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Un film, precisione e correttezza

di Mario Bianco

Parto da un film:

Titolo: La regola del sospetto (The Recruit)2003
Regia: Roger Donaldson
Sceneggiatura: Roger Towne, Kurt Wimmer, Mitch Glazer
Fotografia: Stuart Dryburgh
Interpreti: Colin Farrell, Al Pacino, Bridget Moynahan etc.

Lo vedo su Sky, ambiente e scuola CIA per nuove reclute.

Lasciamo perdere premesse ideologiche che non tratto, c’è Al Pacino che mi piace, Colin Farrell che qui è molto bravo e una ragazza carina, la Moynahan, ma non una bellona(per fortuna) nel suo ruolo di agente principiante.

Vedo tutta una prima parte con piacere in questa scuola CIA di Langley, discreta sceneggiatura, episodi abbastanza ben congegnati, mitizzazioni informatiche fuori luogo ( però)… poi pian piano verso il casino, la confusione maldestramente cercata dal regista per spiazzare lo spettatore e il solito inseguimento nella stazione del metro, poi in auto (che barba: il milionesimo), si va verso il rovesciamento dei ruoli, il buono diventa poi il cattivo vero (povero Pacino ormai ancorato ai demoniaci) giustiziato da tutti i buoni insieme: gli sparano almeno 50 colpi, vince la patria America contro i soldi ed il cinismo, ecco.

Mi alzo piuttosto irato dal mio divano e ce l’ho con la troupe, regista, produttori e sceneggiatori perché mi hanno deluso ( ma non mi aspettavo tanto…) e perché soprattutto hanno disprezzo per l’intelligenza e l’intuizione del fruitore dello spettacolo.

E non ne faccio una questione soltanto estetica ma etica e tecnica strutturale: ci sono in questo come in moltissime altre narrazioni e film imprecisioni, rozzezze gravi: si fa prima una preparazione tecnica di prodotto che affatturi un poco, poi si fa credere allo spettatore che con l’informatica si arriva a far tutto, dappertutto, in pochi secondi si penetrano sacrari e si scaricano programmi segretissimi, strategici in men che non si dica, poi, improvvisamente, senza spiegazioni, uno che era o pareva morto sparato invece è vivo perché ucciso a salve, come se l’agente che gli ha tirato e che gli era addosso con il corpo non si fosse accorto veramente del suo decesso.

Sempre più imprecisioni che la regia cerca di colmare con inseguimenti e emozioni bum bum bum, cuore in gola perché “niente è ciò che sembra”.

Bon, fine, meno male.

Ora io sarò pignolo, forse esigente, ma nelle narrazioni/libri o films per tv e/o cinema, gialli o neri che siano, esigo precisione ed attendibilità poiché queste forme di espressione sono realiste, cioè tendono a raffigurare scene che nella realtà possono verificarsi.

Non sopporto più, e ne ho visti troppi, film di quello che spara col revolver (a tamburo) e poi per terra si vedono bossoli… ma questo è nulla, sono i congegni narrativi che paiono dimenticare le premesse, alterarle, stravolgerle a piacere quasi che il pubblico fosse composto tutto da fregnoni, imbecilli.

Dico così pure per molti libri gialli, polizieschi di consumo e intrattenimento che non accontentano nemmeno il lettore di buon palato (per quanto i lettori siano più sottili dei fruitori di cinema, per non parlare di tv).

Per quanto l’ideatore di prodotti intellettuali e di immagine si proponga in genere un target, o bersaglio o ceto o fascia di pubblico e fruitori, spesso trovo che cotesti ideatori e finanziatori sottovalutano l’intelligenza di chi fruisce.

Ora dico che anche l’ideatore di prodotti intellettuali dovrebbe avere rispetto per il proprio pubblico, per la sua capacità di capire e di immaginare; (tanto per dire e cadere in basso persino Panariello caca sul suo pubblico e lo svilisce, cioè esagera con esasperante cinismo).

E’ una questione, secondo me, anche questa di ricerca di stile e di amore per l’arte: fare un buon prodotto che giri le sue rotelle come un orologino, metterci quell’amore, quella cura che avevano e che hanno certi operai e artigiani che lavorano il loro mobile, la loro opera a puntino perché rispettano il cliente e vogliono dargli un buon prodotto, ben rifinito che sia immagine della propria abilità e delle proprie capacità.

www.mariobianco.net

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12 Commenti

  1. Scusa Mario, ma ti sei visto un film americano di spionaggio, d’azione, con il mito Pacino e il fighetto Farrell, e la bella ma non figona (come giustamente hai detto tu) Moynahan, e ti aspetti realismo, precisione, attendibilità? E parli di prodotti intellettuali?
    Hai sbagliato posto, completamente. Parliamo di un prodotto di consumo confezionato a Hollywood, che rispetta regole ben precise, tra cui quella appunto di voler far credere realistico ciò che non lo è. E in questo caso parliamo anche di un prodotto di propaganda americano: America, uno stato (ok, una confederazione di stati) che costruisce immagini di guerre in studi televisivi…
    Insomma, hai visto merda in formato tivù, ti è andata meglio di me che per vederla mi son preso il dvd, tempo fa, per far piacere a un amico.

  2. Ma vedi, Lorenz, io, come dissi, non mi aspettavo chissacchè:
    dico mi piace Al Pacino, film di spionaggio, vediamo un po’.
    Era spunto per dire che uno che produce,crea prodotti di questo genere deve aver rispetto della clientela ed invece la fa più grulla di quello che è.
    Tanto è vero che poi il film ha avuto scarsissimo successo.
    Ovvero un capitale ( ed eventuale talento) buttato e questo va bene per tutto, che sia americano o no, libro o altro: opere.

  3. ATTENZIONE bene, vediamo che si torna a parlare delle logiche della Restaurazione sulla Nazione Indiana, siamo felicissimi di questo evento nel nervosismo di oggi per lo scoop procuratoci da Massimiliano Parente prontamente messo sul giornale ormai quotidiano (in attesa dal Tribunale di Cagliari della concessione della registrazione della testata, io Vincenzo direttore responsabile Basile vice) VMO. Mario Bianco lamenta l’holliwoodyzzazione delle procedure filmiche del talento di Al Pacino nella medesima logica anti-Restaurativa che è il discorso fatto da Carla Benedetti, produttori di immensi miliardi con Piscine a Beverly Hylls senza distinzione di colore che vendono a un altro divo la villa immersa nei palmizi avendola acquistata dal divo precedente a mezzo di party intorno alla piscina con tanto di servizio catering, serate di P.R dove si stringono accordi sorpassando il talento calpestato dai cingoli produttivi nel fango della campagna di Russia a cinquanta sottozero, artisti derubricati dalle liste nere dei talentuosi, sceneggiature inesistenti messe in piedi per lo spot della Carta Visa di Robert De Niro mentre i maestri di un tempo (Lattuada, Comencini, De Sica) lavoravano duro per l’emersione dell’arte italiana, ma ormai è un ricordo, tutti a Blockbuster Night per il piacere di chi incassa mediante gli effetti speciali, volevamo ringraziare Mario Bianco per la ripresa sulla Nazione Indiana del discorso anti-Restaurazione, ci fa MOLTISSIMO piacere, continuiamo così!
    VINCENZO e BASILE

  4. Io, in effetti, miei cari Vicenzo e Vasile,
    volevo propormi propriamente a voialtri, essendo sardi e ben introdotti in società armatrici ed amatoriali, nonchè rosa fumetto o giu di lì, onde ottenere eventuali lavori di restaturo di cornici antiche, dorate e non, manufatti in legno artistici, tipo statue di santi, Madonne etcetera, dicui sono discreto, non indecente restauratore.
    Essendo che cotesto fu invero il mio mestiere precipuo vengo con questa quale offerta di muto soccorso ovvero collaborazione o perorazione che sia onde trovar lavoro che con queste patrie lettere non si guadagna un fico o mezz’etto di mortadella.
    Cioè, da ultimo, essendo il cavalier Berluscon ben sistemato dalle vostre parti, nei vostri pressi sardi, mi aspetterei da voi una raccomandazione presso l’insigne e l’inclito onde pasteggiar anch’io meglio coi guadagni eventuali di restauri presidenziali o giu di lì.
    Non si sa mai nella vita.
    Non è la volontà che mi manca.
    Cioè:
    uno restaura, oggi restaura domani, poi magari si piazza, tipo Faletti o no?
    Ecco.
    vostro
    Mario Bianco

  5. VINCENZO e BASILE: ho una curiosità, da un po’ di tempo. Qualcuno vi ha mai fatto notare di essere vagamente ossessivi?

  6. Sarà, ma per me un loro commento vale più dell’80% della roba sussiegosa che si legge qui sopra (il restante 20%? Mario Bianco e il maestro Francesco Forlani).

  7. Ma il titolo The recruit, che in fondo ha anche una traduzione immediata, come ha fatto a diventare in italiano “La regola del sospetto”??? Sul resto concordo abbastanza, anche se secondo me, che il film era una cagata pazzesca, si capiva gia’ dai primi dieci minuti…

  8. Posso replicare che all’inizio io vedevo solo
    che era una cacatiella…( sono meno drastico)
    che già delle premesse ideologiche me ne impippai…
    è tutto un pretesto la pseudorecensione.
    MarioB.

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