trump sta nel delirio di onnipotenza, Trump è folle e pericoloso, Sparz, e peraltro credo che si sia incistato nella testa di milioni di persone pervertendola fino al punto di vivere di complottismi surreali e fino al punto di spingersi a violare qualunque legge non in nome di una rivendicazione, ma in nome di un uomo (di Trump, appunto). E’ questo è gravissimo, ricorda fatti già accaduti.
    Su quanto annoti alla fine, rispetto alla presenza delle basi americane in Italia, io, vivendo a Vicenza, ne ho viste e sentite di follie – e non posso che darti ragione.
    Ma questa, a me sembra, è un’altra storia

  3. Nell’ultimo assalto alla “democrazia” statunitense mi ha colpito soprattutto la manifestazione spettacolare d’ignoranza. Perché in una nazione opulenta come gli USA si è lasciato che si estendessero così grandi sacche d’ignoranza, piene di complottisti, terrapiattisti, fanatici religiosi, negazionisti, persone che dimostrano di non possedere nemmeno i rudimenti di un’educazione scientifica, per non dire storica, civica…? E’ questa una grave responsabilità persino in uno Stato capitalista all’ennesima potenza come gli States. A quale persona media, normale, anche umile ma dotata di minimo buonsenso, può venire in mente di dare l’assalto a un palazzo governativo come andando a fare una scampagnata, senza preparazione né organizzazione? Persino alle classi dominanti di uno Stato molto potente credo non convenga affatto lasciar proliferare entro i propri confini tale oscurantismo, tale sonno della ragione, in proporzioni così vaste… Se si accetta che dilaghi ogni mancanza di razionalità e di buonsenso, dal mattino alla sera un impero può scoprire di essere diventato un colosso dai piedi d’argilla, un’accozzaglia di bande sbrindellate che può essere turlupinata da chiunque.

  4. cara Maria Sole, sulla follia perversa, quasi incredibile, di Trump non ci sono dubbi e su questo non c’è molto da aggiungere, la mia era quasi una battuta a caldo degli avvenimenti. Indipendentemente da me ho sentito una molto simile battuta di una mia cara amica che dice: data la situazione di pandemia era difficile andare a organizzare un golpe in un altro stato e dunque se lo sono organizzati in casa! Battute e basta, naturalmente, ma la malattia della cosiddetta democrazia statunitense è grave e profonda e dura da molto e mi dà noia che ancora molti dicano ah, proprio nella più grande democrazia del mondo! Ma quale democrazia? Abbiamo idea di quanto denaro serve per poter anche vagamente entrare in una lista di possibili candidati alla Casa Bianca? Se non fosse una parola che ha troppi echi fascisti, si direbbe, alla lettera, una plutocrazia. Del resto, come già dicevo altrove, la Terra è governata da Putin, Xi Jinping, Bolsonaro e compagnia. In confronto la Merkel è un faro nella notte. Ma ce lo ricordiamo l’opposto, Jose Mujica, straordinario presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015?

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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