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Bacheca settembre 2005

Spazio per le lettere a Nazione Indiana, segnalazioni e richieste.

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60 Commenti

  1. Salve,
    Sono fotografo cineasta e professore di fotografia alla art institute di chicago, usa. Vorrei mettermi in contatto email con Roberto Saviano, in seguito ad un suo articolo sul manifesto. Sarebbe possibile ricevere il suo indirizzo email? Vi ringrazio in anticipo,
    Marco Poloni

  2. QUALCUNO PUO’ PUBBLICARE SU NAZIONE INDIANA LA SEGUENTE NOTIZIA?
    GRAZIE. Flavio Marcolini
    ——————————————————————
    Per il terzo anno consecutivo lo scrittore Aldo Busi partecipa a quella che si preannuncia anche per la prossima stagione una delle trasmissioni televisive maggiormente seguite, il reality show “Amici” di Maria De Filippi, in onda tutti i giorni su Canale 5 alle ore 16.
    A partire da mercoledì 14 settembre fino alla fine di maggio Busi terrà agli allievi di questa singolare scuola privata una serie di lezioni settimanali sull’importanza, nella formazione del giovane artista, della cultura in generale e della lettura in particolare. A ogni lezione dedicherà almeno un’ora e mezza, che la regia del programma, ligia alla tempistica del reality, comprimerà a forza dentro venti minuti di messa in onda. Insomma, da casa si potranno gustare solo alcuni frammenti delle sue imperdibili lezioni, taglieggiate dagli spot martellanti, ultronee presentazioni e i consueti ritardi della programmazione.
    Ad esse però si aggiungerà – ogni sabato dal 17 settembre (sempre alle ore 16) – la trasmissione “Amici Libri”, durante la quale Busi presenterà in forma intelligente e leggera ai giovani in studio i testi più diversi, che hanno in comune solo l’essere stati apprezzati da quell’esigentissimo lettore che è l’autore di “Seminario sulla gioventù”. Lo scrittore converserà con il pubblico sui romanzi prescelti e offrirà consigli di lettura, chiavi d’interpretazione e soprattutto il suo inimitabile rigore civile.
    Da outsider di impareggiabile maestria, nelle scorse edizioni di questi due programmi Aldo Busi ha rivelato una dedizione e un entusiasmo trascinanti, coinvolgendo argutamente gli aspiranti attori, ballerini e cantanti della scuola e, soprattutto, i telespettatori che hanno decretato il successo delle sue lezioni assediando il sito Internet di “Amici” e svuotando le librerie delle opere letterarie che venivano via via proposte.

    Flavio Marcolini

  3. Nel Trentesimo anniversario della barbara esecuzione di Pier Paolo Pasolini, vittima dell’odio clerico-fascista, vorrei ricordare (a chi ancora possiede l’apparecchio televisivo) uno degli ultimi articoli del poeta bolognese: “ABOLIAMO LA TV E LA SCUOLA D’OBBLIGO” (Corsera 18 ottobre 1975), ora in “Lettere luterane” , pagg. 165-171, con un titolo redazionale: “Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia”. Tragico e desolante: oggi si guarda ancora la tv….

  4. Di Aldo Busi in televisione si era parlato in Nazione Indiana un anno fa. Lunghissimi i commenti (80): Busi in tv, marchetta o impegno civile? Non avere/non guardare la tv: snobismo o igiene mentale? La tv è obbligatoria per un intellettuale? Mah.
    Il comunicato stampa di Marcolini è stato ripreso pure da Vibrisse.

  5. L’anno scorso ho visto in libreria un ragazzotto che desiderava un libro di Lucio Mastronardi. Incuriosito dalla strana richiesta gli chiesi perchè. Candidamente disse che l’aveva consigliato Busi in tv. Non continuai a discutere perchè tendo a troncare subito quando viene citata la tv. Ora apprendo del fervore missionario di Busi. Sono grato dell’informazione. Ho dato un’occhiata agli interventi citati da jan (mi sono arreso a “infernet” da poche settimane e conoscendomi, tra poco “infernet” dovrà arrendersi. Prendo atto che gli “intellettuali” guardano la televisione. Io non lo faccio (mai!) e non sono intellettuale. Sono soltanto un lettore. Al limite, quando proprio voglio distrarmi ascolto le canzonette di Claudio Lolli.

  6. IL FRONTE MERIDIONALE E LA SCRITTURA

    Su Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com) si possono leggere alcuni interventi dal titolo Scrivere sul fronte meridionale che sono sia nella forma che nella sostanza molto interessanti.
    Il pericolo in cui potrebbe incorrere un lettore disattento, però, sarebbe quello di credere che scrivere dal meridione è più difficile o crea più difficoltà che farlo a Milano o ad Oslo. E così, trovarsi infilato nel filone di pensiero per cui, stiamo tanto male noi del sud al sud, che neanche scrivere ci è permesso!, il tutto sotto il vessillo della massima giudaico-bunueliana: ‘a chi ha già, sarà dato anche il brivido dell’inutile; a chi non ha, gli sarà tolto anche quel poco per vivere’. Che, per chiarire, non sarebbe neanche un peccato.

    Ma, gli interventi hanno il pregevole merito di porre il problema dello scrivere al sud su un altro versante, superando di slancio queste banalità e andandosi ad innestare su una linea che in fondo non è né meridionale, né di qualsiasi altro luogo geografico. Questa linea dice semplicemente che ci sono tasti che bisogna toccare e altri che no, poiché, toccare alcuni tasti dà fastidio non solo ai benpensanti, ma dà fastidio a tutti.
    Forse è il caso, allora, di tenere a mente alcune delle questioni di fondo:
    chi ha scritto del funerale di Annalisa Durante in un certo modo ( su nazioneindiana), dà fastidio; certo non avrebbe dato fastidio se avesse parlato dell’anniversario della morte di Lady Diana, e questo è pacifico, ma non avrebbe dato fastidio neanche se avesse parlato del funerale di Annalisa presentandolo come il momento del vero inizio del riscatto della città di Napoli.
    Ormai si sa, se non vuoi aver fastidio, devi scrivere, ad ogni delitto un poco più eclatante, che lì, in quel momento, sta iniziando il riscatto di Napoli – possibilmente di tutto il sud. (Come quando il Napoli vinse il primo scudetto; come quando vinse Bassolino la prima volta, ecc…).
    Solo se si scrive della camorra e sulla camorra in un certo modo, si innescano odio, denunce, minacce, e condanne; se, invece, si scrive un romanzo ambientato a Piazza dei Martiri ( di Napoli), al massimo si arrabbia qualcuno che non viene citato. Questo è il reale pericolo di chi scrive al sud.
    In compenso, però, incontrare un tenente ( vera e propria figura comica) che interroga un racconto mentre sta facendo aspettare un criminale, è un vero privilegio che nessun settentrionale del mondo può permettersi; ma, d’altra parte, nessun settentrionale può permettersi i poliziotti che trattano da denunciato chi denuncia, e che se qualcuno testimonia la verità, allora si accaniscono su di lui come se fosse quella la persona che deve risolvere il caso.

    Intanto, lo scrittore siciliano che deve cambiare percorso al suo romanzo, o l’intellettuale calabrese che deve andare via ( sempre su nazioneindiana) , sono gli ultimi della serie che viene dopo Giuseppe Fava che a sua volta veniva dopo Mauro De Mauro, per dire quelli che conoscevano tutti; ma poi ci sono una serie infinita di persone che davano fastidio solo perchè parlavano o avevano scritto un manifesto (e che per questo sono stati uccisi.).
    La verità, in fondo, è chi scrive non è molto considerato; chi va in galera molto di più. Il minore agli arresti domiciliari riceve il saluto deferente e il bacetto sulle guance dai suoi compagni di scuola, e questo è quanto. Allora, forse, scrivere è solo una parte delle difficoltà, forse neanche la peggiore, se ci pensiamo bene.
    Io mi sono fatto quest’ idea. Italo Calvino, alla fine di Le città invisibili, scrive;
    L’inferno dei viventi non è qualcosa che ci sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
    Io penso ( ma non ho le prove) che lui, certamente, quando scriveva quelle frasi pensava ad alcune persone del sud, e regalava consigli.
    P.S.
    Questo è tutto. Poi per radio, in macchina, qualcuno dice che gli svedesi del nord considerano lenti e poco intelligenti quelli che abitano al sud della Svezia. E allora le cose si complicano per davvero. Saluti

  7. “Paulu Piulu” alla biblioteca di via Tibaldi
    Martedì 27 Settembre 2005 alle ore 21, presso la Biblioteca Tibaldi (viale Tibaldi 41, tel. 0288462920), Francesco Pazienza presenterà il romanzo “Paulu Piulu”, di Giorgio Morale (Manni editori), finalista al premio Stephen Dedalus 2005, e ne parlerà con l’autore. Angelo Occhipinti leggerà alcuni brani del libro, accompagnato dalla chitarra di Emilio Bezzi e dal clarinetto di Jacopo Tarantino.

    Il libro
    “Paulu Piulu” è l’incipit di una filastrocca siciliana e il titolo del romanzo di esordio di Giorgio Morale. Una scrittura curata e tersa dà vita a una Sicilia inedita e luminosa, dove si svolge l’avventura della formazione di Paolo. Una povertà estrema, quella della famiglia del protagonista, ci dà la misura delle condizioni in cui si trovava l’Italia nel secondo dopoguerra; al contempo esalta le scoperte essenziali dell’infanzia, che qui diventa metafora esistenziale.
    Attraverso gli occhi e i sensi di Paolo vediamo come per la prima volta nascere gli affetti, alternarsi il giorno e la notte, scorrere le stagioni, manifestarsi la pioggia, il vento, il mare, prendere vita le feste, i personaggi e i luoghi cittadini. Sempre attraverso lo sguardo del piccolo protagonista, rigorosamente mantenuto per tutto il racconto, la storia personale si congiunge con quella collettiva e il romanzo di formazione diventa epopea familiare, quando, agli inizi degli anni Sessanta, prima il padre e poi la madre di Paolo sono costretti a emigrare. Ne seguiamo le vicende attraverso le lettere e i racconti, che fanno rivivere la durezza dell’emigrazione e la favolosità dei ricchi paesi lontani.
    L’apprendistato di Paolo si fa adesso più aspro e il protagonista viene a contatto con i contrasti di una società più vasta di quella familiare: ecco allora l’esperienza della scuola e del collegio, la solitudine e la scoperta della morte, ma anche la rivelazione dell’amore e del potere evocativo della scrittura, “un nulla che tutto può contenere”.
    Il critico Giorgio Barberi Squarotti ha detto di Paulu Piulu che “è fervido, inventivo, ironico, avventuroso, sorretto com’è da una scrittura rapida e saporosa… E’ davvero così raro leggere un’opera narrativa che non sia imitazione, ripetizione, moda”.

    L’autore
    Giorgio Morale è nato ad Avola (SR) nel 1954 e dal 1972 risiede a Milano. Si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano. Dall’81 all’88 è caporedattore dei periodici culturali Together e La tribù e responsabile dell’ufficio stampa dell’Istituto di Antropologia e del cine-teatro Ducale di Milano. Dal 1989 insegna Materie Letterarie negli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore.

  8. “La realtà è intollerabile” scriveva Anna Maria Ortese nella post-fazione all’edizione Adelphi (1994) de “Il mare non bagna Napoli”. Anna Maria con poche difese per reagire alla realtà ma coraggiosamente aveva tentato di guardare in faccia l’orrore, l’intollerabilità, lo scandalo di una città, senza manierismi e artifici. La Napoli letterata fece muro e isolò nel disprezzo una sua figlia. Ancora cinquant’anni dopo, un giornalista del Corriere della Sera, il signor Erri De Luca, (sabato 21 maggio 1994, pag. 30) in una recensione con titolo (redazionale) “Cara Ortese, questa non è Napoli” scrisse, tra l’altro: “…Ahi, signora, non è questo il “suo” modo di muoversi tra le corsie d’emergenza dell’umanità. Introdursi nella miseria altrui con pretesa di visita, senza compassione, è violazione d’intimità e domicilio…” La “colpa” di Anna Maria (ne parlammo a lungo, io equivocai dicendole che Fausto De Luca, eccellente notista politico di “Repubblica” era mancato da molti anni, lei chiarì tutto leggendomi alcuni brani dell’articolo) è stata, da sempre, quella di non abitare a Posillipo, di non appartenere a un clan, consorteria, banda, gruppo; Anna Maria era colpevole di essere sola, povera, libera e indipendente. L’indipendenza che solo una ricchezza smisurata o una povertà estrema concedono. Era colpevole di guardare la realtà non con le lenti rosa ideologiche (allora in voga) ma con uno sguardo terso, pulito, preciso. Mai neutrale, nè intrigante e violento, semmai compartecipe. La città intellettuale odiò Anna Maria e continua a odiarla. Alla presentazione della biografia di Luca Clerici “Apparizione e visione” (Mondadori) a Galassia Gutemberg il sottoscritto contò (letteralmente) 20 presenze. Unico napoletano un giornalista Rai. Ben vengano giovani, liberi e indipendenti come Montesano, Saviano, Braucci e altri che guardano l’orrore della realtà, e l’orrore al quadrato che è Napoli. Dei giornalisti facciamo a meno!

  9. Cari Indiani, mi sto appassionando alla poesia in dialetto e ho scovato in una bancarella un libro di tal Aurelio Sinni. Non ci capisco nulla ma mi piace. Qualcuno può dirmi che lingua è?? Posto di seguito un paio di quartine della poesia “‘hristo”, sperando che qualcuno sappia darmi qualche indicazione. Ciao e grazie.

    Diecemo diecemo diecemo ‘hristo
    comme te dico cu’ cre chiesto?
    Ca nun se pote deriece la voce
    ponno zumpare scardanno la croce.

    Si te vuleva pennere in sonno
    fusse da ieri che scava lu sonnio!
    Ma della dreccia miccia peraia
    si era surtanto di cani o di aia.

    [continua]

  10. La sintesi del sussiegoso post di Herzog e dei 73 commenti: NI è un’élite, che parla difficile.
    Lasciamo perdere la filastrocca dell’élite. Comunicare con un pubblico, farsi capire (Missy) è, questo sì, fondamentale. In questa direzione cerca di andare NI2.

  11. Jan, non so se questo sia luogo adatto al commento ma, per quanto riguarda “il sussiegoso post di Herzog”, la sintesi, temo, si lascia dietro morti e feriti. Anche ridurre le questioni trattate (i presupposti di un progetto, la fine dello stesso, la riproposizione in sua vece di un marchio) a queste poche parole parrebbe confermare che il sussiegoso post non aveva poi tutti i torti. Nulla di grave

  12. “Lo straniero”, la bella ed insostituibile rivista mensile diretta da Goffredo Fofi, si occupa anche di “Nazione Indiana”. Il n. 64 appena recapitato dal postino, alle pagg. 75-80 e con l’intelligenza di Emiliano Morreale prova (e ci riesce benissimo) a fare il punto su una esperienza singolare. Silvia Dai Prà (pagg. 80-83) segnala un libro (che non leggerò) e un autore (che non conosco), Antonio Moresco. “… è uno di quegli scrittori che o si ama o si odia. I suoi ammiratori lo considerano una reincarnazione di Dostoevskij, di Melville o di Pasolini. I detrattori poco più che un impostore…” Mentre mi colpisce una frase di Morreale, a proposito di NI: ” Le cose migliori del blog sono quelle in cui NON SI PARLA DI LETTERATURA, in cui l’intelligenza degli autori si sposta e applica un’intelligenza e un candore nuovi ad altri ambiti…” Sul “Messaggero”, quotidiano romano, di oggi 19 settembre, a pag. 17 Goffredo Fofi ricorda Calvino, vent’anni dopo: “… Calvino parlava di borghesia e di fascismo, Pasolini andava oltre: la mutazione c’era stata, il problema era lo sviluppo (o, possiamo dire oggi ma non si diceva ieri, un modello di sviluppo) e i comportamenti dei giovani criminali borghesi del Circeo erano ormai simili a quelli dei giovani criminali borgatari. Pasolini vedeva più a fondo con la libertà di un esasperato individualismo e senza lacci dell’ideologia, era ra irruente e “viscerale” quanto Calvino era cauto, “loico”, secondo una distinzione tra “tipi” di scrittori che era statoproprio Calvino a proporre… Pasolini ha magari avuto fratelli come Morante e Volponi, come all’estero Fassbinder e pochi altri, ma ha davvero oggi dei figli? I “figli” di Calvino sono entrati in una moda che però era qualcosa di più di una moda, perchè Calvino ha, in sostanza, vissuto e praticato la crisi della letteratura e la sua mutazione e ha tentato di riportare la mutazione del mondo al campo della letteratura….. Pasolini ci aveva aiutati (e non era stato il solo) a capire meglio il mondo in cui vivevamo e a prendervi posizione… Calvino ci costringeva a interrogarci oltre la nostra storia….”. Dall’isolamento di questo scoglio io non sono mai riuscito a liberarmi dalla perfida battuta di Sandro Penna su Calvino: “E’ tutto cervello, anzi cervelletto!”.

  13. A Effe di herzog: sono sintetico per natura, nulla di grave. Piuttosto, ho trovato molto utili i commenti al tuo post, per capire alcuni errori/malintesi generati da NI e che hanno generato ostilità.

    A Giorgio Di Costanzo. aspettiamo che Lo Straniero metta online parte del n 64 allora.

  14. Oggi mi sento particolarmente buono e generoso. Sarà l’effetto del cibo ayurvedico. Vi ho già segnalato il numero (come sempre imperdibile) de “Lo straniero”, vario e denso. Per tenerezza fraterna e rispetto corro a leggere (fin dal primo numero) subito gli interventi di Goffredo. Stavolta, attirato dal richiamo in copertina, ho iniziato con i due “pezzi” citati in precedenza. Dimenticando di segnalarvi la recensione sul “Sole 24 ore” di ieri de” L’invasione degli ultracorpi” di Jack Finney. Per non strafare non dirò nulla dei “Viaggi da fermo” su “Avvenire” di sabato. Eccovi una chicca. Non è un’anteprima, circola da mesi: ATTILIO LOLINI, poeta appartato e di valore, riceverà il Premio Mondello! Per un delizioso libretto pubblicato nella collana bianca Einaudi (“Notizie dalla necropoli”). Un’antologia minima di oltre trent’anni di lavoro creativo. Dagli esordi su “Salvo imprevisti” di MARIELLA BETTARINI, passando per “Barbablù”, le traduzioni da Baudelaire, l’Ecclesiaste (che furono apprezzate da FORTINI e ROSSANA ROSSANDA), plaquettes introvabili… Isolato in un paesino del senese Lolini manda, talvolta, le sue “cartoline al mondo”… Intanto i poetessi e le poetesse entrano nello “Specchio” Mondadori o scalpitano per trovarvi posto. Ma io amo i poeti e diffido dei poetessi.

  15. Non ho capito la differenza tra poeti e “poetessi”! E nemmeno la differenza tra la bianca dell’Einaudi e lo Specchio di Mondadori, a dire il vero… esiste?

  16. Elsa Morante (mi manca!) viaggiava in treno (seconda classe perchè non voleva stare a contatto con l’orrore della prima, allora!). Un giorno arriva a Milano, accolta da Grazia Cherchi (mi manca!), prendono un taxi. Ebbe una lite con quel fascista del conducente. Alla fine della corsa riconobbe Elsa e cercò di rabbonirla chiamandola: “Poetessa”. “E che sono io? La moglie del poetesso?” lo fulminò il grande scrittore. Da un aneddoto che Grazia raccontava infinite volte ho mutuato l’epiteto. Accademici, funzionari editoriali, direttori di collane, membri di giurie per cooptazione, recensori (a tanto la marchetta-soffietto pubblicitario), amanti di, protetti da, della scuderia di, del clan di, etc. Einaudi ha appena pubblicato un poeta isolato e valido, Attilio Lolini. Non lo si vede quasi mai in pubblico, l’ultima sul palco del II festival di poesia a Piazza di Siena (Roma) nel giugno 1980, ho dovuto dargli uno spintone (dietro le quinte) per smuoverlo. Di tanto in tanto Attilio pubblica qualche plaquette, un articolo per “Il Manifesto”…. Basta dare uno sguardo al catalogo della collana di poesia per cui tutti smaniano e controllare la provenienza (persino geografica) dei poetessi prescelti… Poeti (secondo me) sono Dino Campana, Sandro Penna, Amelia Rosselli, Attilio Lolini, Elio Pecora, Patrizia Cavalli, Nico Naldini, Gianni D’Elia, Franco Cavallo, Emilio Villa (il Maestro), Adriano Spatola, Giulia Niccolai, Edoardo Cacciatore, Patrizia Vicinelli, Gian Pio Torricelli, Corrado Costa, Luigi Di Ruscio, Francesco Leonetti, Vittorio Reta, Gastone Monari, Giuseppe Guglielmi (doveva entrare nei Novissimi ma il padre di Antonio Porta, Paolazzi era l’editore dell’antologia e fu preferito il figliolo!), Gianni Toti. Scelte opinabili e discutibilissime, ma trovate fra questi: baroni, im-potenti, direttori editoriali, gente di potere… venditori di aria fritta….

  17. Personalmente continuo a non vedere tutta questa differenza di valore tra il catalogo della bianca dell’Einaudi e quello dello Specchio. Grazie comunque per le precisazioni. :-)

  18. segnaléscion

    QUANDO IL WEB E’ UN GIARDINO PER MILLE TORTURE
    Amsterdam ospiterà per due giorni, dal 30 settembre al 1° ottobre, una conferenza internazionale sugli aspetti artistici e politici del porno in rete. Al setaccio teorico, blog, webcamera, chat, p2p a sfondo sessuale, diari, confessioni, per indagare nella zona oscura che sfugge a qualsiasi «sentinella» a guardia di Internet
    ELFI REITER
    The Art and Politics of Netporn, ossia «aspetti artistici e politici del porno in rete», è la prima conferenza internazionale di critica del porno in rete che avrà luogo ad Amsterdam il 30 settembre e l’1 ottobre prossimi. «Presenterà numerosi punti di vista riguardo alla sempre più crescente immersione in internet della pornografia – scrive nella presentazione Katrien Jacobs dell’università di Hong Kong, curatrice e ideatrice assieme a Geert Lovink, teorico di media olandese/australiano e Matteo Pasquinelli, autore di Media activism (edito da Derive e Approdi) e editor della lista di discussione di temi socio-politico-culturali Rekombinant – e l’intenzione maggiore è discutere il potenziale di una ricerca critica e artistica in tempi di elevate informazioni sulle tecniche di sorveglianza, filtrazione e censura. I progetti di ricerca e quelli artistici riguardano il netporn come network complessi di grande impatto e continua crescita nelle sue categorie industriali e indipendenti (indie porn), dove si vuole illustrare proprio questo clima schizofrenico di ampia diffusione e censura focalizzando l’etica e l’estetica delle comunità digitali e le loro attività (di uomini e donne) attraverso blog, webcamera, chat, p2p porno, diari, confessioni, mailing list e zines di ogni tipo». Il tema appare scottante (organizza l’Institute of network culture – sul cui sito http://www.networkcultures.org si trovano tutte le info – con supporto di Amsterdam School for Analysis, Istituto per media interattivi e cut-up magazine), l’immagine comune della pornografia in rete non è per niente attraente rimandando soprattutto allo sfruttamento (per lo più di minori, dati i numerosi casi di pedofilia) o comunque a «gente strana» con dubbie e oscure fantasie e pratiche sessuali. Per cui meglio non parlarne… Andrebbe ricordato in questa sede, però, che sia la fotografia ai suoi albori, come in seguito il cinema, furono utilizzati e sfruttati subito per scopi sessuali: a metà Ottocento erano le prostitute a prestarsi a questo «servizio» (illuminante la sezione «Vietata ai minori di 18 anni» a una mostra fotografica sul nudo a Monaco di qualche anno fa), e sin dai primi anni dieci del secolo scorso le immagini in movimento di carattere pornografico in tutte le salse fecero irruzione nelle sale. Cosa dire dunque del passaggio alla rete della comunità porno, di più immediata fruizione rispetto alle sale a luci rosse ormai abbandonate da tempo a favore delle più comode videocassette da visionare in sedi più private? Non a caso, forse, si inizia il 30 mattina con la Keynote lesson (lezione chiave) del critico di cultura americano Mark Dery che sulle orme della frase di William Burroughs «sex organs sprout everywhere (organi sessuali spuntano ovunque)» da Naked Lunch parla di Sublime e grottesco nel webporn: sessualità psicopatica nella Mahagonny ondine, elaborando il web come un «giardino di tortura» dove fioriscono le ossessioni di ogni genere di subcultura e le patologie più pop e indagando le più grottesche per teorizzare una «democratizzazione dello sfruttamento» in quanto i tipi di corpi proposti detronizzano ogni ideale comune di bellezza. O è solo feticismo che rimpiazza una sessualità repressa? «Cosa dire degli zar della morale dell’amministrazione Bush che vogliono un web a prova di bambini quando in ogni angolo scuro nascono i più esotici funghi velenosi?», scrive Dery che metterà in relazione azioni culturali ufficiali e il sommerso universo sessuale nel web.

    Altrettanto interessante la lezione chiave del giorno successivo Desiderio e disgusto: emozioni e pornografia online a cura della studiosa femminista finlandese Susanna Paasonen dell’università di Tampère: «La pornografia non si può separare dalle reazioni di tipo viscerale, e ciò ha concentrato le mie ricerche sull’uso di rappresentazione, formule e script convenzionali nel porno, ma anche la necessità di ricorrere al potere emozionale nella relazione tra testo, produttore e lettore, per cui il porno non va analizzato secondo i modelli classici di semantica e semiologia». Paasonen che già aveva scritto sulla pornografia quotidiana, nel senso di relazione tra media, sessualità e cultura popolare, pone al centro le reazioni emotive non tralasciando gli altri fattori importanti quali il potere e la normalizzazione per arrivare a una teoria femminista della pornografia. Si parlerà inoltre di Internet come ingresso all’inferno? (Mikita Brottman, College of Art di Maryland e Istituto psicologia di New York) e dei Sexwokers in rete per comprendere meglio le politiche economiche nascoste dietro al traffico e all’industria del netporn, mentre sotto il titolo L’ascesa della netporn society si cercherà di individuare caratteristiche e modalità di utenti e micro industrie che includono amatori suburbani, l’indieporn, porn blogger e sexperts, i quali incanalano la potenzialità della rete attraverso opinioni e scritti personali in politiche sessuali. «Questa società potrebbe avere una funzione ristretta, cioè incitare gli utenti alla masturbazione, ma come nel XX secolo si combatté l’arte elitaria con l’arte per l’arte speriamo di arrivare a un analogo porno per il porno», leggiamo sul programma che prevede anche interventi riguardanti le implicazioni in tutto questo del genere, della guerra, dei corpi e dei media. Perché un aspetto interessante è proprio la pornografia legata alla guerra, il warporn, la relazione tra tecnologia digitale, guerra, corpi e armi come era emersa per esempio ai tempi delle immagini uscite dal carcere di Abu Ghraib (di cui già aveva scritto Baudrillard) e che è una tendenza che sta proliferando in rete, con aspetti turpi e supertrash da non sottovalutare.

    Chiuderanno l’iniziativa il dibattito aperto al pubblico Netporn e censura per fare un po’ di luce sul lato buio della netporn economy associata unicamente a crimine e punizione, e la serata Porn pour porn con la presentazione di video e progetti in rete.

    (http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/20-Settembre-2005/art92.html)

  19. Si, certo. Non vi è nessuna differenza sostanziale, tra le due collane. Einaudi (noi continuiamo a scrivere Einaudi e ci illudiamo che sia la vecchia, grande, prestigiosa Einaudi…) e Mondadori pubblicano poetessi e poetesse, vagliati, presentati, promossi, incoraggiati, allevati e protetti dagli stessi poetessi e poetesse. Rilevo, tuttavia che almeno quest’anno i guardiani dell’ortodossia si son lasciati sfuggire Attilio Lolini. Da anni Adelphi ha promesso la pubblicazione di tutta l’opera di W. H. Auden ed E. Bishop, poeti tra i più grandi del Novecento, intanto il tempo passa e ci tocca leggere l’opera completa degli epigoni, degli allievi, che so, Brodskij. Lerici ha pubblicato 2 volumi negli anni sessanta delle poesie di Auden: averli, anche in fotocopia… che gioia sarebbe… Rusconi un’antologia di E. Bishop. Guanda poesia è in mano alle poetesse e poetessi, Garzanti oggi pubblica De Signoribus e Insan(i)a, dopo aver presentato in passato Sandro Penna, Amelia Rosselli… Che triste questo presente…. Un giorno si presenta (in Via dell’Oca, a casa di Elsa) un poetesso con la barba bianca, potente e rispettato (ha in mano la poesia italiana e traffica con incarichi, consulenze, collaborazioni, direzioni, giornali e riviste, case editrici, premi e giurie…) Desidera che Elsa legga i “versi” di una sua “protetta”, un uccellone del malagurio, vestita di nero, con una voce d’oltretomba, gli occhi spiritati e inespressivi. Elsa legge qualche “verso” e…..

  20. @Giorgio:
    Oh no…
    ora devi dirmi il finale…
    Ora sì, sono d’accordo (che senso ha distinguere Einaudi-Mondadori da Mondadori-Mondadori? Nessuno, purtroppo).
    Volevo segnalarti una bella antologia della Bishop: E. Bishop, “Dai libri di geografia”, a cura di B. Tarozzi, Salvatore Sciascia Editore, 1993. A quanto mi risulta si trova ancora.

  21. Elsa, lo sanno tutti, era una donna eccezionale ma, il suo caratterino… Bianco o nero, amici e nemici… La sua specialità era quella di dividere le coppie (gay o etero lo stesso), tutti quelli che hanno avuto che fare con la”barbara divina” ne portano i segni, nel bene e nel male… Quando Ninetto (forse nel ’72) decise di sposarsi lei (crudelmente) non consolò e nemmeno fu vicina all’amico poeta, ma incoraggiò Ninetto…. Basta leggere le 2 stroncature in versi su “Paragone” per “La storia” nel 1974… Ai funerali di Pasolini (che non ho conosciuto) ricordo Elsa commossa gridare: “Viva la poesia….”. Torniamo al poetesso: niente di sconvolgente! Non ricordo se fosse un libro o un manoscritto. Credo dei fogli, scaraventati in aria con un’esclamazione irripetibile (di disgusto). Con le pive nel sacco (si dice così?) e senza salutare il poetesso (pace all’anima sua, come dicono gli anziani al Sud) guadagnò l’uscita insieme al minuscolo uccello di malagurio (sciò sciò ciucciuvettola!) e non si fece più vedere da quelle parti (per sempre). La poetessa ha fatto una carriera folgorante (almeno fino all’anno scorso, ora non si vede e non si sente in giro). Spero non mi accada nulla di male ora che è stata evocata… Anna Maria carissima proteggimi tu dalle forze del male….
    Corro a ordinare all’editore siciliano la Bishop (è quello che mi ha mandato il num. speciale di “Galleria” su Amelia Rosselli?)
    Basta con i pettegolezzi (spero non siano stati “cattivi”… Non dirò nulla, perchè mi commuovo, del mancato incontro tra due donne bellissime e dagli occhi magici. Mangiano da sole, naturalmente tavoli separati, e non si conoscono, in un ristorantino della capitale (maiuscola o minuscola, non so). Al grande poeta daremo il nome (così per dire) Amelia; alla non meno grande attrice (anche dei “telefoni bianchi”, ma non solo) potremmo dare come nome (uno tra tanti) Alida. Un giovane intellettuale che bazzica entrambi i mondi (cinematografico e poesia) timido e indeciso, le conosce benissimo entrambe e mentre mangia, anch’egli a un tavolo, solitario, pensa a come riunire in un solo tavolo tre solitudini…. Un poeta anziano (quasi novantenne) delicato e gentile, abita (tanto per dire) in Via dei Redentoristi (vicino al Teatro Valle) è innamorato (un sentimento dolce e casto) di uno scavezzacollo (si scrive così?) Attende impaziente affacciato alla finestra il suo rientro… Un libro con “fattarielli” del genere (se solo sapessi scrivere) potrebbe intitolarsi “I conti della serva”, “Il piccolo, perfido spione ischitano”, “Spogliavamo i marinai, da leggersi ascoltando Laura Betti, la cara Laura, cantare “Ossiggenarsi a Taranto….” Povero me!

  22. Pietà! Ho scritto “ossiggenarsi”. Sono un asino, lo riconosco. E poi, la canzone è “Seguendo la flotta”…

  23. Se poi decidi di scrivere “lu contu de la serva” o “vendetta ischitana” fammi sapere :-)
    L’antologia della Bishop la trovo bellissima: sono felice che tu la prenda; c’è una traduzione magnifica – tra le altre – di Visits to St. Elizabeth(la poesia ispirata alle visite che la Bishop fece a Pound, al manicomio S. Elizabeth).

  24. Bianca Tarozzi è un poeta bolognese. Goffredo ha pubblicato sui testi su “Linea d’ombra”. Ricordo (e conservo) una recensione di Nadia Fusini su “Repubblica” (quando il quotidiano romano pubblicava ancora recensioni vere) molto coinvolgente. A casa di Maria Luisa Spaziani (la vecchia casa in Via del Babuino) lessi alcuni testi di E. Bishop (Rusconi) nel giugno 1980. Una mia insegnante d’inglese alle superiori, l’unica amata e rispettata, mi fece scoprire E. Dickinson ed E. Bishop. Non la scorderò mai più. Vi sono “professoresse” di gran valore in questo nostro disastrato Sud. Litigavamo per la politica (era malagodiana), non voleva che leggessi il diario di Pavese. Procida (dove studiavo) era (e forse, in parte lo è ancora) un piccolo paradiso. Se mi fai avere un tuo recapito ti mando una poesia di Brodskij e una di Elio Pecora scritte sull’isola di Arturo. Il 20 ottobre 1993, ero appena uscito dall’ospedale civile di Brescia (una lunghissima degenza per una pleurite che a Ischia non seppero diagnosticare) Brodskij, ospite dei Malcovati, tenne una lettura. Ero l’unico tra i presenti che aveva letto (e conosceva) i suoi testi. Litigammo di brutto. Gli dissi che in Russia lo avevano processato perchè rispettavano e amavano (e perciò processavano i poeti) gli artisti. Pavese, Pasolini, Campana, Reta, Monari, Torricelli, Cesarano, il poeta di Melicuccà tanto caro ad Amelia Rosselli di cui non ricordo il nome (era un medico condotto) finivano suicidi per disperazione. Mi rifiutai di andare a cena con lui e con i professoressi locali e (cosa grave e crudele) non volli accompagnarlo a Procida per una visita l’indomani….

  25. Scusate, visto che lo avevate citato, vi segnalo una pesantissima – e un po’isterica – stroncatura ai danni della suddetta da parte di Valerio Evangelisti a proposito dell’articolo uscito sull’ultimo Straniero dell’ultimo libro di Antonio Moresco. Se qualcuno di voi ha letto libro, recensione o stroncatura, mi piacerebbe sapere sinceramente che ne pensa. Volevo mandare una replica a Carmilla, ma sul sito non c’è un singolo indirizzo di contatti, ho l’impressione che il diritto di replica non sia esattamente incoraggiato.
    Mi firmo così come sono stata definita: Antonella Elia.

  26. Grazie, cara Silvia. nemmeno sapevo esistesse “Carmilla”. Ha a che fare con Le Fanu? Non voglio approfondire. Ora ne ho la certezza. I giovani intellettuali appartengono a bande, clan, sacre famiglie unite. Uno per tutti tutti per uno. Si leggono, recensiscono e discutono tra di loro. Guai agli “esterni” che osano “intromettersi”. “Lo straniero”, rivista mensile diretta da Goffredo Fofi (persona amabile e disinteressata) è seria, rigorosa. I collaboratori sono liberi e indipendenti. A 17 anni frequentavo di tutto: Anna Maria Ortese e Patrizia Vicinelli, Gianni Toti e Mariella Bettarini, Amelia Rosselli e Dario Bellezza, Franco Cavallo o Elio Pecora. Fabrizia Ramondino o Laura Betti. Senza censurarmi o amputare una parte di me. Mi spingeva l’amore della conoscenza. Oggi vedo troppa isteria e desiderio di emergere a tutti i costi. Ma la vogliamo capire: la letteratura interessa un’infima minoranza. Siamo dei “minorati”! Cara Silvia, ignora chi non vuole discutere liberamente!

  27. Nessuno di voi ha citato un film di una coppia geniale, attualmente perseguitata dai fascisti romani, Danielle Huillet e Jean Marie Straub. “Fortini/Cani”, non ditemi che nessuno di voi l’ha visto, perchè perfino in un posto lontano dalla storia come quello in cui vivo è circolato, in una rassegna anni orsono…

  28. la controecensione di Valerio evangelisti è possibile leggerla qui
    http://www.carmillaonline.com/archives/2005/09/001513.html#001513

    silvia se mandi il tuo articolo sullo straniero e la replica sono sicura che NI te lo pubblicherà e se non lo farà saremo in tanti (io per prima) a farlo con piacere nel mio blog (mandami la tua e-mail scrivendomi dal mio blog
    http://georgiamada.splinder.com/
    pigiando sullasinistra sul tasto contattami io ti manderò subito la mia e-mail dove spedirmi eventualmente quello che vuoi)
    Però se vuoi puoi replicare direttamente anche nel blog della Lipperini che ha accennato alla controrelazione di evangelisti linkandola e ci sono anche interventi di altri:

    http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2005/09/i_bei_giorni_co.html#Scene_1

    Io adoro valerio evangelisti ma pubblicare articoli e repliche alle sue repliche mi sembra doveroso e lo farei senza ombra di polemica.
    Già che ci sei perchè non mandi anche l’articolo sullo straniero che parla di NI credo che interesserebbe a tutti.
    Non sarebbe male leggere il tutto su NI
    georgia

  29. Vi posto la risposta che (idealmente) avevo pensato di mandare ad Evangelisti.
    Poi, se per caso qualcuno di voi ha letto Lo sbrego, mi farebbe piacere che ne parlasse a sua volta. Evangelisti si è occupato unicamente della mia recensione, come se Lo sbrego non lo avesse neanche letto: ma credo che forse fosse il caso di averlo sotto gli occhi, per capire di cosa stavo parlando.
    Ciao a tutti (e scusate se il pezzo è un po’ lungo) Silvia

    Roma, 23 settembre 2005

    Gentile Evangelisti,
    mi scusi se mi avvalgo del diritto di replica. Non mi soffermo troppo sugli attacchi personali contenuti nel suo pezzo. In effetti, rileggendo ciò che avevo scritto – mi dispiace che manchi il link all’articolo, forse un eventuale lettore dovrebbe avere la possibilità di verificare ciò che viene detto – non ho trovato il livore che invece ho trovato in lei. Soprattutto mi è sembrato un po’ scorretto il modo in cui lei ha estrapolato alcune citazioni estraniandole dal discorso che stavo conducendo, magari tagliandole anche al punto giusto, in modo che, alla fine, non volessero dire nulla. Potrà dire che io ho fatto lo stesso con Moresco, ma non credo: infatti le citazioni da me riportate tendono ad essere smodatamente lunghe, e a riassumere prima il contesto da cui vengono estratte.
    Quello su cui stavo ragionando, comunque, mi sembra un po’ diverso.
    Innanzitutto mi chiedevo se le modalità di attaccare il mondo letterario di Moresco non siano un po’ stucchevoli. In soldoni, se serva ancora a qualcosa ribadire ogni volta che il nostro panorama letterario è composto da “piccole schiere funzionarie e gregarie che si fanno del male, si leccano il culo per emergere dal pentolone pieno di merda. Tutti lì a quattro zampe, ad annusarsi, come i cani nei giardinetti. Vecchi scroti penduli che si allungano per mezzo metro in mezzo alle gambe”. Ha ragione a dire che, nello Straniero, non è difficile trovare invettive contro il mondo culturale che non suonano esattamente più gentili. Quello che le rende diverse, però, è che, in generale, o si fanno i nomi, o si discute sulle strutture dell’editoria, dei media, sulle connessioni tra letteratura e potere, cercando di condurre un discorso che vada un po’ più a fondo dell’immagine viriloide degli “scroti penduli”. Si sa che alcuni hanno il tic di replicare ad ogni critica con l’accusa di avere assimiliato “le logiche del dominio imperiale”. E’ uno slogan un po’ semplice, però. Era questo che intendevo quando scrivevo: “continuando a discutere in questi termini, non si andrà molto lontano. Se, alla fine, il postmoderno a qualcosa c’è servito, è anche perché ci ha insegnato a sospettare tanto dei saltimbanchi del potere quanto di quelli della contestazione. Siamo diventati scaltri nello smascherare le pose, le frasi ad effetto, gli inni alla rivoluzione troppo sbrigativi. E non riusciamo più a pensare che qualcuno, per presa di posizione, possa porsi in una condizione di purezza pregiudiziale”. Lei può pensarla diversamente, ma io sottoscrivo ciò che ho detto. Le garanzie rivoluzionarie che lei mi chiede, poi, non posso offrirle, visto che nell’ ‘89 stavo in prima media. Cerco semplicemente di trovare un punto di vista sul mondo odierno che si svincoli da prospettive non più attuali, e di riconoscere quegli autori che mi possano aiutare a costruirlo.
    Ma la citazione che mi pare più estrapolata arriva verso la fine. Quella che lei definisce come un insulto e una pura cazzata, fa parte infatti di un discorso che cercavo di porre in termini ben diversi. “E’ inutile sfoderare gli anni del monolocale come garanzia di autenticità. Lo scrittore Moresco non è un extracomunitario arabo, non è un sudamericano accoltellato”. Che Moresco non sia un extracomunitario mi sembra cosa evidente. Nel pezzo, che immagino abbia letto, mi riferivo a un brano dello Sbrego in cui lo scrittore si dipinge solitario, notturno, con una birra in mano, mentre si va a sedere sugli scalini del Duomo tra arabi ubriachi e sudamericani accoltellati: “Io mi trovo bene seduto per terra, là in mezzo. Non mi sento diverso. Mi sento più diverso quando mi capita di stare in mezzo alle persone che circolano attorno ai libri”. Ecco, questo brano mi era sembrato sintomatico di quello che chiamavo “un fitto reticolo di maschere, di pose e di facili vie di fuga”. Lo scrittore Moresco può non sentirsi diverso dagli extracomunitari accoltellati e ubriachi, ma è oggettivamente diverso da loro. E’ troppo facile usare le sofferenze altrui per collocarsi immediatamente nel mondo degli oppressi. Condurre un discorso sull’oppressione, sulla politica, sulla letteratura richiede un’ analisi che va necessariamente oltre le belle immagini e le pose. Una depressione, delle ferite più che giustificate per i tanti rifiuti editoriali – quello a cui nell’articolo faccio riferimento come a “gli anni del monolocale”, su cui, secondo me, lo scrittore indulge un po’ troppo, fino a finire nel compiacimento – sono un dolore personale che va descritto con altre armi, credo, che quelle del compianto. Lei ha ragione, poi, a dire che Moresco ha fatto benissimo a seguire fino in fondo la sua passione. Bisogna però vedere se fa bene a edificarci sopra un monumento. E’ per questo che scrivevo che, forse, l’autore avrebbe potuto raccontarci tutte le sue “sofferenze autentiche” magari mettendole un po’ più in discussione, cercando di presentare anche qualche punto di vista un po’ diverso. Sarà una posizione personale, ma le autoesaltazioni non mi convincono, e neanche un certo vizio che esiste da sempre nella sinistra italiana, quella di rappresentarsi in veste di puri, costretti a combattere contro un mondo di mostri.
    Ed ha perfettamante ragione anche quando scrive che il mio rischia di suonare come l’ elogio del minimalismo. Non era però questo che intendevo fare, visto che tra il minimalismo e il dannunzianesimo mi sembra che ci siano molte sfumature. Tutto qui. Non ho niente di personale contro Moresco, mi è sembrato semplicemente che il suo libro ci desse poco, anche nelle parti in cui parlava di letteratura, che non mi sono sembrate proprio illuminanti.
    La casualità ha voluto che leggessi Lo sbrego proprio nel momento in cui stavo leggendo Elizabeth Costello di Coetzee, e il modo in cui quest’autore ragionava sulla sul potere, sul mondo, sul corpo, mi è sembrato un modo un po’ più profondo di condurre un discorso a metà tra narrazione e saggismo che partisse dallo spunto della letteratura. Magari il paragone potrà suonare stonato, a sproposito: ma mi sembra che ci siano molte persone che trovano Moresco in grado di gareggiare alla pari con i migliori nomi della letteratura mondiale. Io non lo penso. Così, ho cercato di ragionare sul perché l’ autore Antonio Moresco non riuscisse a convincermi, pur riconoscendogli un talento che appare specialmente nei Canti del caos.
    Come si ricorderà, il suo racconto apparso su Patrie impure aveva sollevato un piccolo polverone: purtroppo ad attaccarlo era stato un editorialista del Giornale, e questo aveva fatto sfumare ogni possibilità di analisi sincera, anche da sinistra. Ma non credo di essere stata l’unica a pensare che riesumare Alfredo da Vermicino, che si rifiuta di uscire dal pozzo perché ciò che è fuori gli fa schifo, fosse un atto di cinismo un po’ gratuito: e fosse anche una via semplice, che permette di rifugiarsi in un “grido di dolore” (altrui, tra l’altro), invece di provare ad analizzare la realtà odierna in modo più complesso, con tutto il suo carico di caos e contraddittorietà. Realtà in cui uno scrittore è immerso e con cui convive, e con cui forse un po’ si sporca, ben diversamente dal modo in cui può farlo un bambino caduto in un pozzo. Non c’è nulla di male nel fatto che io pensi questo, e non credo che non stracciarsi le vesti per uno scrittore che viene attaccato da un forzaitaliota sia un atto poco di sinistra: piuttosto, come scriveva Fortini nella Difesa del cretino, è proprio tra persone che, sommariamente, hanno le stesse idee che deve esercitarsi il diritto di critica, altrimenti si finisce nella logica di clan. Critica fraterna, ovviamente, come forse non è stata la mia: ma, nonostante tutto, continuo ad essere convinta che la mia recensione allo Sbrego non contenesse un decimo degli insulti che invece ho trovato nella sua replica. Con questo chiudo, sperando che ciò che ho detto non suoni come l’ennesimo sfogo isterico di Antonella Elia. Ma, se il panorama deve essere questo, bisogna pur sempre vedere a chi spetta il ruolo di Walter Nudo, a chi quello di Pappalardo.
    Cordialmente
    Silvia Dai Pra’ (scusi se preferisco usare il mio nome per esteso)

  30. @Silvia dai Pra
    Io non ho letto lo Sbrego, però di Moresco ho letto altro e quello che dici mi sembra molto equilibrato, (tra l’altro amo molto anch’io Coetzee e Elisabeth Costello), ma su N.I. è difficilissimo parlare di Moresco, si toccano punti dolenti e in qualche modo si viene guardati con sospetto, come nemici potenziali, peccato, perché io trovo questa seconda N.I. molto più libera della prima. Vedremo se qualcuno reagirà a questa tua lettera e come.

  31. Ho cercato tra le lettere che mi mandava Amelia Rosselli: il nome del poeta calabrese, morto suicida nel 1961 è LORENZO CALOGERO.
    Sono distratto, forse soltanto naif. Nemmeno avevo notato chi era Silvia, attaccata volgarmente da V. E. Boh, ma se voi giovani critici (peraltro brillanti e preparati) trovate il tempo di leggere e occuparvi di Moresco o Evangelisti, Pitipù o Pitipà, vi resta meno tempo per i grandi, Coetzee o Cheever, Capote o Uwe Johnson. Vuoi vedere che tra qualche giorno un giovane critico ci proporrà di leggere persino il signor Erri De Luca? Eh, no, datevi una regolata e utilizzate il tempo e il cervello per autori e opere di un certo respiro. Iniziate a leggere “IL PORTO DI TOLEDO” di Anna Maria Ortese, tanto per non fare nomi o liste….
    Il riferimento al film di Huillet/Straub volevo inviarlo alla discussione (tra sordi) scaturita (non ci voleva un mago) dalla lettera di Franco Fortini sul “Manifesto”.
    Suvvia “temperanza”, sapessi quanti attacchi ha ricevuto Ortese. Per non fare nomi, Natalia Aspesi (che tra l’altro non conosco e spero un giorno incontrare per chiarire) scrisse un ritratto per “Repubblica” (16-17 marzo 1986) che fin dal titolo è tutto un programma: “Anna Maria Ortese, orgoglio e pregiudizio”… Ma tra cinquant’anni chi si ricorderà di Aspesi, De Luca, Moresco, Evangelisti, Cucchi, Raboni, Valduga….

  32. @Di Costanzo
    “Suvvia Temperanza” cosa? Cmq io penso che si possa criticare tutti, quando uno pubblica va in pubblico, se non vuole essere criticato resti a casa, cioè al calduccio nel suo comodo dattiloscritto che può far leggere alla mamma, al fidanzato/a, all’amico del cuore continuando a pensare di essere grande come la reclusa di Amherst. No?

  33. In parte hai ragione, certo. Nello specifico: Anna Maria Ortese, nel 1986 quando uscì l’attacco feroce della signora Aspesi Natalia era ignorata da lettori e critica. I gazzettieri si occupavano delle sue condizioni economiche (disastrate, e fecero bene) cercando di creare un CASO SENSAZIONALE e la critica “scoprì” Anna Maria Ortese. Per non fare nomi: Pietro Citati sul Corsera recensì “L’iguana” con 21 anni di ritardo! Aspesi Natalia raccolse pettegolezzi e maldicenze (vecchie di anni) e a Procida, grazie all’amico comune Dario Bellezza, ad Anna Maria venne assegnato il Premio Morante. Siccome la storia succede ogni tanto, come diceva Gertrude Stein, Anna e sorella, sfrattate e in difficoltà esistenziali, furono soccorse dalla “Bacchelli”. Per essere sinceri, anche Roberto Calasso e l’Adelphi (tanto di cappello!) hanno fatto molto per “rilanciare” Anna Maria.

    Nell’occasione chiedo ospitalità agli amici di N.I. (che disinteressatamente stimo) per allestire uno spazio Ortese, con l’articolo di Citati, quello di Aspesi già citato, De Luca (una stroncatura volgare del “Mare non bagna Napoli” II ediz.), stralci di 57 lettere di Anna Maria (che coprono gli anni della nostra amicizia, dal 3 luglio 1979 al 9 marzo 1998 e un documento sulla Legge Bacchelli pubblicato sul “Sole 24 ore” domenica 24 novembre 2002 (una lettera inedita di Ortese). Vogliamo rendere giustizia all’autore de “Il porto di Toledo”? E’ lo scopo principale della mia (insignificante) esistenza.

  34. Come “in parte”? Oltre un certo limite non si può forzare il lettore a leggere. Della Ortese s’è parlato molto, la pubblica una delle più visibili e sofisticate case editrici del paese, ha un suo piccolo pubblico, capisco che tu lo vorresti più grande, forse un giorno diventerà cruciale per un numero maggiore di lettori, per ora evidentemente non lo è, ma certamente nessuno la sta nascondendo sotto il tappeto.

  35. Io sono in linea di massima contraria alle scuole confessionali, e grosso modo, penso come Khaled fouad allam che potete leggere qui

    http://georgiamada.splinder.com/post/5804226

    E’ chiaro che il mio essere contraria non vuol dire che io pensi chi vuole farsi una scuola confessionale parificata non ne abbia tutto il diritto e che dovere dello stato italiano non sia quello di garantire questo diritto a tutte le religioni.
    Quindi è per difendere questo diritto ai diritti che vi segnalo questo appello di rifondazione trovato in Listasinistra

    URGENTE
    Lunedì 26 mattino la Lega Lombarda vuole manifestare davanti alla scuola
    araba di Via Quaranta oggetto in questi giorni di un grave attacco razzista.
    La Federazione di Milano del PRC e altre strutture (retescuole, verdi, ecc.)
    in risposta a questa provocazione, hanno convocato per lunedì alle ore 9,30
    un presido davanti alla scuola stessa in contemporanea al presidio
    permanente che i genitori degli alunni stanno tenendo da alcuni giorni.
    Comprenderai l’importanza, nel momento in cui si sta sviluppando una
    pesantissima campagna islamofobica, di fare vedera che esiste una altra
    città solidale e antirazzista.
    Ti invitiamo a partecipare e a fare circolare al massimo la notizia della
    manifestazione.
    Igor Zecchini
    responsabile immigrazione PRC Milano.
    http://it.groups.yahoo.com/group/ListaSinistra/message/28154

  36. Ho letto Non esistono “nazioni indiane” di Emiliano Morreale su Lo Straniero, segnalato più volte qui sopra. Non mi interessano molto gli amarcord, ma sarebbe interessante una rassegna sul progetto Nazione Indiana. Oltre a Morreale, mi viene in mente il discorso di Mozzi 1 e 2 Chi ha altro da segnalare si faccia avanti.

    Grazie a tutti coloro che segnalano link, articoli, eventi, cose. Se volete, potete usare i tag html di formato testo b i a blockquote per formattare il commento e dare evidenza. Gli URL sono linkati automaticamente.

    Silvia Dai Pra’: ho eliminato dal tuo commento un doppio copiaincolla della lettera a Evangelisti. Dimmi se ho alterato qualcosa di sostanziale.

  37. Viva la scuola pubblica!!
    Ho letto le risposte di due ragazze di via Quaranta, felicissime di andare altrove e che la frequentavano solo perché i padri (i maschi di casa) le obbligavano a farlo. Manifesterò per la scuola di via Quaranta quando le ragazze islamiche saranno davvero libere di fare quello che vogliono. Me la ricordo l’Italia cattolica e patriarcale degli anni Cinquanta, ma vogliamo scherzare?!?

  38. COMUNICAZONE PER PERPLESSA
    ti comunico che qualcuno ha usato il tuo nick per postare un orrendo articolo di massimo del papa su Lipperatura.
    Sono sicura che non puoi essere stata tu
    georgia

  39. approfitto anche per vedere se i tag funzionano e comunico a chi interessasse che oggi l’unità parla dei V.M.O

    UN BLOG “surrealista” di due cagliaritani mette alla berlina il sistema-letteratura e diventa un successo in rete.
    Gli autori “colpiti” un po’ stanno al gioco e un po’ si offendono

    WU MING, “VMO”, gli scrittori divisi tra il Male e il Bene
    in L’unità, 27 settembre 2005, p 21.

    Creato da “Vincenzo” e “Basile”
    ha una grafica chiassosa e selvaggia.

    Tra i “buoni” Carla Benedetti e Tiziano Scarpa.
    Tra i “cattivi” Giorgio Faletti e GiuseppeGenna

  40. i tag color non funzionano usando red green ecc.
    Bisogna forse usare solo i numeri?
    Jan dai spiegazioni.
    Anche il secondo occhiello dell’unità doveva essere in neretto e invece non è apparso.
    Jan dai spiegazioni.

  41. georgia,
    “per favore” non si usa più?

    (e già che ci sono : grazie per lo scritto di cases, che non conoscevo).

  42. gli indiani perdono il pelo ma no lu vizio, è?
    Ma per favore, andrea!!!!, io sono già una moderata che uso tutte le parole per intero, e pure i congiuntivi a volte:-)
    Avresti ragione a riprendermi se avessi scritto: “jn d spgzn” :-)))))
    ad ogni modo per finire qui la polemica mi ripeto con perfetta e-gentilezza:
    pr fvr jn d spgzn

    Certo che la cosa incomincia ad essere buffa:
    In rete mi pigliano tutti per una provocatrice, un troll e ora tu addirittura per una maleducata, tutti si offendono per ogni mio post …. tutti vogliono educarmi e condurmi sulla retta via …boh … che sia un po’ mia la colpa?

    se volete leggere l’articolo dei wu mig su vmo

    http://www.georgiamada.splinder.com/post/5838435

    Un commentatore mi dice che l’originale si trova qui

    http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/vmo.htm

  43. Georgia, i tag html funzionanti nei commenti sono: ‘a’ ‘href’ ‘title’ – ‘abbr’ ‘acronym’ ‘b’ ‘blockquote’ ‘code’ ‘em’ ‘i’ ‘strike’ ‘strong’ . Quindi color non viene preso.
    Come consueto i tag html si inseriscono con le graffe e vannno chiusi. WP chiude da solo i tag dimenticati aperti.
    Gli indirizzi dei siti sono cliccabili (autolink URLs), ma i link nei commenti in genere non influenzano la posizione sui motori di ricerca perché non vengono seguiti dai programmi che indicizzano il web (sono rel=”nofollow”).

  44. georgia, non te la prendere. la scrittura elettronica (né orale, né lettera cartacea) è una brutta bestia, si impara poco a poco. tu come tutti. potresti cominciare dal notare che non ti ho aggredita, e che ti ho anzi ringraziata per cases.
    *
    e poi, al massimo perderemmo le piume, non ti sembra?
    :-)

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