Marco Zapparoli: in Italia la saggistica resta indipendente

di Matteo Bianchi

 

Il mercato del libro non è entrato in crisi a causa della pandemia, ma del processo di cambiamento che coinvolge il linguaggio a ogni livello. Tra evasione e introspezione la lettura ristruttura le domande esistenziali di ciascuno e seguirne le sorti sui territori potrebbe essere una soluzione, facendosi carico non solo delle diversità tra Nord e Sud, ma soprattutto tra generazioni, tra chi legge di più e chi legge di meno, senza temere le differenze di genere che si sono radicate e radicalizzate nel nostro modus vivendi, e nel rapporto stesso con la parola. «Il libro deve tornare un bene comune, che appartiene a tutte le età e a tutte le regioni del paese, ridimensionando le discrepanze stratificatesi dopo il boom economico»; questo l’input che Marino Sinibaldi, presidente del Centro per il libro e la lettura del Mibact, ha lanciato durante la settima edizione di Elba Book e che ribadirà giovedì 16 settembre, al convegno “Patti per la lettura e reti territoriali” di Chiari, prima Capitale italiana del Libro nonché dimora della Rassegna della Microeditoria.

Nelle nostre dimore il libro dovrebbe essere già un oggetto quotidiano e non rimanere un’attività particolare, alla stregua di un compito a casa. Nel buio della pandemia pare che questo processo si sia intensificato, che la lettura non sia più solo uno strumento per accumulare conoscenza al bisogno, ma che sia diventata parte integrante della nostra vita, sebbene questo cozzi con l’utilizzo sfrenato dei social media. I canali social impongono una durata della comunicazione che ne abbassa la qualità, potendo solo informare superficialmente, non entrando mai nello specifico tanto meno riuscendo ad articolare la complessità circostante.

La prima serrata ci ha consegnato una responsabilità individuale, ovvero la possibilità di fermare il contagio adottando determinati comportamenti, al di là del vaccino, dimostrando sulla nostra pelle quanto l’azione consapevole di ognuno possa essere cruciale per un respiro condiviso. E addentrandosi trasversalmente in svariati settori quante sono le personalità che lo compongono, Il senso del respiro (Castelvecchi, 2020), curato da Luciano Minerva, supera le reazioni di autodifesa e di protezione del singolo di fronte alle incongruenze della società per abbracciare consapevolmente una dimensione collettiva. Se applicassimo questa lezione a una questione “enorme” da focalizzare come l’emergenza ecologica, il principio della sostenibilità ci potrebbe orientare concretamente.

UNA COSTELLAZIONE DI MICRO EDITORI

«Circoscrivere l’editoria indipendente in Italia significa identificare centinaia di case editrici – esordisce Marco Zapparoli, presidente dell’Associazione Editori Indipendenti (Adei) e già fondatore di Marcos y Marcos – quantificabile intorno al 46% del valore complessivo del mercato. Solo alcuni editori superano un fatturato annuo di dieci milioni di euro, numerosi sono tra i quatto e i dieci milioni, poi ce ne sono di piccoli e di piccolissimi. Negli ultimi sedici mesi l’editoria indipendente ha navigato nei modi più disparati e chi stampa autori estremamente conosciuti ha assistito a un incremento delle vendite. Le difficoltà sono affiorate tra gli editori con un fatturato inferiore ai 300mila euro annui, che si stanno riprendendo soltanto adesso e nel primo semestre del 2021 hanno registrato una crescita notevole, aumentando l’incasso di circa il 50%. Riguardo le vendite si è rinforzato il commercio dell’online; i più resilienti sono stati i librai indipendenti che rappresentano il 17-18% del settore, rinstaurando da subito un rapporto solido con il territorio di appartenenza, grazie a organizzazioni di corrispondenza quali Bookdealer, ma anche effettuando le consegne di persona a casa dei lettori. Hanno sofferto maggiormente la serrata le librerie in centro città e quelle di catena a ogni livello, comprese quelle religiose come il Gruppo San Paolo».

Qui la bibliodiversità ha raccolto un risultato incredibile: «Nessuno potrebbe immaginare che l’editoria indipendente, più o meno specialistica, nel segmento della saggistica abbia raggiunto il 60% del mercato dopo decenni di lavoro alacre, superando l’egemonia che i monoliti mantengono indiscussi nella narrativa. Oggi non c’è paese europeo dove il livello sia il medesimo».

IN RETROSPETTIVA

Il ddl n. 1421, sulla promozione e il sostegno della lettura, che ha avuto come prima firmataria Flavia Nardelli e che ha compiuto il suo iter con il ministro Franceschini, il 5 febbraio 2020, è stato un pilastro per Zapparoli: «Per favorire la bibliovarietà la legge in questione sostiene concretamente i Patti per la lettura, che attuano un’opportunità imperdibile di cooperazione tra istituzioni, comuni e sistemi bibliotecari, e le associazioni del territorio; oltre all’apporto economico, dà la possibilità che i Patti si realizzino e siano sostentati a lungo termine». I Patti per la lettura sono un meccanismo che dovrebbe ricostruire la domanda di lettura attraverso manifestazioni spontanee, o di concerto tra iniziative pubbliche e private.

«La legge, inoltre, prevede una forma di incentivazione delle biblioteche scolastiche auspicando che recuperino spazio. Per Adei la cosa più importante è che nel disegno ci fosse una demarcazione chiara delle regole del commercio dei libri. Fino a dieci anni fa il nostro paese era una sorta di far west, basti pensare alla gestione degli sconti: nei megastore si faceva fino al 30% sul prezzo di copertina. La prima delimitazione delle campagne fu permessa dalla legge Levi che pose i primi limiti al 15% e al 25%, a seconda della superficie di vendita. L’intesa con il Sindacato Italiano Librai e Cartolibrai (Sil) e con l’Associazione Librai Italiani (Ali) ha permesso una limitazione aggiuntiva dello sconto al 5% e un mese di campagna l’anno con un massimale del 20%, innescando una piccola rivoluzione nella filiera e lasciando nelle casse dei rivenditori non meno di 45-50mila euro solamente nel 2020». In prossimità dell’approvazione in Senato, l’Associazione Italiana Editori (Aie) lamentava che si sarebbe finiti in breve a un congelamento del mercato, aumentando le esternazioni di biasimo proprio con lo scoppio della pandemia, ma fortunatamente non è stato così.

TEMPO SPRECATO?

«I libri vincono sul tempo», ha pontificato nella sua ingenuità novecentesca Concita De Gregorio, banalizzando ulteriormente un’ovvietà in A proposito di libri, il manuale ben curato dalla redazione de “Il Post” in cui viene squadernata l’epopea dell’oggetto di carta stampata, dalla mente alla mano, dal Garamond massificante allo scaffale in bella vista. Compito del libraio è quello di selezionare ed esporre ciò che ha «potenzialità per durare», argomentava Roberto Calasso alla Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri, il 25 gennaio del 2019, presso la Fondazione Cini di Venezia. I cambiamenti in essere determinano sempre la perdita dei punti di riferimento, insicurezza e disorientamento, e il mutamento che sta subendo la costellazione di micro editori non è altro che il contraccolpo di un mutamento generale del contemporaneo a misura di schermo: «Ormai gli scrittori sono considerati come un settore dei produttori dei contenuti e molti se ne appagano. Ma questo presuppone l’obsolescenza della forma. E dove non c’è forma non c’è letteratura», precisava Calasso.

Robert Pirsig, ne Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta (1974), mescolando metaforicamente il momento romantico della guida, del controllo della strada, a quello classico della padronanza della forma meccanica che soggiace all’ebbrezza, racconta come un padre e un figlio a cavalcioni su una moto per gli Stati Uniti non riescano a definire la “qualità”, a restituirne un concetto che non sia elusivo, sebbene a guidarli sia il Fedro di Platone. Tuttavia è essenziale che la qualità sia indiscutibile: è la lezione che ci ha lasciato in extremis il fondatore di Adelphi, testimoniata da un catalogo costante nel numero di pubblicazioni annue, senza impennate né stravolgimenti di collana. Perseverare è quello che fanno anche Sellerio e la più giovane Iperborea, sebbene dopo la scomparsa di Camilleri alcuni tra gli impareggiabili gialli blu abbiano cambiato formato – giusto a inizio estate – e copertina, abbandonando la sovra copertura e le bandelle di pregio. Strategia impiegata pure da Calasso stesso per ristampare Simenon, ad esempio.

Nell’articolo Libri contro sigarette, apparso sulla rivista “Tribune”, l’8 febbraio del 1946, a seguito della seconda guerra mondiale e della crisi che portava con sé, Orwell ammoniva quanto fosse «difficile stabilire un qualsiasi rapporto tra il prezzo dei libri e il valore che se ne trae». Ma trascorso quasi un secolo «l’idea che comprare, o anche solo leggere, libri sia un passatempo costoso, fuori dalla portata della gente comune, è così diffusa da meritare un’analisi attenta».

La pandemia ha evidenziato il valore ineguagliabile del tempo e di quanto quello attuale abbia perso in termini di qualità rispetto ai capisaldi del consumismo terminale. Gli editori indipendenti che hanno retto meglio la chiusura improvvisa sono stati i marchi specializzati in letture per bambini e adolescenti: genitori e nonni hanno avuto tanto tempo da dedicare ai bimbi.

«Sarebbe salutare se gli editori ascoltassero la richiesta che arriva dai librai di mantenere il decremento delle novità – conclude Zapparoli – poiché la permanenza dei titoli sui tavoli si è ridotta eccessivamente. Il catalogo di ogni librario meriterebbe meno dispersione e l’anno scorso è stato esemplare: nel 2020 si è venduto ugualmente, se non leggermente di più, con un numero di novità inferiore del 25%». L’iperproduzione libraria è uno spreco e non consente al libraio di lavorare sui titoli, emulando il sensazionalismo dilagante in qualunque settore: si bada solo alla superficie, senza approfondire. Il digitale, nonostante abbia sacrificato parte della sfera emozionale degli incontri vis a vis, si è rivelato sostenibile: eccezione fatta per l’intervista a Rushdie di Sinibaldi per “Libri Come” nel suo sottotetto londinese, conversazione a distanza emblematica per l’intimità trasmessa.

La scomparsa di Sepúlveda, d’altro canto, ha inverato l’irrimediabile: la fragilità dei contatti umani. L’approccio in video ha altresì allargato il diaframma culturale, la pluralità delle esperienze personali, a tal punto che circa il 16% dei lettori italiani ha seguito gli appuntamenti online. La sostenibilità dovrebbe indirizzare la filiera del libro con modelli compatibili e responsabili, non basandosi sull’enfasi del fare e del muoversi, ma senza ridimensionare le ambizioni degli editori.

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Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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