Cara inerzia 1
per la verità, non erano igienici, ma lui ci si trovava a meraviglia. A modo suo, vi si dedicava con una specie di fanatismo inerte, o, forse meglio, con un’inerzia fanatica. Nato da genitori solerti ad una vita di fatiche, aveva abbracciato l’indolenza per un impulso profondo, inesplicabile ed imperioso, come quello che fa preferire a un uomo, fra mille altre, quella certa donna. Era troppo pigro per divenire anche solo un demagogo, un portavoce dei lavoratori, un dirigente operaio. Troppa fatica gli sarebbe costata. Aspirava ad una forma d’ozio più perfetta: o forse era vittima di una sfiducia filosofica nell’utilità di qualunque sforzo umano. È questa una forma d’indolenza che chiede e implica un certo grado d’ingegno, e il signor Verloc non ne era privo. All’idea di un ordine sociale minacciato, può darsi che avrebbe ammiccato a se stesso, se questa manifestazione di scetticismo non avesse richiesto un certo spreco di energie. No, i suoi occhi grossi e sporgenti non erano fatti per ammiccare. Erano, piuttosto, di quegli occhi che si chiudono, gravi e con effetti maestosi, nel sonno.
Goffo e pesante nello stile di un maiale ingrassato, il signor Verloc continuò per la sua strada senza fregarsi le mani né ammiccare con scetticismo ai suoi pensieri.
Joseph Conrad, L’agente segreto – semplice storia, Rizzoli, Milano, 1953, cap. II, pp. 24-25, traduzione di Bruno Maffi.
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Un certo Chuang Tze (sull’arte del buon governo che poi è il Non governo)scriveva: “Cielo e Terra non fanno nulla e non c’è nulla ch’essi non facciano. Ma quale degli uomini può raggiungere un tale far nulla?”