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Libri, il prezzo della libertà

di Marco Bascetta 

Delle liberalizzazioni si potrebbe anche utilmente discutere se non si trattasse di una ideologia che non ammette obiezioni, una specie di bandiera identitaria, di fede integralista sprezzante di ogni empiria e argomentazione razionale, indifferente alla diversità e complessità dei casi. L’onorevole Benedetto Della Vedova (Fi), spalleggiato dai deputati della Rosa nel pugno che, rimasti ai tempi di Benjamin Constant non hanno ancora registrato il divorzio tra mercato e libertà, ha riaffermato la sua purezza liberista facendo passare un emendamento del pacchetto Bersani che estende la completa liberalizzazione al prezzo dei libri. Che diamine, se la liberalizzazione è un sacro principio deve valere per tutto! L’ideologia è salva, ma vediamo di cosa si tratta nella realtà. In Italia, contrariamente alla maggior parte dei paesi europei dove vige una legge sul prezzo fisso dei libri, il mercato librario è discretamente liberalizzato. È vero che esiste un limite del 15 per cento di sconto praticabile sul prezzo di copertina, ma è anche vero che infinite deroghe, con le motivazioni più varie, consentono sconti del 30 e perfino 40 per cento , tanto che operatori e associazioni di settore, librai, editori, promotori reclamano una legge analoga a quelle vigenti in Europa (Regno unito escluso). L’argomento dei liberalizzatori è agevole e demagogico: la libera concorrenza abbassa i prezzi, i prezzi bassi aumenteranno lo scarso numero dei lettori italiani. Ma l’ideologia nel suo incrollabile credo non ci dice che le liberalizzazioni possono conseguire risultati diametralmente opposti. Possono rompere posizioni di monopolio e possono, al contrario, crearle. Questo è appunto uno dei casi in cui le creano. Solo i grandi circuiti distributivi: supermercati, catene, grandi magazzini possono infatti praticare, grazie alle loro economie di scala, forti sconti.
Le librerie tradizionali, grandi e piccole, non potrebbero sostenere la concorrenza. Chi se ne frega, dicono Della Vedova e i libertari ottenebrati che lo seguono, tanto stanno scomparendo lo stesso, bastoniamo il can che affoga! Che importa se un intero settore che, senza godere di alcun aiuto o privilegio, faceva lavoro di ricerca, di proposta, di sperimentazione, che insomma capiva qualcosa di libri, è condannato all’estinzione.
Ma il problema non riguarda solo i librai. Anche la media e piccola editoria, con i suoi strettissimi margini di sopravvivenza non potrà reggere agli sconti sempre più mostruosi pretesi dalle catene, ormai padrone assolute del campo. Dovrà scegliere tra l’essere fagocitata dai grandi, cambiare la natura del proprio lavoro o chiudere. A meno di alzare vertiginosamente i prezzi di copertina per poter assorbire gli sconti (come nei tariffari della pubblicità).
Risultato finale: i lettori potranno comprare a basso prezzo nei grandi circuiti distributivi riforniti da grandi concentrazioni editoriali quei prodotti «ad alta rotazione» (usa e getta) che rispondono alla logica commerciale di entrambi.
Se ci sarà, ma c’è da dubitarne fortemente, un aumento dei lettori, (in questo campo l’influenza del prezzo non è così automatica) saranno lettori di «altre cose». Il fatto è che i liberisti se ne sbattono della concorrenza e anche dei lettori, e lavorano alacremente a favorire monopolisti e concentrazioni. Poi i compagni della Rosa nel pugno, potranno deliziarsi con l’opera omnia di Bruno Vespa, a prezzi scontatissimi naturalmente.

(Pubblicato su il manifesto il 14/06/2007) 

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72 Commenti

  1. Hai ragione, naturalmente, Marco. Però il divario tra piccola editoria e grande, piccola e grande distribuzione è talmente grande, che mi chiedo se sia ancora possibile includerli nello stesso campo.

  2. una piccola osservazione;
    credo che ci sia una grossa differenza nell’acquistare un libro nei grandi magazzini, superscontato magari, e acquistarlo in una libreria, dove l’incontro con il libro avviene con un’intimità diversa, sicuramente più appagante.
    Mi auguro che ci sia un limite di percentuale sull’applicazione degli sconti, per la salvaguardia delle piccole librerie.
    ciao

  3. ho incredibilmente letto (sostanzialemente) la stessa, con altra firma, su altro media (ovvero sempre blog).

    ma questo non è no-nominarsi: è ri-nominarsi!

    V.A.

  4. Sono d’accordo con Binaghi. I libri della “grande editoria” si trovano anche oggi a Mediaworld, anche se avranno forse dopo questo emendamento uno o due euro di sconto in più.

    E i libri della “piccola editoria” non si trovano comunque nemmeno oggi, prima dell’entrata in vigore di questo emendamento, né nei grandi magazzini né nei megastore Feltrinelli (che nei casi di pubblicazioni singole che ordina chiede comunque uno sconto alto già adesso) o in altri grandi libromercati. In sostanza, si aiuteranno ulteriormente i grandi editori, ma i piccoli avranno la stessa fetta di mercato che hanno ora.

  5. Bascetta, in parte ha ragione (si legifera a favore di un solo mercato), in parte no: il mercato alla fine trova i suoi equilibri comunque.

    Le vicende recenti che colpiscono, apparentemente (ma concordo con Gilliat, è sempre stato così), le piccole librerie, sicuramente faranno scomparire qualche negozio, ma come succede ora per la grande distribuzione, alla fine le piccole librerie troveranno il loro pubblico.

    E’ come per la spesa: apparentemente i supermercati sono più convenienti, ma alla fine, se ci vai, spendi più che facendo la spesa nel negozio sotto casa. Alla fine del giro hai comperato un sacco di cose che non ti servono e ti ritrovi nel frigorifero, dopo qualche giorno, cibi vecchi e da buttare.

    I piccoli negozi, dopo anni di buio, sono in ripresa e lo stesso succederà per le librerie. La gente, cioè noi, è meno scema di quello che si pensa. Personalmente, sia per la spesa, sia per i libri, preferisco la libreria tradizionale (e Feltrinelli e Mondadori con le loro catene plastificate non le ho mai sopportate, così come i supermercati che hanno tutti gli stessi prezzi).
    Servirebbe anche una maggiore fantasia commerciale da parte delle piccole case editrici (onore comunque al merito) e, forse, la capacità degli scrittori italiani di non puntare tutti, sempre e comunque, esclusivamente nella direzione del grande nome.

    Fazi si è rilanciato con Melissa (ma forse non è l’esempio esatto visto che il rampollo Fazi la Melissa l’è presa anche per altro), Camilleri da anni resiste con Sellerio nonostante le offerte ricevute e Sellerio è ri-cresciuta; assieme a Camilleri. Altri esempi, vista la mia scarsa conoscenza, non me ne vengono. Forse i Wu Ming? No, mi sa che piglio lucciole per lanterne…

    Per il resto un gran viavai di gente che si muove, si sposta, rincorre ingaggi ante-vendite, comparsate sui giornali e ci propina tomini pessimi persino se conditi col miglior olio d’oliva extra vergine presente sul mercato. Ovviamente e per fortuna, qualcuno si salva. Ho appena finito di leggere Dracula di Bram Stoker: bravo questo giovane autore.

    Va, bene dai: non si parla di corda in casa dell’impiccato. Chiedo umilmente venia e mi congedo.

    Blackjack.

  6. Faccio notare che i piccoli editori fanno nelle librerie delle catene una parte molto consistente del fatturato; mentre tendono a non essere presenti, o a essere scarsamente presenti, nelle librerie indipendenti. (Le librerie indipendenti hanno per lo più assortimenti molto appiattiti sul mercato; una piccola quota delle librerie indipendenti – non ho numeri precisi a disposizione – è costituita dai “veri librai”, cioè da imprenditori che scelgono effettivamente cosa tenere in negozio: per costoro vale la pena di protestare e battersi).
    In questo momento le catene stanno alzando i loro obiettivi di profitto. Intervengono sia sulla gestione del personale (vedi quello che si legge in http://effelunga.blogspot.com, il blog dei lavoratori delle Feltrinelli) sia sull’assortimento. L’editore piccolo, che non riesce a garantire una rapida rotazione dei volumi negli scaffali, e che non riesce a sopportare certi sconti, rischia di essere espulso.

  7. Ciao!
    Segnalo che alla Coop di via Arona a Milano ho visto “La casta” a 13 euro. Da Mondadori, mi pare fosse sui 15 euro. Chiedo lumi, dove posso trovarlo a prezzo ancor più scontato?
    E’ vero che esiste a Milano un mercato di “falsi” napoletani che vende “La casta” a 5 euro? Potete dirmi dove?
    Aiuto, la giungla dei prezzi! Buona domenica al mare, Assunta.

  8. Ri-faccio qui la mia proposta:

    chiedere che si possano detrarre dalle tasse, come si fa per le medicine e le assicurazioni sulla vita, le spese sostenute per i libri.

  9. Per alcor, detrarre o.k. ma per tutti i libri? anche quelli di Vespa o Lilly Gruber o Segolen Royal? La tua mi sembra una proposta troppo generica.

  10. Un iibro è un libro.
    Per chi compra solo il libro della Gruber non vale neppure la fatica detrarlo, ma per chi ne compra dieci al mese (e dubito che siano dieci Gruber) comincia a essere interessante, per chi vorrebbe comprare e non può, potrebbe essere interessante, per chi ha figli e usa il contagocce, potrebbe essere interessante.
    Se si parla di LIBRI, si parla di LIBRI, tutti e scritti da chiunque, come del resto genericamente di libri si parla qui sopra.
    A me i minculpop non sono mai piaciuti.

  11. E poi, scusate, non essendo un’economista né una fiscalista forse è una proposta ingenua, ma vorrei farvi notare che sarebbe un bel segno di civiltà apparentare la salute della mente a quella del corpo.

  12. Interessante, Alcor che chiede di poter detrarre i libri dalla dichiarazione dei redditi (una proposta che mi piace) e A.B. che chiede dove trovare i libri ‘taroccati’ a 5 euro invece di quindici.

    Blackjack

  13. Si alcor. Pensa poi a un’insegnante, cui è chiesto non per diletto ma per dovere di aggiornarsi e nessuno ha mai pensato ad agevolare uno che guadagna mediamente 1500 euro al mese.

  14. Per valter: E chi pagherebbe? Non basta avere le tasse al 56%? Ma a parte questo mi pare ingiusto fare figli e figliastri, la cultura deve arrivare a tutti.
    Io dovrei pagare a prezzo pieno ciò che a un insegnante è scontato. E perchè mai? La corporazione degli insegnanti già gode di molti privilegi, lo stipendio garantito anche agli analfabeti etc. Pensiamo alle nuove Università che pullulano. Abbiamo gli insegnanti peggiori d’Europa. Eppoi è impossibile, si farebbero figli e figliastri, i fumetti, le grafic novel, Topolino, i libri di bricolage. E le riviste? E la musica? e il cinema? e i giornali?

  15. Dimenticavo gli studenti, anche loro godrebbero degli sconti riservati agli insegnanti. Ora che ci rifletto mi sembra una buona idea…e i pensionati? In Italia 7 su 10 sono poveri. Dunque anche i pensionati godrebbero di sconti. E gli immigrati, quelli poveri, dovrebbero aver diritto a facilitazioni, sarebbe razzismo concedere sconti solo a insegnanti, studenti e pensionati.

  16. @ Michele Gargiulo

    Ti faccio notare che un medico può detrarre, spacciandolo per aggiornamento professionale, il tomo universitario che suo figlio studia per l’esame di anatomia (per poter poi subentrare al padre nello studio), un avvocato lo stesso. Un insegnante di liceo no, anche se il suo è vero aggiornamento.
    A dire il vero, la ministra Moratti aveva annunciato un fondo incentivante per il rimborso delle spese professionali degli insegnanti (non solo i libri: l’abbonamento a una rivista specialistica, senza la quale sei tagliato fuori dalla normativa, il computer, che improvvisamente è diventato un obbligo, ecc.), ma nel migliore dei casi si è poi scoperto che tale fondo arrivava a 25 euro.
    E poi chi paga, dici? Demagogicamente, come tu spari un 56% di tasse (magari: quanto desidererei arrivare a tali aliquote, essendo esse proporzionali al reddito, invece di tenermi basso sul 30% scarso), demagogicamente ti potrei rispondere: incentiviamo gli insegnanti con i soldi degli evasori, che mi pare anche un servizio alle famiglie (così accontentiamo tutti). Oppure potremmo interrogarci tutti quanti sul perché un padre di famiglia non ritiene sia suo dovere pagare 10 euro di tasse in più, o fare un giorno di sciopero di solidarietà, per il miglior funzionamento della scuola.

  17. Per Giovanni D’Ilui, Sono d’accordo su quasi tutto:

    1) Lo sappiamo, l’Italia è divisa da corporazioni e caste, quella dei medici è tra le più potenti e corrotte. Ma questo non ci deve spingere ad usare gli
    stessi metodi. Gli intellettuali, specie se di sinistra sono una razza superiore, hanno nel sangue l’onestà, il senso civico, il rifiuto dell’economia di mercato e del capitalismo.

    2) Quanto dici della Moratti non mi stupisce, essendo di destra e di questa destra in particolare, appartiene a una sottospecie del genere umano, non ha caso è votata dagli evasori.

    3) Circa il 56% di tasse è quanto dovrebbe pagare un falegname lombardo SE PAGASSE tutte le tasse. Ma lo sappiamo, in realtà il falegname paga al massimo l’uno o il per cento, il resto lo evade, per comprarsi suv e tv al plasma. E sappiamo anche che, come la Moratti, il falegname lombardo appartiene ad una razza che ignora il vivere civile, la cultura, l’onestà, la solidarietà.

    4) Penso anch’io che bisognerebbe aiutare ed incentivare gli insegnanti con i soldi degli evasori, che ripeto sono bestie. D’altronde da gente che vota Berlusconi e Bossi cosa ci si aspetta? Bisognerebbe chiuderli in un campo per la rieducazione. Si educarli, costoro sono selvaggi. Bisognerebbe fare come nella mai abbastanza rimpianta Unione Sovietica. Mi pare che un buon lavoro per l’editoria, nella censura totale dei nostri media, si stia facendo nel cuore dell’Europa, in Bielorussia. Ma anche in Corea del Nord la figura dell’insegnante è rispettata e gode di autorevolezza.

  18. @ Giulio Mozzi

    “Faccio notare che i piccoli editori fanno nelle librerie delle catene una parte molto consistente del fatturato; mentre tendono a non essere presenti, o a essere scarsamente presenti, nelle librerie indipendenti.”

    Io distinguerei tra fatturato e visibilità. E’ cioè vero che i piccoli editori fanno buona parte del fatturato nelle catene, ma si tratta, per la mia esperienza, di pochi titoli di più o meno sicura vendita che la catena acquista 5 copie per volta per non ‘dissanguarsi’. Per tutti gli altri titoli del catalogo, più ricercati e talvolta più recenti, nessun fatturato e nessuna visibilità negli scaffali.

    Le piccole librerie invece seguono spesso un percorso inversamente proporzionale. Se l’editrice manda i libri in conto deposito, manda *tutti* i titoli pubblicati nell’ultimo anno e non solo, che hanno quindi pari visibilità tra di loro; il fatturato per l’editore è certamente più basso (ma perché è più basso il fatturato della libreria indipendente rispetto a quello della catena), ma il numero delle copie vendute è più omogeneo tra i diversi titoli (si vendono più titoli ma meno copie).

  19. Ho l’impressione che, a fronte della possibilità di detrarre i libri dalla dichiarazione dei redditi… avremmo un’impennata di acquisti. Forse.

    L’idea è comunque corretta. E’ come gli affitti: si potessero detrarre, anche in parte e come succede in tutti gli altri Paesi civili, scomparirebbe una bella quota di nero oppure, per rimanere competitivo, qualcuno dovrebbe diminuire gli affitti.

    Le eventuali ‘perdite’ derivanti dalla detassazione sarebbero ampiamente compensate da un aumento degli acquisti e dalle relative ricadute economiche. Non dimentichiamo che su ogni acquisto noi versiamo allo stato l’IVA. Continuiamo a dimenticarcene, ma non esiste solo la tassazione diretta.
    Però, è un’iniziativa da Paese civile, dubito che a uno qualunque dei nostri parlamentari passi anche solo lontanamente per la testa una simile iniziativa. TPS e Visco che detassano qualcosa? Ma siamo fuori?

    Blackjack

  20. Sono basito dalla quantità di stupidaggini che Gargiulo è riuscito ad accumulare in poche righe. Apre citando la mai rimpianta Unione Sovietica e chiude degnamente osannando Bielorussia e Corea del Nord come paesi esempio.

    Gargiulo, ma dico, siamo in un paese libero, a differenza di Bielorussia e Corea del Nord: perché non piglia un aereo e si trasferisce in simili paradisi terrestri?

    Non evocherò istituti di correzione a suo carico, pratiche tipiche dei paesi democratici (come è noto a tutti), ma le faccio una proposta: se mi promette che non torna, il biglietto in Business Class per Minsk glielo pago io e, sempre che mi garantisca un non ritorno definitivo, sarei anche disposto ad aggiungere qualche euro per le prime necessità da sbrigare in loco.

    Ci pensi.

    Blackjack

  21. Gargiulo, ho postato il pezzo di Bascetta perché mi interessava vedere che discussione ne sarebbe venuta fuori. Torno adesso sul web e vedo che dai commenti sono venute fuori notazioni interessanti. I tuoi sono fuori tema, ed è la cosa migliore che se ne possa dire. I prossimi li cancello, ti avverto. Moderati da solo, per favore.

  22. @gargiulo
    Gli intellettuali, specie se di sinistra sono una razza superiore, hanno nel sangue l’onestà, il senso civico, il rifiuto dell’economia di mercato e del capitalismo.

    Sul serio? Ci ho creduto anch’io, infatti è così che me l’hanno messo in culo alcuni compagni: io lavoravo per militanza e loro guadagnavano.
    Chiedi un po’ alla corte dei miracoli degli scrittori veltroniani (Ammanniti, Veronesi ecc ecc) se sono contrari all’economia di mercato.

  23. @valter,
    infatti Veltroni intasca già 4 pensioni. Ma ne arriveranno altre…e paga regolarmente le tasse, perchè è onesto, di razza superiore, col senso civico nel sangue…

  24. Una postilla a Valter che dice dei 1500 euro medi per un docente:

    Io insegno da 10 anni e lo stipendio col tempo pieno nello stato per me è 1200 euro, 1150 fino al 2005.

    Sul liberismo, librai, piccoli editori. Mi fa piacere l’intervento di Mozzi.

    Io aggiungo: motivo in più, per le grandi firme, di non passare alle grandi rotative e di stare con i loro editori medio-piccoli, se intendono battersi per una cultura pluralista e non alimentare solo monopoli.

    Lorenz

  25. Per Lorenzo Galbiati,
    Secondo me le grandi case se in concorrenza (Fnac-Mondadori-Feltrinelli-Hoepli) moltiplicano i lettori e l’offerta. Probabilmente 20 anni fa, molti autori contemporanei non avrebbero trovato spazio. Sono stato da Electa arte (mondadori) in Duomo. Ho sfogliato, consultato, decine di costosissimi libri.
    E’ una bella comodità. Un tempo il librario, vedendomi mal vestito, mi avrebbe scoraggiato a toccare i volumi, mi avrebbe sgridato, e anzi, certi libri non li avrebbe neppure avuti in esposizione. Ho consultato un libro giapponese su calligrafia e gli ideogrammi. Splendido. Nell’ampio locale cii sono pure le poltroncine su cui sedersi. Certo, questi sono dettagli che chi è nato benestante in una casa colta e di sinistra, con molti libri a queste cose non bada. Ma uno povero, figlio di un’operaio, dalla Electa s’illumina, gli vengono i lucciconi.
    Credo che il liberismo sia una benedizione del cielo. Purtroppo in Italia non è ancora avviato, ci vorrebbe una Tatcher o un Reagan, almeno secondo me. ciao

  26. “Un tempo il librario, vedendomi mal vestito, mi avrebbe scoraggiato a toccare i volumi, mi avrebbe sgridato, e anzi, certi libri non li avrebbe neppure avuti in esposizione.”

    Non ho parole. Neanche per il resto, a dire la verità.

  27. Discussione interessante (Blackjack, Mozzi, Gilliat che saluto).

    Qualche postilla. Oltre al prezzo dei libri scolastici sarebbe utile interrogarsi sui contenuti di quei manuali che sembrano usciti dal delirio di uno schizofrenico strutturalista, con tutto il rispetto per gli schizofrenici.

    Costano un occhio e provate a leggerli: gli studenti li odiano, soprattutto le antologie di italiano, con tutte quelle menate bipartizan sui “moduli” e cazzatine varie. Non ne parliamo di latino e storia.

    @bascetta
    “Risultato finale: i lettori potranno comprare a basso prezzo nei grandi circuiti distributivi riforniti da grandi concentrazioni editoriali quei prodotti «ad alta rotazione» (usa e getta) che rispondono alla logica commerciale di entrambi”.

    Occhio, che tra i banchi dei Blockbuster ci sono anche numerosi testi ‘sacri’ della ‘nuova’, ‘giovane’ e ‘ribelle’ letteratura italiana. Non faccio nomi ma li conosciamo. Prodotti ad alta rotazione?

  28. @ Gargiulo

    Mi ero sbagliato, credevo volessi discutere di una sottocategoria dei frequentatori (acquirenti, usufrutori, lettori, come vi pare) di libri, cioè il modo della scuola, invece no: evidentemente fai parte di quella parte di Italia che si chiede: perché dovrei pagare di più solo per avere una scuola migliore per mio figlio, che tanto dopo i 18 anni non ci mette più piede?
    Tutto quel destra/sinistra gettato a piene mani nel tuo commento come fosse rucola cosa vuol dire? Se ti dico che Fioroni non ha cambiato niente rispetto alla Moratti sei più contento?
    Il meno che posso dirti è che non hai capito un c***o di quello che cercavo di spiegarti.
    E per corretteza mi scuso con Marco Rovelli, che come postatore ha cercato di sollevare dei problemi che (quasi tutti) gli altri commentatori hanno compreso.

  29. Per Giovanni d’Ilui,
    Non siamo in disaccordo, o meglio, abbiamo entrambi ragione. I piccoli editori sono e saranno preziosi, se umili, coraggiosi, autonomi dalla politica. Immagino una specie di Slow food delle Case editrici e delle librerie. “Slow read”. Conosci la Raffaello Cortina editore?

    In un mondo aperto, libero, senza frontiere e nazionalità, né lingue e patrie, né muri di Berlino trovo che l’Electa in Duomo sia al passo coi tempi: c’erano europei, arabi, sud-americani, giapponesi, ogni varietà umana era rappresentata, chi sfogliava libri, chi chiacchierava, chi guardava il Duomo. Già, la più bella vista sul Duomo, gratis.
    Prova ad entrare nella libreria Bocca, in galleria: quando ci sono cinque persone, non riesci a muoverti, per parlare con un commesso devi aspettare molto. Certo la qualità è assai superiore da Bocca, oggi c’è pure una mostra di disegni di Annigoni, però sono due realtà troppo differenti. Ma complementari.

    Io non vado più a scuola, ma se tornassi indietro m’iscriverei in una scuola privata, Nelle private il voto di condotta fa ancora media e si insegna il latino, lingua base per capire l’italiano, l’inglese e la storia. Un mio amico sa leggere tutte scritte in latino sui monumenti. Io delle scuola media e superiore ho un ricordo modesto, un’eterna ricreazione, divertente all’epoca, ma oggi…insisto, guarda la raffaellocortina.it è strepitosa. Nessun aito dallo Stato, nè Regione, nè Provincia, nè Comune. Solo passione e cultura. ciao

  30. In Ticino è così: Latino, Condotta, Musica ed Educazione civica fanno media.
    Greco antico e latino vanno alla grande nelle scuole pubbliche inglesi

  31. Ho letto tutto. Il valore di acquisto di un libro è dato dalla capacità e coraggio di rimanere al verde, spendere tutto in libri e rimanere a secco. Barattare la propria vita per i libri (perché si sa, i libri sanno di morte! la vita è altrove!).

    Con gli sconti e le detrazioni sulle tasse rimangono soldi per fare altro che acquistare altri libri (che non si arriveranno mai a leggere per limiti di mortalità!). Sarebbe un deprezzamento del valore di un libro. Il libro deve costare e rendere difficile il suo acquisto (le donne mi possono capire, anche se anche questa specie con questa caratteristica è in via di estinzione!)

    non mi piacerebbe vedere trasformato un piccolo librario in un commerciante. Mi auguro che rimanga sempre con l’acqua alla gola e metta in vetrina ciò che a lui piaccia che gli altri leggano e non ciò che si può facilmente vendere.

    Normalizzare la vendita dei libri, regolarla è un’ottima strada verso l’ulteriore scadimento del libro, processo già ampiamente in atto.

    Un libro deve essere sufficientemente costoso e interessante da far venir in mente l’idea di rubarlo. Rubare il pensiero è dimostrare che non appartiene a nessuno!

  32. @Luminamenti
    Coi paradossi non si fa la spesa. Tra un libro e una maglietta per un figlio si finisce col scegliere la seconda. Ma che te lo dico a fare?
    Tu sei nel tuo Empireo concettoso (e logorroico) e da lì non ti schiodi.

  33. Non ho fatto nessun paraddoso! In quanto al Tu sei eccetera eccetera sarebbe sempre meglio dell’investitura di giudice che ti dai (da buon cristiano?). datti una calmata ed esprimi le tue critiche sui contenuti senza che farmi diventare un tuo contenuto morale. Più semplicemente, sii educato!

  34. Luminamenti è un aristocratico e un elitista.
    Come il suo amico Zolla, non però come il suo amico Zecchi:–)
    Ruba, Lumina, ma lascia che noi banali acquirenti cerchiamo la via per comprare di più pagando di meno.

  35. Alcor, un pensiero, il mio pensiero, non ostacola alcuna altra via desiderata. Non ho niente da lasciare perché non ho mai impedito nulla. Per questo ci basta la democrazia letteraria: la fine della lettura.
    In quanto ad aristocratico ed elitista saranno le persone intime che frequento ai quali possono consentire di giudicare la mia vita, non gli sconosciuti che leggendo più libri confondo la verità con le finzioni.

  36. Io giudico quel che scrive qui luminamenti, che m’importa della tua vita privata?
    Spero che tu consideri il contesto in cui ti esprimi.

    I tuoi commenti mostrano, a noi che leggiamo, un commentatore aristocratico ed elitista.

    Quest’augurio al libraio “Mi auguro che rimanga sempre con l’acqua alla gola”
    nonché queste parole: “Il libro deve costare e rendere difficile il suo acquisto”

    sono abbastanza chiari.

    Stiamo andando OT, e mi dispiace, solo che certi commenti fanno sorridere le dita.

  37. Se non t’importa la mia vita privata allora non dovresti esprimere alcuna cosiderazione sull’autore, cioè non devi associarci aggettivi che qualificano una persona senza che questa persona ti abbia mai dato confidenza di carattere personale. Trovo di cattivo gusto chi esprime e aggiunge aggettivi al soggetto di un autore invece che concentrarsi e limitarsi a criticare il contenuto postato e non parlare di chi lo posta che si vuole far diventare un contenuto quando gli appioppi aggettivi che presuppongono una conoscenza pubblica e privata approfondita e sopratutto globale e non per segmenti e momenti. E poi si sa che è un mezzo per non affrontare i problemi, è più facile aggettivare il commentatore.
    Vedo che leggere molti libri non ti serve! Cmq, continua pure se vuoi. Vedo poi che utilizzi le dinamiche linguistiche della persuasione occulta. Quel “noi che leggiamo” è significativo di quel principio di coesione sociale che si usa nella demagogia e nel marketing. Tutti dobbiamo avere la stessa opinione e naturlmente solo qualcuno o tutti dobbiamo giudicare sulla ragionevolezza di cosa è accettabile come opinione e quando non ci va a genio viene meglio aggettivare l’interlocutore!
    in quanto al piccolo librario, categoria generale, la penso esattamente così: le cose che valgono devono avere un prezzo personale e materiale, devono costare la vita (o quasi). Il resto è vile moneta! Ormai tutto si compra facilmente, niente sacrifici, niente fatica, i cervelli sono tutti eguali, i libri sono roba per tutti, sembra di sentire gente che vive nel mondo dei balocchi!
    Sorridi pure, perchè è un bell’argomento di contradditorio. Hai sprecato tre post per dire quale nuovo pensiero che non avevi già espresso prima che io postassi il mio primo? Ok, mi hai fatto sapere (ma non è un argomento, è solo una negazione), che non sei d’accordo con me e che ti viene da sorridere e che sono in base alla tua profonda conoscenza libresca aristocratico ed elitista. Hai ragione, mi correggo devi comprarti più libri!
    Per il resto il mio discorso implica invece molte ramificazioni, certo discutibili (tra persone educate e civili), ma non in termini di luminamenti è aristocratico eccetera eccetera.
    P.S. non ho cmq nulla contro i due aggettivi, ma non ti riguardano

  38. Va bene, luminamenti, cambio il soggetto della frase:

    i commenti di Luminamenti sono aristocratici ed elitisti.

    Su questo spero tu non abbia nulla da obiettare.

  39. Conosco parecchi colleghi che acquistano libri nei grandi magazzini, ora che il mercato si è allargato, si possono trovare facilmente, per fare un esempio, anche alla Media Word, e così chi si trova ad acquistare un cellulare o quant’altro, si ritrova facilmente anche un libro tra i suoi acquisti!
    Le biblioteche si stanno rivalutando in ogni senso, anche con supporti informatici.
    Chiaro che per comodità si guarda dove più conviene, ma se dovessi scegliere, andrei di sicuro sui Navigli a Milano, dove le antiche librerie sono veri angoli di paradiso!

  40. No, quello che vale per Alcor, vale anche per te Binaghi, non mi ero dimenticato di te e della significatività dei tuoi ultimi due interventi molto educati. Ognuno ha il suo stile di civiltà! In quanto alla tua correzione Alcor è accettabile, fermo restando che dovrebbe essere dimostrata e argomentata. E sopratutto occorrerebbe dimostrare che rendere il libro più accessibile a tutti sia un bene individuale e collettivo preferibile. Fin quando Alcor, rimani a questo livello di commento ai commenti, cioè senza mostrare almeno un accenno di ragionamento di una tesi, mostri solo che non hai fatto un gran buon utilizzo dei libri che leggi. E poi, l’argomento in questione è considerare i commenti di luminamenti aristocratici ed elitisti o piuttosto spiegare, mostrare perché secondo te il mio ragionamento non va prima di catalogarlo come aristocratico ed elista?
    Pensi di aver mostrato che non va correggendoti come hai fatto? o sorridendo? o con battute di spirito?

    P.S. Se l’accesso a internet costasse molto di più di quanto ormai poco costa, ci sarebbe certamente meno democrazia ma maggiore selezione e pensiero. Non ci sarebbe tanta immondizia. Non credo all’accesso democratico alla cultura, e a un progresso culturale alimentato dalla ragione democratica ed economica e sopratutto vedo in maniera conflittuale il rapporto tra cultura e ragione economica. Cultura ed economia vanno in direzioni opposte!
    In questa tesi non c’è nessuna ricerca di aristocrazia e di elitarismo
    ma un’analisi (non presentata) delle falsificazioni che la democrazia e l’economia produce sul discorso culturale e sull’apprendimento del sapere.

    p.s Internet non sarebbe poi democratico neanche se ci pagassero per accedervi perché è ampiamente monopolizzato e sopratuttto senza potere decisionale per chi vi accede. Chi lo controlla lo fa credere democratico fintantochè non nuoce ai poteri forti che lo gestiscono. E finora è così!
    Il miglior modo per neutralizzare le controrivoluzioni è far credere che le rivoluzioni sono già accadute!

  41. e dopo questo liberatorio sfogo, caro Lumina, torniamo al centro?
    selezionare è una bella parola!
    pensiero e scrittura.

    spiegami perchè pensi questo:

    Il libro deve costare e rendere difficile il suo acquisto (le donne mi possono capire, anche se anche questa specie con questa caratteristica è in via di estinzione!)

  42. Come i bufali della prateria nel secolo scorso i piccoli librai sembrerebbero avere il destino segnato.Potevamo percepirne il profumo quando le logiche di mercato fecero si che “il conto vendita” venisse sostituito dall’obbligo di acquisto a fronte di sconti seppure rilevanti.Non avendo un assortimento decente gli si preferisce già l’ordine telematico con larghi anticipi temporali sulle consegne.Resteranno in auge quelli che si saranno contraddistinti da una personalità imprescindibile,altri che differenzieranno l’attività sfruttando la recentemente modificata normativa sugli esercizi commerciali,e coloro che per ragioni quasi sempre insondabili continueranno a trovare la ragione di esistere.Si prevede bagarre

  43. Lumina, io sorrido perchè sono una persona abbastanza serena, non per altre invereconde ragioni, ma mi chiedi di precisare e preciso.

    Al centro della mia visione del mondo, se posso pomposamente chiamarla così, c’è l’uomo, non la cultura.

    Penso sia dovere morale di ogni uomo garantire a ogni uomo, nel limite dei suoi mezzi, acqua, cibo, abiti, un tetto sopra la testa, e la possibilità di accedere liberamente a ogni cosa quell’uomo ritenga utile alla sua crescita, e perciò anche libri, internet, musica, arte, se lo desidera, e invece possibilità di intraprendere, se fosse questa la sua vocazione, o di ritirarsi in un eremo.

    Gradirei che questo accesso fosse estremamente facilitato, a tutti. Non credo che tocchi a me decidere chi è degno e chi no.
    Toccherà poi al singolo individuo, dotato che sia di poco o grande talento, farne quel che crede. Anche farne un uso élitario, se ritiene di farlo, ma élitario per sé, arrivando dove vuole quando vuole, e se ritiene di dover sfiorare dei limiti o anche sfondarli – sempre che questo non tocchi i diritti degli altri –.

    Augurare a un povero libraio, o libraia, (che voglia fare oltre al libraio anche il padre, poniamo) di avere l’acqua alla gola, mi sembra un modo èlitario, non sapienziale e certamente non saggio, di vedere le cose. Non vorrei mai che un libraio o chiunque altro dovesse scegliere tra comprare un libro e un’altra cosa.

    Se la cultura serve a qualcosa non dovrebbe servire mai ad alimentare solo se stessa e un’enorme e illeggibile quantità di letteratura secondaria.
    A pensare questo mi spinge non soltanto la natura, ma anche, ti parrà strano, i libri che ho letto. Certo, forse ne ho letti troppo pochi.

    Abbi l’acqua alla gola, se vuoi, io, nei limiti del mio piccolissimo possibile cercherò di contribuire a farla scendere, consapevole di poter far poco.

  44. @rovelli

    Caro Marco,

    ripensando alla ‘bonifica’ che minacciavi ieri, non sarebbe utile provare anche altre strade? Per esempio spingere i bloggers a rivedere un commento sulla base delle tue indicazioni? Cercare di non far perdere ritmo e contenuti all'(iper)testo? E in un ultima analisi cassare il cassabile? Insomma, ci lavoriamo sul discorso redazionale?

    Per esempio, questo passaggio di Luminamenti poteva essere chiarito o spiegato meglio: “aggiunge aggettivi al soggetto di un autore invece che concentrarsi e limitarsi a criticare il contenuto postato e non parlare di chi lo posta che si vuole far diventare un contenuto quando gli appioppi aggettivi che presuppongono una conoscenza pubblica e privata approfondita e sopratutto globale e non per segmenti e momenti”.

    Più in generale, tutto il botta e risposta tra Luminamenti, Binaghi e Alcor mi sembra sia stata una lunga derapata al di là dei contenuti che stavano emergendo. Riscrivere sempre. Qualche volta tagliare. Se necessario cancellare.

    Un saluto

  45. Ciao, NON si censura, si saltano quelle parti che non ci interessano. Questa è Democrazia, tutti si devono esprimere liberamente, anche se molti hanno poche idee e rallentano la comprensione dei fatti.
    Anche a scuola, anche i meno preparati possono dire la loro.
    Tutti viviamo di bugie e travisamenti.
    E’ in libreria il libretto di Mordecai Richler edito da Adelphi “Un mondo di cospiratori”, euro 11.
    Viceversa si formano le caste chiuse che si guardano con antipatia.

  46. Seguo Nazione Indiana da tre anni, e ho visto troppe discussioni molto interessanti andare a puttane per colpa di qualcuno che cominciava a ingiuriare e a calunniare. Finisce quasi sempre che qualcuno risponde per le rime, ad altezza di persona, e si dimentica l’oggetto. Forse, se questa discussione è stata proficua, è stato anche perché ho fatto appello al senso di responsabilità di un commentatore che era intervenuto con una secchiata di luoghi comuni. Offensivi e ingiuriosi. Per chi? Per me, ad esempio, che sono insegnante. Dovevo cominciare a rispondere come la mia pancia mi chiedeva di fare? Dovevo rispondere al richiamo intestinale di Gargiulo? Se lo avessi fatto (o se lo avesse fatto Giovanni D’Iui a cui il commento era diretto), sarebbe venuto fuori (come troppe, troppe volte, e chi segue un minimo qui dentro lo sa benissimo) un ring, e della discussione nemmeno più la traccia. Confrontate il primo intervento di Gargiulo e quello civile e dialogante successivo alla mia minaccia. Che poi è la minaccia dell’insegnante a scuola, smettila o ti mando fuori dalla classe, sarà una deformazione professionale. In ogni forum peraltro ci sono moderatori; e poi ogni blog è come una stanza di una casa, e i molestatori, e quelli che non stano alle regole, è giusto che se ne vadano. Ci sono tante stanze, in giro nell’universo-web, come nell’universo-mondo.
    Ah, io a scuola quelli che capiscono di meno li faccio sempre parlare per primi. E pure quelli, come ahimé mi è capitato, che leggono Faurisson e nagano l’esistenza dei campi di sterminio.

  47. Nell’economia del discorso confido sempre che quando si parla al plurale ciò avvenga perchè si sta facendo uso del plurale Majestatis.Del resto l’unico che in italia insiste a parlare conto terzi(e quindi a usare obsoleti termini relativi “ai nostri”)è Piero Fassino,credendoci pure.Sarebbe un bel pugno nello stomaco in territorio indiano,notoriamente intriso di individualismo costruttivo,obbedire a certe consuetudini da visi pallidi

  48. Ok Marco, ma che ne dici di andare anche oltre le ingiurie, cioé di lavorare proprio sull’ipertesto? “Le conversazioni non hanno autore”.

    Saluti

  49. marco ti accanisci tanto contro i commenti fuori luogo di Gargiulo e poi lasci che il “pisello medio” proferisca parola?sii un pò più rigido con i tuoi “alunni” di NI.. ;)

    ric

  50. Rispondo a Lucia e ad Alcor. Cara Lucia la risposta alla tua domanda è semplice. Non credo ai compartimenti stagni e conseguentemente constato che l’homo sapiens è diventato homo oeconomicus. Per quest’ultimo tipo di uomo, l’uomo che abita un certo tipo di società, ciò che vale è ciò che che è caro. Dà valore a ciò che costa. Se sacrificasse i suoi risparmi per i libri significherebbe attribuirvi una priorità nella sua scala assiologica dei valori. Siccome io non credo che anche tra coloro che acquistano molti libri ci siano molti homo sapiens ormai, non vedo la necessità di favorire l’acquisto di una merce che è già scarsamente considerata e sulla via del declino. Non può che farmi profondamente male ritenere ciò. Mi considero una mosca bianca e sicuramente ce ne sono altre di mosche bianche. Anche qui su NI. Ma mosche bianche rimaniamo (anche se io credo nelle riconfigurazioni dei propri miti e mi sto attrezzando per questo, non amo esser nostalgico del passato, lotto con la nostalgia e malinconia). So contare, ci sento e ci vedo. Ciò basta perché mi esprima così. Non è quindi vendendo libri a costo zero che si diventa non elitari! Perché la struttura mentale dell’uomo moderno è irremediabilmente compromessa.
    Questo non significa che la direzione del vento non può cambiare, ma bisogna soffiare altrove! (per esempio verso la conversazione faccia a faccia, come sostiene Panikkar, o verso una società conviviale)

    Aggiungo un consiglio per Alcor, iniziare a contare da stasera tutti i popoli e le regioni del Pianeta dove non sanno cos’è un libro, o dove scarseggia fortemente e di chiedersi mettendosi dal loro punto di vista se noi che leggiamo libri siamo una società elitaria e privilegiata oppure no. Questi popoli invece di sorridere la guarderebbero come un marziano. Ma di cosa si parla? Occorre smetterla di credere che il proprio puntino di vista sia il punto dal quale iniziare. Se si vuole cambiare la realtà occorre osservare la realtà e non il proprio mondo di fantasie. L’immaginazione, quella sì che serve invece.
    Sulle radici storiche della moderna ovvietà rimando ai libri (tra di noi privilegiati ci possiamo capire) di Illich e ai più recenti testi di Donna J. Haraway.
    Avrei molte altre cose da dire e da approfondire tra quelle che ho detto, per adesso basta. Se non vengo definito logorroico, così tanto per facilitare la sana conversazione (ma che non potrebbe essere chiamata qui su internet conversazione ma solo trasmissione, sebbene spesso conversazione non basta all’esser faccia a faccia)

  51. Caro Marco, capita che qualcuno perda la pazienza e la civiltà e si rivolga più all’autore che ai contenuti, ma l’importante è riprendersi, considerarsi fallibili. Credo molto raramente di aver adottatto tale comportamento che considero di cattivo gusto, ma se qulcuno mi facesse notare di esser incappato in tale atteggiamento non avrei difficoltà a chiedere scusa.
    Siamo ampiamente nell’ambito del rimediabile e non tutti i mali vengono per nuocere. Da parte mia ho stima per binaghi e alcor anche se mi spiace di certi toni. Dietro il mio temperamento combattivo sono molto sereno e dimentico presto. Mi riferisco quindi solo ai nostri battibecchi, gli altri non so, non ho avuto modo di leggerli attentamente.

  52. @Lumina
    sono d’accordo con Marco!
    sei stimolante sotto vari punti di vista, e poi sei uno che chiarisce le sue idee, all’occorrenza, con molta parsimonia.

    e poi ti si riconosce, almeno!
    ciao
    :-)

  53. Se rispondo vengo accusata di andare fuori tema, mi secca un po’, non rispondere, perché sono vagamente (solo vagamente) irritata, ma seguirò le indicazioni del postante e di alcuni commentatori.
    Se vuoi dirmi come devo vivere e pensare, lumina, puoi farlo nel mio blog, in caso contrario, pace a te e a tutti.

  54. Alcor, a me quello che importa è che non si scenda nell’offesa gratuita, nel dileggio, nel disprezzo. Il nio scopo non è certo quello di castrare commentatori nobili (davvero) come te.

  55. Osservazioni. L’industrializzazione moltiplica gli uomini e le cose. I sottoprivilegiati crescono di numero, mentre i privilegiati consumano sempre di più. Di conseguenza, tra i poveri aumenta la fame e tra i ricchi la paura. Guidato dal bisogno e dal sentimento d’impotenza, il povero reclama un’industrializzazione accellerata; spinto dalla paura e dal desiderio di proteggere il suo star meglio, il ricco s’impegna in una difesa sempre più rabbiosa e rigida. Mentre il potere si polarizza, l’insoddisfazione si generalizza. La possibilità che pur ci è data di creare per tutti maggiore felicità con meno abbondanza, è relegata al punto cieco della visione sociale. Questo accecamento nasce dallo squilibrio della bilancia del sapere. Gli intossicati dall’educazione sono buoni consumatori e buoni utenti. Vedono la loro crescita personale sotto forma di accumulazione di beni e di servizi prodotti dall’industria. Anziché fare le cose da se stessi, preferiscono riceverle belle e pronte dall’istituzione. Soffocano il loro potere innato di apprendere il reale.
    (continuo, se posso)

  56. @Luminamenti
    ciao…
    si, soffiamo verso una società conviviale…
    mi sembra una cosa sensata e fruttifera!
    Buona serata
    Lucy

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marco rovelli
Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
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