Francesca Matteoni
“Ci aiuta a vedere il mondo reale/ visualizzare un mondo fantastico” ha scritto il poeta americano Wallace Stevens. Il mondo fantastico in cui ci spingiamo ha un rapporto di prossimità con il nostro contingente, avviene in quel luogo dove l’altrove, preconizzato più che manifesto, si incontra con la comune quotidianità – il noto si confonde con l’ignoto, in una zona di confine che non separa affatto, ma si...
di Mariasole Ariot
L'ingresso è gelido, le piccole ore notturne della casa si dispongono simmetriche nello spazio vuoto. Una donna mi consegna un foglio, "lo firmerai domani", dice sottovoce, e continua a sorridere, sorride come si sorride alla madre di un figlio morto: è la contenzione mascherata da accudimento.
Al risveglio non una terra che frana sotto i piedi ma il mio volto che frana sotto i piedi dello strato più...
di Mariasole Ariot
Dopo tre giorni sono iniziate le sinfonie notturne.
La volpe è bella. È una donna potente, i suoi occhi sono pozzi neri. Ribaltano il visibile, cammuffano la noia. Mi racconta dei figli dispersi, un figlio dopo l'altro, il primo ferito nel ventre, il secondo nella vodka, il terzo dall'incendio di casa. La volpe continua a figliare, e poi non figlia mai. Ha le gambe corte, le rialza con...
di Mariasole Ariot
Negli interstizi
dove le cose cadono
un occhio acceca senza scena.
Come buchi solitari dell'udito,
il troppo che si dice già passato
- i caduti erano gli altri.
A partire primo è l'animale
rincorre senza fame una corazza:
di Nome si muore
per un Nome.
Ma l'inverno soffoca la macchia
la donna cammina già condensa:
di cosa è donna una donna
di cosa i sette...
di Mariasole Ariot
Ci sono
perchè tu non ci sia più.
Per respirare
i termini confusi
del tuo frastuono.
Quando le donne
versavano il latte dalle grondaie,
il mio seno era riverso.
E gelavo
a gambe serrate,
la finta di un suono più alto.
Ma ora il mio rumore
è un ago estratto e rovesciato,
il dolore convesso
di ciò che emerge
e ha finito di entrare.
- La piccola danza dei nove mesi
domani
sarà la ricompensa per gli arrabbiati-
E ho confuso per secoli
le teste dei mendicanti,
conservato...
di Mariasole Ariot
Ciò che dall'interno
preme -e sbuffa, e macina
è un corpo lasciato a maggese
un resto
dei resti, del resto del tempo.
Avevo gli anni delle scarpe
senza tacco,
il tubo digerente
a comando,
e la medicina pura dei controllori.
Lo svuotamento
della rabbia
ha una scimmia incastrata
nella finestra,
e la mia lingua è morta.
C'erano i colli,
i collari, le macchine da presa,
c'erano le volpi madri
con la pelle scorticata per il sonno
i dottori delle dieci di sera
il carrello del...
di Mariasole Ariot
Gli occhi guardano alla stazione, Padova e i palazzi intrecciati di azzurro fluorescente, l'orribile mascherato. Alla fermata dell'autobus piovono un uomo dai costumi antichi, due ragazzi colombe, un'anziana signora con le borse traforate e una donna col pancione e un bimbo tra le dita.
L'attesa è lunga, passano numeri inutili per chiunque, la pioggia si accumula negli interstizi, tra una mattonella e l'altra, un vuoto e il successivo,...
di Mariasole Ariot
L'ultimo prato che ho visto
Evidentemente il ricordo ha una traiettoria in salita. Il prato è a quattromila metri d'altezza, il lago al centro come un punto di raccolta dell'immaginario, ci sono donne invisibili che danzano - l'unico animale disteso al fuoco ascolta il rumore della goccia.
Le lacrime ad alta quota formano laghi vecchi millenni.
Un prato che non ho mai visto
Il primo prato era un sogno. Ci...
Mariasole
funebre
I raccoglitori di fiori
si atteggiano
all'alba dei vecchi
con carri mascherati,
e cavità
poco profonde.
Celeri messaggeri
dei semi
e delle donne,
ridono
discutono all'infinito
sull'esistenza
dell'acqua.
E il cielo in ombra
e il tempo stretto
e la vertigine
non hanno tempo
per aspettare il peggio.
La terra
è un canto adulto.
Andrea
Gli anni passati si chiudono qui.
Gli anni iniziati non trovano posto
nel conto di vita che c'è.
Di quanto ho vissuto ridico:
un ago piantato nel piede,
una chiazza di sperma,
una mano sul capo.
Di quanto non vivo vivrò ricontando
ritrovo paure,...
di Mariasole Ariot
Gli alberi sono degli alfabeti, dicevano i Greci.
(Roland Barthes)
La prima volta, dopo molti anni, l'ho vista arrivare dall'alto. Un cavalcavia e il suo corpo ombra che in lontananza sembrava un arbusto senza foglie, due rami che si allargano al cielo aggrappati tenacemente al manubrio di una bicicletta troppo alta. E quel gesto tipico della vittoria aveva in lei l'ansia della resa, dell'abbandono disperato della vittima che attende...
di Mariasole Ariot
Per ciò che verrà
- Nella fonte d'ogni chiasso -
Ho fissato la bugia.
Coprirò poi
con stracci di risvolti
ogni tritume e sedativo
A distillare vento
dal primo riposo di maggio.
di Mariasole Ariot
Facebook parla in terza persona, un walzer a tre tempi. Nel primo si accetta, nel secondo si chiede accoglienza, nel terzo ci si guarda bene dal non farsi rifiutare. Da nessuno.
Perchè mai voler conoscere il giorno dei miei amici, il loro sguardo, il loro tempo perso o ritrovato che sia,la grana della pelle, la faccia che si perde, la propria sottrazione domenicale? Perchè se prima la rete...
di Mariasole Ariot
Ho contato i minuti senza tener conto del tempo, quando mi sono accasciata alla decima delle sedie chiamate sedute.
Aveva gli occhi stupidi, i tacchi alti, una vetrina di manuali, sulla testa e mi sorrideva elencando le solite domande di dettaglio – ché la circostanza, in quelle stanze, non concede alcun dubbio. Poi mi ha stretto la mano, debole, e mi ha detto: «Vede, ogni sua parola, i...