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Referendum: due esortazioni e una considerazione (importante)

di Tommaso Giartosio

1. La prima esortazione la accenno appena, perché circola già largamente in rete: andare a votare domenica mattina, il più presto possibile. L’affluenza elevata registrata dai media di solito esorta anche i dubbiosi e i demotivati a recarsi ai seggi.

2. Provate a pensare a qualcuno che probabilmente non andrebbe a votare. Sarà magari qualcuno al di fuori delle vostre conoscenze immediate, un parente, un amico distante, un collega. Tre nomi, due, uno soltanto. Alzate la cornetta, chiamateli e provate a convincerli di persona. Prendetevi questo piccolo impegno.

E insistete soprattutto sul fatto che ciò che conta è prima di tutto andare a votare, a prescindere dai sì e dai no. A questo tengo molto. Prima di tutto perché anch’io ho molto riflettuto prima di optare per i quattro sì, e so che il mio voto contiene tutti i miei dubbi, li elabora, ma certamente non li cancella. Ho grande rispetto per chi voterà in modo diverso da me. E poi perché la cosa veramente grave di questa campagna referendaria è stato l’invito all’astensione.

Voglio chiarire questo punto. L’astensione in sè è legale e può anche essere giustificata (ci sono stati, in passato, referendum da cui mi sono astenuto). Ma l’invito all’astensione, pur essendo legale, è una furbata che mira a sommare i no all’astensione fisiologica di quel 20-30% di cittadini che non vanno mai alle urne. Con la conseguenza di svuotare di senso i risultati. Se si raggiungerà il quorum e vincera il sì, si potrà sempre dire che i contrari, se non avessero scelto l’astensione, avrebbero battuto i favorevoli. Se invece non si raggiungerà il quorum, si potrà dire che i non votanti erano per la maggior parte indifferenti o disinformati e che tra coloro che hanno voluto esprimere un parere i sì erano più dei no. Neanche coloro che sono favorevoli alla legge 40 così com’è ci guadagneranno: vinceranno, ma in ultima analisi non ci guadagneranno. Perché la legge potrà ugualmente venire radicalmente cambiata (e quasi certamente lo sarà), e soprattutto perché la democrazia avrà fallito il suo compito. L’unico modo per disinnescare questo meccanismo infernale è avere una percentuale di votanti alta: più sarà alta, meno il risultato sarà opinabile. Per questo occorre soprattutto che si voti. Che ognuno faccia sentire la sua voce. Anche se su uno o più quesiti dovessero vincere i no, questo sarebbe un risultato decisamente migliore. Per tutti.

(Un amico cattolico, che ha deciso di astenersi, mi ha detto: “E’ che devo scegliere tra essere cattolico e essere democratico. Allora scelgo il cattolicesimo.” Gli ho risposto, più o meno: Ma tu non accettare un aut aut che ti è stato imposto, e in cui non credi. Agisci in modo da poter uscire a testa alta da questa prova, con la convinzione di essere stato sia cattolico che democratico. Vota quattro no, se lo credi, ma vota. E se pensi che così avrai di fatto rafforzato principi che non ti appartengono, tieni presente che nel mondo del “di fatto” possono accadere molte cose, e valgono mille altre considerazioni. Prima fra tutte: compito del cristiano – lo dico da non credente che ha immensa stima per molti credenti – è agire attraverso la formazione e l’esempio. Anche se sembra così lento, così inefficace, è questo il procedere del cristianesimo, e ha fondato o influenzato intere civiltà. La tentazione della spada, la drastica imposizione giuridica dei principii cristiani non solo è immensamente meno potente della testimonianza di quei principii (l’offrire un esempio, il parlare con i giovani, il costruire comunità e carità), ma spesso li svuota di senso, li rende deboli. Deboli come una legge. La legge portata da Gesù è stata un pratica e una parola, non un codice.)

tomgiartosio@libero.it
http://www.feltrinelli.it/BlogAutore?id_autore=1000305&blog_id=21

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