La creazione del mondo

di Tomaso Boniolo

“Ho letto così tanto sui popoli primitivi, che sono diventato io stesso un popolo primitivo”. (Elias Canetti, La Provincia dell’uomo)

 

1- La creazione degli uomini e delle donne.

I Boniolo sono una piccola tribù che vive tra le montagne, in un isolamento che è frutto della presunzione e del rancore.

Degni di nota sono i loro miti sulla creazione del mondo.

All’inizio -dicono i Boniolo- il mondo fu creato da una coppia di dei, la Madre e il Padre, che lavoravano in perfetto accordo.

Verso la fine dell’opera, però, i due si trovarono in disaccordo su qualcosa (il colore delle nuvole? I dinosauri? Non lo sappiamo).

Il mondo era quasi finito, mancavano solo gli uomini e le donne. Per non continuare a litigare all’infinito, Padre e Madre si divisero il lavoro: lui creò le donne, lei gli uomini.

Dato che i maschi -quando lavorano concentrati su qualcosa che li interessa molto- ottengono spesso ottimi risultati, il Padre creò le donne senza difetti. La Madre invece creò uomini imperfetti perché -come tutte le femmine- scambiò i suoi sogni per realtà.

Così furono creati i nostri antenati e le nostre antenate e così, secondo i Boniolo, sono rimasti fino ad oggi.

 

2- La creazione della luna.

All’inizio dei tempi (secondo i Boniolo) Padre e Madre crearono la luna profumata.

A ogni luna nuova il profumo cambiava: per esempio a maggio la luna profumava come di gelsomino, tenue all’inizio e poi sempre più intenso fino al plenilunio.

Sfortunatamente la luna -a quel tempo- stava molto vicina alla terra e il profumo era troppo forte. Una notte serena di luna piena alla lavanda (in febbraio) poteva far impazzire una mandria di tori. Quindi i primi Boniolo pregarono gli dei di allontanarla un pochino, e furono esauditi.

Però Padre e Madre spostarono la luna troppo in là e oggi il suo profumo non si sente affatto. Per questo ci assale la tristezza quando la guardiamo, e per questo gli sciacalli, nostri fratelli, ululano alla luna piena: si lamentano e cercano di richiamarla indietro.

[Questo racconto Boniolo è stato inserito da Roth e Dal Bon nell’Atlante mondiale della Nostalgia (Heimweh-Weltatlas 2a ed., Heidelberg: Springer, 1959)]

 

4- La memoria

Un tempo -raccontano i Boniolo- noi non avevamo memoria.

Gli effetti erano a volte comici (dato che non ricordavamo di esserci già incontrati, passavamo tutto il nostro tempo a salutarci) altre volte tragici (la tigre dai denti a sciabola è pericolosa, se lo scordi sei fritto). C’erano anche dei lati positivi dell’essere smemorati, però li dimenticavamo sempre.

Così gli anziani mandarono un giovane guerriero a chiedere agli dei la memoria. Gli tolsero il cuore (che del corpo è la parte più pesante), e lui poté salire oltre la montagna. Arrivò al villaggio della Madre e del Padre. Quando fu davanti a loro, chiese quel dono per la sua gente. “E tu, cosa ci darai in cambio?” gli chiesero gli dei. “Faremo dei sacrifici in vostro onore” rispose il giovane Boniolo, ma gli dei dissero che non bastava. “Sacrifici umani, ragazze vergini, roba di valore” aumentò la posta il guerriero, ma non bastava ancora.

“Vi daremo la nostra coscienza di quel che è bene e quel che è male” disse lui alla fine. Dal momento che non aveva il cuore, gli sembrava un prezzo accettabile. Il Padre e la Madre accettarono subito. Ancora oggi si discute tra i Boniolo se il prezzo pagato per la memoria sia stato troppo alto. I nostri fratelli maggiori gli sciacalli, invece, non hanno nessun dubbio e ci chiamano: Quelli-che-non-chiedono-scusa.

 

7- Il futuro

Quando il Padre e la Madre li ebbero creati, i Boniolo -tutti sorridenti- restarono in attesa.

Dopo un lungo momento di imbarazzo, chiesero ai loro creatori: “E adesso che si fa?” Gli dei non rispondevano, così i Boniolo pensarono di insistere: “Come sarà il nostro futuro, o dei onnipotenti?” “Il vostro cosa?” chiesero gli dei

“Il nostro futuro… programmi, aspettative, impegni, cose di questo genere”. Gli dei restavano muti.

Le creature alzarono la voce: “Eclissi, mutui, vacanze, piani quinquennali! L’evoluzione della specie!”

“Ah, ok, quelle cose lì -dissero gli dei- … noi le decidiamo sul momento… di volta in volta”

“Ma questo è il presente, non il futuro! Imbroglio! Vergogna!” I Boniolo erano indignati, ma gli dei se ne andarono senza aggiungere una parola.

Dal momento che non avevano ricevuto alcun futuro dalla Madre e dal Padre, i Boniolo se ne fecero uno da soli, e anzi -appena fu pronto- vi si trasferirono tutti. Tra parentesi: quello fu il momento esatto nel quale si cacciarono in un vicolo cieco culturale.

Ne eravamo coscienti? si chiedono. No. Avevamo dei sospetti? Forse sì, ma a quel tempo eravamo bambini e quindi, e giustamente, irresponsabili. Ci assolviamo, amen.

 

11- Arte

Una settimana circa dopo l’inizio del mondo, la Madre e il Padre si complimentarono tra di loro: “l’abbiamo creato a regola d’arte”.

I Boniolo che stavano ascoltando distratti (come al solito), della parola “arte” capirono questo:

  1. a) ha a che fare con gli dei b) è una faccenda creativa e c) però ci sono regole, di qualche genere.

Per questa ragione i primi artisti Boniolo erano molto simili agli sciamani e l’opera d’arte sembrava la celebrazione di un sacramento estetico.

Erano i cosiddetti bei tempi andati: everybody is happy, everybody is fine.

Poi purtroppo arrivarono le famose Incomprensioni, delle quali abbiamo già parlato: in pratica, gli dei e i Boniolo litigarono furiosamente.

I preti -senza una loro responsabilità diretta- scivolarono giù per la scala sociale fino al rango dei parassiti, gli artisti si fermarono a quello dei perdigiorno.

 

Questa situazione difficile mise in luce le differenze tra i due gruppi di reietti. I sacerdoti si fecero minacciosi, scomunicarono e predissero sventure. Gli imprevedibili artisti, invece, si dissero contenti che fosse finita questa tregua tra loro e una società “meschina, conformista, materialista, fondata sull’ipocrisia”.

Fu un grande successo! I Boniolo, che detestano sentirsi chiamare meschini, conformisti, ecc. si fecero piccoli piccoli.

Si abituarono subito a guardare l’artista dal basso in alto: era ancora un perdigiorno, ma di gran livello: si occupava di questioni sublimi! Una parte della tribù (quella che non faceva l’elemosina agli sciamani) istituì borse di studio per artisti.

Loro profittarono della situazione per scrollarsi di dosso tutte quelle regole che li obbligavano a mantenere rapporti decenti con la società meschina, conformista ecc.

Un giorno dichiararono abolita la funzione morale dell’arte, la settimana dopo quella sociale. Poi toccò alla figurazione e alla composizione, alla fine fu abolita anche la creazione. L’objet trouvé, il video amatoriale, il rumore e la poesia automatica regnarono sovrani nelle sale da concerto e nelle gallerie.

Se i Boniolo non avessero inventato, per legittima difesa, i critici d’arte e i curatori delle mostre, a quest’ora gli artisti avrebbero il comando su quella piccola tribù che sarebbe condannata alla rovina, poco ma sicuro.

 

13 – Verità e scrittura

«I nostri Dei ci hanno creati sinceri -dicono i Boniolo- noi non diciamo bugie».

Lo dicono con orgoglio, ma un piccolo sospiro tradisce come sentano, dopotutto, il peso di questa grande virtù.

Mai si sentirà una madre chiedere ai figli se si siano comportati bene, né mai un fidanzato chiederà alla sua bella se lei lo ami davvero. La vita è già abbastanza complicata -dicono- soprattutto quando si ha un carattere difficile come il nostro. Per amore della verità (e della pace) i Boniolo sono obbligati alla prudenza. Non si sveglia il cane che dorme.

Così, anni dopo, la Madre e il Padre  -per premiare la sincerità di quelle creature- regalarono loro la scrittura. Come se non avessero aspettato altro, tutti si misero a scolpire iscrizioni sulle prime rocce a portata di mano. Ogni giorno un nuovo autore promettente terminava un’ode, o un saggio.

La questione della verità, però, dovette essere riconsiderata.

«La parola pronunciata ha la vita breve -argomentarono i Boniolo- mentre la scrittura dura nel tempo. Ma nel tempo le opinioni e i giudizi cambiano, spesso più e più volte. Quindi chi scrive è sollevato dall’obbligo della sincerità. Anzi, si può dire che scrivere cose vere sia un atto di presunzione imperdonabile, un ostacolo fatale al progresso delle idee».

Per questo le loro promesse scritte, le leggi, i romanzi, i trattati, ecc. erano (e sono anche oggi) una sequenza di menzogne allegra e prolissa.

 

14 – Antropologi

Il desiderio segreto dei Boniolo è quello di essere raccontati, dicono i nostri fratelli sciacalli. Purtroppo però il gran passatempo di questa tribù è confondere le opinioni che gli stranieri hanno su di loro. Forse (pensano) quel gran Alexander Stephen  ha capito qualcosa dei Severi-delle-Aquile, ma con noi non ha cavato un ragno dal buco. Eppure è strano: scappiamo dagli stessi fantasmi, inseguiamo gli stessi sogni.

Quando qualche antropologo arriva in uno dei loro villaggi per studiare gli usi e i costumi, si sentono subito le grida “è mio!”, “no! L’ho visto prima io!”, “qui, signore! Io parlo volentieri!”. Poi, la sera, si raccontano davanti al fuoco: “gli ho detto che di pomeriggio sento le voci, e che quando mia figlia vive con la madre di mia moglie diventa una specie di mia zia”. Sorrisi, denti che brillano nel buio.

Non mentono -non ne sono capaci- ma se la godono a ingarbugliare il più possibile le idee delle loro vittime. Se alla fine l’antropologo conclude con un sospiro che la loro raffigurazione del mondo è “assai ridotta, insolitamente primitiva, confusa nelle categorie”, i Boniolo sono sorpresi e si offendono: “non è vero! Noi non siamo ingenui! Siamo complicati! Siamo complicatissimi!”.

 

17 – Lepri

 

Su quel che accade quando si muore, i Boniolo e i loro vicini hanno idee differenti.

I Wariri-dei-leoni immaginano regole complicate sul destino delle anime: se sei stato un buon guerriero, o cattivo, oppure se il tuo clan, se invece gli antenati, e se la posizione delle stelle di qua, o di là, ecc., ecc. … allora ti ritroverai dopo morto in quel posto, o nell’altro, dove sarai contento, o soffrirai tantissimo, o magari -sorpresa!- né l’uno né l’altro. Per i Wariri l’aldilà è argomento di conversazioni  appassionate, che spesso finiscono a colpi di clava. I loro sciamani  hanno cataloghi (e tariffari) per le anime, proprio come quelli che si trovano nelle agenzie di viaggi.

I Severi-delle-aquile sono più riservati, si potrebbe quasi dire: enigmatici. Riportiamo qui di seguito quello che ci sembra di capire.

La posizione ufficiale della tribù sull’argomento è che “quando uno muore tira il fiato, non succede più niente di importante”.

Interrogati con discrezione alcuni di loro parlano però di “trasparenze improvvise”, echi di canti, cose che accadono “nella nebbia, quando si leva, dopo la pioggia”.

Altri Severi parlano di “seguire la pista del tasso” o anche di abitare “nell’ombra del corvo”. Stranamente, queste idee differenti non li disturbano. Ammettiamo tutte le varianti dicono, con solennità.

 

Noi Boniolo invece abbiamo una maniera molto più elegante di affrontare il problema. Incarichiamo chi sta per morire di stendere, una volta arrivato,  una breve relazione su quel posto: basta una mezza paginetta, per favore, solo i fatti.

Ci raccomandiamo, loro promettono: sì, sì, vi scriviamo (come fanno sempre quelli che partono). Poi preghiamo le lepri di portarci quei messaggi. Così sappiamo senza incertezze, senza paure, quel che accade davvero dopo la vita.

Purtroppo, tra tutte le bestiole portatrici di notizie la lepre è la meno affidabile.

Si ferma ad annusare, si inquieta per un fruscio di foglie. Lungo il cammino, in quel prato sono spuntati i denti di leone: c’è tempo per uno spuntino. Incontra altre lepri, o i porcospini: cortesia vuole che si faccia conversazione. Si è fatto tardi: meglio scendere nella tana e riposare. Sogna, i suoi lunghi baffi vibrano. La mattina dopo ha dimenticato tutto.

Alcune sono tornate, ma solo per scusarsi. La maggioranza non si fa vedere affatto. Siete proprio delle belle messaggere! ci lamentiamo noi. Non sappiamo proprio niente della morte, ma l’idea era buona. È tutta colpa delle lepri.

( questi paragrafi sono una selezione  di un’opera originariamente destinata al teatro, l’illustrazione che l’accompagna è dell’autore, g.m.)

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Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
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