Due terzi di Odifreddi : per difendere la scienza

di Riccardo Canaletti

Il Prestigiatore, Hieronymus Bosch (attribuito a)

 

Di recente è uscita nel sito di Nazione Indiana una critica a firma di Daniele Barbieri contro l’intervento di Piergiorgio Odifreddi su Massimo Cacciari e Roberto Calasso. La motivazione sembra essere una difesa della scienza dall’antiscientismo di autori come il logico e matematico ateo più famoso d’Italia. Tuttavia, credo che la critica sia stata fin troppo dura e la risposta in campo umanistico all’intervento di Odifreddi sia stato poco ponderata. Infatti, credo che si possa salvare di quell’articolo il 66,%. Mi è sembrato infatti che il testo di Odifreddi contenga tre punti essenziali, che possono costituire tre tesi separate.

Il primo di questi punti è quello su cui mi resta difficile essere d’accordo, e forse è quello per cui si è argomentato meglio nella nota di Barbieri. Riguarda il rapporto tra interpretazione e scienza. A detta di Odifreddi le due cose contrastano (in realtà credo che si riferisca alla lettura postmodernista del rapporto tra fatti e interpretazioni, che sfocia quasi sempre nell’antirealismo dei fatti, ma poniamo, in modo poco caritatevole nei confronti del matematico ateo, che intenda semplicemente che interpretazioni e fatti siano inconciliabili in assoluto). Questo è chiaramente falso. Basterebbe il breve commento di Barbieri per avere già alcuni grandi autori non troppo a loro agio con questa idea (come Rovelli appunto). Oppure si potrebbe pensare alla seconda cibernetica, ai costruttivisti, a chi ha fatto dell’oggettività tra parentesi la base per le proprie ricerche in biologia, come Humberto Maturana. O, ancora, si pensi a Putnam, che arrivò a sostenere una forma di realismo in cui i fatti, persino in fisica, fossero intrecciati ai valori. Dunque, questo rapporto non solo c’è, ma potrebbe persino essere pacifico per la scienza, molto più di quanto Odifreddi non creda. Così, abbiamo tolto di mezzo il “terzo incomodo” dell’intervento di Odifreddi. Ma gli altri due punti possono essere salvati.

Il secondo riguarda l’enorme diffusione della religione antiscientista in Italia (siamo alla fine della seconda colonna dell’articolo di Odifreddi). Si dice:

Le opere che i due individui hanno scritto […] costituiscono le “icone della legge” della religione antiscientista “alta” che impregna il mondo culturale italiano, e po’ percola fino all’antiscientismo becero della massa di coloro che di libri non ne leggono nessuno, meno che mai quelli dell’Adelphi, ma trovano in Cacciari e Calasso copertura per le loro superstizioni.

Questo è il primo dei tre temi che mi sembra si possa condividere totalmente. In Italia non solo c’è una sfiducia verso la competenza  in generale (qualcosa che anche Rovelli aveva commentato a Propaganda Live, oltretutto), ma c’è una particolare mancanza di fiducia nelle capacità della scienza di fornire delle conoscenze conclusive in determinati ambiti. “Conclusive” non nel senso di vere per sempre, mai più soggette a errore, ma piuttosto che ci permettano di capire che, per affrontare quel determinato tema, si dovrà usare d’ora in poi la scienza e nient’altro. Questa mancanza di fiducia è largamente provata da una gran parte dell’ambiente poetico italiano delle nuove generazioni, che su Facebook condivide o scrive autonomamente della pandemia a prescindere da qualunque considerazione di tipo sanitario che non sia rimasticata per loro dai giornali di cronaca (che raramente riportano le notizie in modo decente, soprattutto se scientifiche). E questo dà ragione a Odifreddi poiché la lettera di Cacciari e Agamben non è che la dimostrazione involontaria della mancanza di dimestichezza e serenità con i numeri (poiché quelli citati nel testo erano o sbagliati o male interpretati) e più in generale con la scienza (vale la pena ricordare l’idea negazionista sulla pandemia di Agamben stesso, che in più di un’occasione ha parlato di “presunta” o “cosiddetta” pandemia, o del covid come di una semplice influenza, tirando fuori dal cappello numeri a caso per mostrare la bassa pericolosità del virus). E grazie a questo genere di autori, purtroppo si riproducono le stesse uscite antiscientiste, ma più in basso, a livello della massa di cui parlava Odifreddi, con l’unica differenza che non si tratta di gente che non legge i libri Adelphi. Parliamo piuttosto di gente colta (e solo a un livello ancora più basso di riproduzione incontriamo la selva no-vax). E qui arriviamo all’ultimo punto sollevato da Odifreddi.

Si tratta del fatto che il problema non sia nel leggere questo genere di autori, ma di leggere solo questi autori. Il problema più grande infatti è la sfiducia nella competenza, ma l’enorme fiducia nei confronti delle proprie capacità, che sembrano resistere all’evidenza, al ragionamento logico, ecc. Qualche giorno fa è uscito un articolo di Giovanni Boniolo proprio sugli errori argomentativi di Cacciari e Agamben che sono pressocché identici a quelli che si trovano ai livelli più bassi del dibattito, ovvero tra la fauna variegata dello zoccolo duro dell’Adelphi.

Se si vuole difendere la scienza si dovrebbe iniziare a riconoscere che un discorso come quello di Odifreddi, per due terzi, è corretto. L’onestà intellettuale dovrebbe contraddistinguere l’intellettuale, che deve ammettere, se è il caso, di essere rimasto sprovvisto degli strumenti adeguati per comprendere il reale.

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6 Commenti

  1. caro riccardo,

    grazie per il commento. sugli ultimi due terzi non posso che concordare: in particolare, nel mio articolo sul giornale avevo io stesso messo in corsivo il “solo”, a proposito dei libri che si leggono. ma è saltato quello, come tutti gli altri corsivi: in particolare i titoli dei libri citati. la parola era rimasta, invece, ma evidentemente qualche lettore l’ha rimossa inconsciamente…

    comunque, come forse lei sa, ma barbieri e i suoi lettori forse no, accusare me di essere antiumanista” è per lo meno disinformato. la mia intera opera di divulgazione tende esattamente al contrario: cioè, a mettere insieme umanesimo e scienza, e in particolare la matematica, in un tentativo di mostrare appunto le due facce della medaglia. basta anche solo sfogliare la mia trilogia geometrica, che illustra la geometria con l’arte, o la mia edizione del “de rerum natura” di lucrezio, per accorgersene.

    il fatto è, ed è questa la mia critica all’umanesimo, che mentre negli ambienti scientifici è evidente che la cultura sia una medaglia a due facce, negli ambienti umanistici è altrettanto evidente che la si considera invece una medaglia a una sola faccia. come diceva già snow mezzo secolo fa, nel suo saggio su “le due culture”, se uno scienziato non conosce dante o bach, è giustamente considerato un ignorante, ma se un umanista non conosce newton o darwin, no. e, con tutto il rispetto, non conoscere dante o bach sicuramente impedisce meno di capire il mondo in cui viviamo oggi, che non conoscere newton o darwin: e infatti, le reazioni ai vaccini nascono proprio da questa ignoranza scientifica, che spesso convive felicemente con una cultura umanistica.

    sul primo terzo ho già risposto invece direttamente sull’altro thread, e mi limito qui a confermare che lei è stato più “caritatevole” nell’intuire che la mia critica al “non ci sono fatti, solo interpretazioni” non poteva certo essere intesa come una difesa del “non ci sono interpretazioni, solo fatti”. e che era appunto con la deriva post-modernista che ce l’avevo: una deriva che conosco direttamente, anche più di quanto vorrei, se non altro per averne discusso più volte qui a torino con vattimo, ovviamente senza condividerne uno iota…

    • Gentilissimo professor Odifreddi,

      la ringrazio moltissimo per questo commento, che non può che farmi piacere (e, senza troppo girarci intorno, mi onora). Il primo terzo era una concessione all’articolo di Barbieri, per quanto per me valga molto di più l’inciso che ho posto tra parentesi, poiché chi la conosce sa chiaramente a cosa si riferisce. Anzi, si potrebbe dire che Barbieri ha fatto l’errore di cui l’accusava nei confronti di Nietzsche, poiché non sembra aver preso in considerazione il suo pensiero.

      Il problema fondamentale, e purtroppo non l’ho inserito all’interno dell’articolo, è che spesso non ci accorgiamo che questo “conflitto” tra le due culture non è quasi mai originato da parte degli scienziati o di chi difende primariamente il sapere scientifico; bensì, da chi, come giustamente ha sottolineato, non si fa troppi problemi a interpretare il mondo a prescindere da Darwin o da Dawkins, da Krauss o da Hawking, da Penrose o Wilczeck che sia. La lettera di Cacciari lo dimostra. Gli scaffali Adelphi lo confermano. Gli articoli di Agamben lo rendono chiaro anche a chi non sa guardare tra le righe e ha bisogno che qualcuno gli mostri in modo evidente che non sapere nulla di scienza non ti porta più lontano dalla visione del mondo di un no-vax, semplicemente più erudito della media.

      Vorrei ricordarlo prendendo in prestito una citazione di Max Born sull’infinito, e che mi sento di estendere a molti altri temi troppo spesso maltrattati da alcuni filosofi: «I filosofi, muovendosi in mezzo al concetto di infinito senza l’ esperienza e le precauzioni dei matematici, sono come navi immerse nella nebbia in un mare pieno di scogli pericolosi, e ciononostante felicemente ignari del pericolo»

    • Se non esiste nessun dio, allora professore, chi ha creato tutto questo?
      adie adie mus ta de adie adie a mus ta
      adie na ta mus ta me adua
      adie adie tu e ma de adie adie tu e ma adie adie tu e made

  2. Proprio ora che il grande Roberto Calasso è mancato, da semplice lettore forte mi darebbe molta amarezza vedere assistere a tentativi di graffiare Adelphi. Una casa editrice straordinaria e unica nel panorama editoriale italiano, sia detto senza farne l’apologia. Una casa editrcie che, da semplice lettore forte (e di formazione scientifica, lettore anche di Odifreddi, che apprezzo) mi auguro di vedere continuare a pubblicare (e ripubblicare) splendidi testi.

  3. Grazie per aver apprezzato il mio terzo. Sugli altri due terzi ho posizioni più sfumate che, al momento, non sono particolarmente rilevanti (e infatti non le ho sollevate nel mio intervento). Solo, posso dire che ho trovato l’atteggiamento di Odifreddi anche lì un po’ greve, e abbastanza controproducente per una difesa della scienza.
    Lo spiego meglio, comunque, nella risposta che ho dato a Odifreddi in calce al mio post (risposta, peraltro, concentrata sul primo terzo).

  4. Il discorso di Odifreddi è reale, chiunque frequenti la “cultura alta” in questo paese sa che c’è un pregiudizio antiscientifico che incredibilmente accomuna i “colti” con i “bruti”, cioè coloro che rifiutano di mettere le loro idee in discussione o a fatti scientifici controbattono con auree, karma ecc.
    Il prof. Odifreddi però è anche un provocatore, spesso simpaticamente esagera o pungola troppo quando è troppo severo con chi coltiva una fede, perché questa non può sottostare alla ragione ma solo alla ragionevolezza.
    In definitiva credo abbia fatto bene a indicare in due massimi esponenti dell’elite culturale quel vizio italianissimo di staparlare perché ci si ritiene depositari di una verità che non vuole confrontarsi con le prove della scienza.

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Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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